Lettere quasi mancate

By solicomeabologna

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Era un normale pomeriggio di metà Maggio quando Cesare ricevette la prima lettera. Poteva considerarla tale? ... More

Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
Capitolo 10.
Capitolo 11.

Capitolo 12.

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By solicomeabologna

"Cesare, rispondi tu al telefono?" Chiese Chiara, urlando dal loro studio.

Sì, avevano un loro studio.
Ormai da quattro mesi vivevano insieme in quello che, originariamente, era il monolocale di Chiara.
Originariamente perché ormai non era più un monolocale, bensì un trilocale.

Avevano deciso di comprare anche l'appartamento vicino, di buttare giù il muro, e unire tutto in un'unica casa.

Così il soppalco, dove prima c'era il letto della ragazza, era diventata la loro biblioteca personale, ogni parete stracolma di libri e al centro due poltrone in pelle rossa a finire l'arredamento, dove passavano intere domeniche pomeriggio a leggere, uno vicino all'altro.

Il resto del monolocale era rimasto identico: la cucina ed il salotto, arredati con gli stessi mobili, così come il piccolo balconcino.

L'introduzione degli altri due locali aveva permesso ai due ragazzi di avere una camera da letto tutta per loro, e uno studio.
Lì Cesare passava le serate a editare video per Space Valley e Chiara a scrivere, con la macchina da scrivere recuperata dalla sua vecchia casa a Torino, o modificare le fotografie scattate in digitale, o a inserire quelle analogiche in grandi album fotografici.

Nessuno ne aveva ancora parlato, dopotutto avevano tutto il tempo del mondo, ma all'occorrenza quello studio si sarebbe trasformato in un'altra camera da letto, arredata con una culla e tanti bellissimi peluches.

Ma per quello, nonostante prima o poi sarebbe stato inevitabile, c'era tempo.

Attualmente si preoccupavano solo di una cosa: aiutare Chewbe e Nala ad essere genitori.

Perché sí, Nala, orami da due settimane, aveva dato alla luce dieci cuccioli.
Chewbe, dal canto suo, non lasciava né lei né i piccoli per più di cinque minuti, standogli sempre accanto e giocando con loro.

Cesare e Chiara erano enormemente orgogliosi e felici di quella situazione, ma sicuramente non potevano tenere dieci cuccioli nel loro appartamento.

Così avevano messo degli annunci, sia in giro per Bologna che in siti online: li avrebbero regalati.

Greta aveva già prenotato un cucciolo, uno dei quattro maschi. Assomigliava completamente a Chewbe, tranne gli occhi che erano chiari, quasi bianchi, come quelli di Nala.

Loro due invece avrebbero tenuto la cucciola più cicciotta di tutti perché Chiara se n'era innamorata: era la fotocopia di Nala con i colori di Chewbe.
L'avevano chiamata Myra.

Gli altri cuccioli erano già stati dati via quasi tutti, tranne l'ultimo maschio e due femmine.
Probabilmente il telefono stava suonando per quello.

Cesare rispose e, non appena sentì qualcuno dall'altro lato della cornetta dire: "Chiamo per avere informazioni sulla cucciolata" sorrise e iniziò a parlare, fornendo tutte le informazioni possibili e fissando un appuntamento per il giorno successivo, per incontrare l'interessato.

Chiara guardò il ragazzo di sottecchi, sorridendo, mentre seduta alla scrivania, incollava una fotografia scattata ad un picnic, fatta la settimana prima sui colli, insieme a tutti i suoi amici.

Finalmente stava andando tutto bene.

*

Erano a bordo palco, al Locomotiv Club di Bologna.

Cesare, Tonno, Nicolas, Greta e Bea erano lì, insieme a lei, che parlavano tra loro contenti, mentre Chiara si guardava intorno.

Stava per assistere ad un concerto dei rovere.
Si girò verso destra, trovandosi una grande folla tutta accalcata che a tratti cantava delle canzoni scritte dal suo amico.

Nelson era suo amico...

Era davvero strano formulare quel pensiero.

Due anni prima non si sarebbe sicuramente aspettata di arrivare a quel punto, nonostante avesse appena conosciuto Cesare.
Già quello lo considerava un evento irrealizzabile, eppure, ora Cesare era il suo ragazzo, Nelson e gli altri ragazzi della valle suoi amici, Bologna la sua città.

Era tutto così assurdo e irreale, eppure bellissimo.

Dopotutto, tutta la sua vita era stata assurda dal momento stesso in cui aveva perso sua sorella.

Non avrebbe mai pensato che quel genere di cose potesse capitare proprio a lei. Ma chi l'avrebbe mai pensato?

Contro ogni sua aspettativa, ora andava meglio.
Non bene, non sarebbe mai andata "bene" ma sicuramente andava meglio.

Ora riuscita a parlare di Elena, soprattuto a Cesare.
Riusciva a raccontargli quando loro due amassero scappare insieme per fare delle gite folli in città vicine, senza dire nulla ai genitori, quanto amassero la natura e i fiori, riuscì anche a raccontargli di quel progetto che avevano costruito insieme: un libro di poesie e fotografie.

L'idea era stata di Elena: aveva proposto a Chiara di illustrare le sue poesie, di unire le loro due passioni per farci un libro.
Inutile dire che Cesare era stato entusiasta della cosa e aveva cercato, riuscendoci, a metterla in contatto con una casa editrice.

Il progetto era ancora tutto in corso, ma il loro libro diventava ogni giorno più reale, concreto.
Avrebbe usato le sue vecchie poesie e le foto di Elena, trovate in quel pomeriggio di un anno e mezzo prima a Torino.

Torino.

Nonostante i suoi progressi, Chiara non aveva più messo piede in quella città.
Era riuscita a dire addio a sua sorella, riuscita a rivivere i ricordi ed il dolore, ma non era disposta a farlo ancora.
Non era disposta a tornare in quella città, dove avevano condiviso gioia, felicità, la loro intera infanzia e un dolore smisurato.

Aveva salutato Elena quel pomeriggio, consapevole che ad ogni folata di vento loro due sarebbero state insieme, e quello bastava per entrambe.

I suoi genitori, dopo essere tornati dal loro viaggio di lavoro avevano finalmenre venduto la casa.

Inoltre, avevano insistito per conoscere Cesare e Chiara dovette ammettere che andò meglio del previsto.

Cesare, senza saperlo, era stato la chiave per riaprire il legame con i suoi genitori, chiuso dopo quel tragico incidente.
Si erano riscoperti, un passo alla volta, avevano riiniziato ad essere una famiglia.

Non ci fu giorno in cui Chiara non ringraziò Cesare per aver creduto in lei, per averle fatto riscoprire il suo coraggio, la sua forza, le sue emozioni.

Era come tornata a vivere, come se, dopo la morte di sua sorella di fosse spenta con le e fosse tornata al mondo solo con lui.

Da ormai quasi un anno non aveva più problemi a guardarsi allo specchio.

Riusciva a mangiare tranquillamente una pizza in compagnia, senza sentirsi in colpa, senza dover digiunare per i due giorni successivi.
Era tornata a sentirsi bella; forse perché stava meglio in generale, o forse perché Cesare glielo aveva ripetuto così tante volte che ormai ci credeva anche lei.

Non aveva importanza, bastava star bene.

Li, vicino al palco su cui a breve ci sarebbe stato un bellissimo concerto, si sentiva finalmenre se stessa, la Chiara che aveva sempre voluto essere.

Era tornata ad essere la ragazza piena di colori, la ragazza allegra, solare ed estroversa, anche se c'erano giorni in cui il buio tornava e la richiamava.

Ma andava bene così; non c'era luce senza oscurità.
Questo ormai l'aveva capito: era giusto sentirsi bene come era giusto stare male.

Era giusto che a volte il dolore della mancanza le togliesse il fiato, giusto che le sembrasse soffocare quando immaginava la sua vita futura, al fianco di Cesare e magari qualche bambino, senza sua sorella a tenerli in braccio, ad accompagnarla, senza di lei.
Era giusto, perché la vita era stata crudele, strappandogliela troppo presto.

Ma era anche giusto stare bene, sentirsi bene, senza dover affrontare i sensi di colpa di essere sopravvissuta.

Era giusto ridere, scherzare, divertirsi, giusto andare sui colli in moto con Cesare senza nessun pensiero per la testa o fare degli aperitivi con Greta pieni di risate e spensieratezza o passare un pomeriggio con i ragazzi della valle senza stare male.

Era giusto quindi vivere e sentirsi vivi, nel bene e nel male.

Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì una mano, grande e calda, sul suo braccio.

Si girò e vide uno sguardo verde e familiare.

"Tutto bene?" Le chiese Cesare.

Chiara sorrise, stringendogli le mani.

"Tutto bene" Disse felice.

                                          *

Nelson saltava sul palco, il sudore ad incorniciargli il volto, un sorriso sulle labbra, mentre cantava Mappamondo, sereno.
Si voltò verso destra, a lato del palco, dove tutti i suoi amici si stavano divertendo, provando, senza molto risultati, di ballare a ritmo, cercando con lo sguardo Beatrice, a cui, senza pensarci, dedicò la frase:
"E allora basteranno i film sottotitolati
E quelle cene in due a mangiare surgelati
Vestiti bene, che andiamo insieme in America".

La ragazza sorrise, cantando anche lei la strofa e guardandolo negli occhi.

Chiara invece, ballava, saltava, cantava e rideva, sudando visto che ormai erano a metà Giugno ed in quel locale faceva davvero caldo.

Vicino a lei, Cesare aveva una birra in mano, esattamente come Tonno e Nicolas, e cantavano ogni strofa a squarciagola.
Il ragazzo la prese per mano, facendole fare una giravolta, nell'esatto momento in cui iniziava l'ultimo ritornello della canzone.
"Ma in equilibrio sul mondo ci siamo noi

Ci perderemo a nuova Delhi
O nel traffico di New York
Tra le polveri sottili
Nel mercato di Hong Kong"

E Chiara capì che non aveva impronta sa se si sarebbero persi; lei e Cesare si erano persi così tante volte all'inizio della loro relazione a causa dei suoi demoni e dei suoi problemi.
Ma nessuno di questi li aveva fatti allontanare, perché dopotutto si erano persi insieme.
Si erano persi per ritrovarsi e riscoprirsi ed era magnifico.

Il pubblico intanto cantava felice, mentre le note di primavera 80 riempivano il locale.

E Chiara si sentí libera, il corpo scosso da una grande risata, quando Cesare la prese e la mise sulle sue spalle mentre Nelson cantava la sua strofa preferita;

"Non so suonare la chitarra
Ma per te ci proverei
A sentire su una montagna
I vecchi dischi dei Coldplay"

Lei gli accarezzò i capelli, con infinita dolcezza, e fu grata all'intero universo di aver potuto incontrare quel cuore puro che era Cesare Cantelli.

Insieme sarebbe andata bene, insieme, andava bene.

                                          *
Ciao a tutti.
Eccoci arrivati all'ultimo capitolo di questa storia; spero davvero che vi sia piaciuta e che vi abbia trasmesso qualcosa, che vi abbia lasciato qualcosa.

Dal canto mio, vorrei tanto che, con questo racconto semplice e non troppo complesso, vi sia almeno passata l'idea che è giusto sentirsi bene, ma è anche giusto e normale stare male.
È giusto vivere le nostre emozioni, è giusto vedere il bicchiere mezzo pieno ma anche mezzo vuoto, perché la vita è un insieme di eventi negativi e positivi.
Dobbiamo essere in grado di cogliere tutto, di costruirci su ognuno di questi eventi e andare avanti, migliorare ed essere pronti per tornare a vivere.

Non abbiate quindi paura di quello che provate, ma trovate la forza di reagire alle vostre emozioni.

Ringrazio tutti coloro che hanno letto questa storia, tutti quelli che mi hanno fatto sapere i loro commenti e le loro visioni su quello che scrivevo e ringrazio molto la ragazza di cui ho preso in prestito il nome, Chiara(@waitingforthom‬).

Ti ringrazio per avermi sostenuta e incoraggiata e per aver visto la luce in me, quando spesso vedevo solo il buio.

Avrei molto altro da dire, ma ne parlerò in un altro momento dedicato a questa storia.

Ci tenevo comunque a dire che molti avvenimenti descritti sono autobiografici e ad augurare il meglio, ad ognuno di voi, per superare i propri demoni, come ho cercato di fare io e come ha provato Chiara nella storia.

Vi auguro ogni bene e di essere liberi, sempre.

Grazie di tutto, spero a presto.

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