Rainy Days|Newtmas

-nutellinglies tarafından

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Newtmas AU|La storia può essere letta anche senza conoscere l'opera originale! "La luce fioca e intermittente... Daha Fazla

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v e n t o t t o
ringraziamenti

v e n t i d u e

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-nutellinglies tarafından

-Forse avrei dovuto avvisare Jorge, in fondo oggi non mi sono nemmeno presentato...e se mi licenziasse? Io non riuscirei a trovare un altro lavoro...-
Newt parlava mentre osservava Thomas muoversi per la cucina. Il moro stava scrivendo un post-it ai genitori per fare sapere loro che sarebbe tornato tardi, quella sera. Lui e Minho si erano accordati: se i suoi genitori avessero chiesto dove fosse Thomas, Minho avrebbe detto che era a casa sua per il progetto di storia. Progetto che, in effetti, avrebbero dovuto fare, ma poteva aspettare. Tanto si sarebbero sempre ridotti all'ultimo come sempre.

Il moro non rispose al biondino, che continuò a blaterare lamentele e preoccupazioni su quel viaggio che avrebbero dovuto intraprendere, alla ricerca di una persona che probabilmente non voleva essere trovata. Non riusciva ancora a credere di essere stato capace di coinvolgere anche Thomas in quella situazione del cazzo.
A zittire il suo chiacchiericcio insolito e fastidioso fu proprio Thomas, che finito di scrivere posò con un tonfo la penna sul tavolo, puntando lo sguardo su Newt e attirando così la sua attenzione. Si avvicinò a lui, lo strattonò per la maglietta e lo strinse a sè, in un forte abbraccio.

Newt sentì il suo battito rallentare.
Era straordinario l'effetto che quel ragazzo aveva su di lui.

-Calmati. Okay? Parlerò con Brenda. Diremo a Jorge che sei malato, che ti sei preso l'influenza o che so io. Potremmo dirgli anche che ti sei preso chissà quale malattia inesistente, se è Brenda a dirglielo, le crederà e non farà problemi.-
-Tu dici?-
-Sta tranquillo.-Thomas sorrise sul suo collo, soffiando leggermente col naso-Guarda,-e si staccò da Newt-scrivo adesso le scrivo.-

Digitò in fretta sullo schermo, per poi mostrare il display a Newt pochi secondi dopo.

Da: Brenda
Certo, nessun problema! Consideralo fatto, dì a Newt di non preoccuparsi. E fate attenzione.

Newt sorrise riconoscente, sotto lo sguardo tranquillo di Thomas.

-Adesso sei più sereno?-
Newt annuì.
-Allora andiamo.-
Thomas fece tintinnare le chiavi del suo vecchio catorcio tra le dita.
Pochi minuti dopo, erano in strada, diretti verso Los Angeles.

***

Quando davanti a loro in autostrada comparve l'ingresso per Los Angeles, Newt realizzò finalmente che da lì a poco, con un po' di fortuna, avrebbe visto il volto di quel pezzo di merda. E sentì la voragine all'interno del suo corpo ampliarsi ulteriormente. Non immaginava nemmeno che da lì a poco ne sarebbe stato inghiottito.

Imboccarono l'entrata per LA, mentre la radio dell'auto di Thomas gracchiava continuando a perdere il segnale e fuori iniziava a piovere.
Newt stava osservando le gocce rincorrersi sul finestrino quando Thomas spense la radio e il silenzio calò nell'auto.
Rallentò progressivamente, accostando sul lato della strada e spegnendo il motore.

Newt si voltò lentamente verso di lui, e lo osservò tirare fuori una sigaretta dal pacchetto, tirare giù il finestrino e accenderla. Sembrava pensieroso. E preoccupato.

-Hai un piano?-chiese dolcemente il moro, voltandosi finalmente verso di lui, dopo aver buttato fuori la prima nuvola di fumo.
Newt esitò un secondo. Riflettè, cercando nei ricordi, nella lettera di sua nonna e nelle parole di Lawrence informazioni utili. E alla fine, annuì.
-Mia nonna e mia madre erano di Los Angeles, io sono nato lì. E mia madre ha frequentato lì l'UCLA (University of California, Los Angeles). Potremmo partire da lì. Il suo nome è Philip Sangster.-

Thomas si schiaffeggiò mentalmente per essere stato così stupido: era ovvio che Newt avesse preso il cognome della madre, e Isaacs sicuramente non sarebbe mai potuto essere il cognome di un "uomo" che probabilmente non sapeva nemmeno di avere un figlio.

-E come pensi di trovarlo? Voglio dire, ha frequentato quest'università quasi vent'anni fa.-

-Controlleremo gli annuari, o chiederemo di poter controllare nei database.-

-Dici che ce lo permetteranno? In fondo non siamo nessuno per reclamare simili dati.-

-Dovranno.-
Newt strinse i denti. Thomas non l'aveva mai visto così determinato.
-D'altronde, sono suo figlio, no?-
Per il biondino fu estremamente difficile pronunciare quelle parole, e si sentì sporco non appena abbandonarono le sue labbra. Lo sconvolgimento e il disagio che quell'affermazione gli avevano provocato lo spaventavano.

-Sei sicuro di volerlo ancora fare?-
Newt annuì, e Thomas fece ripartire il motore, il cuore più pesante di prima.

***

"L'University of California of Los Angeles" si stagliava di fronte a loro. Un edificio immenso e imponente, dall'aspetto austero e in un certo senso minaccioso. Tutto attorno un rigoglioso giardino ben curato con l'erba tagliata da poco. Ma il verde dell'erba non era poi così brillante: tendeva a un grigio smorto e piuttosto deprimente, forse a causa delle nuvole che soffocavano la luce del sole, che però era lì, era da qualche parte, anche se Newt non riusciva a vederlo. Sembrava quasi una metafora della sua vita: il sole era lì, era vicino a lui, gli aveva appena strattonato un braccio per farlo mettere sotto l'ombrello e farlo riparare dalla pioggia lenta e inesorabile, ma lui non riusciva a vederlo veramente, la mente annebbiata dalle nubi della sua vita. Una delle quali si stava scurendo sempre di più senza che lui se ne accorgesse e annunciava un brutto temporale.

-Dai, entriamo, te la senti? Sta per scoppiare un temporale, non vorrei tornare a casa fradicio.-gli chiese Thomas, rivolgendogli un sorriso rassicurante e pieno di comprensione.

Newt deglutì rumorosamente, nel vano tentativo di mandare giù quel groppo che gli ostruiva la gola e che lo aveva fatto sentire a disagio e in pericolo da quando erano partiti. Annuì in risposta, e senza pensarci un secondo, Thomas lasciò che le loro mani si intrecciassero.
Si guardarono un'ultima volta: Thomas sicuro di sè,dei suoi sentimenti e di quello che sarebbe stato capace di fare per il ragazzo che gli stava restituendo lo sguardo, e Newt, che non era sicuro di niente. Sapeva, sentiva che il suo intero e fragile mondo gli sarebbe da lì a poco crollato addosso. Ma di una sola cosa era certo: sapeva di amare il ragazzo di fronte a lui. E non sapeva cosa avrebbe fatto se fosse successo qualcosa a Thomas. Dio, dio se si pentiva di averlo trascinato con sè in quella folle avventura.

-Allora atteniamoci al piano di cui abbiamo parlato-iniziò a dire Thomas, tenendolo stretto a sè mentre si avvicinavano all'ingresso e i pochi studenti attorno a  loro correvano da una parte all'altra nel tentativo di ripararsi al'interno-Diremo di aver bisogno degli annuari degli studenti di circa venti anni fa. Se dovessero fare domande, diremo che vorremmo organizzare una rimpatriata di tutti i compagni di college di tuo padre-esitò nel vedere Newt rabbrividire al suono di quella parola-senza che lui lo sappia, per fargli una sorpresa.-

Newt ritornò in sè, sforzandosi con tutto sè stesso di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni e sospirò. Poi annuì, la determinazione nello sguardo.

-Speriamo che funzioni.-disse solo.

-Funzionerà.-

Erano ormai all'ingresso: davanti a loro si stagliava un atrio immenso dal soffitto alto e spiovente. Diversi lampadari erano attaccati al soffitto sul lungo corridoio che probabilmente portava alle varie aule e ai vari uffici di insegnanti e personale.  A destra, proprio vicino all'entrata, un paio di studenti erano in fila davanti ad un gabbiotto, all'interno del quale stava un'anziana signora che parlava loro attraverso un vetro e che dava l'impressione di non voler essere lì in quel momento.

-Senta, signorina Park. Non posso aiutarla. Io non ho alcuna competenza in questo campo.-le sentirono dire ad una ragazzina di piccola statura, dai capelli nerissimi e i tratti asiatici.

-Ma mi hanno detto di rivolgermi a lei! Come dovrei comportarmi adesso? Non posso stare in quella stanza con quelle persone un minuto di più.-si lamentò la ragazza. E per un momento sembrò che il volto della donna si fosse addolcito, quasi come se si fosse finalmente sforzata di comprendere le ragioni di quella ragazza. Ma poi si indurì nuovamente, e dalle labbra sottili e secche uscì una sola, perentoria parola:"Il prossimo". La povera ragazza andò via disperata, ormai stanca anche di protestare, lasciando il posto ad un ragazzo che consegnò dei documenti alla donna che glieli timbrò senza dire nulla. E non appena il ragazzo se ne fu andato abbassò il vetro fino a chiudere anche la fessura che le permetteva di comunicare con le persone all'esterno, e si andò a preparare un caffè.

Thomas e Newt si scambiarono un'occhiata: sapevano già che non sarebbe stato affatto semplice. Inspirarono profondamente all'unisono per farsi coraggio e si diressero verso il gabbiotto. Spiarono attraverso il vetro e notarono un portacenere pieno di mozziconi di sigaretta in mezzo a tutte le scartoffie macchiate di caffè,  proprio sotto il cartello che vietava espressamente di fumare. 

La donna tornò pochi attimi dopo, la sua tazza fumante di caffè in mano, e girando placidamente il cucchiaino all'interno si sedette nuovamente sulla sedia, senza degnarli nemmeno di uno sguardo. Thomas si schiarì la voce e picchiettò sul vetro: l'arpia alzò lentamente lo sguardo e li scrutò attentamente, osservando le labbra di Newt muoversi senza sentire una parola a causa del vetro. Abbassò di nuovo lo sguardo sul suo caffè, ne prese un lungo sorso, dopodichè sospirò e alzò il vetro.

-Non vi ho mai visti qui, non siete studenti. Potreste esserlo, ma non lo siete. Anche se tu, il tuo modo di parlare, quell'espressione disperata che hai sul volto mentre parli quasi come se il mondo stesse per esplodere da un momento all'altro, mi sembrano familiari.-

Li inondò con quel fiume di parole, concludendo il tutto con un colpo di tosse dovuto probabilmente al numero sproporzionato di sigarette che fumava ogni giorno.  Puntò il suo sguardo su Newt, ignorando bellamente Thomas.

Newt era spiazzato: non era mai stato lì, come faceva a sembrargli familiare? Una sensazione di immenso disagio si irradiò nel suo petto, mentre quel paio di occhi erano puntati su di lui, come a voler ispezionare ogni centimetro del suo viso mentre scavavano nei ricordi alla ricerca di un viso simile. Prima che Newt potesse dire qualsiasi cosa però, gli occhi piccoli e cerulei della donna ebbero un fremito, quasi come se  improvvisamente si fosse ricordata. Le sue mani, poggiate alla scrivania tremarono visibilmente e la sua maschera da vecchia donna bisbetica cadde.

-No, non puoi essere tu. Non può essere.-mormorò abbassando lo sguardo, improvvisamente terrorizzata di incontrare quegli stessi occhi che vent'anni prima le erano rimasti marchiati a fuoco nell'animo.

Thomas e Newt si scambiarono un'occhiata preoccupata e confusa, e Thomas strinse più forte la mano del biondino accarezzandone il dorso con il pollice per rassicurarlo. Newt ricambiò la stretta.

-Scusi signora, cosa vuole dire?-

La donna crollò nuovamente sulla sedia dalla quale si era alzata poco prima, ma stavolta con un'espressione di profondo sconvolgimento e una mano a coprire la bocca.
-Come ti chiami, ragazzo? E perché siete qui?-sussurrò, la voce spezzata.

Newt guardò Thomas, e senza staccare lo sguardo da lui rispose:
-Newt. Newt Isaacs. Siamo qui per cercare degli annuari, gli annuari dell'anno in cui mio padre frequentava questo college.-
E a sentir quel cognome la donna emise un lamento,che nel suo caso valeva come una  preghiera, una preghiera che non fosse proprio il figlio di quella studentessa che aveva incontrato venti anni prima.
-Non siete qui per questo. State mentendo.-sussurrò, scuotendo la testa, per poi aggiungere: -Tua madre...Lei, come si chiama?-

-Lei...si chiamava Sheila Isaacs.-

-Chiamava? Vuoi dire che...-la voce le tremava-Era lei, allora. Santo cielo, avevo sperato con tutta me stessa che non fosse lei, che illusa che sono stata.- Adesso farneticava tra sè e sè, quasi come se si fosse dimenticata di non essere  da sola.

-Mi scusi, signora, ma non riesco a capire di cosa lei stia parlando. Mi spieghi, la prego.-la supplicò Newt, mentre Thomas si guardava intorno, sentendosi di troppo.

-Quanti...quanti anni hai, Newt?-

-Quasi diciannove, signora.-

-Ma certo, sei suo figlio, devi esserlo per forza.-mormorò la donna, mente Newt iniziava a spazientirsi.

-Perchè siete venuti? Voglio la verità. -
Newt e Thomas si scambiarono un'occhiata, poi Thomas annuì, dandogli il via libera.

-Siamo qui per cercare informazioni su quello che dovrebbe essere mio padre.-disse, a fatica, deglutendo rumorosamente.

-Ah, quell'omuncolo non si merita il titolo di padre.-
La donna sospirò, poi si passò una mano sul viso come a voler scacciare ogni fremito, ogni segno di dubbio o incertezza. Poi si decise a fare un po' di chiarezza nelle sue affermazioni sconnesse.

-Lavoro qui da più di trent'anni ormai. E mi ricordo,mi ricordo di tua madre, come potrei non farlo. Venne da me quel giorno. Era terrorizzata, glielo si leggeva negli occhi. Erano identici ai tuoi. Mi disse che aveva bisogno di cambiare stanza, che non poteva più nemmeno stare nello stesso dormitorio. Le chiesi il perchè, lei si fidò di me e disse il nome che aveva paura di pronunciare. Io le credetti, e forse fui l'unica, l'unica che fino all'ultimo volle giustizia per lei. E per tutte le altre.-

-Le altre?-

-Sì,le altre. Non era la prima volta che quel viscido ragazzino usando la scusa delle iniziazioni per quelle stupide confraternite molestava delle studentesse. Ma nessuna di loro prima  di tua madre ne aveva mai parlato. Avevano tutte paura di denunciare, avevano paura di essere espulse, dato che era il figlio del rettore dell'università a quei tempi.-

Newt era senza parole. La rabbia e il disgusto dentro di lui erano ormai un tutt'uno.

-Veniva sempre insabbiato tutto. Ma poi tua madre mi rivelò di essere rimasta incinta. E allora non potevo permettere che la passasse liscia di nuovo, che tua madre avesse abortito o meno. Ci ho provato, ti giuro che ci ho provato. Ma non è servito a niente, tutto è stato insabbiato, tua madre è stata additata come una bugiarda e io per un pelo non ho perso il lavoro. Poi Sheila ha deciso di andarsene, e io non ho saputo più nulla di lei. Finchè non ho letto il suo nome sul quotidiano, diversi anni più tardi. Dicevano che aveva lasciato un bambino piccolo. Fu allora che capii che non aveva abortito.-

Newt ricordò quegli attimi terrificanti per la prima volta dopo anni. Il corpo di sua madre sul pavimento, le sirene della polizia, le lacrime, due braccia forti e vigorose che lo trascinavano via, il volto della signora degli assistenti sociali mentre lo lasciava all'orfanotrofio. E gli salirono dei conati di vomito che a stento riuscì a trattenere: troppe emozioni tutte insieme.

-La criticavano tutti.-continuò la donna, scuotendo la testa-Dicevano che era stata un'egoista, che non era una vera madre se aveva pensato solo a se stessa e ti aveva lasciato da solo. Ma io sapevo che non era  così. Sapevo, sentivo, che tua madre era arrivata al limite e non aveva più trovato la forza per continuare ad andare avanti. Non ti ha abbandonato perchè lo voleva, lo sai questo, vero?-

Newt ormai piangeva a dirotto. Thomas lo stringeva forte a sè, come se avesse tra le mani un cucciolo spaventato. Sentiva che il piccolo mondo di Newt si stava sgretolando, e voleva raccoglierne i pezzi.
La donna cercò la mano libera di Newt e gliela strinse forte, con un immenso affetto materno anche se un po' burbero e forse arrugginito.

-Oh, tesoro..-sussurrò, mentre un paio di lacrime le rigavano le guance.

-Vi va una bella tazza di tè? Ho anche delle ciambelle che ho rubato a quello della sicurezza stamattina. Vi vanno?-chiese poco dopo, rivolgendosi a Thomas per la prima volta. Il ragazzo spostò lo sguardo da lei a Newt, poi annuì ed entrarono nel gabbiotto. 

-Che tipo di informazioni cercavate?-chiese la donna, che si era presentata come Signora Bartoski, non appena Newt ebbe preso il primo sorso di tè caldo al limone.

-Noi...volevamo capire se stesse pagando per ciò che ha fatto alla mia famiglia. Volevamo sapere che fine avesse fatto.-

Un'espressione di immenso dolore si dipinse sul volto della donna, che si preparò ad annunciare una brutta notizia. Forse la peggiore che avesse  mai dato in vita sua.

-Tesoro...lui...ha preso il posto del padre.-

-Mi sta dicendo che è il rettore dell'università?-esclamò Thomas, parlando per la prima volta e  saltando in piedi. Non era possibile. Newt tremava.

-Sì. Lui...si è fatto una famiglia. Ha una moglie, e due bambini piccoli. La loro villa è proprio fuori dal campus.-

Il silenzio calò nella stanza. Tutti gli occhi erano puntati su Newt, che avvolto nel cappotto di Thomas, continuava a tremare, senza dire nulla. Quando finalmente alzò lo sguardo, i suoi occhi facevano paura.

-Ritorniamo a casa, Tommy.-

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