THE LOVING ONE (BTS FanFictio...

By SilviaVancini

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Jimin ha ventidue anni e sogna di fare il cantante. Quando gli viene proposto di partire in tour coi J-EY, un... More

PRIMA DI COMINCIARE
ALL OUT OF LOVE
HUNGRY HEART
QUATTRO MENO UNO
BAFFI DA LATTE
BUCHI NELL'ACQUA
AREA FUMATORI
MIN YOONGI: L'INNAMORATO INCOMPRESO
UN METRO DI PIZZA
DALL'OBLO' DELLA CUCINA
IL NOME D'ARTE
IL BARBRA'S TALKING SHOW
BIRRA DELLA PACE
ITALIAN TIRAMISU'
LA ROUTINE
TRENTOTTO E SETTE
JIMIN MANIA
BUDINO ALLA CREMA
SUPERMERCATO NOTTURNO
PERHAPS PERHAPS PERHAPS
BODY LANGUAGE
I FIDANZATINI D'AMERICA
IN TILT
FILADELFIA
L'ULTIMA DATA
DOLCEVITA GRIGIO
SOLISTA
GLI AMERICAN MUSIC AWARDS
HOUSE PARTY
BANSHEE
TENNESSEE
NEW LOVER - LATO A
NEW LOVER - LATO B
CLACSON
FRECCIA A DESTRA
CAPODANNO
MEZZANOTTE
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI

A BERE UNA COSA

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By SilviaVancini

Di partite di baseball ne avevo viste a bizzeffe nella mia vita, ma non mi divertii mai tanto come quando ci andai con la troupe del concerto.

Nessuno di noi era particolarmente appassionato di sport o ci teneva a fare il tifo per le squadre in campo, ma eravamo stati invitati a presenziare e noi coglievamo ogni occasione per fare chiasso, divertirci e spezzare la routine viaggio-concerto-viaggio-concerto. Tutto quello che volevamo era fare il tifo dagli spalti, ma chi ci aveva regalato i biglietti aveva fatto molto di più: oltre ad averci riservato i posti migliori, ci avevano sommersi di gadget, regali, magliette, cappellini e ora vestivamo tutti con gli stessi colori, come la grande squadra che eravamo.

Io ed Abby ci divertimmo da morire. Eravamo seduti vicini, ovviamente, e stare sotto il cielo aperto con il bel tempo ci aveva messo nel nostro umore migliore e non facevamo altro che chiacchierare, ridere e chiacchierare ancora. Con la scusa di dividere le provviste avevamo comprato di tutto fra hotdogs, popcorn e bibitoni, e ce la stavamo spassando alla grande. La gente attorno a noi lo notava.

Fu per questo che, durante la pausa della partita, una kiss cam inquadrò proprio noi due. Io non avevo nemmeno pensato che potesse succedere mentre ridevo delle coppie improbabili che comparivano sul grande schermo e quasi non mi riconobbi quando vidi quel tizio coi miei stessi capelli, i miei stessi vestiti, la mia stessa faccia. Realizzai di essere proprio io solo quando vidi Abby e per lei fu lo stesso.

Ci voltammo a guardarci di persona e la prima cosa che facemmo, nell'imbarazzo più totale, fu scoppiare a ridere. Per un po' provammo a fare segno di no alla telecamera, ma il pubblico si accaniva sempre di più e facevamo prima a dargliela vinta piuttosto che a fare i preziosi. Fu lei a prendermi scherzosamente per il colletto della maglia, ma poi fui io a baciarla. Le misi una mano nei lunghi capelli e restammo così finché le labbra non ci tirarono tanto dal ridere che ci allontanammo nello stesso momento.

Il pubblico era soddisfatto, noi avevamo le guance rosse come pomelli e l'imbarazzo venne scacciato con non-chalance. Io circondai le spalle di Abby con un braccio e lei mi mise le gambe sulle ginocchia, amici come prima. Decidemmo di svignarcela quando la partita ricominciò. Ci allontanammo dagli spalti per andare a prendere dell'altro cibo e ne approfittammo per far riposare un po' le orecchie.

Io ed Abby eravamo in quel bellissimo stadio dell'amicizia in cui si iniziava a stare davvero bene insieme, senza drammi dovuti a precedenti o aspettative, per cui non potevamo fare altro che appenderci uno alle braccia dell'altra e usare quelle battute che capivamo solo noi. Ma qualcosa venne a guastare la nostra spensieratezza quando, carichi di cibo, tornammo sui nostri passi.

Non ci avevo nemmeno pensato a Yoongi quando avevo baciato Abby. Sapevo che era seduto poche file davanti a noi, sapevo che stava guardando il grande schermo della kiss cam, ma i miei pensieri non erano andati a lui in quello che mi era sembrato un semplice momento di divertimento.

Yoongi era serio. Io ed Abby ci fermammo sul posto quando incrociammo il suo sguardo e lui guardò da lei a me prima di parlare.

"Mi serve una cannuccia."

"Ma non hai niente da bere." gli fece notare Abby.

"Mi serve anche da bere."

Yoongi staccò gli occhi dai miei e proseguì per la sua strada. Abby mi strattonò in avanti per non perdersi altri momenti preziosi della partita ed io la seguii, scrollandomi dalle spalle quell'incontro fulmineo.

Non tornammo all'hotel non appena la partita finì. Fummo invitati a celebrare la vittoria della squadra che giocava in casa, quella di cui indossavamo maglie e cappellini, e la serata passò più in fretta di quanto avessi voluto. Il cielo era buio quando ci dirigemmo verso il bus del tour, stanchi morti.

"Vado a prendere posto." mi disse Abby dato che mi attardavo a chiacchierare con uno dei giocatori. Io le feci di sì con la testa e lei mi precedette, ma alla fine non la raggiunsi mai. Ero sul punto di salire a bordo quando Yoongi mi fermò. Era una fortuna essere stato placcato di spalle, perché feci una smorfia così comica che sarebbe potuta essere offensiva.

"Mi accompagni a bere una cosa?"

Mi voltai verso Yoongi senza fretta. Tanto per cambiare aveva una sigaretta in mano.

"È tardi." gli dissi. "Sarebbe meglio rientrare."

Salii i primi gradini dell'autobus, ma Yoongi e le sue parole mi fermarono di nuovo.

"Ti vergogni di me, vero? È per questo che non mi parli durante il giorno."

"Cosa?"

Mi aveva preso in contropiede. Provai a dire qualcosa senza riuscirci e lui allora fece per allontanarsi, arreso all'evidenza, ma io corsi a fermarlo per un braccio.

Calò il silenzio. Lui mi guardava, io lo guardavo, il suo corpo era sempre caldo sotto le mie mani e il bus alle nostre spalle accese i fari.

"Ci vengo a bere una cosa con te." gli dissi. Lui mi sbuffò in faccia un po' di fumo e mi diede un colpetto sotto al mento. Bravo cagnolino.

* * *

Ero uno a cui piaceva fare festa, ma quando il taxi che aveva chiamato Yoongi ci lasciò davanti ad un locale mi feci due domande prima di entrare. Urla e strepitii si sentivano fin da fuori e la musica era così alta che i vetri tremavano a tempo coi bassi.

Diedi un'occhiata all'orario, ma una parte di me si odiava per essere così nervoso quando mi sarei dovuto sentire in paradiso. Avevo ventitré anni, mi piaceva la gente, mi piaceva la musica e mi piaceva Yoongi. Era la mia serata. Per cui ringraziai Yoongi quando mi tenne aperta la porta, ma dentro di me non ero del tutto convinto di quello che stavo facendo.

All'interno il locale era ancora più caotico di come sembrava dall'esterno, ma era molto più rustico di quanto mi aspettassi. L'età media della clientela si aggirava attorno ai trentanni e si davano tutti un gran da fare fra danze e urla. Una band punk-rock faceva talmente tanto chiasso che sui muri non c'era un solo quadro rimasto dritto, ma la ressa era tutta all'entrata del locale, dal bancone, dove servivano da bere.

Yoongi mi mise una mano attorno al gomito e mi urlò qualcosa nell'orecchio.

"Cosa?" gli urlai. Non avevo sentito niente con quella musica assordante.

Lui si ripeté, ma anche questa volta non riuscii a sentire. Decisi di annuire a qualsiasi cosa avesse detto e lui cominciò a farci strada fra la calca. Non pesava nemmeno la metà di quegli omaccioni, ma la sua altezza era sufficiente per non dover chiedere il permesso ad ogni persona che doveva fargli spazio.

Arrivammo al bancone del locale. Lui cercò di sporgersi e di ordinare qualcosa da bere, ma c'era talmente tanta gente che fummo spinti all'indietro. Servirono un paio di tentativi prima che qualcuno si voltasse a guardarlo in faccia, ma i toni che gli rivolsero cambiarono nell'immediato.

"Ma guarda!" esclamò una barista. "Tu non sei il chitarrista dei J-EY?"

Yoongi non rispose subito. Era vanitoso come un pavone quando si trattava del suo lavoro, ma negli ultimi tempi non sapeva mai cosa aspettarsi da chi lo riconosceva. Altra gente si unì alla barista mentre lui continuava a tacere.

"È vero! È lui! È uguale alle foto!"

"Min Yoongi!"

"Ma chi, quello che era da Barbra l'altro giorno?"

"Sappi che hai tutto il mio appoggio, amico." fece un quarantenne. Venne a stringergli la mano e si batté le nocche sul petto in segno di rispetto. La bocca di Yoongi si increspò in un sorrisetto. Usava sempre e soltanto gli angoli per esprimersi, ma erano sufficienti per cambiare le sue espressioni.

"Sì." confermò. "Sono io Min Yoongi."

La piccola calca che lo aveva accerchiato esultò. La barista preparò subito i nostri drink, due posti al bancone vennero liberati e noi fummo spinti a sederci. Yoongi lo fece di sua spontanea volontà, sciolto e rilassato come chi è abituato ai favori della fama, mentre io esitai nel guardare tutta la fila che avevamo alle spalle. Ma poi Yoongi mi porse la birra che aveva ordinato per me, quindi presi posto.

Bevvi la birra un po' troppo in fretta. Gli ammiratori di Yoongi lo tempestavano di domande, si facevano foto con lui, gli chiedevano l'autografo su un tovagliolo stropicciato, ma lui fra una persona e l'altra mi guardava. Vedermi bere lo fece sorridere e non appena ebbi finito mi fece riempire il boccale dalla barista.

Mi scolai anche la seconda birra, ma un po' più lentamente. Con la prima avevo sperato di velocizzare l'andamento della serata, ma Yoongi non aveva ancora toccato il suo drink. Me lo porse quando vide che continuavo a fissarlo.

"Ne vuoi un po?"

"Ho già la birra."

"Questo è più buono."

"Sono a posto, davvero."

"Mi dia un altro di questi, barista!"

La barista si mise in azione e io mi trovai davanti, oltre alla seconda birra ancora da finire, un bicchiere di liquido rosato.

Yoongi scrollò le spalle in risposta all'occhiata di ammonito che gli rifilai. Come per darmi una dimostrazione di quello che dovevo fare, prese il proprio bicchiere e lo alzò per brindare.

"Non preoccuparti, Jimmy. Offro tutto io."

Bevve un sorso e fece schioccare le labbra insieme, come se fosse particolarmente buono, e allora io lo imitai. Non amavo particolarmente l'alcool, ma lui mi dava sempre del perbenista quando rifiutavo le sue sigarette e questa volta non volevo tirarmi indietro. Bevvi anche il quarto drink che ordinò per me, scoprendo solo dopo che era un superalcolico. Il bicchiere era così piccolo che Yoongi me lo fece bere tutto di un colpo e si mise a ridere quando attaccai a tossire.

Tutto iniziava ad essere confuso attorno a me. Ad ogni giro mi dicevo di smettere di bere, ma Yoongi non faceva altro che sedersi sempre un po' più vicino e dimenticava le mani sulle mie ginocchia, sulle mie spalle, dietro al mio collo. Gli impedivo di ordinare al posto mio, ma lui ordinava qualcosa per se stesso e poi mi faceva assaggiare o finire tutto quello che prendeva. A una certa mi scostò i capelli da davanti agli occhi e vide che iniziavo ad essere fuso. Biascicavo ormai da un po' e mi si chiudevano gli occhi dal sonno.

Mi stava per dire qualcosa quando qualcuno venne ad attirare la sua attenzione. Era il chitarrista della band punk-rock e gli porgeva la chitarra elettrica. Voleva sentire suonare dal vivo il grande Min Yoongi. All'inizio Yoongi fece il modesto, ma quando l'altro insistette non si fece pregare ulteriormente. Mi rifilò un'alzata di spalle che voleva dire: "Che ci posso fare?" e si alzò, prese la chitarra e si diresse verso il palcoscenico.

Da quel momento in poi persi completamente la cognizione del tempo. Yoongi suonava un brano dopo l'altro, conosceva tutte le melodie, faceva impazzire la gente. Faceva urlare la chitarra come se qualcuno le stesse puntando un coltello alla gola e andava su e giù, su e giù, su e giù, sempre più in alto e poi giù in picchiata. I capelli bagnati di sudore gli si appiccicavano alla fronte e lui se ne liberava scuotendo la testa dato che le mani erano troppo impegnate a fare musica.

Io ero sotto al palco. Stanco, intontito e inevitabilmente ubriaco, lo guardavo dal basso senza nemmeno battere le palpebre e non mi perdevo nemmeno un suo dettaglio.

Indossavo i suoi vestiti. Yoongi si era liberato prima della giacca, poi della felpa e aveva passato il tutto a me, rendendomi felice da morire. Ero il suo custode, quello che conosceva in mezzo alla folla, la persona di cui si fidava. Ovviamente morivo di caldo sotto tutti quegli strati, ma l'alcol mi faceva già bruciare dentro per cui non sentivo la differenza.

Nel pieno di un assolo Yoongi si buttò sulle ginocchia. Il pubblico esultò e si scatenò ancora di più, ma io non potei fare altro che appoggiarmi al palco con i gomiti.

Ero completamente andato, completamente perso, completamente soggiogato da tutto quello che stavo iniziando a provare per lui. Lo guardavo da sotto le ciglia e lui guardava me e io avevo i suoi vestiti addosso e lui sorrideva e io blateravo qualcosa riguardo al sudore che gli imperlava la pelle e a come avrei voluto leccare quelle gocce che gli colavano dal mento e lui suonava ancora più forte, come se quella fosse la sua reazione al mio adorarlo.

Non so come ci arrivammo fuori da quel locale. Yoongi era sobrio, accaldato, io ero un pericolo ambulante. Non riuscivo a fare un passo senza ridere, barcollare o ridere e barcollare contemporaneamente, per cui lui mi doveva tenere d'occhio. Un po' mi trascinava in avanti, un po' mi faceva camminare da solo per farsi quattro risate, ma se mi vedeva sul punto di cadere mi veniva a prendere per la collottola. Si era messo un mio braccio attorno al collo quando iniziai a riempirlo di complimenti.

"Suoni così bene, Yoongi. Così bene. Secondo me suoni più bene del suonare bene. E sembri così onnipotente quando sei sul palco, il doppio più alto e tu sei già tanto alto e, lo sai, fai un po' paura, ma io penso che anche il tuo nome sia perfetto per te. Insomma, chi si può permettere un nome del genere? È un nome pesante. Ma tu sei ebreo? Mi piace proprio tanto il tuo nome. Lo so che sei brutto, ma ti hanno mai detto che sei un figo da paura?"

"C'è il nostro taxi." mi rispose lui. Io non controllai nemmeno, mi lasciai guidare all'interno del veicolo e rimasi come ero finché lui non salì dall'altro lato. Yoongi dettò al tassista l'indirizzo dell'hotel e partimmo in quarta.

Iniziai a scivolare verso il basso. Lui mi dovette sollevare la testa un paio di volte, ma a me continuava a cadere in avanti. Si stava divertendo da matti.

"Mi ridai la giacca?" mi chiese.

"No. È mia."

"E io come ci torno in hotel? In maniche corte?"

Questo sì che mi parve un grosso problema. Lo guardai un po' con quel mio sguardo assente, poi parlai come se avessi preso una grande decisione. Alzai anche un dito per rendere più chiaro il concetto.

"Facciamo così." dissi. "Io ti ridò i vestiti e tu mi regali il plettro."

"Il mio plettro? Della chitarra? Perché?"

"Hai sempre in bocca o quello o le sigarette. Ma le sigarette le odio, per cui voglio quello."

"Ma perché lo vuoi?"

"Si prende tutti i tuoi baci."

Yoongi rise per l'ennesima volta, ma io ero serissimo. Allungai una mano verso di lui e gliela appoggiai sul petto. Lui mi guardava con aria curiosa.

"Yoongi."

"Sì?"

"Non è che... Non è che..."

"Hai bisogno di qualcosa?"
"Sì. Esatto. Ho bisogno di qualcosa."

Yoongi e io ci guardavamo in faccia e i nostri visi erano tele bianche per tutte le luci della strada. I fari delle auto ci tingevano di bianco, le farmacie di verde, i locali di rosso, i lampioni di giallo. Io continuavo a tenergli la mano sul petto e le mie dita si arricciarono appena attorno alla sua maglietta. I miei occhi parlavano chiaro. Yoongi sapeva ciò di cui avevo bisogno. Fu per questo che sdrammatizzò la situazione e mi respinse con un gesto molle, allontanandomi.

Se fossi stato sobrio mi sarei dispiaciuto, ma in quel caso mi limitai ad accasciarmi contro la portiera e a guardare fuori dal finestrino. Stava spuntando il sole e a me venne naturale abbassare il vetro, come per farlo entrare meglio.

"Tieni chiuso. Sei tutto sudato."

Non gli diedi ascolto. Abbassai il finestrino fino in fondo e abbassai le palpebre, godendomi l'aria fresca.

Vomitai quando arrivammo a destinazione. Il sole era sorto del tutto e Samantha assisté al pietoso spettacolo dato che, come una madre apprensiva, ci stava aspettando all'entrata dell'hotel. Era in tiro anche alle sei del mattino e lo sguardo che aveva negli occhi mi avrebbe terrorizzato se non fossi stato troppo attento a non sporcarmi le scarpe.

Samantha cercò qualcuno che potesse portarmi nella mia stanza e stare con me finché non fossi stato bene, ma rifiutò subito la candidatura di Yoongi. Mi affidò al ragazzo che mi faceva sempre i capelli e aspettò di vedermi sparire dietro l'angolo per parlare con Yoongi.

"Stai cercando di portarlo sulla cattiva strada, non è vero?"

"L'ho solo fatto divertire un pochino. Non è una suora in clausura."

"Lui è devastato e tu sembri più soddisfatto che mai."

"Reggo bene l'alcol."

"Yoongi."

"Samantha."

Lei stette in silenzio, ma il suo sguardo non si affievolì di una virgola. Parlò con una voce ancora più aspra.

"Devo già far rimuovere delle foto da Internet?"

"No."

"Bene. Devo farlo nei giorni a venire?"

Yoongi stesse in silenzio per un po', poi passò il cellulare a Samantha che cancellò tutte le foto della notte appena trascorsa. 

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original story by @cinaminnie. Ti odio così tanto Min Yoongi e mi odio così tanto per essere tuo amico anche dopo quello che è successo.