Let Me Get Lost In You [TaeKo...

Galing kay Hananami77

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''«Taehyung non può sposare il figlio di Jeon. Ho sentito troppe cose poco rassicuranti sul suo conto, non po... Higit pa

Personaggi+Introduzione
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#Special: [Biscotti in incognito]
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[Special 3#] Buon compleanno, hyung!
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~Epilogo~
LMGLIY - FAQ

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Galing kay Hananami77

«Taehyung-ah! Ti ho cercato ovunque!».

Il diretto interessato alzò lo sguardo verso un affannatissimo Jimin che si tastava il fianco con la mano sinistra, piegandosi appena per lo sforzo. Sembrava avesse corso per tutto il palazzo.

Taehyung aggrottò le sopracciglia e lasciò andare una margherita che si rigirava da un buon quarto d'ora tra le lunghe dita, ipnotizzato da quel candore e dal profumo ineguagliabile che quel piccolissimo fiorellino riusciva ad emanare. 

Era sempre stato estasiato dalla potenza che i fiori possedevano, su come riuscissero a rendere bella qualsiasi cosa, rendere colorato anche l'oblio e soprattutto, come riuscissero a trasmettere così tanti sentimenti senza neanche avere il dono della parola.

"Più fiori e meno persone" era il motto della sua vita.

Si alzò scrollandosi dai pantaloni un po' di polvere e qualche stelo d'erba rimasto impigliato sulla stoffa e sorrise verso Jimin, sventolando la mano verso di lui e andandogli incontro con passo lento e aggraziato.

Jimin era suo fratello, anche se -di base- possedevano due cognomi diversi. Era infatti stato adottato dalla famiglia Kim nel momento in cui i suoi genitori erano morti durante un attentato al palazzo, lasciandolo solo al mondo e senza alcun parente prossimo. 

Jimin era cresciuto con lui, letteralmente. Essendo nati lo stesso anno e con soli pochi mesi di differenza, fin da piccolini avevano condiviso qualsiasi avventura o esperienza fino a diventare inseparabili proprio come dei fratelli di sangue. 

Alcuni ciuffetti grigi erano sfuggiti all'acconciatura perfettamente ordinata di Jimin, che si passò una mano tra i capelli per sistemarli. Ad adornargli il delicato e perlaceo viso dall'ovale perfetto, un adorabile broncio accentuava le sue labbra carnose e piene. A tradirlo erano però gli occhi azzurri, che sembrarono risplendere alla vista di Taehyung andargli incontro.

«Ti stavo cercando-anzi, ti stavano cercando tutti a dire il vero. Nostro padre deve parlarti».

Taehyung fece un'espressione perplessa piegando la testa di lato per la confusione.

«Davvero? Come mai questa urgenza?» guardò il fine e classico orologio al polso per leggerne l'ora «E' quasi ora di pranzo, ci saremmo visti comunque» disse esitante, e Jimin scrollò le spalle.

«Non ne ho idea, davvero. Mi ha solo dato l'ordine di cercarti e portarti nel suo ufficio quanto prima» gli rispose solamente l'altro, afferrandogli la mano per intrecciarla alla sua, molto più piccola e paffuta.

Taehyung sospirò pesantemente e voltò il capo verso l'albero sotto cui sedeva fino a qualche minuto prima, già nostalgico all'idea di abbandonare la sua postazione preferita per andare a parlare con il padre.

Il mattino era il momento perfetto per godersi il profumo dei fiori e della natura che lo avvolgeva, facendolo sentire più rilassato e con molte meno responsabilità di quante in realtà desiderasse.

Non era di certo il più grande tra i fratelli, e non era nemmeno il diretto erede al trono -per grazia divina. Jin era il maggiore, e pertanto toccava a lui prendere quel posto, quindi sia lui che Jimin erano sempre stati più "liberi" di quanto lo fosse stato realmente suo fratello.

Non erano sicuramente più nel medioevo né tanto meno nel 400, e la loro era più una discendenza reale che un reale dominare sulle genti. Tuttavia, la monarchia continuava a coesistere insieme alle altre sfaccettature politiche, ma Taehyung non ne era mai stato particolarmente entusiasta nè se ne era interessato più del necessario. 

Non aveva mai dato cenno di insofferenza circa la sua posizione sociale, visto che sapeva di essere stato comunque molto più fortunato di persone che, al contrario, stentavano a tirare avanti.

Lo riscosse dai suoi pensieri il lieve strattone di Jimin, che lo guardò con occhi divertiti, «Andiamo bella addormentata, nostro padre ti aspetta» lo tirò con più forza del necessario, camminando velocemente verso la porta finestra per addentrarsi nell'enorme palazzo.

Taehyung si lasciò trascinare senza neanche protestare; le stanze scorrevano velocemente davanti i suoi occhi, sfarzosi riccioli dorati si arrampicavano in intricati disegni che arrivavano al soffitto, dove si estendevano e creavano sfarzose cornici al cui interno vi erano dipinti e immagini di angeli, fiori, paesaggi, nature morte. 

Antichi ma indistruttibili, l'arte era una delle cose che lo appassionava di più.

I suoi pensieri, come sempre divaganti ed estranianti, vennero interrotti dal vociare concitato di suo padre che, da dentro il suo immenso studio, sembrava oltremodo irritato. Quasi oltraggiato.

Jimin si voltò verso di lui con sguardo interrogativo, che ricambiò senza pensarci neanche troppo. Quello strinse la presa sulla sua mano e poggiò l'orecchio contro la porta, in un tentativo di origliare la conversazione prima di entrare dentro quella stanza che metteva sempre un po' d'ansia.

«Minnie, cosa stai facendo?» sussurrò Taehyung, fissandolo con profondo disappunto. Jimin si poggiò il piccolo indice sulle labbra carnose per intimargli di starsene in silenzio e Taehyung alzò gli occhi al cielo.

«Lo scopriremo una volta che saremo dentro, tonto» borbottò, bussando un paio di volte alla pesante porta in legno massiccio con le nocche.

Il borbottio concitato si arrestò all'improvviso e passarono due secondi di silenzio prima che si udisse un austero «Avanti» che fece sobbalzare Jimin. Questo strinse la presa sulla mano dell'altro prima di lasciando andare completamente.

Ricordava bene quanto suo padre odiasse le effusioni di qualsiasi genere.

Peggio, se avvenivano tra persone dello stesso sesso.

La porta venne aperta da uno dei consiglieri, che si prostrò davanti a Taehyung. «Buongiorno, Vostra Altezza» disse quello, ancora chino. Taehyung fece un gesto della mano per farlo ritornare nella sua posa ed evitò di alzare gli occhi al cielo. Odiava essere chiamato in quel modo.

Alla fine, aveva solamente avuto la fortuna di uscire dalla vagina giusta.

«Padre». Taehyung fece un profondo inchino davanti al re e quest'ultimo fece un cenno del capo senza mai scollare gli occhi dalla figura di suo figlio.

«Jimin, lasciaci da soli» tuonò quello, in un tono così austero e autoritario a cui era impossibile sottrarsi o abituarsi.

«C-certo, Vostra Maestà» disse Jimin lanciando un'occhiata preoccupata verso Taehyung, che scosse appena la testa. La porta venne chiusa alle sue spalle e Taehyung si accomodò sulla poltrona proprio davanti l'enorme scrivania di suo padre- ovviamente, dopo aver avuto l'approvazione di quest'ultimo.

«Mi stavate cercando?» domandò dopo qualche attimo di assoluto silenzio, sentendosi irritato dallo sguardo fermo del sovrano che non aveva spostato gli occhi da lui da quando era entrato nella stanza.

«Ovviamente. Altrimenti non ti avrei dato il permesso di entrare».

Taehyung strinse le labbra senza dire nulla.

Sentì il fruscio di qualcosa prima che abbassasse gli occhi sulla scrivania, dove un foglio che sembrava tanto un documento ufficiale con tanto di timbro, lacca e firma gli era stato porto dalla mano nodosa ma curata del re.

«Leggi» comandò solamente, lo sguardo duro e fisso su quello confuso di Taehyung, che afferrò quel pezzo di carta che, per qualche assurdo motivo, gli aveva fatto sentire una stretta alla gola come se una mano invisibile lo stesse soffocando.

Scrutò velocemente quel foglio ed aggrottò le sopracciglia alla vista del timbro della casata reale di appartenenza, notando il serpente avvolto al diamante e le iniziali perfettamente incastonate in quella che sembrava la lama di una spada. 

Non l'aveva mai visto, non ne aveva mai sentito parlare a dire il vero.

«Cos'è?» chiese allora, alzando di nuovo gli occhi sul genitore, che lo invitò con un cenno a continuare a leggere. E così fece.

Aprì il documento staccando con cura la ceralacca purpurea che sembrava essere stata apposta non troppo tempo prima, avendo la cura di non strappare la costosa e spessa carta su cui c'era sicuramente scritto qualcosa che gli poteva riguardare -in qualche strano e assurdo motivo.

Iniziò a leggere e come andava avanti, la gola si faceva sempre più secca e le sopracciglia si muovevano da sole, aggrottandosi come forse mai avevano fatto, in una smorfia confusa e perplessa che non potè evitare di mostrare apertamente al re.

Lesse quelle righe per due volte prima di posare con delicatezza il foglio sulla scrivania, chiedendo spiegazioni al padre con sguardo. Vide il genitore incrociare le mani con fare severo e piegare di poco la testa.

«Cosa credi che sia, Taehyung?» domandò allora il re.

«C'è scritto che il principe della casata dei Jeon sta cercando marito» rispose solamente, non aggiungendo nulla di più. Suo padre non spiccava né per pazienza né per empatia, quindi disse solo le parole strettamente necessarie.

«E perché te lo sta facendo leggere, Taehyung?». 

Taehyung sbuffò mentalmente, già pieno delle mezze parole del padre e dell'impossibilità di chiedere chiaramente cosa c'entrasse lui con quel documento.

«E' quello che mi chiedo. Perché me lo avete fatto leggere?» ripetè allora Taehyung, l'espressione ancora perplessa.

Suo padre sospirò e si poggiò con i gomiti alla scrivania, gli occhi di un profondo castano scuro stavano perforando i suoi, cerulei -quasi grigi- ed attenti.

«Significa che ho intenzione di proporre te come consorte del principe Jeon». 

Lo disse con tono piatto e quasi incolore, lasciando tutte le emozioni al figlio, che lo guardò come se fosse impazzito.

Taehyung spalancò gli occhi e la bocca si schiuse appena, guardando suo padre con un misto di orrore e stupore dipinto sul suo viso, adesso paonazzo.

«I-io? Perché me? Perché dovrei sposarmi con lui?» esclamò, lasciando perdere l'occhiata severa che gli rivolse il padre per non aver rispettato l'etichetta. Gli vennero in mente le parole di Jin:

Regola numero 1: Tuo padre è tale solo biologicamente. Davanti ai tuoi occhi, sarà sempre il re.

Regola numero 2: Non alzare mai, mai e dicasi MAI la voce davanti al sovrano.

Ma Taehyung non era particolarmente bravo nell'adeguarsi all'etichetta reale, anzi. Spesso, si lasciava andare come se fosse una persona qualunque e la cosa irritava oltremodo la sua famiglia. In particolare suo padre e la sua odiosa compagna.

«Perché so che non sposerai mai una principessa. Perché sono a conoscenza delle tue preferenze e non posso permettere che un domani mi presenti qualcuno che non abbia sangue reale come tuo futuro consorte. Macchierebbe il nome della famiglia Kim più di quanto già non lo farà questo matrimonio e più di quanto tu non lo faccia già con la tua esistenza».

Se gli avesse tirato uno schiaffo, sicuramente avrebbe fatto meno male.

Taehyung deglutì sonoramente a ma a vuoto, la gola era asciutta e la bocca era secca; le mani tremavano appena sul suo grembo, la bocca dello stomaco si era chiusa e i polmoni avevano smesso di funzionare.

Suo padre guardò la sua reazione con inflessibile pacatezza, non muovendo un muscolo e lasciando l'espressione vuota come se non lo vedesse davvero, «Credevi davvero di potermi nascondere la tua omosessualità, Taehyung? Mi credi così stolto da non sapere dove vai, con chi vai e chi passa tra le tue lenzuola? So molte più cose di ciò che sembra, ma non me ne importa più di tanto fin quando tutto ciò rimane nell'anonimato» finì quello, inflessibile.

Taehyung sentì le ginocchia molli e ringraziò ogni santo che gli venne in mente per essersi seduto. Se fosse stato in piedi, probabilmente sarebbe caduto carponi per terra.

Non era a conoscenza che suo padre, a quanto sembrava, lo faceva seguire. Non se ne era mai importato davvero e Taehyung aveva sempre mantenuto un profilo piuttosto basso quando decideva di uscire o di intrattenere qualche piacevole ora con qualche ragazzo conosciuto alle feste a cui partecipava.

Feste d'elitè con persone di un certo tipo, ovviamente -non gli era concesso uscire e andare in giro per il regno come le persone comuni.

«La volontà di Jeon di trovare un marito per suo figlio, l'unico e diretto erede al trono, è un'occasione più unica che rara per poterti sistemare».

«I-io non voglio sposarmi» disse Taehyung, e si morse l'interno della guancia per trattenere il gemito d'irritazione al suo balbettio.

Suo padre fece un sorriso vuoto come la sua espressione.

«Non si tratta di cosa vuoi tu, Taehyung, ma di cosa decido io» tagliò suo padre, un tono di chi non ammette ulteriori obiezioni.

Come se Taehyung ne avesse mai avute, o avesse mai avuto l'opportunità di dire la sua.

«La decisione è presa. Se tutto andrà bene, incontrerai Jeon tra due giorni, ho già mandato la tua disponibilità e l'invito. Adesso puoi andare».

Taehyung spalancò gli occhi, incredulo.

«Cosa? E allora per quale motivo me lo avete mostrato se avevate già scelto?!». Non si preoccupò nemmeno di mascherare la sua palese irritazione per tutto quello che stava accadendo e rifiutò di abbassare lo sguardo di fronte all'occhiata intimidatoria del padre.

«Per metterti al corrente. Taehyung, non ti ho chiesto un permesso, ti ho solo informato della mia decisione in modo che ti vesta di tutto punto e faccia la tua comparsa quando sarà necessario. E adesso va via, ho delle faccende da sbrigare e non posso perdere tempo ad ascoltarti lamentare».

Taehyung strinse i pugni e si chinò quasi meccanicamente prima di andare a grandi passi verso la porta e richiuderla dietro di sé senza preoccuparsi di far piano.

Gli avevano appena comunicato che si sarebbe sposato con il figlio di Jeon.

Chi diavolo era il figlio di Jeon? Perché suo padre aveva scelto di farlo sposare? Nonostante Taehyung fosse un tipo pacato, solare e tranquillo, che amava i bambini ed aiutare il prossimo, non aveva mai sognato una famiglia.

Non sognava di sposarsi e vivere in un grande castello, né di avere una cerimonia infinita con banchetti e persone urlanti, musica gioiosa e paggetti a spargere petali di rosa.

E invece, a quanto sembrava, era proprio ciò a cui sarebbe andato incontro pur non essendo il suo volere.

Lo aveva informato della sua decisione.

Taehyung aveva un concetto di informazione un po' diverso a quanto sembrava, perchè era stato obbligato ad accettare quella situazione senza possibilità di parola.

«Che vita di merda» sibilò dando un calcio ad un mobile, che però rimase dov'era tanto che era spesso e pesante.

«Delle parole così volgari non si addicono ad un viso bello come il tuo, fratellino». Taehyung abbozzò un sorriso e si voltò verso suo fratello maggiore, Jin.

Gli sorrise apertamente e lo andò ad abbracciare, infischiandosene che quello non era parte dell'etichetta reale.

Regola numero 3: i contatti fisici devono essere limitati e sempre formali.

Jin gli diede un bacio sulla testa e lo carezzò affettuosamente sulla schiena prima di staccarsi e guardarlo con un sopracciglio alzato.

«Allora? Perché stavi imprecando e calciando quel povero mobile? Non ti ha fatto niente, sai?» sorrise Jin, e Taehyung fece una smorfia, staccandosi del tutto.

«Lui no, ma nostro padre è veramente uno stronzo». Jin sobbalzò a quelle parole e gli poggiò velocemente una mano sulle labbra, guardandosi intorno allarmato per vedere se ci fosse qualcuno nei dintorni.

«Ma sei forse impazzito? Vuoi forse farti ammazzare?» urlò-sussurrò Jin, gli occhi increduli.

«Lo preferirei di gran lunga, hyung».

Jin aggrottò le sopracciglia, confuso «Perdonami ma oggi non ti capisco. Cosa è successo? Cosa c'entra nostro padre?».

Taehyung alzò gli occhi al cielo e gli afferrò il polso, trascinandolo verso la stanza di Jimin, che si trovava esattamente dal lato opposto del palazzo.


......................


«Ya! Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò Jimin dandogli un pugno sul petto, gli occhi stretti in due fessure.

Taehyung si era praticamente catapultato nella stanza del fratello trascinando Jin contro la sua volontà, che stava davvero perdendo la pazienza.

Si guardò un attimo intorno prima di chiudere a chiave la porta e voltarsi verso i due fratelli, che lo guardavano sconcertati e particolarmente irritati dal suo atteggiamento irrazionale.

«Si può sapere perché mi hai trascinato qui? Ho un discorso politico da dover redigere per conto di nostro padre e credo di essere già in ritardo» sbuffò Jin battendo il piede per terra.

Taehyung fece un respiro profondo.

«Mi sposo».











NDA: permettetemi di essere super entusiasta di questa storia, perchè credo sia una delle mie preferite in assoluto insieme a Moh. 







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