Pacific Heights 11

Door Blacksteel21

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La vita di un essere umano è legata a molte altre vite, un intreccio di storie che nasce e si sviluppa nella... Meer

1. Les Miserables
2. A Fistful of dollars
3. The Godfather
4. House of 1000 corpses
6. Closer

5. The Art of getting by

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Door Blacksteel21

In foto: Oz

Viviamo da soli, moriamo da soli ... Tutto il resto è soltanto immaginazione! (L'arte di cavarsela)

Quando Klimt aprì gli occhi quella mattina capì che non era stato un incubo, era tutto vero. Un equivoco riccone aveva davvero dato il suo appartamento a lui e Jules, con tanto di spese pagate. Per un momento il calore del riscaldamento gli sembrò opprimente ed il ricordo di quelle fredde e logore pareti era dolce nella sua mente.

Scosse la testa mentre si metteva a sedere e ricordava quanto aveva promesso a Jules, sarebbero rimasti fino a quando non sarebbe saltato fuori qualcosa di troppo strano. E questo sarebbe successo, Klimt era pronto a scommetterci la testa.

Era contento di non avere chissà quali bagagli con sé, perché era certo che entro qualche settimana si sarebbe presentata qualche rogna.

- Klimt! - chiamò il moro, pimpante come sempre - io sto per uscire, che orari hai?

Il rosso fece capolino dalla camera e vide il suo coinquilino bello e pronto - sei mattiniero vedo ...

Jules abbozzò un sorriso sornione - mi sono alzato presto perché volevo vedere Blake uscire e prendere l'ascensore, ma non sono riuscito a beccarlo!

L'altro alzò gli occhi al cielo - io ho il turno alla biblioteca universitaria oggi

- Oh bene, allora passo a farti un saluto prima della lezione di Yoga del pomeriggio - ci fu una leggera pausa - ma ... non hai ancora disfatto la tua roba?

Jules indicò lo zaino dal quale traspariva il solito rigonfiamento.

- Ho svuotato quello che c'era nel sacco della spazzatura, i miei vestiti in più, l'album delle foto, i materiali per sviluppare e il resto. Lo zaino ... lo sai, mi piace tenerlo così.

Jules abbozzò un sorriso bonario - beh, visto che risparmieremo un bel po' senza i soldi dell'affitto da sborsare, perché non approfitti e al prossimo stipendio ti compri qualcosa di carino?

- Qualcosa di carino? - ripetè l'altro incerto.

- Esatto, tipo dei vestiti nuovi. E non mi riferisco alla roba del cesto di tutto a due dollari! - lo rimproverò - vestiti che nessuno ha mai indossato, della tua misura magari. Andiamo a fare shopping con lo zio, Jules su. Prometto che non te ne pentirai!

- Ho già dei vestiti ... se proprio devo spendere soldi, lo farò per altro materiale per le foto

- Sei un caso disperato - mormorò alla fine il moro, dandogli una pacca sulla spalla - a proposito, dove hai intenzione di allestire la camera oscura adesso? Spero non nel mio bagno!

- Tranquillo, ho sistemato tutto in quella cabina armadio enorme. È davvero uno spreco questa casa, chi ha tutti quei vestiti da mettere? - si chiese pensando al fatto che la sua roba era entrata in soli due cassetti dei sei che aveva il mobile accanto al letto.

- Sei uno spasso, amico mio - replicò Jules scuotendo la testa - a dopo allora.

Qualche minuto dopo anche Klimt era pronto e con il suo inseparabile zaino in spalla uscì diretto all'università. Se non altro la nuova posizione nella zona dei ricchi aveva accorciato le distanze della biblioteca ma aveva quadruplicate quelle per il minimarket, doveva al più presto procurarsi una bicicletta.

Arrivato all'imponente portone del palazzo spinse e si intrufolò in quell'atrio silenzioso, adorava stare lì, circondato da quel silenzio e dall'odore dei libri. Ma fu proprio osservando da lontano il bancone dove c'era la sua postazione che si trovò a dover arrestare il passo.

Nigel, quel nome affiorò così nella sua testa, di punto in bianco, accompagnato da un dolore ancora cocente. Era lì che si erano conosciuti, in un giorno apparentemente normale, mentre Klimt stava per finire il suo turno.

Quel ragazzo dal viso così bello gli aveva sorriso, totalmente nel panico per una tesina in scadenza, perso fra infiniti volumi da consultare. Era così bello, continuava a pensare Klimt mentre lo osservava da lontano e alla fine aveva preso coraggio. Finito il turno era andato da lui:

Posso aiutarti?

Solo una semplice domanda e tutto era iniziato, aveva preso posto lì accanto e avevano cominciato a parlare, a scrivere e a ridere. Avevano passato la notte a scrivere un infernale saggio sull'economia americana e Nigel aveva insistito per sdebitarsi con un caffè, al quale ne erano seguiti tanti altri.

E ora è tutto finito, si disse una voce cupa nella mente di Klimt. Era la prima volta dopo mesi che, entrando in biblioteca, sapeva che nessun bellissimo ragazzo si sarebbe appoggiato al suo bancone con una tazza di caffè nero con scritto il suo nome.

Inspirò il rosso, non voleva lasciarsi prendere dalla tristezza, non dopo come era finita, era stato Nigel a mandare tutto a puttane, era colpa sua e non meritava pensieri o compianti ricordi.

- Buongiorno Klimt! - lo salutò Martha, la bibliotecaria, con il suo solito sorriso luminoso.

- Giorno ...

- Cos'è quella faccia? Non ti senti bene? - chiese perplessa.

- No, tutto ok. Comincio a catalogare i nuovi articoli - rispose il rosso in fretta, chiudendosi nel silenzio.

Le ore passarono pigramente, fra un codice e l'altro, fra uno scaffale e l'altro, per un momento Klimt si cullò nell'idea che quel rientro potesse scivolare via liscio, che i suoi sentimenti potessero non venir calpestati oltre. Ma come sempre ormai era abituato ad affrontare, la vita aveva altri piani per lui.

Inizialmente fu solo del vociare a fargli sollevare gli occhi dal bancone, poi il suo sguardo mise a fuoco un gruppo di ragazzi, erano loro, gli amici di Nigel. Primo fra tutti William, con il suo solito sorrisetto beffardo e la camminata impettita, ne riconobbe altri due prima di vedere anche lui, Nigel. Si erano tutti seduti in uno dei lunghi tavoli, tirando fuori i libri e degli snack che sapevano essere proibiti.

Klimt fu colto da un fremito di irritazione, non volarti, pensò, ti prego non voltarti.

Ma Nigel lo fece, forse in un gesto ormai abitudinario, ruotò di poco il busto e lasciò andare indietro la testa, proprio nella sua direzione. Gli occhi dei due ragazzi si incrociarono.

Klimt mantenne la sua posizione, con lo sguardo fermo mentre Nigel tentennava ed alla fine una malsana idea lo spinse a sollevarsi e dirigersi verso il rosso.

-Ehi ... - buttò lì quando fu a pochi passi dal bancone.

Lo stomaco di Klimt era in subbuglio - ti serve un libro? - chiese con il tono più piatto che riusciva a emettere.

- Senti Klimt, mi dispiace per com'è finita l'altra volta. Mi hai colto alla sprovvista ... - tentennò - e te lo avrei detto anche ...ti sei solo fatto l'idea sbagliata, la nostra non era mica una relazione per la vita.

Oh certo, si disse nuovamente fra sé, chi mai vorrebbe uno come me per la vita.

- Mangiare in biblioteca è vietato - rispose alla fine Klimt - dii ai tuoi amici di smettere o chiamo la bibliotecaria e vi farà un richiamo

Mesi passati a sfiorare quelle mani, a baciare quelle labbra, a farsi riempire di stupide chiacchiere credendosi speciale, ma evidentemente erano solo le sue sciocche idee sbagliate.

- Guarda che dicevo davvero l'altra volta. Possiamo restare amici, mantenere dei vantaggi, no? Tu hai bisogno di soldi, so come stai messo ... e io ho bisogno di mantenere una media alta.

So come stai messo, quelle parole rimbombarono nella mente di Klimt come un eco macabro, era questo che aveva guadagnato a raccontare i suoi problemi a qualcuno, a confidarsi, a cercare comprensione.

- Abbiamo un accordo?

Il rosso fissò il ragazzo davanti a sé e tutto l'amore che aveva provato per lui si era tramutato in nausea, un conato di vomito gli venne su lungo l'esofago adesso che guardava quel bel viso. Si portò una mano alla bocca, come per paura di vomitare lì, afferrò il suo zaino e corse via, lontano da quel bancone.

Si fermò solo quando arrivò sul retro dell'enorme edificio, dove c'erano le scale antincendio e il via vai di studenti era mano intenso. Fece due lunghi respiri, cercando di calmare la rabbia e il disgusto, non solo per Nigel ma anche per sé stesso. Come aveva potuto essere così ingenuo? Come aveva potuto credere in qualcosa di così sciocco come l'amore? Come aveva fatto a illudersi che un ragazzo di buona famiglia e rispettabile potesse davvero innamorarsi di un povero fallito come lui?

Aprì lo zaino e tirò fuori il diario, lo strinse forte al petto mentre cercava di trattenere le lacrime, era in quei momenti che gli mancava più di ogni altra cosa. Persino quei sentimenti erano patetici, come si può sentire la mancanza di una persona che non si ha mai conosciuto? Come si può avere nostalgia di ricordi solo immaginati?

- Klimt ...

La voce familiare di Jules gli fece sollevare la testa, era lì in piedi, con il suo borsone e l'aria preoccupata.

- Che ci fai qui? - chiese il rosso cercando di mettere un tono normale e calmo nella voce.

- Che ti prende? Perché stai piangendo? - commentò allarmato il suo amico, sedendosi accanto a lui.

- Sto bene ...

Ci fu una pausa e poi Jules parlò con tono fermo - sono passato per farti un saluto e li ho visti dentro. Nigel e la banda di idioti, Martha ha detto che ti ha visto uscire in tutta fretta, così ... mi sono messo a cercarti ... ho pensato che ...

- Sto bene - ripetè il rosso in automatico - sto per rientrare, tranquillo - ma strinse nuovamente il diario.

- Ti manca? - chiese Jules quasi timidamente, aveva affrontato raramente quel discorso con il suo amico e sapeva quanto fosse delicato.

- So che è una cosa stupida, è morta quando mi ha messo al mondo. Non sono nemmeno mai stato nelle sue braccia, eppure questo diario ... questo era suo ed è come se anche lei fosse qui. Il mio nome ... chi sono ... lei lo ha raccontato ancora prima che io nascessi - il rosso aveva cominciato ad ansimare leggermente - e quando non so che fare ... vorrei solo ... poterle chiedere aiuto ... ma lei non può rispondere.

Jules tacque, totalmente desolato. Era stata dura quando Klimt gli aveva parlato per la prima volta del suo passato, della madre morta dandolo alla luce che non aveva mai conosciuto e del diario che lei aveva scritto proprio per il figlio da quando aveva saputo di averlo nel suo grembo e che non aveva mai potuto consegnargli di persona. Invece di essere cresciuto con una madre che lo amava, Klimt era cresciuto con un padre che lo odiava. Sempre ubriaco e continuamente abusante, l'uomo si sfogava perennemente con il figlio piccolo, prima di saper parlare bene o correre, Klimt aveva imparato l'arte di cavarsela, di sopravvivere in un mondo ostile. Quando aveva potuto era scappato da quella casa, con nient'altro che qualche vestito logoro in uno zaino verde ed il diario della madre.

- Lei è fiera di te - disse Jules secco, abbracciando l'amico - ci scommetto tutto quello che ho! Si fotta Nigel e si fottano i suoi amici di merda, lui non ti merita. Troverai qualcuno che sia disposto a tutto per te, Klimt. Qualcuno che ti faccia sentire speciale.

- Lui diceva che sono identico a lei - mormorò il rosso - e lei era finita con il più grosso pezzo di merda mai visto in circolazione. No, Jules, non mi serve un fidanzato. L'amore è per chi può permetterselo.

Il moro scosse la testa, continuò a stringere Klimt che, nonostante le sue parole risolute, era ancora fermo lì, con il diario della madre stretto fra le braccia.

- Ehi boss, va tutto bene? Hai una faccia ...

Quella frase fece voltare Oz quasi trasalendo, fissò il suo assistente con aria assente prima di rendersi conto di dove si trovasse. Era al salone di tatuaggi, con il suo album per i bozzetti in mano, a tentare di lavorare per un cliente se solo la sua mente avesse collaborato.

- Sì, scusa Phil. Oggi non so dove ho la testa - replicò Oz con un mezzo sorriso.

Invece lo so, pensò subito dopo, la casa, i due ragazzi, Blake, era sempre per lui che finiva per perdere il sonno.

- Forse dovevi prenderti un giorno libero dopo il viaggio - riprese Phil - ma hai festeggiato almeno? Dovremmo organizzare un'uscita con tutti i ragazzi, lo studio ha ricevuto un mucchio di premi e anche tu! - gli ricordò - sei contento almeno?

- Certo che lo sono - rispose Oz mettendoci tutta la convinzione che aveva in corpo.

- Si tratta ancora del tuo amico un po' strambo? Gli stai sempre dietro - ipotizzò Phil.

Un po' strambo, ripetè Oz fra sé con una punta di divertimento, magari fosse solo quello.

- Che ne pensi se organizziamo una bevuta dopo la chiusura? Invita quel tipo che frequenti, come si chiama ... Francis?

- Non ci vediamo più - mormorò il moro sotto lo sguardo spiacente dell'assistente - la mia vita è un casino Phil, non ho tempo per una relazione

Posso prendermi cura di una persona alla volta, ripetè Oz a sé stesso, e ho scelto Blake, sceglierò sempre lui. Era quello il vero punto, forse alle volte se ne rimproverava, si ripeteva che doveva mollare la presa e dedicarsi a sé stesso. Ma come poteva? Con quale coraggio avrebbe lasciato quell'uomo a lottare da solo, non con una promessa di mezzo, non con quel genere di promessa.

- Sei davvero strano oggi, boss - tornò a ripetere Phil ancora ben piantato davanti a Oz.

Quello sorrise - e tu sei troppo con le mani in mano, torna di là, i clienti aspettano.

E dopo pochi minuti il moro tornò a essere solo, libero di riprendere a tormentarsi per le scelte avventate di Blake, per quei due poveri sprovveduti nell'appartamento. Per un attimo li vide proprio davanti ai suoi occhi: Jules lo aveva lasciato senza parole, quella somiglianza era così palese che se non l'avesse visto con i suoi stessi occhi, sarebbe stato impossibile crederlo. Il corpo magro e longilineo, i capelli scuri e mossi ... poi quel viso delicato, quasi femminile. Tutto in quella storia urlava allarme rosso, quanto avrebbe resistito Blake prima di crollare? Con quella tentazione vivente proprio sotto il suo naso. E poi c'era l'altro, a quel pensiero per un momento le ansie di Oz si attenuarono, sembrava avere un carattere forte, gli era parso scettico e protettivo nei confronti dell'amico, forse avrebbe potuto chiedere il suo aiuto.

Si ritrovò il telefono fra le mani senza nemmeno pensare, aveva scritto Klimt su Google e diede a sé stesso dello sciocco, cosa sperava di trovare? Fu investito da centinaia di foto e articoli relativi al pittore ma niente faceva riferimento a quel ragazzino. Il suo ricordo riaffiorò nuovamente, quello sguardo carico di sfida, era giovane ma in quel momento sembrava molto più grande. Rise al pensiero che avesse i capelli più rossi che gli era mai capitato di vedere e persino i più strani. Poi c'era quella pelle, facendo il mestiere di tatuatore, Oz aveva sviluppato una sorta di strana ossessione per la pelle delle persone, gli capitava spesso di fissarla e quel ragazzo aveva la pelle più chiara e delicata che il moro avesse mai visto, decisamente in netto contrasto con tutto il resto.

Sospirò, gettando il telefono lontano e pregando sé stesso di concentrarsi, non aveva altro tempo da dedicare a Blake e i suoi melodrammi o ai trovatelli che si affrettava a mettersi in casa. Era certo che le conseguenze si sarebbero fatte sentire presto ed il familiare brivido alla base del collo gli provocò un leggero fastidio, ormai c'era abituato.

Il vibrare del telefono gli fece voltare lo sguardo sullo schermo, era un messaggio, da parte di un ragazzo conosciuto alla convention: "Come promesso sono in città, mi offri quel caffè? ;)"

Oz voltò la testa dall'altra parte, ripensando al suo mantra quasi in automatico: prima il lavoro, poi Blake e poi, forse, il resto.

Blake fissava lo schermo del computer con un'espressione indecifrabile sul viso. Aveva appena finito di coordinare la sua squadra di designer, tutto sembrava sotto controllo per quel pomeriggio, eccetto il solito fremito alle mani. Cercò di controllarsi, di non cedere all'impulso ben noto di aprire quelle dannate chat e rimorchiare qualcuno per dare un senso alla sua giornata. Ne aveva voglia in un modo che non riusciva a spiegare, era un bisogno così forte e terribile da spegnere qualsiasi altro pensiero sensato. Il sesso occupava il novanta percento dei suoi pensieri, nessuna cura o riabilitazione riusciva a sedare veramente quel bisogno spaventoso e distruttivo.

Con un gesto secco abbassò lo schermo del suo laptop e, dopo aver raccolto in fretta la giacca dalla spalliera, lasciò il suo ufficio a caccia di aria fresca e un drink che lo avrebbe tenuto impegnato per qualche minuto.

Attraversò la strada con la sua solita aria impeccabile, gli occhi grigi erano abilmente nascosti da un paio di occhiali Prada neri, Blake Cooper non era un uomo che passava inosservato e questo rendeva la sua situazione ancora più complicata. Gli bastò avvicinarsi all'entrata del Charmers per notare subito Jules, il suo nuovo affittuario, dai lunghi capelli castani e mossi, svelto nel servire i clienti al bancone. Lo guardò apertamente, senza alcun tipo di filtro o riguardo, i suoi occhi indugiarono su ogni centimetro della sua pelle. Dal viso geometricamente perfetto, impreziosito da occhi a mandorla di un castano chiaro, tendente al miele, il naso perfetto, le labbra di una bellezza quasi femminile. Era di media altezza ed esile, con un sedere su cui Blake non poté fare a meno di lasciare vagare il suo sguardo.

Era troppo tardi per resistere ai suoi impulsi ormai, sentiva il sangue pompare più velocemente nelle sue vene, tanto che ben presto il suo respiro divenne quasi affannoso. La sua condizione gli impediva di vivere una vita normale, sapeva che quel dannato bisogno non lo avrebbe abbandonato se non avesse prima trovato il modo di soddisfarlo. Non con quel ragazzino però, niente situazioni imbarazzanti con chi viveva sotto il suo stesso tetto, oltretutto Blake non era affatto intenzionato ad attirarsi le preoccupazioni di Oz addosso.

L'occasione gli si presentò pochi istanti dopo, un gruppetto di ragazzi lo stava fissando da tempo, in special modo aveva attirato l'attenzione di un biondino seduto al centro. Il giovane aveva sorriso alla volta di Blake, mentre l'altro rispondeva con un cenno altrettanto caloroso. Fu quello il momento in cui Jules notò la presenza dell'uomo all'interno del locale e, come di consueto, fu pervaso da una strana sensazione di euforia. Il suo stomaco fece una capriola, Jules doveva ammettere che aveva sperato tanto di incrociare Blake.

Il suo sorriso si allargava a dismisura a mano a mano che si dirigeva verso il tavolo dell'uomo. Quel giorno gli parve più bello che mai, come una di quelle divinità greche scolpite nel marmo, aveva una bellezza così classica da farlo sembrare senza tempo.

- Blake! Sei in pausa?

Jules aveva sorriso in modo spontaneo nonostante l'ansia che lo attanagliava. Quell'uomo aveva palesemente flirtato con lui pochi giorni prima, lo aveva perfino invitato ad una festa e spinto ad accettare la sua richiesta di aiuto, ma allo stesso tempo il suo atteggiamento era cambiato senza che il ragazzo fosse riuscito a capirne il motivo. Anche quel pomeriggio gli sembrò diverso, troppo controllato e perfino distaccato. Blake gli aveva dedicato un sorriso di cortesia che però non aveva coinvolto gli occhi.

- Già, di tanto in tanto mi piace uscire e sgranchirmi le gambe. Comunque spero che tu ti sia trovato bene nella nuova casa ...

Freddi convenevoli. Jules mandò giù il boccone amaro e si ricompose in fretta, non avrebbe fatto la figura dell'idiota.

- Scherzi? E' tutto fighissimo ... i riscaldamenti, la posizione centrale. Grazie per la spesa, a proposito ... non era necessario.

L'altro fece un cenno soddisfatto con il capo, a Jules sembrò che stesse facendo di tutto per evitare di guardarlo direttamente. Perché si comportava in quel modo? Perché quel cambiamento repentino?

- Bene, mi fa piacere che sia tutto di tuo gusto.

Jules annuì, ancora spiazzato da tanta freddezza, poi tornò in sé - Allora? Cosa ti porto? Offro io oggi, dopo tutto quello che hai fatto per me è il minimo.

- Davvero? Beh, allora sorprendimi. Preparami qualcosa che credi possa piacermi.

Il moro avrebbe voluto dire che c'era del contenzioso in quelle parole, ma non era pronto a scommetterci. L'attenzione di Blake era completamente da un'altra parte quel pomeriggio, gli sembrava nervoso, come se ci fosse qualcosa dentro di lui che scalpitava per venire fuori. L'aria apparentemente calma era solo una maschera. Jules stava per tornare dietro il bancone, quando la voce del biondo lo fece fermare.

- Senti, potresti farmi un favore? Voglio offrire un drink al biondino al tavolo sei, digli che è da parte mia ...

Jules si riprese in fretta. I suoi occhi passarono in rassegna il ragazzo in questione, anche quello continuava a lanciare occhiatine inequivocabili verso Blake. Aveva l'amaro in bocca quando annuì e tornò al bancone dove avrebbe dovuto preparare i due drink. Perché se la stava prendendo tanto? In fin dei conti non era successo assolutamente nulla tra loro due ... le parole di Blake non dovevano ferirlo tanto. Era solo uno sconosciuto.

L'altro rimase a fissarlo mentre andava via, si chiese come sarebbe stato passare le mani su quei capelli che al tatto dovevano essere dannatamente morbidi. Si vide nell'atto di tirarli indietro con forza e in un attimo l'immagine di un Jules nudo e ansimante sotto di lui si formò nella sua mente. No, non andava affatto bene ... quel ragazzino sarebbe stata una continua tentazione. Metterselo in casa era stato un grosso errore, Oz non si era sbagliato. Quindi tornò a concentrare l'attenzione sul tipo al tavolo sei, con un po' di discrezione avrebbe potuto incontrarlo da qualche parte e rallegrare quel pomeriggio deludente. Era più forte di lui, non riusciva ad evitare quelle situazioni, era come un veleno che andava necessariamente liberato, ma allo stesso tempo Blake era consapevole che quel bisogno non sarebbe mai andato via.

Ci aveva provato, aveva consultato specialisti su specialisti, seguito cure e riabilitazioni fallimentari, si era lasciato imporre una relazione fissa per sedare i suoi bisogni più urgenti, un'ancora che, secondo Oz e la sua psicoterapeuta, avrebbe dovuto aiutarlo a vivere una relazione sana e quanto più vicina possibile a qualsiasi altra relazione convenzionale. Alla fine aveva smesso di provarci, lui era incapace di gestire il suo corpo, il sesso sembrava l'unica consolazione rimasta in quella vita trascorsa all'insegna dell'autodistruzione.

Eppure avuto talmente tante occasioni per creare qualcosa di serio e sensato. La gente perdeva la testa per quelli come lui ... peccato che il sentimento non fosse mai reciproco. La dottoressa Lane continuava a farneticare di un senso di colpa per cui Blake continuava a punirsi ripetutamente, si imponeva una vita promiscua e senza legami nella vana speranza di poter smettere definitivamente di sentire qualsiasi altra emozione. Ma il dolore era sempre lì, la sua mente era ancora ferma a quella notte di dieci anni prima, quando il suo mondo si era sgretolato davanti ai suoi occhi, in un battito di ali.

Aveva vissuto in paradiso e improvvisamente l'aveva perso. Ed era tutta colpa sua. Era stato lui ad ucciderlo.

Jules aveva preparato un Moscow Mule speciale per Blake, glielo portò con il suo solito sorrisetto affascinante ben impresso sul viso. Qualsiasi cosa stesse succedendo pensò che non fosse il caso di farne un dramma, era quasi certo che ci fosse lo zampino di Oz nel mutamento repentino che il biondo aveva avuto nei suoi confronti. Era questione di differenza di età? O forse lui e Klimt erano apparsi come due cacciatori di dote interessanti ai soldi del suo amico? Qualsiasi cosa fosse, Jules era ormai certo che Blake lo stesse trattando con freddezza per un motivo ben preciso e, allo stesso tempo, si sentiva quasi sollevato per quella situazione. Non era certo di saper gestire uno come Blake ... troppo ricco, troppo bello e anche fin troppo volubile. Non aveva bisogno di quel genere di problema nella sua vita già abbastanza turbolenta.

Mise da parte quei pensieri e posò il drink sul tavolo dove sedeva Blake, l'altro non lo degnò neanche di un'occhiata. Dopo pochi minuti aveva già lasciato il locale in compagnia del biondino a cui aveva offerto da bere e a Jules non rimase che sparecchiare con un'evidente delusione nello sguardo.

L'eccitazione momentanea aveva lasciato posto alla solita sensazione di vuoto. Blake aveva abbandonato il comodo materasso del Four Seasons un paio di attimi dopo essere venuto. Il biondino era ancora ansante e sconvolto per quella che doveva essere l'esperienza più appagante e sorprendente in venticinque anni di vita, aveva la vista ancora appannata e i battiti accelerati quando tentò di puntellarsi sui gomiti per osservare i movimenti dell'altro.

- M-mio Dio ... tu ... dove hai imparato a fare ... a fare tutto quello?

- Un po' qui, un po' lì - disse semplicemente l'altro, mentre si rivestiva in fretta, già con la mente altrove.

- Dove stai andando? La stanza è stata prenotata per tutto il giorno ...

- Sì, prenditela pure comoda tu. Fa un bel bagno, la vasca idromassaggio è passabile qui.

L'altro si accigliò - Tu non rimani? Abbiamo tutta la notte davanti! La vasca potremmo omologarla insieme.

Cercò di darsi un contegno, ma la vista del corpo perfetto di Blake lo mandava in tilt. Chi era quell'uomo che poteva permettersi di prenotare una suite al Four Seasons di San Francisco per poi lasciare l'hotel appena due ore dopo? Per non parlare di quello che avevano appena fatto ... quell'esperienza non aveva nulla a che vedere con il sesso a cui era abituato. Era stato spaventoso e fantastico allo stesso tempo.

Il ragazzo si mise in piedi a fatica, le gambe lo reggevano a stento, ma non poteva permettere all'altro di andar via in quel modo, così si accostò accanto a lui, tutto intento a raccogliere i suoi gemelli dal tavolo elegante vicino al letto. Si stava rivestendo ad una velocità mai vista prima.

- Hai degli impegni, capisco. Comunque non mi hai detto come ti chiami. - tentò ancora il biondo.

- Non importa - ribatté secco Blake.

- Beh, importa a me in realtà. Io sono Conrad, comunque. Non mi pare di essermi presentato

- Non importa neanche questo

L'uomo aveva sospirato profondamente, odiava le chiacchiere post sesso, gli facevano venire il mal di testa ed era tutta colpa sua. Non era riuscito a sgusciare fuori dal letto con la sua solita velocità.

Il biondo era rimasto immobile, la durezza di quelle parole lo aveva colpito e affondato.

- Ehi, ma che problemi hai? Credevo che ti fosse piaciuto ... mi hai abbordato in quel locale, poi hai pagato una stanza nel miglior hotel della zona ...

- Beh, cosa pretendevi? Che venissi a rotolarmi su un materasso da quattro soldi? Ci tengo alla mia schiena. Goditi la stanza, ordina del cibo costoso e guarda un po' di tv ad alta definizione. E' il tuo giorno fortunato.

Non ci fu tempo di aggiungere altro, perché Blake aveva già lasciato la stanza giusto in tempo per tornare in ufficio a controllare il lavoro del suo team. Parcheggiò la sua Tesla fiammante nell'ampio parcheggio dell'edificio, poi spense il motore e senza poterne fare a meno lanciò un'ultima occhiata verso il Charmers. Jules stava sparecchiando dei tavoli all'esterno, aveva legato i capelli con una matita, lasciando esposto il collo lungo e abbronzato. Blake percepì di nuovo quel fremito al ventre basso, qualsiasi cosa avesse fatto con il biondino chiacchierone non aveva funzionato per niente.

Voleva quel ragazzino disperatamente.

Jules era esausto e anche giù di corda quando finalmente finì il suo turno al locale. Quasi in automatico si diresse verso il marciapiedi di fronte, soltanto un attimo dopo ricordò che adesso non aveva più bisogno di prendere il terribile 123 per tornare a casa. La sua vita era cambiata, adesso viveva in un quartiere per ricconi, a pochi metri dall'uomo che continuava ad essere protagonista dei suoi pensieri da troppi giorni ormai. Forse fu il destino che spinse Dave a chiamarlo proprio in quel momento. Il viso sorridente del suo ragazzo lontano apparve sul display del suo cellulare e, per un breve momento, anche Jules tornò a sorridere.

- Ehi! Quanto tempo! Dove sei? Che stai combinando?

La sua felicità era genuina mentre portava il telefono davanti al viso per permettere all'altro di vederlo meglio.

- Jules, sei così bello ... sai quanto mi manchi?

- Allora dovresti scrivermi di più - lo rimbeccò il moro, sollevando un sopracciglio in segno di rimprovero.

- Mi dispiace, qui è un casino totale. Ho avuto il mio primo giorno libero dopo due settimane di sfilate! Ma non credere che sia a spasso, anzi sto andando a prendere un volo per Milano. C'è la settimana della moda.

- Cazzo ... fai la vita delle star ... - Jules era davvero ammirato - sapevo che ci saresti riuscito.

L'altro rise, soddisfatto anche se visivamente stanco - E tu che mi racconti? Tutto come sempre?

- Beh, non proprio ...

Ma da dove poteva iniziare a raccontare tutti i cambiamenti che erano avvenuti nella sua vita nel giro di appena tre giorni?

- Tipo?

- Tipo che sono stato derubato, poi sfrattato, poi ho cambiato casa e adesso vivo in un posto fighissimo!

L'altro era incredulo - Cosa? Ti hanno derubato? E non mi hai detto nulla?

- Sono quasi certo di avertelo scritto.

- No! Impossibile, lo avrei ricordato. Cazzo, potevi chiamarmi! Ma va tutto bene? Posso spedirti dei soldi, qui mi pagano bene. Sai che non avrei alcun problema ...

- Grazie, tesoro ma non è ancora arrivato il momento di fare la mantenuta. Come se avessi accettato però.

Jules rise forte, l'altro invece era lievemente confuso.

- Sono il tuo ragazzo, avresti dovuto dirmelo. O forse stai iniziando a vederla in modo diverso? Sono lontano, quindi non merito degli aggiornamenti?

- Dave, non farne un affare di stato. Sto bene, io e Klimt abbiamo risolto tutto grazie a degli amici ... - il moro decise di mentire, non immaginava che il suo ragazzo avesse potuto reagire in quel modo. La leggerezza con cui ne aveva parlato sembrava averlo ferito. E d'altronde cosa poteva pretendere dopo essere scomparso dalla sua vita? Impegni o no era comunque diventato fin troppo complicato parlarci per più di cinque minuti. Quel pensiero trovò conferma dopo appena un paio di secondi, quando Dave gli comunicò che gli imbarchi erano appena iniziati.

- Senti, so che tra di noi è un casino al momento, ma tra un paio di mesi sarò di nuovo a San Francisco ... recupereremo il tempo perso.

- Ammesso che non trovi un modello sexy da morire e decidi di seguirlo in giro per il mondo.

Dave rise di fronte alla finta gelosia di Jules - Sei decisamente più figo di tutti i modelli che vedo ogni giorno. Ogni tanto dovresti guardarti allo specchio, a volte penso che tu non abbia idea dell'effetto che fai sulla gente.

Non su tutta, avrebbe voluto aggiungere Jules, memore di certi strani atteggiamenti di quel pomeriggio. Ma decise di tacere, di concentrarsi sul suo ragazzo e sulla promessa di quello che sarebbe stato.

ANGOLO AUTRICI:

Buongiorno, nuovo capitolo tutto per voi! Nuove informazioni sui nostri protagonisti e speriamo vi aiutino a fare chiarezza sull'alone di mistero che li circonda, soprattutto i due adulti del gruppo XD Anche se definirli adulti è solo una formalità lessicale XD Come sempre a voi la parola, stupiteci con le vostre teorie e vi auguriamo di trascorrere questi giorni serenamente. Noi vi terremo compagnia a modo nostro! Alla prossima settimana.

Un abbraccio.

BLACKSTEEL

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𝘱𝘪𝘭𝘭𝘴 𝘤𝘩𝘦 𝘧𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘮𝘰𝘵𝘪𝘷𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘤𝘶𝘪 𝘢𝘮𝘰 𝘪 𝘮𝘢𝘭𝘢𝘯𝘥𝘳𝘪𝘯𝘪. 𝘦 𝘭𝘢 𝘸𝘰𝘭𝘧𝘴𝘵𝘢𝘳. #1 peterpettigr...