Another (The Again Serie #2)

By SkyRu90

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SECONDO CAPITOLO DELLA SERIE AGAIN. TROVATE IL CARTACEO E IL DIGITALE IN ESCLUSIVA SU AMAZON NELLA NUOVISSIMA... More

ANOTHER
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FINALE

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By SkyRu90


La settimana prossima ci sarà il ballo di fine anno e la scuola è in delirio.

Ovviamente è off limits per gli studenti del primo e del secondo anno, a meno che qualche ragazzina non riesca a farsi invitare dai ragazzi dell'ultimo anno. Stanno già vendendo i biglietti e il comitato studentesco ha trovato la location: quest'anno si farà al centro dei veterani. Non è proprio il massimo per una festa scolastica, ma è sicuramente patriottico.

E poi la palestra ospiterà il ballo per la festa dei diplomi e non sia mai che Isabelle e la sua cerchia debbano scatenarsi nello stesso posto due volte di fila. Mi domando se vincerà anche quest'anno il titolo di reginetta della scuola. Da quello che mi aveva detto Sanne il titolo è suo dal primo anno. Suo e di Connor.

A proposito di Connor non abbiamo ancora parlato del ballo, ma dubito seriamente che mi inviterà. E se non lo farà io non ci andrò. Non ho voglia di guardarlo salire sul palco insieme a un'altra.

A scuola si è sparsa la voce che stiamo insieme, lo so dai commenti stupidi che ho trovato scritti sul muro del bagno delle ragazze e dagli sguardi che gli studenti si scambiano quando ci vedono passare. Non abbiamo né confermato né smentito. Non sono affari loro e siamo felicissimi così.

«Come sta Malek?» mi chiede Connor passandomi un braccio intorno alle spalle.

«Triste», rispondo.

«Che merda l'adolescenza», sbuffa lui scuotendo la testa. «I tuoi genitori ti trattano ancora come un poppante smidollato, tu ti senti adulto e contemporaneamente non capisci un cazzo e non c'è nessuno che te lo spieghi.»

«Non mi hai ancora detto perché hai parlato con Logan l'altro giorno.» Mica mi sono dimenticata.

«Oh niente di che», risponde lui evasivo.

«Non vuoi dirmelo?»

«Sono più che sicuro che ti arrabbierai»

«Non è un buon motivo per non dirmi le cose. Che cos'hai combinato?» Mi devo preoccupare? Connor a scuola è un'altra persona. Non si vede quasi più a mensa e quando non è con me a sbaciucchiarsi dietro le gradinate, non ho idea di dove sparisca. Malek dice che adesso sta pure attento in classe e non usa più i permessi speciali della squadra di football per assentarsi senza un motivo.

«Diciamo che ho fatto un esame interiore e ho capito che certe cose non facevano parte della mia vita. Così ho deciso di fare un po' di pulizia. Di alleggerirmi, mettila così.»

Lo guardo in attesa di ulteriori spiegazioni. È così bello. Anche se ormai si è fatto buio e camminiamo seguendo la luce dei lampioni e quella che filtra dalle finestre delle case, il suo fascino magnetico rimane intatto.

«Ho lasciato la squadra di football»

Impiego un secondo a recepire il messaggio perché sono ancora ipnotizzata dai suoi capelli, ma poi strabuzzo gli occhi. «Che cosa?» esclamo incredula. «Non ci credo.»

«E invece sì.»

«Connor, ma mancano due partite alla fine del campionato. Li hai piantati in asso sul più bello? E come l'hanno presa?»

Lui, strano ma vero, scoppia a ridere. «Erano sorpresi. Burnes ha quasi avuto un infarto. Mi ha minacciato, ma quando ha saputo che avevo già accettato la risposta di Stanford ha capito che non mi avrebbe più convinto. I ragazzi hanno fatto un po' di resistenza. Credo fossero disorientati. Sai, la forza dell'abitudine.»

«Ma tu sei Connor Brown. Il capitano della squadra di football»

«Ex capitano. Adesso è Logan.»

«Così è questo che sei andato a dirgli?»

«Esattamente. Gli ho detto che avrei suggerito a Burnes di farlo semplicemente avanzare di grado. Sarebbe stato più facile e veloce piuttosto che dover scegliere uno degli altri ragazzi. In più adesso ci sono gli scrutatori e Logan avrà la sua occasione per mettersi in mostra. Con me presente non sarebbe stato possibile, lo so io e lo sapeva anche lui.»

«Immagino che sia stato felice»

«Se avesse potuto abbracciarmi l'avrebbe fatto. Evidentemente si è ricordato che non siamo più amici e che non sarebbe stato opportuno. Comunque sì, era felice. Ha sudato un sacco per arrivare al suo obbiettivo. Gliel'ho servito facile, però a lui che importa? Si prenderà la sua dannata borsa di studio e sparirà da qui. Contento lui, contenti tutti.»

Nel frattempo siamo arrivati a casa sua. Le luci sono spente, segno che il signor Brown e Sarah non ci sono.

«Eppure mi sembra tutto ancora molto strano», dico mentre mi tiene aperta la porta d'ingresso.

«Che cosa è strano?»

«Non sembri tu», provo a spiegare. «Sei sempre stato un personaggio. Il ragazzo più ambito della scuola. Uno tra i più carini», aggiungo. «Non fare quella faccia compiaciuta. Come se non lo sapessi», rido e gli batto amichevolmente una pacca sul braccio. «E poi tu e Isabelle, la coppia perfetta. Adesso invece sembri un ragazzo come tanti. Come me.»

«E ciò è male?» mi chiede. Si mette di fronte a me e mi guarda negli occhi. Un attimo dopo ci stiamo baciando. Siamo ancora al buio, il corridoio è illuminato dalla luce della luna che entra dalla portafinestra del giardino.

«No. Anzi», mugugno tra le sue labbra. «Credo che se avessi conosciuto questa parte di te prima, non avrei avuto tutte queste paure.»

«Hai paura di me, Anderson?» Mi morde il lobo dell'orecchio. Io reclino la testa.

«Ho paura dell'effetto che mi fai», mi sforzo di rispondere. «Quando sono con te è come se non capissi più niente. E mi hai già fatto male più di una volta. Nella mia testa tutti i campanelli di allarme stanno suonando dicendo che lo farai ancora.» Mi afferra per le gambe e mi issa a cavalcioni su di lui. Poi mi appoggia contro la parete.

«Non sono più il Connor di prima», dice divorando le mie labbra. «Non ho ancora idea di chi sono, purtroppo, ma spero che questa fase transitoria passi velocemente.» Infilo le mani tra i suoi capelli e glieli tiro leggermente. «So solo che quando sto con te mi sento perfetto.»

«Potrei compiacermi un po' troppo della cosa», sorrido.

«Perché non la smettiamo di parlare e non andiamo di sopra?»

«Mi sembra un ottima idea»

Quando il mattino dopo mi sveglio, ho la mano di Malek sulla faccia. Mi volto verso di lei che dorme ancora profondamente. Cerco di scostarmela di dosso, prendo la mia roba dalla sedia e mi chiudo in bagno. Sono tornata tardi ieri sera, papà già dormiva, Malek invece era sul divano che guardava un documentario sugli animali in via d'estinzione.

«Ti rendi conto che potremmo essere gli ultimi a vedere queste specie?» mi ha chiesto. «Il mio bambino potrebbe essere costretto a sentir parlare di loro dai libri di scuola» e si è indicata la pancia.

Parla spesso del suo bambino. E la vedo sempre più sovente con la mano sulla pancia. A scuola cerca di controllarsi, anche se probabilmente la voce ha già fatto il giro di tutte le classi. Da quando siamo andate alla visita in consultorio si è come calmata. Certo, per il momento nessuno le restituirà il sorriso, però vedere il piccolo muoversi, sentire il suo cuore battere ci ha commosse. Per un istante mi sono chiesta come dovesse sentirsi Patricia, a lei la vita ha tolto per sempre questa possibilità. Poi ha mandato l'immagine del bambino ai suoi genitori.

«Non mi aspetto niente. Di certo non daranno una festa. Ma voglio che siano partecipi», ha detto. So che in realtà sperava di vedere suo padre bussare alla porta e chiederle di tornare a casa con loro. Ma evidentemente la prima foto del nipotino in via di sviluppo non basta per scaldare il cuore di ghiaccio del signor Oufkir. Alfie non si dà pace. Malek gli ha detto che la loro storia è finita e lui continua ad assillarmi chiedendomi se so il motivo. Ho detto a Malek di raccontargli la verità, ma ancora non se la sente. Più passerà il tempo, più sarà difficile e più rischierà di far arrabbiare Alfie, di farlo soffrire. Ma Malek teme che anche lui la rifiuti e non si sente pronta ad affrontare l'ennesima delusione della sua vita. Passa tutto il tempo libero a scrivere il discorso per la cerimonia della consegna dei diplomi. Mio padre le fa da consulente ascoltandola e correggendo qua e là. Sono contenta che vadano d'accordo, anche perché in questo modo io ho molta più libertà di vedere Connor dopo il lavoro.

«Buongiorno», mi saluta papà con un sorriso quando entro in cucina.

«Sei mattiniero, come mai?» Afferro la mia tazza preferita e mi verso una dose generosa di caffè. Ha fatto i pancake e ciò significa che non è riuscito a dormire stanotte. «Qualcosa non va?» chiedo. Me ne serve due, gli fa colare sopra lo sciroppo d'acero e ci aggiunge anche la panna montata. «Grazie», dico prendendo il piatto.

«Sarà il caso di cominciare a cercare un alloggio per il campus», dice

«Di già? Non è un po' presto?» chiedo. Credevo che avrei fatto tutto con calma quest'estate dopo il ritorno dalla Cina.

«Possiamo farci dei giri, vedere un po' la zona».

«Non vedi l'ora che me ne vada, vero?» Sorrido, ma lui rimane serio. «Papà che succede?»

Mi guarda per un po' prima di rispondere. «Le ultime settimane mi hanno fatto capire quanto stai diventando grande. I mesi trascorsi insieme, solo noi due, sono stati complicati, ma credo di poter dire che sono stati anche in assoluto i migliori della mia vita.» Gli si inumidiscono gli occhi e mi sento in imbarazzo. Quando tuo padre piange che devi fare?

«Papà tranquillo. Va tutto bene», dico impacciata.

«Non sarò un genitore modello come tua madre...»

«Mamma era tutto meno che un modello, fidati», ridacchio. Lei è più uno spirito libero. Riempiva il frezeer di roba surgelata che garantisse la nostra sopravvivenza, pagava le bollette, l'affitto di casa e poi stava tutto il giorno al lavoro e la sera usciva con i suoi spasimanti. Ma ci siamo anche divertite un mondo, questo è vero. Però papà è un tipo più stabile. La cena pronta tutte le sere, qualcuno che ti aspetta quando torni da scuola. Prima non ci avevo mai fatto veramente caso.

«Ho bisogno di chiederti una cosa», dice a un tratto.

«Dimmi.» Si alza e apre un cassetto dal quale estrae una scatolina. La apre e dentro c'è un anello bellissimo.

Sono confusa. «Papà cosa..»

«È per Patricia»

«Oh», rimango a bocca aperta.

«Forse sono un po' affrettato. Probabilmente la nostra frequentazione non si basa su una solida conoscenza reciproca e tutte le cose che di solito noi genitori diciamo a voi figli nella speranza che non ve ne andiate mai di casa, ma nel caso voleste farlo almeno sia con una persona rispettabile.» È chiaro che sta parlando a vanvera, perché è molto agitato. «Però sento che lei mi comprende e mi completa. E non è tua madre. Per molto tempo ho creduto di non potermi ricostruire una vita perché non avrei trovato mai nessuno come Megan, ma adesso ho capito che non mi serve qualcuno come lei, mi serve qualcuno adatto a me e Megan semplicemente non lo era. Patricia sì. E voglio che tu sia d'accordo prima di chiederle di sposarmi. Lei entrerà a fare parte della nostra vita a tutti gli effetti», mi guarda. «Non mi aspetto che andando al college riterrai ancora questa casa come la tua. Diventerai grande, farai nuove amicizie, probabilmente sarai anche felice della tua nuova indipendenza, però voglio che tu sappia che questa sarà sempre, prima di tutto casa tua. Cosa ne pensi?»

Che cosa dovrei pensare? Che ho il papà migliore del mondo? Che mi sta chiedendo il permesso di essere felice, perché vuole che prima lo sia io? Mi alzo in piedi, gli corro incontro e lo abbraccio forte. Una lacrima mi scivola sulla guancia, ma è una lacrima di gioia anche se stringo gli occhi e cerco di impedire a tutte le altre di fare altrettanto.

«Sono sicura che sarà una sposa bellissima», riesco a dire con la voce spezzata. «E sono sicura che anche la mamma sarà felice quando lo saprà», aggiungo.

Per lui è come una liberazione. Vedo il senso di colpa che si è portato dietro tutti questi anni alleggerirsi fino a scomparire.

«Le farai una sorpresa?» domando poi cercando di riportare la discussione su un piano più pratico e meno sentimentale, così da togliere entrambi dall'imbarazzo.

«Farò il romantico classico. Glielo chiederò stasera a cena.»

«Evita di farle bere del vino allora, almeno sarai sicuro che sappia quello che sta facendo», scoppio a ridere.

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