Phantom (italian translation)

By Harryinmyheart

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La morte non è la fine. Ci tengo a precisare che questa storia non è mia. Io ho solamente avuto il permesso d... More

Phantom (italian translation)
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By Harryinmyheart

Fisso il soffitto, sdraiata sulla schiena sul mio letto.

E’ sabato sera e sono in punizione per un’intera settimana. Non posso andare da nessuna parte e mi sto fastidiosamente annoiando.

Prima ho provato a parlare in modo carino a mia madre per persuaderla a restituirmi le chiavi della mia auto, ma lei non si è arresa.

“Jane,” mi ha detto, scuotendo la testa mentre tagliava a pezzettini uno spicchio d’aglio per la cena. “Sei uscita senza dire niente né a me né a tuo padre e sei tornata a casa dopo la mezzanotte. Per non parlare del fatto che hai saltato l’altra metà delle lezioni.” Mi rivolge un’occhiataccia. “Sì, so anche questo: la scuola mi ha chiamata facendomi delle domande per via della tua assenza. Non sei tanto furba quanto credi di essere.”

Dunque eccomi qui, persa a seguire le crepe nel soffitto con i miei occhi e ad ascoltare il suono della televisione giù di sotto.

La noia è al culmine.

Sollevo il mio corpo dal letto, rendendomi conto di non aver esplorato molto questa casa da quanto ci siamo trasferiti. I miei capelli ricadono arruffati oltre la mia spalla e mi sento come una poveretta privata del sonno.

Mi avventuro lungo il corridoio, entrando in un salotto.

E’ una piccola stanza che i miei genitori non hanno ancora completamente arredato. Un divano è contro il muro e alcune scatole chiuse sono impilate di fianco ad esso, ma, a parte questo, la stanza è spoglia.  

Mi ricordo il salotto di Nate, in cui mi ero seduta non molto tempo fa alla festa. La sua casa era così graziosamente ammobiliata. Mi chiedo come doveva essere questa casa quando la famiglia di Harry viveva ancora qui.

Mi avvicino alla finestra. Questa stanza, parallela alla mia, si affaccia sul cortile. Ci sono alcuni alberi, però, che impediscono la vista. Tutto ciò che riesco a vedere da qui è la cima del salice nella radura.

I miei occhi catturano un movimento, di conseguenza abbasso lo sguardo e noto Harry attraversare il cortile. Il bianco della sua felpa e il nero dei suoi jeans saltano all’occhio, in contrasto con il verde dell’erba.

Apro la finestra e chiamo il suo nome a bassa voce, la sua testa scatta verso l’alto e il suo guardo si posa immediatamente su di me.

Smette di camminare e stringe gli occhi verso di me, mentre un sorriso si forma sul suo volto.

So per certo che i miei genitori hanno già tirato giù le tapparelle in salotto a quest’ora, dunque lascio andare un sospiro di sollievo, convinta che Harry non sarà visto.

Mi sporgo leggermente in avanti sulla finestra, appoggiando il palmo delle mie mani sul davanzale.

“Perché mi sembra di recitare ‘Romeo e Giulietta’ con te là sopra ed io qua giù.”

Rido per la battuta di Harry. “Un Romeo fantasma ed una Giulietta sarcasticamente pessimista, che storia meravigliosa.”

“Andiamo, di’ la battuta.”

“Quale battuta?”

“Lo sai quale battuta.” Dice. “E’ la battuta.”

Alzo gli occhi al cielo, facendo un sospiro.

“Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?” dico nel tono più melodrammatico e femminile che io riesca ad assumere, premendo un palmo contro il mio petto ed appoggiandomi contro il lato della finestra. “Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giurami amore, ed io non sarò più una Capuleti!”

Harry si schiarisce la gola e posa una mano sul suo metto, imitandomi. “Devo continuare ad ascoltarla oppure rispondere a ciò che dice?”

“Il tuo nome soltanto m'è nemico; ma tu saresti tu, sempre Romeo per me, quand'anche non fosti un Montecchi.” Continuo, cercando di ricordare il resto della battuta. “Che è infatti Montecchi? Non è una mano, né un piede, né un braccio, né una faccia, né nessun'altra parte che possa dirsi appartenere a un uomo. Ah, perché tu non porti un altro nome!”

Harry scoppia in un applauso ed io incomincio a ridere con lui.

“Non riesco a ricordare niente dopo a quella battuta.” Ammetto.

“Stai lì.” Dice e io lo guardo mentre finisce di attraversare il cortile e cammina attorno alla casa.

Pochi minuti dopo entra nel salotto, il grande sorriso è ancora vivo tra i suoi lineamenti.

“Saresti una perfetta Giulietta.” Afferma.

“Perché lo dici?” alzo un sopracciglio, chiudendo la finestra.

“Assomigli molto all’immagine che ho sempre avuto di lei quando leggevamo l’opera a scuola. Capelli scuri, occhi blu, bellezza naturale.”

Arrossisco, abbassando lo sguardo sul pavimento. “Dubito di esserlo.” Dico, consapevole di avere il suo sguardo su di me.

Harry si sposta per andarsi a sedere sul divano, stendendo le braccia sui cuscini. “Comunque, come fai a sapere quelle battute così bene?”

Scrollo le spalle. “Mio padre ha una collezione completa delle opere di Shakespeare, e ogni volta che mi sentivo… angosciata, andavo a leggerle per liberare la mia mente dai miei pensieri.” Mi volto verso la finestra per abbassare le tapparelle. “Non funzionava molto. Tuttavia conosco le storie dalla prima pagina all’ultima, il che mi dà una marcia in più in inglese.”

Lui fa un sorrisetto. “Capisco.”

“E tu?” chiedo, sedendomi su una scatola chiusa. “Come fai a conoscere le battute?”

“Inglese era l’unica materia in cui stavo attento.” Risponde. “E leggo i libri di Shakespeare dalla collezione di tuo padre quando tu sei a scuola.”

Faccio un mezzo sorriso.

Harry si spinge in avanti, appoggiando i gomiti sulle sue ginocchia. “Io ti prendo in parola! D'ora in avanti tu chiamami ‘Amore’, ed io sarò per te non più Romeo, perché m'avrai così ribattezzato.”

Riconosco la battuta, separando le mie labbra. “Oh, qual uomo sei tu, che protetto dal buio della notte, vieni a inciampar così sui miei pensieri?”

Lui si alza dal divano. “Dirtelo con un nome, non saprei; il mio nome, cara santa, è odioso a me perché è nemico a te. Lo straccerei, se lo portassi scritto.”

Mi alzo anche io dalla scatola. “L'orecchio mio non ha bevuto ancora cento parole dalla voce tua, che ne conosco già il suono: non sei Romeo tu, ed un Montecchi?”

Ora siamo vicini, c’è solo un piccolo spazio tra di noi.

“No, nessuno dei due, bella fanciulla, se nessuno dei due è a te gradito.” Continua, i suoi chiari occhi verdi sono fissi sui miei, un piccolo sorriso domina le sua pallide labbra.”

Tutti i ricordi delle battute che seguono svaniscono dalla mia mente mentre lo guardo.

Cerco la prossima battuta nella mia testa, tuttavia senza fortuna. “Merda, non me la ricordo.” Dico, scuotendo la testa ed abbassando lo sguardo.

Lui sorride. “Il tuo vuoto di memoria ha a che fare con la mia tangibilità?” alza un sopracciglio. Il suo sorriso diventa un sorrisetto provocatorio, mentre alza un braccio e lentamente sistema una ciocca di capelli dietro al mio orecchio.

Avvampo velocemente.

Harry ride piano, voltandosi ed incominciando a camminare per la stanza. Guarda oltre la sua spalla verso di me.

“Mia signora, per questa sacra luna che inargenta le cime di questi alberi, ti giuro...”

“Ah, Romeo, non giurare sulla luna, questa incostante che muta di faccia ogni mese nel suo rotondo andare, ché l'amor tuo potrebbe al par di lei dimostrarsi volubile e mutevole.”

Lui si volta di nuovo verso di me, le sue mani unite dietro alla sua schiena. “Su che vuoi tu ch'io giuri?”

Sorrido. “Non giurare; o, se ti piace, giura su te stesso, su codesta graziosa tua persona, l'idolo della mia venerazione, e tanto basterà perch'io ti creda.”

Io e Harry ci fissiamo a vicenda.

Lui si lascia andare in una breve risata. “Se solo la mia vecchia insegnante di inglese mi potesse vedere.” Dice.

Mi guardo attorno nello spoglio salotto dai muri color crema. “Harry.” Dico. “Com’era questo posto quando tu vivevi qui?”

Lui si prende il labbro inferiore tra i denti, concentrandosi. “Beh.” Dice. “Questa era la stanza dove i miei genitori intrattenevano sempre gli ospiti. C’era un minibar, uno come quello di Nate, ed un impianto audio per la musica. Mio padre aveva tutti i suoi liquori qui. Irrompevamo sempre qua dentro quando i miei genitori non erano in casa.”

“A chi ti riferisci con “irrompevamo”?” chiedo.

“Io e Ava.” Dice. “E qualche volta Max e il resto del gruppo.” Sorride, come se fosse immerso nei ricordi. “Bei tempi.”

Mi appoggio contro una pila di scatole. “Ti manca davvero molto vivere, vero?”

“Più di ogni altra cosa.” Afferma, scuotendo la testa. “Farei qualsiasi cosa per riavere la mia vita.” Lo dice con così tanta determinazione e serietà che quasi credo che sia possibile.

“Io ero il contrario, pochi mesi fa.” Dico a bassa voce, prendendo tra le dita l’orlo di una manica del mio maglione. “Avrei fatto qualsiasi cosa pur di liberarmi di questa vita.”

“Perché?”

Alzo le spalle, senza guardarlo. “Soffrivo di depressione e in parte è ancora così.” Tiro leggermente su con il naso, spostando il mio sguardo su di lui. “Comunque ora la situazione è migliorata.”

“Quanto spesso ti…” si muove, facendo un cenno alle mie braccia. “…tagliavi?”

Involontariamente abbasso le mie maniche. “Possiamo parlare di qualcos’altro?”

“Hai tirato fuori tu queste argomento.”

“Va bene, ma ora lo sto chiudendo.”

Lui annuisce.

Inclino la mia testa di lato. “Posso chiederti qualcosa?”

“Mi hai appena chiesto qualcosa.”

Alzo gli occhi al cielo mentre lui mi rivolge un sorriso. “Sai che cosa intendo.”

“Va bene.” Dice, annuendo. “Sputa il rospo.”

Abbasso gli occhi sui miei piedi. “Hai mai amato Ava?”

Lui alza un sopracciglio. “Ava?”

Annuisco.

C’è una pausa.

Alzo lo sguardo su di lui.

“No.” Dice alla fine. “Non avrei mai potuto amare Ava.”

-

Suona l’ultima campanella di lunedì e io faccio un sospiro di sollievo. Raccolgo le mie cose ed esco dall’aula si biologia, diretta alla mia libertà.

Attraverso il cortile della scuola e mentre cammino verso la mia macchina qualcuno afferma il mio braccio, trascinandomi dietro al lato dell’edificio.

“Che diamine?” libero il mio braccio dalla stretta di Ava.

Lei è in piedi con le braccia incrociate al petto. I suoi capelli biondi sono perfettamente lisci e si è truccata con un eyeliner nero che fa sembrare i suoi occhi marroni più chiari. Le sue labbra hanno il solito colore rosso ciliegia.

Le lancio un’occhiataccia.

“Che cosa hai origliato?” mi chiede, andando dritta al punto.

Mi sistemo la borsa sulla spalla. “Di cosa stai parlando?”

“Sai esattamente a cosa mi riferisco.” Sbotta.

A quel punto realizzo ciò di cui sta parlando. Ho sentito lei e Max parlare nel corridoio la scorsa settimana.

“Non ho sentito niente.” Le dico.

“Cazzata.”

E’ inutile mentire con lui, quindi dovrei dirle direttamente la verità. Forse potrei girare questa situazione a mio favore.

“Vi ho sentiti parlare di Harry.” Dico ed imito la sua posizione, incrociando le braccia al petto.

La sua espressione non cambia.

“E?” mi chiede seccamente.

“Chi è lui?”

Gli angoli delle sue labbra si alzano leggermente.

“Perché è così importante cosa io ho sentito?” chiedo, alzando un sopracciglio.

“Non dovresti origliare le conversazioni privare.” Sibila.

“Private.” Rido. “Vi trovavate in un corridoio vuoto. Chiunque avrebbe potuto sentirvi.”

“Apparentemente.” Mi guarda.

“Chi è Harry?” chiedo di nuovo.

“Qualcosa mi dice che lo sai già.”

“Cosa cambierebbe se lo sapessi?”

Lei sorride senza umorismo. “Senti, non so chi tu creda di essere.” Ava sogghigna. “Ma ti avviso di stare in guardia, perché andare in giro e parlare dell’assassinio di Harry è una cattiva scelta.”

“Perché lo è?”

Ava serra la mascella. “Sto perdendo il mio tempo.” Sbotta, evitando la domanda. Mi supera, camminando lungo il lato dell’edificio per tornare nel cortile.

La seguo e la vedo camminare verso Max. Sembra che si stia sfogando con lui. Lui gira la testa ed incontra il mio sguardo.

Ava continua a parlare rabbiosamente con lui, ma lui non si tira nemmeno indietro. Finalmente distoglie lo sguardo da me per dirle qualcosa, la sua espressione è impassibile.

Entrambi spostano lo sguardo su di me.

Le parole di Harry riecheggiano nella mia mente.

Tutto è possibile.

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Buon Natale a tutti, spero vivamente che abbiate passato un'ottima giornata e che il capitolo sia di vostro gradimento. 

- Naka. <3

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Fanfiction holdarah