THE LOVING ONE (BTS FanFictio...

By SilviaVancini

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Jimin ha ventidue anni e sogna di fare il cantante. Quando gli viene proposto di partire in tour coi J-EY, un... More

PRIMA DI COMINCIARE
ALL OUT OF LOVE
HUNGRY HEART
QUATTRO MENO UNO
BAFFI DA LATTE
BUCHI NELL'ACQUA
AREA FUMATORI
MIN YOONGI: L'INNAMORATO INCOMPRESO
UN METRO DI PIZZA
DALL'OBLO' DELLA CUCINA
IL NOME D'ARTE
IL BARBRA'S TALKING SHOW
BIRRA DELLA PACE
ITALIAN TIRAMISU'
LA ROUTINE
A BERE UNA COSA
TRENTOTTO E SETTE
JIMIN MANIA
BUDINO ALLA CREMA
SUPERMERCATO NOTTURNO
BODY LANGUAGE
I FIDANZATINI D'AMERICA
IN TILT
FILADELFIA
L'ULTIMA DATA
DOLCEVITA GRIGIO
SOLISTA
GLI AMERICAN MUSIC AWARDS
HOUSE PARTY
BANSHEE
TENNESSEE
NEW LOVER - LATO A
NEW LOVER - LATO B
CLACSON
FRECCIA A DESTRA
CAPODANNO
MEZZANOTTE
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI

PERHAPS PERHAPS PERHAPS

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By SilviaVancini

Buon salve, persone! Prima di lasciarvi al capitolo volevo soltanto dire due cose veloci.

Sono nel pieno della sessione estiva, per cui sto faticando un po' a trovare il tempo di scrivere come si deve. Di solito ho già tutti i capitoli pronti, ma ho fatto delle modifiche alla storia, quindi ora li sto scrivendo mano a mano che li pubblico. Cercherò di mantenere l'aggiornamento del venerdì, ma se non riuscirò a pubblicare vi avviserò qui e sui miei social. (E' anche per questo motivo che potreste trovare più errori grammaticali, non riesco a limare i capitoli quanto vorrei)

Poi: su Spotify trovate la playlist di The Loving One! La aggiorno ad ogni capitolo, per cui non ci sono spoiler. La consiglio soprattutto per farsi un'idea generale della musica che fanno i J-EY, ma segue gli avvenimenti della storia.

Vi lascio al capitolo! 


Non chiusi occhio durante la notte che seguì il mio bacio con Yoongi.

Io e lui rientrammo in albergo attorno alle tre del mattino. Dopo essere tornato nella mia stanza, mi ci volle un'ora soltanto per calmarmi e quando cercai di addormentarmi rimasi altre tre ore a fissare il soffitto con un sorriso ebete sulla faccia. Alle sette suonò la sveglia ed io la spensi subito. Ero più vivo che mai.

Per prima cosa mi lavai. Tenni un intero concerto sotto il getto dell'acqua e continuai a cantare anche dopo, mentre mi pettinavo e mentre mi vestivo. Mi costrinsi a ridurre la mia allegria ad un fischiettio quando uscii dalla mia stanza, ma non c'era modo di trattenere quella spensieratezza che mi fioriva dal petto: mentre attraversavo i corridoi camminavo a ritmo con il motivetto che stavo intonando, ad aspettare l'ascensore mi veniva da ballare, quando decisi di scendere le scale ci mancò poco che non mi sedetti sul corrimano per scivolare giù come Mary Poppins.

Il mio buon umore divenne ancora più evidente quando arrivai al piano terra. La colazione era stata allestita in una sala da pranzo e tutti i presenti ciondolavano dal sonno mentre se ne stavano in fila per accedere al buffet. Non c'era un gran chiacchiericcio nell'aria, le persone della troupe o gli altri ospiti dell'albergo comunicavano a grugniti, ma in compenso dalle cucine usciva un buonissimo odore di cornetti. Con lo stomaco che mi ruggiva dalla fame, andai a prendere un vassoio vuoto e mi misi in coda.

Dieci minuti dopo ero seduto al tavolo di Abby, come da routine. Lei e le sue amiche erano fra le poche persone che facevano colazione discutendo animatamente, gesticolando e ridendo, ma io quella mattina non ero per niente di compagnia. Dopo aver imburrato due fette di pane tostato ed averle sommerse di marmellata alle albicocche, il rumore croccante del pane sotto ai miei denti era l'unico suono che mi riempiva le orecchie. La testa l'avevo lasciata al piano di sopra, sul cuscino, ancora intenta a fissare il soffitto con aria trasognata. Per questo fissavo il vuoto davanti a me con l'aria di chi non ha mai provato tanto gusto a riempirsi lo stomaco.

Ero avvolto in un torpore piacevole, come quando si sogna ad occhi aperti e non c'è niente che disturbi la nostra bolla onirica. Volevo restare sveglio per sempre e non addormentarmi mai. Se non mi fossi addormentato mi sarei tenuto sottopelle quelle sensazioni così avvolgenti che mi avevano cullato per tutta la notte e avrei potuto vivere la mia vita così, perennemente sospeso fra sorpresa e felicità, bloccato in un universo in cui quello che volevo coincideva con quello che potevo avere.

Mi si gonfiò il petto quando Yoongi arrivò. Di solito era uno dei primi che scendeva a fare colazione, gli piaceva mangiare con meno gente possibile e voleva assicurarsi di essere il primo a mettere mano alle torte fatte in casa, ma quella mattina doveva essere rimasto a letto. Era più spettinato del solito, aveva il segno del cuscino su una guancia e camminava trascinando i piedi.

I miei occhi disegnarono un arco completo per seguirlo da una parte all'altra della stanza e continuarono a bearsi della sua figura scomposta mentre lui si procacciava la colazione. Procacciava, sì, perché mentre tutti quanti facevano la fila per il buffet, Yoongi si allungò oltre alle persone che aveva davanti e prese quello che gli serviva. Ricevette una pioggia di insulti che non lo impressionarono, dopodiché cercò un tavolo libero.

La sua colazione consisteva in uno yogurt e almeno quattro monoporzioni di miele. Dopo essersi seduto, Yoongi le aprì tutte quante e le svuotò nello yogurt, poi si mise a leccare le scatoline per non sprecare niente. Nel frattempo lasciò girovagare lo sguardo. Fu così che mi trovò dall'altra parte della stanza, intento a fissarlo.

Distolsi subito lo sguardo. Mi voltai verso le ragazze e finsi di essere coinvolto nelle loro risate, ma dopo qualche secondo tornai a lanciare un'occhiata a Yoongi: mi stava ancora guardando e questa volta fu lui a girarsi dall'altra parte. Prese un cucchiaino e iniziò a rimescolare lo yogurt.

Una volta finita la colazione mi feci carico dei vassoi delle mie amiche. Li impilai uno sull'altro e raccolsi anche piattini, tazze e posate, poi raggiunsi il mobiletto in cui bisognava riporre le stoviglie dopo aver sgombrato il tavolo.

Le mensole erano strapiene. Mi dovetti ingegnare per sistemare tutto quanto, ma avevo quasi finito quando una mano comparve nella mia visuale e prese l'ultima tazza che mi era rimasta. La appoggiò senza sforzo nel ripiano più alto del mobiletto ed io non ebbi bisogno di voltarmi per sapere chi avevo alle spalle.

"Grazie." dissi a Yoongi. Lui si tolse il cucchiaino di bocca, l'unica stoviglia che aveva da riporre, e lo lasciò cadere nel bicchiere di qualcun altro.

"Sei andato avanti con la canzone?" mi chiese. Non mi aspettavo quella domanda, per cui mi ritrovai ad aggrottare la fronte. Come potevo essere andato avanti con la canzone se gli avevo già detto la sera prima che ero bloccato?

"No, non sono andato avanti. Ormai inizio a dubitare delle mie capacità."

"Posso darti una mano, se vuoi."

Aprii la bocca. All'inizio non ne venne fuori niente, ma continuavo a guardare Yoongi e quando lui mi fece una mezza smorfia non potei fare a meno di sorridere.

"Okay?" dissi.

"È una domanda?"

"Se sei libero."

"Liberissimo, dopo cena."

"Okay."

Questa volta lo dissi con più convinzione. La mezza smorfia di Yoongi diventò un sorrisetto e lui mi salutò con un cenno del mento prima di roteare sui talloni e andarsene. Io aspettai finché non lo vidi più, poi mi scatenai in una danza della vittoria.

* * *

Era un appuntamento? Un: "liberissimo, dopo cena" poteva essere considerato un incontro con dei secondi fini vagamente romantici? Non lo sapevo. Fatto sta che quando la sera arrivò, io ero un fascio di nervi.

Il luogo del nostro incontro era il salottino dell'albergo in cui eravamo ospiti. Durante il giorno c'era un via vai di gente continuo, ma io e Yoongi sapevamo per esperienza che dopo un certo orario la gente si rintanava nelle proprie camere. Noi avremmo avuto quello spazio comune tutto per noi e, se avessimo avuto bisogno di cantare o suonare, non rischiavamo di svegliare nessuno. Ma uno spazio comune era sempre uno spazio comune. Ed io fui ossessionato per tutto il giorno dall'idea che qualcuno potesse accomodarcisi prima di noi.

Per questo andai sul luogo dell'incontro con largo anticipo. Avevo portato con me la chitarra, il mio quaderno delle canzoni, dei fogli volanti, delle penne e gli appunti, ma quando mi ritrovai lì non pensai minimamente alla mia canzone.

Dove ci saremmo seduti io e Yoongi? Sul divano, suppongo, ma quale? Ce ne erano almeno quattro ed io dovetti provarli tutti. Una volta scelto il vincitore, sparsi la mia roba sul tavolino che c'era davanti, ma mi ritrovai a snodare un quesito ancora più complicato di quello di prima.

Come ci saremmo seduti io e Yoongi? Veniva naturale immaginare che ci saremmo messi uno di fianco all'altro, le schiene contro lo schienale e le braccia sui braccioli, ma noi eravamo lì per lavorare. Ci saremmo voltati uno verso l'altro? Sarei rimasto a gambe incrociate per tutta la sera? Mi dovevo sforzare di trovare una posa che fosse vagamente accattivante, ma come avrei fatto a suonare se stavo scomodo?

Iniziai a spostare i cuscini, girai come una trottola, provai mille pose e ogni tanto finsi di rivolgermi a un Yoongi invisibile per vedere se risultavo naturale. Risi a una sua battuta, risposi a un complimento, finsi di allungarmi per dargli una pacca amichevole sulla spalla.

"Con chi parli?"

Saltai dalla sorpresa. Mi buttai fra i cuscini del divano e assunsi in tempo record una posa così naturale che sembravo un quadro di Picasso. Yoongi era comparso dal corridoio principale con una chitarra sulla schiena e mi stava già guardando strano.

"Ehiii." gli dissi. La voce mi uscì squillante, il mio sorriso tiratissimo.

Yoongi mi guardò appena. Tirò fuori la sua chitarra acustica dalla custodia, dopodiché si sedette sulla prima poltroncina che gli capitò.

Il mio sorriso si affievolì. Mi allungai verso il tavolino e spostai le mie cose per riempire lo spazio vuoto sul divano, poi scacciai ogni sentimentalismo e aprii il quaderno delle canzoni.

"Cominciamo?"

* * *

La settimana era iniziata da poco, ma il tempo scorre secondo delle regole tutte sue quando si è in tour. Non esistono sabati o domeniche, ogni giorno è un viaggio, ogni giorno sei in una nuova città, devi lavorare quando gli altri si riposano e ti riposi quando gli altri lavorano, ma ricordo che era un martedì quando Simon e Tyler ne fecero una delle loro.

Stavamo viaggiando in autostrada con tutta la troupe. Il nostro bus si era fermato in una stazione di servizio per fare una sosta ed io ero appena uscito dal mini-market, quando mi ero sentito chiamare a gran voce. I J-EY erano scesi dal bus per prendere una boccata d'aria, ma non si erano allontanati dal parcheggio. Simon e Tyler sventolavano le braccia per attirare la mia attenzione, mentre Yoongi se ne stava seduto sul gradino di un marciapiede. Li raggiunsi.

"Che succede?" chiesi. Simon e Tyler cominciarono a parlare uno sopra all'altro ed io diedi a entrambi una barretta al caramello che avevo appena comprato. Ne passai una anche a Yoongi, poi mi sedetti sul suo stesso gradino e ne aprii una per me. Avevo il sole negli occhi.

"Abbiamo avuto una grande idea per l'inizio dei concerti." spiegò Simon. Aprì l'involucro della sua barretta e ne staccò un morso. "La nostra entrata in scena consiste nel camminare fino al centro del palco e restare immobili come statue, no? Ma perché non renderla più spettacolare?"

"Una volta arrivati al centro potremmo metterci in posa." intervenne Tyler. "Basta poco. Una posa di gruppo cool, qualcosa di potente, qualcosa che urli... BOOM, SIAMO I J-EY!"

"Tipo?"

"Una cosa così."

Simon si mise tutta la barretta in bocca, poi sollevò una gamba e restò in equilibrio mentre alzava entrambe le braccia sopra alla testa. Sembrava più un Power Ranger che una rock star, ma fu seguito a ruota da Tyler che si coordinò a lui, mise in mostra i muscoli, si mosse al rallentatore. I miei amici alzavano sempre di più il livello di difficoltà ed io facevo davvero fatica a trattenermi dal ridere. Mi appoggiai all'indietro per dissimulare l'attenzione dal sorrisino che mi stava crescendo sulla bocca, ma facendo così finii per sfiorare il braccio di Yoongi. Era in maniche corte, come me. La nostra pelle non sfregò nemmeno, ma mi sentii solleticare dai peli biondi delle sue braccia

Io mi ritirai in automatico, Yoongi non batté ciglio. Continuava a guardare Simon e Tyler come se non si fosse accorto di nulla, ma dopo pochi secondi fu lui ad agire: con la scusa di voler sistemare una piega inesistente sulla sua maglietta, Yoongi portò le braccia in avanti e il suo gomito toccò il mio avambraccio. Fu questione di un attimo, ma lo fece sia all'andata che al ritorno.

Era una sfida? Cosa c'era in palio?

Il mio ginocchio prese contro il suo ginocchio. Lui si chinò per raccogliere qualcosa e si assicurò di venirmi addosso il più possibile, io gli misi una mano sulla gamba. Lui si raddrizzò di colpo e si voltò verso di me con occhi duri.

"Come siete silenziosi." disse Tyler.

Io e Yoongi sussultammo. Tyler e Simon avevano mantenuto la posa più stratosferica del loro repertorio per tantissimi secondi, ma quando non avevano sentito né applausi né commenti avevano abbassato lo sguardo su di noi e ci avevano trovati distratti. Io e Yoongi ci dividemmo in tempo record e fra i nostri corpi si delineò una linea invisibile.

"Era tutto fantastico." dissi io.

"Come vi vengono queste idiozie?" disse Yoongi.

Simon e Tyler dissero che Yoongi non capiva niente dell'arte contemporanea e spiegarono tutto da capo.

* * *

Io e Yoongi ci accordammo per continuare a scrivere la mia canzone mercoledì, sempre di sera. Io mi presentai in anticipo ed iniziai a riordinare il salotto di turno, come l'altra volta, ma non ripetei gli stessi errori. Buttai le mie cose su un divano, poi andai a prendere una poltroncina e ce la piazzai di fronte. Fine. Presi posto ed iniziai a sfogliare gli spartiti che avevamo scritto l'altra volta.

Yoongi non fece tardi. Concentrato su quello che stavo facendo, gli rivolsi soltanto un cenno di saluto quando arrivò e neanche lui si perse in chiacchiere: mollò le sue cose sulla poltroncina, poi spostò la mia roba e si sedette sul divano, di fianco a me.

* * *

La colazione di giovedì iniziò come tutte le altre colazioni: corsa appena svegli per occupare i posti migliori, fila al buffet, montagne di cibo, cascate di caffè.

Io e le ragazze ci perdemmo nelle solite chiacchiere quando ci sedemmo a tavola. Non ricordo più di cosa stessimo parlando, ma l'argomento doveva starmi piuttosto a cuore, dato che non notai che Yoongi stava venendo verso di noi. Me ne accorsi direttamente quando lui appoggiò il suo vassoio sul tavolo e si sedette nell'unico posto libero.

Le ragazze ammutolirono. Ci fu uno scambio collettivo di sguardi straniti, mezzi sorrisi e sopracciglia inarcate dalla sorpresa, ma Yoongi non ci badò. Quel giorno la sua colazione consisteva in due bicchieri di latte e un muffin. Aveva preso l'intera confezione di cioccolato in polvere del buffet e non la riportò indietro dopo averla usata. Scartò il muffin e iniziò a mangiare senza guardare in faccia nessuno.

Appurato che Min Yoongi avrebbe fatto colazione con noi, le ragazze ricominciarono a chiacchierare. All'inizio erano discrete, avevano paura di disturbarlo, ma quando capirono che era interessato soltanto al cibo, tornarono ai toni e alle risate di prima.

Passò qualche minuto, poi gli ospiti dell'albergo iniziarono a chiedersi dove fosse finito il cioccolato in polvere. All'inizio si trattava di un bambino, di due, di tre, dei loro genitori, ma quando venne uno dei camerieri che si occupava di rifornire il buffet, iniziarono le ricerche vere e proprie.

Facendo finta di nulla, Yoongi prese la confezione di cioccolato in polvere e la appoggiò di fianco a sé, sulla panca su cui era seduto. Tornò a mangiare come se niente fosse, ma quando si scolò un bicchiere di latte finì per incrociare il mio sguardo. Mi ero messa a braccia conserte e lo stavo guardando con un mezzo sorriso. Lui mi chiese: "Che c'è?" con la piega di un sopracciglio ed io accennai con il mento al cioccolato in polvere.

Yoongi fece spallucce. Si portò alla bocca il secondo bicchiere di latte, ma dietro al vetro ebbi l'impressione che i suoi occhi fossero più vivaci.

* * *

Venerdì accadde un guaio. Per la precisione accadde giovedì sera, ma le conseguenze le subimmo la mattina dopo, quando ce ne accorgemmo.

Impegnati in una delle nostre sessioni di scrittura, io e Yoongi ci eravamo addormentati sul divano. Eravamo vicinissimi alla chiusura del brano, avevamo deciso di rimanere alzati più del solito per farlo ascoltare a Samantha il giorno dopo, invece eravamo crollati dal sonno. Lui dormiva da seduto mentre io tenevo la testa sulle sue gambe. I fogli erano sparsi fra di noi, le chitarre erano finite sul pavimento e dalle grandi vetrate del salotto entrava la luce del sole, ma niente di tutto questo ci infastidiva.

Fu una giovane cameriera a trovarci. Ci intravide mentre correva verso le cucine e dovette tornare indietro per assicurarsi di averci visto giusto. Provò a scuotere Yoongi nel modo più delicato possibile e schizzò via dalla stanza quando lui aprì gli occhi.

A Yoongi ci volle un po' per capire dove si trovava. Era abituato alla sensazione di smarrimento che provava quando si svegliava in un luogo che non era il suo appartamento, ma questa volta era peggio. Mi guardò con una brutta piega sulla fronte.

"Jimin." chiamò. "Jimin, sveglia."

Io non diedi segni di vita. Yoongi mi scosse una spalla ed io bofonchiai qualcosa.

* * *

Yoongi era sempre da solo nelle foto di gruppo. Me ne ero accorto durante un Meet and Greet e da quella volta ci avevo sempre fatto caso.

Non importava di chi si trattasse: potevano essere dei fan sfegatati, delle celebrità o delle persone che ci fermavano per strada giusto per dire agli amici di averci stretto la mano, ma tutti stavano alla larga da lui. Alcuni lo facevano di proposito, specialmente le ragazze, ma per altri era un istinto innato. Yoongi sembrava non farci caso, ma a me la cosa faceva rabbia.

Fu per questo che, proprio in occasione di un Meet and Greet, non mi riuscii più a trattenere. Un gruppetto di ragazze erano venute a trovarci dietro le quinte del concerto e avevano iniziato subito a dare di matto. Io fui strangolato a suon di abbracci, Simon dovette schivare un paio di bacetti e Tyler venne preso in braccio, ma nessuna di loro rivolse più di un saluto a Yoongi.

Dopo i saluti e i pianti di rito, il fotografo ci fece mettere tutti in posa. Io finii al centro del gruppo e Yoongi finì in disparte. Mi venne il magone.

"Tre!" esclamò il fotografo. Misi le braccia attorno alle ragazze che mi stavano più vicine e sorrisi all'obbiettivo.

"Due!"

Lanciai un'occhiata a Yoongi. Volevo vedere nei suoi occhi un dispiacere che non c'era. Lo aspettai, ma non comparve.

"Uno!"

Mi liberai da tutti. Le fan non ebbero nemmeno il tempo di sorprendersi, in un balzo fui di fianco a Yoongi e lo presi sottobraccio. Feci giusto in tempo ad appoggiare la testa sulla sua spalla, il fotografo scattò. Il flash ci accecò.

Le ragazze furono le prime a riprendersi. Tornarono a voltarsi verso Simon e Tyler e iniziarono a parlare a raffica, sapendo che il loro tempo con noi stava finendo, ma io e Yoongi restammo immobili. Mi staccai da lui dopo qualche secondo per evitare di sentirmelo chiedere ed evitai di incrociare il suo sguardo.

* * *

"Ti convince questo passaggio? Perché io continuo a pensarci. E se continuo a pensarci vuol dire che non va bene."

"A me non dispiace."

"A te non dispiace mai niente, non sei affidabile."

"Sei tu che scrivi soltanto pezzi buoni."

Yoongi non rispose al mio complimento. Si limitò a rotolare sulla schiena e ad alzare gli spartiti per leggerli per l'ennesima volta.

A quello che si prospettava essere l'ultimo incontro per lavorare alla canzone, io e Yoongi stavamo ignorando i divani e le poltroncine. Il pavimento dell'albergo era ricoperto da dei tappeti così soffici che ci eravamo tolti le scarpe e ci eravamo sistemati direttamente per terra, da seduti o da sdraiati. Anche l'atmosfera era accogliente. Le luci del salottino erano basse, l'aria condizionata era perfetta e le modifiche da fare alla canzone erano pochissime, per cui mi stavo godendo il momento. Yoongi era l'unico ad avere ancora dei dubbi sulla canzone, ma io sapevo che era inutile dirgli che era perfetta così. Un perfezionista come lui doveva convincersi da solo, per cui mi limitai a rilassarmi mentre lui pensava.

Yoongi rotolò un'altra volta e si mise a sedere. Appoggiò la schiena contro il divano più vicino e continuò a leggere lo spartito. Io restai a guardarlo dal basso, sdraiato su un fianco.

"Sì, forse hai ragione." disse alla fine. "Non dobbiamo toccarla più."

Sollevai la testa dalla sorpresa.

"Davvero?

"Sì."

"Quindi abbiamo finito?"

"Abbiamo finito."

"Sicuro?"

"Prima voglio dormirci sopra, ma... Direi proprio di sì."

Esultai. Alzai le braccia e aprii la bocca, ma quando mi ricordai che erano le due del mattino trattenni tutta la voce in gola. Iniziai a gesticolare e, non sapendo come altro bruciare quell'energia che mi infiammava dentro, feci l'unica cosa che mi sembrò sensata: mi alzai sulle ginocchia, presi il viso di Yoongi fra le mani e lo baciai. Fu questione di un attimo, era soltanto un bacio a stampo, ma quando mi separai da lui, capii che lo avevo preso di sorpresa.

Yoongi mi guardò con un misto di stupore e tradimento. Non si tolse le mie mani dal viso, non mi allontanò con una spinta brusca, ma continuò a fissarmi come se avessi raccolto una monetina dal fondo di una fontana, invece che lanciarne una.

"Scusa." gli dissi.

"Fa niente." mi disse lui.

Poi tornai a baciarlo. 

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