Let Me Get Lost In You [TaeKo...

By Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... More

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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By Hananami77

ADV: violenza fisica e anche verbale. 

Sono precisamente 7030 parole di tristezza e lacrime, io vi ho avvisato. 







Come Taehyung rientrò nella loro stanza -non senza aver prima esitato almeno dieci volte, indeciso se fare il suo ingresso o meno-, si accorse che era in penombra. Ad illuminarla, solo una piccola e calda luce soffusa di una delle due abatjour vicino al letto, ma non fu quello che lo lasciò seriamente interdetto e leggermente attonito.

Gli occhi scandagliarono l'ambiente e gli venne impossibile non notare tutta una serie di soprammobili e arredamenti non solamente distrutti, ma anche riversi al suolo o ribaltati. I cuscini che originariamente erano sul letto -ancora sfatto-, erano adesso ai piedi dell'armadio, le cui ante erano spalancate ed i vestiti erano stati quasi strappati via dagli appendiabiti, riversi scompostamente al suolo.

Sembrava che dentro quella stanza fosse appena passato un uragano, quindi aggrottò le sopracciglia e si guardò ancora una volta intorno. Impossibile fu non notare la figura che, seduta sul letto, gli dava le spalle -che teneva rigide e rette come solo una persona poteva fare.

Se da una parte temeva quel confronto, d'altra parte, invece, era contento di averlo trovato lì. Si sentì fortunato a constatare che non si fosse dissociato, perché significava che la vita gli stava dando la possibilità di potergli finalmente parlare a mente più serena e tranquilla. Avrebbe approfittato della sua presenza per scusarsi delle brutte parole che gli aveva rivolto, per fargli capire che nessuno di tutti e due doveva pronunciare parole così crude con leggerezza e, infine, avrebbe lasciato che l'odio -che sicuramente provava JK nei suoi confronti- defluisse dalla sua mente almeno per un pò.

Magari, secondo gli scenari più rosei che si era costruito nella mente, sarebbero riusciti a condividere il letto gigante che troneggiava al centro della stanza, dormendo separati ma comunque nello stesso spazio. Magari avrebbero anche finito la conversazione che era iniziata poco prima, arrivando ad un compromesso.

JK non era come aveva pensato, e l'apertura che aveva avuto nei suoi confronti, quella sera, ne era una conferma. Taehyung nutriva una forte speranza nelle sua capacità di poter parlare con JK e farsi capire; era disposto -ancora una volta- ad andargli incontro e perdonargli la scappatella con Woosung a patto che non ce ne sarebbero state altre, magari iniziando con il rispetto reciproco.

Era la cosa giusta da fare, quella di ricercare il dialogo.

Quella di provarci.

Taehyung non aveva mai perso di vista cosa effettivamente JK avesse passato nella sua vita, ed era arrivato alla conclusione che toccasse a lui fare dei passi avanti. Toccava a lui tendere la mano ad un JK che era ad un passo dal baratro.

«Speravo che ci fossi ancora tu» iniziò quindi Taehyung, chinandosi, come se nulla fosse, per raccogliere la sedia ribaltata davanti i suoi piedi. Era ovvio che qualcosa non andava, ma JK aveva spesso reazioni sproporzionate all'entità di ciò che succedeva. Magari c'era rimasto male come quando avevano litigato la sera del matrimonio di Jennie e Kay.

Quella volta non aveva avuto modo di scusarsi, ma era deciso a mettere in tavola tutti gli eventi passati e presenti. Si sarebbe scusato e avrebbe spiegato a JK le sue ragioni.

Magari avrebbe anche ricevuto qualche rispostaccia, però era certo che JK lo avrebbe ascoltato e avrebbe fatto le sue valutazioni.

Magari avrebbe anche potuto scoprire qualcosa di più su di lui.

Cosa gli piacesse fare, ad esempio, o qual era il suo colore preferito, che cibo adorava mangiare e cosa detestava, che tipo di animali gli piacevano ed anche che letture aveva apprezzato. Cose semplici e forse anche fittizie, ma che servivano per iniziare a collezionare alcune delle mille sfaccettature che componevano JK.

Ma se voleva che tutto quel piano praticamente perfetto funzionasse, fargli notare di aver letteralmente distrutto la stanza non era il metodo migliore per farlo.

Seguì con gli occhi il movimento di JK, che si era appena alzato dal letto con lentezza. Si era sgranchito il collo per poi voltarsi verso di lui senza rivolgergli la benchè minima attenzione, come se non esistesse nemmeno.

Ma Taehyung non mancò di notare il suo sguardo duro e deciso, la mascella squadrata e contratta, le mani che si stringevano in pugni troppo stretti per essere solo oggetto di ira momentanea, il passo lento e calcolato.

Gli sfilò vicino senza proferire una sola parola, lasciando che gli occhi perplessi di Taehyung lo seguissero mentre gli passava affianco con il portamento di uno spettro. La sua perplessità aumentò come sentì il clic della serratura, segno che JK aveva chiuso la porta a chiave...?

Forse non vuole che ci interrompano mentre parliamo?

Con una lentezza quasi innaturale, gli occhi di JK fecero un lungo percorso prima di posarsi nei suoi e, come lo fecero, Taeyung ebbe un brivido.

Gli era partito dalla nuca e si era irradiato fino alla schiena, e non sembrava volersene andare tanto presto visto cosa lesse negli occhi dell'altro.

Ira.

Ira furiosa.

I piedi divennero di piombo e per qualche attimo la mente gli si svuotò; conosceva quello sguardo, lo aveva già visto in passato e non riusciva a capire cosa avesse potuto farlo ritornare più vivido che mai nelle iridi scure e lucide di quel sentimento che temeva. Ammetteva che si fosse comportato in modo un pò infantile, andando via in quel modo, ma quando aveva lasciato la stanza...non era di certo così tanto arrabbiato.

Lo sguardo era molto simile a quello di un assassino, luccicante di un bagliore sinistro e furioso; gli stava perforando le iridi e gli stava togliendo la facoltà di parola che lo avrebbe spinto a continuare il discorso che si era prefissato. La lingua sembrava essersi aggrovigliata in modo indissolubile.

Cos'era successo mentre era via?

Sotto quegli occhi vendicativi e astiosi, non potè evitare di fare un passo indietro, deglutendo a vuoto per l'inquietudine. La bocca era serrata e sembrava saldata con la colla, il cuore gli batteva pazzamente e così rumorosamente da sentire quasi male, lo stomaco si era chiuso come se gli avessero dato un pugno.

Tae, vai. Magari è successo qualcosa con Woosung e si è innervosito.

«JK? E' forse successo qualcosa?» riuscì a mormorare, incerto.

JK non fece una piega, lo continuò solamente a fissare in religioso silenzio.

Un silenzio così assordante e denso da rendere l'aria quasi irrespirabile; brividi di terrore passarono sulle braccia di Taehyung e fu certo di avere la pelle d'oca ovunque come non riusciva a staccare gli occhi da JK, che aleggiava attorno a lui come se fosse un fantasma.

Avanzò verso di lui con così tanta lentezza che il panico lo atterrì.

Letteralmente.

Si sentiva schiacciare dal peso di quegli occhi che gli stavano scavando dentro così tanto da fargli dimenticare perfino perchè fosse in quella stanza.

«JK?» riprovò quindi, stupendosi di come fosse stato capace di tirare fuori la voce. JK strinse i denti come se lo avesse appena offeso, così forte da vedere la mascella contrarsi anche nella penombra. Aveva l'espressione paurosamente seria e tetra; una maschera di rigidità sembrava affilargli i lineamenti già duri, un'ostilità emanata in modo così forte che sembrava colpirlo ad ogni respiro che emetteva.

Non si accorse nemmeno di come l'altro gli si stava avvicinando, intento com'era a cercare di calmarsi per liberare i suoi polmoni chiusi ed ingabbiati, che non gli permettevano di continuare a respirare correttamente. Infatti, gli sembrava che qualcuno lo stesse stringendo per il collo per impedirgli di incamerare aria.

Il cervello aveva iniziato a lavorare frenetico, sconnesso ed impazzito; parole confuse si accavallavano nella sua mente, spezzoni di traumi passati, di momenti che avrebbe voluto dimenticare e che credeva di aver superato, ma che invece si erano ripresentati con prepotenza, gli danzavano davanti con lenta agonia.

Un dolore nuovo, improvviso e tagliente direttamente sulla tempia sinistra lo colpì senza che se lo aspettasse e con una precisione invidiabile. Come quel qualcosa lo colpì, Taehyung cadde rovinosamente a terra sbattendo la testa contro il piede di una delle sedie riversa al suolo. Trattenne un urlo per il male e si portò la mano alla tempia pulsante, gli occhi strizzati per il dolore e in conseguenza della sensazione di smarrimento provocatagli.

Come si tastò la pelle, sentì le mani bagnarsi di qualcosa di caldo e viscido, ma non riuscì a capire subito di cosa si trattasse. La vista gli si era scurita per qualche attimo e faticava a riaprire gli occhi per quel dolore sordo che gli si irradiava su tutta la testa, quindi ci impiegò qualche secondo a capire che JK lo aveva appena colpito.

Lo aveva colpito per davvero e con rabbia, e si stupì di come non gli avesse sfondato il cervello. Con gli occhi carichi di lacrime involontarie -dovute al contraccolpo-, si issò su un avambraccio ed alzò lo sguardo verso l'altro, guardandolo senza capire. 

JK stringeva tra le mani un candelabro dall'aria pesante, il cui bordo squadrato era macchiato di liquido rosso cremisi che gocciolava appena sul pavimento immacolato. Abbassò gli occhi sulla sua mano e la scoprì intrisa di sangue, che adesso colava sul suo viso come lacrime scarlatte. Gli stava striando la pelle, la tempia gli bruciava come se la stessero ustionando, ma ancora non poteva crederci.

JK lo aveva colpito sul serio?Ma...perchè?

Rialzò lo sguardo sull'altro, negli occhi cerulei di Taehyung si poteva tranquillamente leggere  sconvolgimento e timore, oltre che sembrare terribilmente spaurito davanti ad un indifferente JK, che lo guardava dall'alto come se fosse stato una specie di angelo della morte.

Nessuna espressione sul volto distorto dalla rabbia, solo ferma impasse.

«JK c-cosa...?». Le parole gli morirono come JK lanciò l'oggetto di lato e gli si avvicinò in due falcate. Taehyung urlò come quello lo afferrò per i capelli, ma la sua voce venne attutita e soffocata dall'altra mano di JK, che gli premeva sulla labbra e gli tappava il naso.

«Fossi in te, avrei il buon senso di starmene zitto, almeno per una volta» gli sibilò all'orecchio, in un tono così tagliente da fare invidia alla lama della spada più pregiata.

Taehyung spalancò gli occhi e si dimenò, stringendogli il polso per potersi liberare e quantomeno respirare. Le dita affondarono nel polso di JK e ne solcarono la pelle d'alabastro, quindi quello strinse la presa sui suoi capelli e lo lanciò letteralmente contro il muro.

L'impatto contro questo fu brutale e violento, tanto da provare un tonfo piuttosto sonoro.

Non ebbe il tempo di muoversi perchè JK tornò alla carica, schiacciando un avambraccio sul collo e assicurandosi che i loro occhi fossero gli uni negli altri. Taehyung annaspò per l'improvvisa mancanza d'aria, quindi artigliò la spalla del principe per allontanarlo, guardandolo con supplicante confusione. 

Perchè JK era così incollerito?

Perchè se la stava prendendo con lui?

Perché era tornato a fargli del male?

JK avvicinò il volto al suo, la vena sul collo era gonfia tanto fosse incollerito e sembrava trattenersi a stento dall'ucciderlo.

«Come hai osato rivelare il nostro segreto? Come hai osato, lurida puttana che non sei altro?!». La voce traboccante di vendicativa rabbia lo atterrì più di quanto si potesse immaginare, e aggrottò le sopracciglia boccheggiando per la poca aria che aveva a disposizione. Dalle labbra schiuse, uscirono solo versi striduli tremuli, niente che ricordassero parole, comunque. 

Come scalciò, JK gli si premette addosso per bloccargli i movimenti.

«Brutto frocio del cazzo, come hai osato rivelare di me e Kookie? Come hai potuto farci questo?» gli urlò contro. Taehyung scosse la testa e la presa di JK si allentò appena solo perchè era così irato che le braccia gli tremarono.

«N-non l'ho detto a nessuno, i—». JK lo strattonò e la testa battè con violenza contro il muro, provocando un tonfo sordo che risuonò nell'aria mortalmente silenziosa attorno a loro. 

JK gli afferrò il collo e gli assestò un poderoso pugno sulla guancia che, come lo lasciò, lo fece scivolare contro il muro fino ad accasciarsi a terra. JK lo tirò per i capelli e lo costrinse a mettersi in piedi, quindi lo lanciò lontano e Taehyung inciampò su uno degli oggetti che giacevano sul pavimento. Cadde violentemente sulla spalla, sibilando per il male e tossendo convulsamente. 

Dalla bocca, un grumo di sangue e saliva impregnò il tappeto, creando una macchia scura e scarlatta come solo il sangue poteva essere. Senza alcuna pietà, JK lo ribaltò di botto e gli si sedette addosso, afferrandogli il volto già dolorante per stringerlo così forte da fargli emettere un verso strozzato.

«Non l'hai detto a nessuno?! Il tuo patetico fratellino allora stava dicendo delle cazzate mentre parlava con Yoongi dipingendoci come dei mostri, non è così?».

Taehyung sgranò gli occhi, la consapevolezza gli fece trattenere il respiro.

JK temeva che lui avesse detto a tutti del loro segreto. Temeva che il suo segreto sarebbe diventato di dominio pubblico perché, se solo la notizia avesse fatto il giro delle corti e dei regni, le ripercussioni sarebbero state estreme.

Dalle sue labbra deformate dalla stretta di JK uscì solamente un mugugno indistinto, quindi JK gli tirò uno schiaffo così forte da sentire gli occhi velarsi di lacrime e la vista offuscarsi.

Il caldo pizzicore della percossa lo stordì. 

«Adesso ti ricordi, brutto pezzo di merda che non sei altro?» sibilò contro il suo orecchio, e Taehyung scosse debolmente la testa.

Alzò le mani e le poggiò sulle sue spalle, facendo leva per allontanarlo appena. Deglutì profondamente nonostante il gusto ferroso a destabilizzargli le papille gustative e cercò i suoi occhi.

«E' vero» rantolò, «Gliel'ho detto io ma...manterrà il...segreto» riuscì a finire la frase. Le iridi cerulee erano intrise di suppliche affinché JK gli potesse credere ma, come sempre accadeva, il fato non era mai troppo gentile con Taehyung.

Da JK provenne di nuovo quella risata secca, quella senza allegria che gli raschiava la gola, e un altro schiaffo si abbattè su di lui con la forza di una frustra.

«Mi credi forse stupido? Sta mantenendo il segreto così bene che l'ho sentito parlare con Yoongi!» esclamò sarcastico JK. 

Taehyng battè le palpebre pesanti un paio di volte.

«N-non lo dirà, Jimin l-lo aveva g-già intuito. Fidat—» un altro, potente schiaffo interruppe la sua frase e JK urlò a vuoto dalla rabbia.

«Fidarmi?! Mi vieni a parlare di fiducia? Per una sola, fottuta volta in cui non ti ho tenuto sotto controllo guarda, GUARDA!» gli gridò JK, gli occhi fiammeggianti di furia. 

E Taehyung lo fece. 

E vedere la persona con cui aveva sorriso e scherzato fino a poche ore prima essere quasi posseduto dalla versione rabbiosa, irata e violenta di sè stesso, lo colpì dritto al cuore. Gli occhi gli si riempirono di lacrime alla vista di quello che era solo l'involucro del suo Jungkook ma che poco aveva a che fare con la persona che conosceva.

Vedere l'odio invadere così profondamente la sua persona gli distrusse qualsiasi briciolo di speranza che aveva nutrito nei confronti della sua relazione. 

Anche se quello non era Jungkook, ai suoi occhi...ai suoi occhi restava il principe timido e gentile che gli aveva sorriso mentre gli mostrava per len l'ennesima volta come vincere una partita di scacchi in tre mosse.

Era lo stesso che gli aveva bussato alla porta con Mr Carota stretto tra le braccia e un rossore diffuso sulle guance solitamente pallide.

Ai suoi occhi, era la persona con cui avrebbe voluto passare il resto della vita.

«Lo sei andato a dire non appena ne hai avuta l'occasione! Come un lurido traditore te ne sei fottuto delle conseguenze di questa scelta, hai fatto come tutti in questo inferno di mondo!».

«Per favore, J-J...» Per favore non paragonarmi agli altri. Non vi ho mai traditi. 

 «Avrei dovuto assicurarmi di toglierti la facoltà di parola quando ne ho avuto la fottuta occasione, sapevo che prima o poi ti saresti rivelato per ciò che sei! Uno schifoso traditore! Non vedevi l'ora di liberarti di me, non è vero?!».

Quel veleno che ricopriva ogni lettera ed ogni pausa che JK faceva mentre gli sputava addosso la sua collera, gli arpionò il petto come degli artigli.

Non continuare ad uccidermi, JK. Non farlo, ti prego. 

Ma tutte quelle sue suppliche mentali non trovarono mai sfogo, vennero soppresse da una nuova, devastante ondata di risentimento di JK. 

Oramai era completamente fuori controllo.

«Sei solo un lurido aborto mancato, tua madre si sarà levata di torno proprio per evitare di vedere un fallimento come te occupare lo spazio che meritava lei» gli sbraitò contro, e quelle parole...

Quelle parole furono peggio di tutti gli schiaffi, i pugni, gli spintoni, le percosse e le coltellate che aveva ricevuto in venticinque anni di vita. Erano le parole più cattive, perfide e ostili che avesse mai sentito pronunciare.

Il bruciore della collera, della rabbia, della debolezza gli divampò dentro, ed utilizzò quella vampata di adrenalina per far scontrare la sua mano sul volto di JK, in uno schiocco acuto e forte abbastanza da riscuotere JK e farlo ritornare presente a sè stesso.

Questo ricadde all'indietro imprecando sonoramente ed in modo irripetibile come Taehyung lo spinse via e lo calciò, stringendo i pugni e strizzando gli occhi per il giramento di testa che lo colse. Nonostante Taehyung fosse conciato peggio di quanto si aspettasse, i suoi occhi ardevano della stessa intensità di quelli di JK.

«Non ti permettere....Non ti permetto di parlarmi così» sibilò, serrando i pugni e arrancando per mettersi in piedi. 

Adesso che JK era più lucido e non livido dalla rabbia, lo guardava con un sopracciglio alzato -sempre arrabbiato, ma non quanto prima.

Taehyung si issò a fatica e si asciugò il sangue che gli era arrivato perfino sulla palpebra, quindi rialzò il viso verso l'altro. «Sei anche più spregevole di quanto mi immaginassi...usare la storia che ti ho raccontato per ferirmi, sapendo quanto sia difficile per me accettare di essere stato la causa della morte di mia madre -dopo che sapevi perfettamente tutto!» lo accusò, la voce bassa per evitare di sentirla tremare.

«Un vigliacco. Ecco quello che sei, JK».

Taehyung si issò a fatica e ciondolò un attimo, le tempie gli pulsavano in modo atrocemente doloroso, il sangue pompava furiosamente nelle sue vene, il suo cuore era impazzito.

E dolorante.

E ferito.

E spezzato.

«Se solo mi avessi fatto parlare...ho detto a Jimin di voi perché sapevo e so che è in grado di mantenere il silenzio» arrancò Taehyung, prendendo un'affannosa boccata d'aria.

«Hai detto che ne stava parlando con Yoongi. Lui sa di voi tre. Non vi ho traditi, non ho mai pensato di farlo. Avevo bisogno di parlarne con qualcuno, avevo bisogno che qualcuno che non fosse uno stupido strizzacervelli o un re ambiguo, mi ascoltasse». 

Una delle tante lacrime che aveva trattenuto gli scivolò sulla guancia con lentezza, tracciando il profilo del suo zigolo sporgente e brillando nella penombra. Lacrima che non venne spazzata via, perchè Taehyung non ne aveva le forze.

JK si rialzò e lo guardò come una tigre guarda la sua preda prima di attaccarla.

«Avevi bisogno di parlare?» sputò JK, massaggiandosi la mascella e muovendo la mandibola per qualche attimo.

Taehyung arpionò un mobile lì vicino per evitare di crollare come le ginocchia gli si fecero inspiegabilmente molli.

«Non sai tenerti dentro neanche un cazzo, come potevo pretendere che ti sapessi tenere un segreto? Io ho sempre trattenuto, e trattengo ancora, tutta la merda che il signorino da te tanto amato avrebbe dovuto sostenere da solo!». JK era incollerito, gli occhi lanciavano saette, le sopracciglia calate obliquamente su quest'ultimi lo rendevano ancora più spaventoso.

«Sono nato per sguazzare nella merda di quel perdente, ma nessuno ha mai voluto ascoltare la mia verità. Perchè ogni volta che provavo a parlare, la risposta era una fottuta iniezione di sedativi e tranquillanti!» gli urlò contro, avvicinandosi furiosamente e spintonandolo all'indietro.

Come la sua schiena toccò il muro, imprecò per il dolore alla spalla e tossì un paio di volte. 

«E tu mi vieni a dire che avevi bisogno di parlare? Con quale corag—».

«Io non sono te!» gli urlò praticamente dietro Taehyung, portandosi una mano alla testa per il dolore pulsante che la ferita gli provocava.

JK sbattè le mani ai lati del suo viso e lui sobbalzò.

Incontrò gli occhi furenti di JK, ma tanto ormai il suo discorso era andato a puttane, il suo autocontrollo era svanito e soprattutto...ormai era innegabile che avessero rotto di nuovo qualcosa. Si odiò per non essere riuscito ad incollare tutti i pezzi.

Probabilmente, non sarebbe mai stato capace di ricomporre quel legame distrutto -se mai ce n'era stato uno.

«Io non sono come te! Io di Jimin mi fido e ho sentito il bisogno di parlarne, non puoi darmi la colpa di questo! Avrei voluto che anche tu ti fidassi di me abbastanza da poterti liberare dei pesi che porti dentro, perché so perfettamente che i fardelli che ti gravano sulle spalle sono più di quanto una persona possa sopportare...ma devi sempre rovinare tutto».

A quel punto, contenere perfino le lacrime che aveva cercato di nascondere era assolutamente inutile. Le lasciò scorrere con lentezza, facendo sì che fluissero insieme a tutto quello che era diventato troppo.

Troppo da affrontare.

Troppo da sopportare.

Troppo da vivere.

«Ero venuto per scusarmi di tutti i miei comportamenti poco comprensivi, avevo perfino intenzione di dirvi che Jimin sapeva di voi... avrei voluto abbattere uno dei centinaia di muri che ci separano». JK fece un'espressione che Taehyung non riuscì ad interpretare, ma che era palesemente dubbiosa. 

«Ma non ha più importanza, perché complimenti» sussurrò infine con mani tremanti, la vista gli si stava annebbiando piano piano mentre lottava per rimanere con gli occhi aperti mentre le palpebre si facevano pesanti. 

«Volevi che ti odiassi? Beh, ci sei riuscito. Goditelo anche per me».

JK sembrò perdersi in un mondo tutto suo. Non reagì, non si mosse, non fiatò, non sembrò neanche aver udito le sue parole. 

Approfittò del momento in cui quello sembrava entrato in quello stato di catatonia per spingerlo via con l'ultimo briciolo di forza che gli era rimasto in corpo per trascinarsi verso il bagno, dove si chiuse a chiave. Si lasciò scivolare contro la porta, sfinito e distrutto, ma anche incredibilmente debole.

Sentiva le forze che lo stavano abbandonando lentamente, mentre aveva chiaro di aver rovinato tutto e quella volta....

Quella volta sembrava davvero la definitiva.

........................................

Jimin guardò ancora una volta l'orologio e aggrottò le sopracciglia.

Perché Taehyung non era ancora uscito dalla camera?

La sera prima si erano accordati per vedersi fuori dalla stanza di suo fratello, in un'ora in cui erano sicuri che non ci fosse stato JK. Aveva perfino lasciato Yoongi addormentato senza ricevere il suo bacio del buongiorno, per essere in orario all'appuntamento.

Ma adesso Taehyung era in ritardo di quindici minuti e questo non era possibile.

Suo fratello non era mai in ritardo.

Non lo era stato neanche quando aveva avuto un'infezione colossale dovuta ad una ferita di caccia; si era svegliato con due ore di anticipo per poter essere pronto al cospetto del re e sorbirsi cinque ore e mezza di discorso ufficiale, in piedi e con una ferita purgante.

Ricordava che avesse sfiorato lo svenimento almeno un centinaio di volte, ricordava ancora il suo volto pallido quanto un cencio ed il sudore freddo che gli scendeva dalla fronte per quanto stesse soffrendo.

Quindi era assolutamente stranissimo pensare che stesse facendo ritardo. 

Picchiettò il piede sul pavimento e attese altri cinque minuti prima di decidersi a bussare insistentemente alla porta. 

Niente.

Guardò la porta con fare stranito e perplesso, e si guardò intorno. Il corridoio era deserto, il vociare era lontano e Taehyung non era sicuramente passato di lì, quindi c'era davvero qualcosa che non andava.

Non gli rimaneva altro se non provare ad entrare e vedere perchè Taehyung non avesse portato il suo culo fuori da quella stanza, quindi provò a girare la maniglia e constatò con gioia che la porta fosse aperta. 

Si affacciò e cercò di spiare con la coda dell'occhio, preparandosi già a fare qualche battuta stupida e poco sensata ad un Taehyung intento a vestirsi o a scusarsi per il ritardo. Ma come lo sguardo si posò sulla stanza, un senso di terrore gli invase le viscere e spalancò la bocca -che per poco non gli sfiorò terra.

Sembrava che fosse stata investita da un uragano per quanto fosse distrutta e disordinata.

E...erano macchie di sangue quelle?! 

Il panico lo assalì alla realizzazione che sì, quello era decisamente sangue.

«Taehyung?! Taehyung, sei qui?!» chiamò agitato, andando a rivoltare le lenzuola sfatte e correndo per la stanza. Si affacciò sotto il letto, poi si rimise in piedi e andò verso la porta del bagno, che però trovò chiusa a chiave.

Prese a bussare freneticamente, il panico a serrargli la gola. 

«Tae! Tae sei lì? Aprimi ti prego, Taehyung!» esclamò agitato. Era nel panico, aveva quella brutta sensazione che gli attanagliava le viscere e stava sudando come un dannato mentre continuava a battere il pugno contro la porta.

Avrebbe continuato a bussare anche a costo di distruggersi le nocche.

«Taehyung! So che sei lì, Tae!» ribadì quindi, le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi mentre provava a forzare la porta con il mero tentativo di aprirla.

Niente, la maniglia era bloccata.

Vi poggiò sopra l'orecchio per mettersi in ascolto e non sentì nulla per alcuni secondi. Poi, un piccolo movimento fece un rumore impercettibile ma che lui riuscì a sentire, nonostante il cuore battesse così furiosamente da fare quasi male.

«Tae! Tae sono Jimin! Aprimi per favore, Tae!» bussò di nuovo, e un gemito soffocato si udì dall'altra parte della porta.

L'ansia di Jimin crebbe, e con essa, anche la voglia di buttare giù la dannata porta, che se suo fratello non avesse aperto in tre secondi l'avrebbe perfino presa a testate pur di poter capire cosa stesse succedendo. Un clic appena accennato fu tutto quello che bastò a Jimin per spalancarla e sentire un tonfo.

Si guardò freneticamente intono alla ricerca di Taehyung, ed il suo cuore si fermò.

Una vampata di preoccupazione e lacrime lo investirono come scandagliò la figura di suo fratello, riverso a terra e che riusciva a malapena a mettersi dritto.

Mezzo steso sul pavimento e con il capo ciondolante, la casacca da notte era intrisa di scure e secche macchie di sangue; dalla tempia sinistra un taglio profondo e lungo almeno sette centimetri gli squarciava la pelle. 

Strisce di sangue secco gli ricoprivano parte del viso e della bocca, colando addirittura dal naso. 

Taehyung si teneva la spalla destra e respirava affannosamente, e Jimin gli corse incontro urlando «Taehyung!» con voce spezzata.

Gli si inginocchiò davanti e gli alzò il viso, ma come lo fece, Taehyung sobbalzò e sibilò subito dopo per il male.

Adesso che gli aveva alzato il volto, potè notare come questo fosse gonfio e tumefatto su entrambe le guance, nella sinistra in modo particolare. Grossi ematomi scuri e quasi neri si arrampicavano su una parte del viso, uno degli occhi era gonfio, il labbro era spaccato e il segno rosso sul suo collo lasciava intendere che fosse stato quasi strozzato.

Sembrava vittima di un pestaggio brutale.

«Oh mio dio, Taehyung, che ti è successo?» sussurrò orripilato Jimin, prendendogli la mano e stringendola tra le sue.

Gli tremavano come mai prima di allora.

Il suo cuore si spezzò come Taehyung fece una smorfia e contrasse appena il volto. «A-abbiamo litigato» fu quello che riuscì a formulare con la bocca ancora impastata.

Jimin, se possibile, si sentì morire ancora di più.

«Tu e Jungkook? Avete litigato tu e Jungkook?». Taehyung scosse leggermente la testa.

«JK».

Un lampo di ira passò nelle iridi di Jimin, che si morse la lingua a sangue per poter evitare di urlare in modo quasi disumano.

JK lo aveva ridotto in quel modo.

JK, quello per cui Taehyung aveva iniziato a provare dei sentimenti.

Quel mostro aveva ridotto in quel modo suo fratello, fino quasi a sfigurarlo. Qualsiasi fosse stato il motivo per cui avevano litigato, niente avrebbe mai potuto giustificare quello.

Taehyung, attraverso le palpebre gonfie, riuscì a vedere le mani di Jimin tremare per il nervoso, gli occhi illuminarsi di una rabbia che non gli aveva mai visto e le piccole narici dilatarsi per la collera. Allungò la mano e afferrò quella piccola e stretta in un pugno di suo fratello.

«N-non fare cose...avventate» riuscì a tirare fuori, supplicandolo con gli occhi di dargli ascolto. La voce era rauca, faticava ad uscire dalle sue labbra, ogni parola sembrava portare con sè una lama che gli feriva la gola ogni volta che parlava.

Jimin grugnì sonoramente, respirando tramite le labbra schiuse. Si sarebbe assicurato di farla pagare a quello stupido principe, gli avrebbe dato così tanti pugni da fargli sparire il naso ed ingoiare i denti, lo avrebbe gettato dalla finestra e avrebbe riso come un ossesso davanti al suo dolore.

Avrebbe vendicato suo fratello, perché Taehyung non si meritava tutto quello.

Ma come Taehyung tossicchiò un'altra volta, Jimin gli carezzò la testa e lo guardò preoccupato. 

«Vado a chiamare il medico, Hoseok. Dovrebbe essere già arrivato» annunciò quindi, già pronto a correre via per cercare aiuto, ma la stretta di Taehyung divenne ancora più presente sulla sua piccola mano. 

Jimin lo guardò senza capire e Taehyung scosse lentamente la testa. 

«N-no. Non lo voglio qui» sussurrò. Fece una smorfia per il dolore a qualsiasi parte del volto -ed anche del corpo- ma si mise seduto e strinse i denti così forte da sentirli quasi stridere.

Jimin strinse le labbra e lo guardò quasi come se volesse prendere a testate il muro per la frustrazione.

«Ma Tae, hai bisogno di aiuto» cercò di farlo ragionare, sperando che la nota quasi supplicante nella sua voce acuta potesse fargli percepire quanto fosse grave la sua condizione.

Taehyung scosse di nuovo la testa e fece per mettersi dritto se non fosse stato per la spalla che, non appena si mosse, gli provocò un dolore profondo come se gliela avessero staccata. Fu una fitta netta e raggelante, che avrebbe potuto paragonare ad una vera e propria pugnalata. 

Strizzò gli occhi ed un'altra vapata di dolore gli bruciò la pelle, quasi avendola vinta sulla sua forza di volontà di non far preoccupare ancora di più Jimin.

«Non lo voglio qui. Aiutami ad alzarmi, Minnie».

Jimin sospirò. Se Taehyung si metteva in mente una cosa, non c'era azione, parola, frase o discorso capace di fargli cambiare idea, e suo fratello lo sapeva fin troppo bene. Voleva davvero che Taehyung venisse visitato, ma non poteva forzarlo più di tanto. Non aveva mai avuto il cuore di obbligarlo a fare qualcosa, proprio perchè Taehyung era un fiore così raro che gli era impossibile ignorare quanto delicato fosse.

Gli afferrò il braccio con entrambe le mani, assicurandosi di non fargli male. Quell'arto sembrava essere l'unica cosa sana in tutto il suo corpo, quindi Taehyung si appoggiò completamente a lui e fece leva sulle gambe stanche, riuscendo a mettersi dritto solo dopo uno sforzo immane -sia suo che di Jimin. Questo strinse la presa e traballò appena come Taehyung, una volta raggiunta la posizione eretta, venne preso da un giramento di testa così forte da farlo sbandare.

Davanti agli occhi di Taehyung venne tutto inghiottito dal buio, una serie di aghi sembrano trafiggergli le tempie e una fitta alla testa lo costrinse ad appoggiarsi totalmente al fratello, che stava lottando contro la voglia di piangere. 

«Tae, ascoltami per favore. Non riesci quasi a tenerti in piedi, lasciati visitare» supplicò quindi Jimin, il tono urgente era velato dall'ansia. «Non ho bisogno d-del dottore. Portami al l-lavandino» chiese con voce rauca. 

Vacillarono insieme fino al suddetto e, grazie all'aiuto di Jimin, riuscì a lavarsi via il sangue dal viso, a rinfrescarsi la pelle martoriata e a togliersi i vestiti sporchi di sangue per fare un bagno veloce che lo aveva fatto sentire un po' meglio.

Certo, senza l'aiuto di suo fratello non avrebbe potuto e saputo fare nulla, ma Jimin era il suo piccolo angelo custode, era sempre al suo fianco non aveva importanza la motivazione o il caso. 

Jimin c'era e ci sarebbe stato, sempre. E lui lo sapeva perfettamente, per questo si era sentito felice di sentirlo bussare alla porta, felice che fosse stato lui a trovarlo e non qualcun altro. Voleva suo fratello, perchè loro erano fiori diversi di uno stesso giardino.

Fu dopo quasi un'ora che Taehyung riuscì a sentirsi quasi rinato come era riuscito a lavare via le tracce della notte appena trascorsa, una delle più dolorose e difficili da dimenticare. 

Quelle parole lo perseguitavano come fantasmi del passato di cui non si era mai liberato, ed erano usciti dalla bocca di una persona che, almeno fisicamente, era colui per cui provava un affetto così forte da fare quasi male.

Erano uscite dalle stesse labbra che aveva baciato, da quelle che gli avevano sorriso, da quelle che lo avevano intenerito e lo avevano fatto sentire speciale, voluto. 

Non era Jungkook ma allo stesso tempo lo era, non era stato lui a dirgliele ma allo stesso tempo non poteva che associare il suo volto a quelle parole amare e difficili da metabolizzare. Non doveva fare male, eppure lo stava distruggendo, non doveva prenderle sul serio eppure ne era ferito. 

Perchè JK era come una canzone che non aveva mai sentito, una poesia non ricordava, una strada mai esistita...era un posto in cui non sarebbe mai potuto andare. 

E mentre rimuginava con le lacrime agli occhi -che tratteneva con dignitoso coraggio- Jimin lo stava aiutando a rivestirsi, trovando più complicato del necessario far indossare a Taehyung una camicia senza che questo muovesse troppo la spalla.

Nessuno dei due si era accorto che la porta della stanza si era appena aperta, accompagnata solamente da un silenzio carico come nubi in una giornata di pioggia. 

........................................

Minuti intensi di silenzio passarono senza che nessuno avesse il coraggio di spezzare quella quiete pesante e densa che racchiudeva mille domande e centinaia di possibili risposte. 

Gli occhi di Taehyung erano scattati verso la porta come questa si era aperta, e nelle sue iridi cerulee passarono mille emozioni, la cui dominante era preoccupante angoscia. Ma se i suoi occhi vedevano Jungkook, Jimin non era dello stesso parere. Stringeva la giacca tra le dita, infilzando le unghie nello spesso e pregiato tessuto per evitare di urlare e annodarla al collo di quell'individuo sulla soglia.

Jungkook era ad occhi sgranati, lo sguardo perso e atterrito nella figura di Taehyung. La mano stringeva ancora la maniglia della porta mentre l'altra arpionava il telaio convulsamente, rilassando e irrigidendo le dita a scatti. Le nocche bianche, il volto diventato una maschera di spavento e incredulità, le labbra tremanti e schiuse in una smorfia così sgomenta da sembrare quasi una smorfia.

Taehyung sostenne il suo sguardo per qualche attimo prima di infilarsi la giacca velocemente -ignorando il dolore atroce al movimento troppo rapido- e voltarsi verso Jimin, intento ad uccidere Jungkook con lo sguardo. 

Il principe era immobile, sembrava tanto una statua di cera e che stesse per svenire da un momento all'altro. 

«T-Taehyung...» balbettò, completamente afono. 

Il diretto interessato deglutì sonoramente, non riuscendo a fare effettivamente altro mentre Jimin gli abbottonava la giacca con mani tremanti.

«Jung—». Il suo nome si interruppe come vide Jimin chiudere gli occhi e tremare da capo a piedi per il nervoso. Taehyung sapeva che il fratello ce l'aveva a morte con il principe e, forse, avrebbe provato le stesse cose a ruoli invertiti.

«Minnie, niente di avventato. Ricordi?» gli sussurrò, preoccupato che le cose sarebbero potute precipitare senza che potesse impedirlo.

Jungkook si sentì come se gli fosse piombato addosso una valanga impossibile da sostenere; le gambe erano intorpidite per quanto le sentisse molli, il cuore sembrava si fosse trasferito nelle orecchie, la gola gli si era serrata così tanto da sentirla completamente chiusa e la bocca gli si era prosciugata come forse non aveva mai fatto prima.

Avrebbe voluto correre verso Taehyung e pregarlo di raccontargli cosa gli fosse capitato, chi lo avesse conciato in quel modo, sperando di non sentire quello che sospettava con straziante dolore. Sperava che non fosse stata tutta colpa sua, non di nuovo, non quella volta, non dopo che aveva assaggiato cosa significasse essere felice. Essere amato.

Non dopo che aveva capito che per Taehyung provava qualcosa di più di semplice affetto e attaccamento, non dopo che...non dopo che era arrivato alla conclusione che, se esisteva l'amore, allora quelle emozioni confortanti e gioiose che lui provava per Taehyung portavano quel nome.

I suoi occhi color cioccolato fuso guardavano Taehyung pregandolo, supplicandolo di smentire la verità che non voleva affrontare, che non sentiva di poter fronteggiare senza la spalla di qualcuno.

Senza Taehyung.

«C-cosa...» fu appena un sussurro, ma come Taehyung fece per parlare, Jimin non ci vide più dalla collera.

Aveva osservato quel muto scambio di sguardi fra suo fratello e quel dannato principe, e aveva trattenuto la rabbia fino a che aveva potuto. Ma quell'atteggiamento spaurito come se fosse stato un coniglietto terrorizzato non gli si addiceva proprio per nulla, non dopo che suo fratello era conciato in quel modo per colpa sua.

Fu così che lasciò la presa sulla giacca di Taehyung e andò a grandi passi da Jungkook, non curandosi di come Taehyung lo aveva richiamato poggiandosi alla stampella per sorreggersi.

Lo afferrò per il colletto della camicia e lo sbattè contro il muro li vicino con una forza che nessuno dei due presenti si aspettava -visto il contrasto tra altezze e masse muscolari. La schiena e la testa di Jungkook sbatterono sul duro materiale e Taehyung sgranò gli occhi.

«Non provare a fare quell'espressione spaurita! Non provare a fare finta di niente, la colpa è tutta tua!» gli urlò contro, scuotendolo con furia. Jungkook strabuzzò gli occhi, impallidendo davanti allo sguardo fiammeggiante del fratello di Taehyung.

Lui era sempre stato gentile nei suoi confronti, ricordava perfettamente come si era sforzato di metterlo a suo agio durante il pranzo tenutosi a palazzo Kim e adesso, vederlo in quel modo, lo atterrì.

«Jimin! Smettila!» intervenne Taehyung, stringendo la presa e guardando la scena con un'impotenza da fargli desiderare di potersi catapultare tra le due persone che contavano di più nella sua vita.

Jimin non sembrò neanche sentirlo. «Non hai nessun diritto di fare quella faccia quando è tutta colpa tua se Taehyung sta così! Stai uccidendo mio fratello, tu e quelle stupide personalità non dovreste neanche esistere, siete solo una disgrazia per chi vi sta intorno!».

Taehyung stentò a credere alle sue orecchie. Nonostante non fossero rivolte a lui, quelle parole lo ferirono come se ne fosse stato lui il protagonista, provocandogli un moto di sgomento e incredulità.

Jimin sentiva le lacrime pungergli gli occhi, e seppe di avere gli occhi lucidi come quelli di Jungkook, che si erano trasformati in due fiumi in piena che adesso straripavano sulle sue gote pallide. 

Il labbro del principe tremò vistosamente e con violenza, il mento si corrugò per lo sforzo di bloccare quelle quasi convulsioni affondandogli i denti con forza, il respiro era accelerato ed i singhiozzi gli perforavano il petto con costanza preoccupante.

«Jimin, basta! Non sai quello che dici!» esclamò Taehyung, preoccupato all'inverosimile per Jungkook, che sembrava stesse per avere una crisi.

Jimin schioccò la lingua sul palato in risposta, non mollando la presa su Jungkook. «L'hai malmenato, e sono sicuro che non sia la prima volta! Sei la rovina della sua vita, Taehyung si meriterebbe il meglio, non lo scarto» gli sibilò contro Jimin, dandogli un ultimo scossone prima di mollarlo quasi schifato.

Quello per Taehyung fu troppo. 

Mollò la presa e avanzò malfermamente verso il muro, su cui si poggiò per darsi stabilità. Purtroppo, le vertigini non gli permettevano di avere la prontezza che desiderava possedere in quel momento.

«Prova solo ancora una volta a toccarlo, e giuro sul mio nome che te ne pentirai come non hai mai fatto nella tua vita».

Taehyung non aveva mai visto Jimin in quel modo, infatti lo guardò completamente sconvolto. l singhiozzi di Jungkook misti alla sua espressione completamente distrutta e ferita gli fecero da straziante sottofondo. 

Sentì, ancora una volta, il cuore disintegrarsi in milioni di frammenti. 

«No! Jimin, lui non c'entra niente! Smettila di urlargli contro!» urlò, ignorando il dolore atroce al viso come si sforzò, avanzando velocemente verso Jungkook.

Sentì il petto squarciarsi come lo vide rannicchiato su se stesso, la testa infilata tra le ginocchia, le braccia a coprirgli la testa quasi a volersi riparare. 

Jimin sembrò finalmente riuscire a ragionare, quindi si voltò verso di lui e lo guardò come se fosse impazzito. «Non c'entra niente? Taehyung, ma hai visto come ti ha ridotto?» esclamò Jimin con occhi sbarrati, non credendo alle sue orecchie.

Taehyung lo ignorò e si avvicinò a Jungkook, chinandosi per provare a toccargli una spalla; come però la sua mano venne a contatto con il principe, quello sobbalzò vistosamente e si rannicchiò ancora di più su sé stesso, piangendo sommessamente e tremando da capo a piedi. 

Le spalle erano scosse e sussultavano prepotentemente, sembrava volesse completamente nascondersi dal mondo intero. 

Taehyun si voltò verso irato verso suo fratello. «Chi ti ha arrogato il diritto di immischiarti nei miei affari coniugali? Come ti sei permesso di dirgli quelle cose?» sbottò, e per Jimin quella frase fu una specie di schiaffo in faccia.

«Nei tuoi affari coniugali?! Perdonami se vederti quasi morto su un cazzo di pavimento mi abbia fatto agire come un qualunque fratello farebbe!».

Taehyung si resse al muro per l'ennesimo giramento di testa e sibilò.

«Jimin! Jungkook non è una persona qualunque! Lui è speciale, non è stata colpa sua! Come hai potuto dirgli quelle cose?». Il tono duro e il nervosismo che stava sperimentando gli fecero venire una fitta alla tempia così forte che fu costretto a piegare il capo.

Uno spasmo lo colse ed una nuova ondata di nausea lo assalì.

Jimin strabuzzò gli occhi e gli si fece vicino, sorreggendolo.

«Taehyung! Basta, io chiamo Hoseok!» dichiarò infine, e come lasciò Taehyung accasciarsi ai piedi di Jungkook con sguardo distrutto, corse via.




































NDA: Siete sopravvissuti a questo capitolo? Io non tanto, credo mi abbia drenato qualsiasi energia vitale e ammetto che è stato parecchio intenso. In particolare, per me lo è stato perchè l'ho dovuto riscrivere DUE volte a causa di wattpad che me lo ha cancellato del tutto + 200 processi di riscrittura per renderlo interessante. 

Pubblicare questo capitolo dopo l'uscita di Dynamite è un'esperienza quasi mistica. Seriamente.
Non credo di essere riuscita a contenere lo sclero mentre vedevo l'mv.

Vado a piangere in un angolo arrendendomi al fatto che rimarrò single a vita. Bye!

A presto <3

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