Namjoon cambiò direzione, prendendo a correre in mezzo al bosco seguito da Seokjin.
Seokjin: "Perché hai cambiato strada?".
Chiese il ragazzo, senza mai smettere di correre.
"Non so te, ma io ho una gran voglia di non imbattermi in nulla di rischioso".
Probabilmente, continuare a camminare lungo il sentiero li avrebbe resi più visibili ad eventuali 'minacce' e, di conseguenza, più vulnerabili.
Seokjin anuì, cercando di non rimanere indietro e di non andare a sbattere contro qualche arbusto.
Seokjin: "Da cosa stiamo scappando?"
"Da qualsiasi cosa fosse quel suono e da chiunque abbia gettato quelle ossa nella grotta".
Poi, non si dissero più nulla.
Gli unici suoni udibili erano le foglie che si infrangevano sotto le suole delle loro scarpe ed i loro respiri affannosi.
Quando le gambe di Seokjin non ce la fecero più a muovere un singolo passo, dovette fermarsi accasciandosi al tronco di un albero.
"Jin! Tutto okay?"
Il ragazzo fece di sì con il capo, tentando di riprendere fiato.
Seokjin: "Si sono solo stanco".
Namjoon si guardò attorno con circospezione.
"Penso che ci siamo allontanati abbastanza. Da qui continuiamo a piedi. Raggiungiamo un posto sicuro ed aspettiamo che arrivi la polizia".
Così continuarono a piedi, sino a quando non sbucarono fuori dal bosco e intravidero, in lontananza, quello che aveva tutta l'aria di essere un capanno.
Immediatamente, pensarono che doveva trattarsi del capanno dove Jimin e Taehyung si erano recati ad inizio serata per riattivare il generatore.
Seokjin: "Chissà se Jimin e Taehyung sono ancora qui".
Entrarono e, all'interno del capanno, non vi era nulla e nessuno.
Accesero la luce, a riprova del fatto che i ragazzi avessero effettivamente attivato il generatore chissà quanti minuti prima.
La stanza era perfettamente in ordine, il pavimento perfettamente pulito, non vi era nulla fuori posto.
Niente di strano.
Il che, in effetti, era piuttosto strano.
"Vuoi tornare in casa?".
Seokjin: "Con un assassino in giro? No grazie".
"Forse abbiamo esagerato, magari è solo un orso o qualcosa del genere".
Seokjin: "Un orso che getta una manciata di cadaveri nello stesso identico posto?".
"Beh una volta ho visto un orso aprire una portiera".
Seokjin: "Sul serio? Dove?".
"Internet. La Russia è un posto magico".
Seokjin rise leggermente, per poi sedersi a terra, sospirando.
Seokjin: "Orso o meno, io sono esausto. Preferisco restare qui".
"Va bene, forse hai ragione".
Anche Namjoon si sedette a terra, appoggiando la schiena al muro e la testa alla spalla di Seokjin.
I due stavano quasi per addormentarsi quando, un suono li fece sobbalzare.
Seokjin: "Cos'era?"
Namjoon si alzò da terra, avvicinandosi allo scatolone caduto da uno degli scaffali.
"Nulla, è caduta una scatola. Ehi guarda qui".
Seokjin: "Cosa?".
Chiese, alzandosi da terra, avvicinandosi al ragazzo che era chino sullo scatolone.
"Dì cheese".
Esclamò Namjoon, scattando immediatamente dopo una foto a Seokjin con la vecchia polaroid appena trovata all'interno dello scatolone.
Seokjin: "No dai! Non mi ero messo in posa".
Ridacchiò Jin, afferrando la foto scattatagli da Namjoon che progressivamente stava acquisendo colore.
Seokjin: "Da qua, ora te ne faccio una io".
Namjoon gli porse la polaroid, mettendosi in posa.
"Allora, come sono venuto?".
Chiese, mentre Seokjin scuoteva la foto per far comparire l'immagine.
Seokjin: "Bellissimo. Come sempre".
Disse, rivolgendogli un occhiolino; osservando la polaroid, si accorse della presenza di una funzione per scattare le foto in automatico.
Perciò, posò la macchinetta sul tavolino in fondo alla stanza, afferrando la mano di Namjoon e posizionandosi dinanzi ad essa.
Seokjin: "Sorridi!".
Non appena la foto venne scattata, Namjoon si apprestò ad andarla a prendere, fermandosi in piedi ad osservarla.
"Ehi Jin".
Seokjin: "Cosa c'è?"
Il ragazzo sorrise, avvicinandosi a Namjoon, avvolgendo le proprie mani attorno alla sua vita e posando il mento sulla sua spalla.
"Questo non ti sembra strano?".
Namjoon indicò la foto che i due si erano appena scattati.
Più precisamente indicò una sagoma scura che sembrava essere alle loro spalle.
Seokjin: "Inquietante, la macchinetta però è vecchia no? Magari si è rovin-".
Mentre Jin stava parlando, sulla parete dinanzi a loro, iniziarono a comparire dei segni, come se qualcuno li stesse incidendo con un coltello sulla parete.
Un qualcuno che loro non potevano vedere.
"N-".
Quei segni si tramutarono ben presto in lettere.
Seokjin: "N-O-N G-".
"NON G-I-R-A-T-E-".
Seokjin: "Non giratevi. Non giratevi? Col cazzo che mi giro".
Indietreggiò appena, stringendo la mano di Namjoon.
"Aspetta, sta continuando a scrivere".
Seokjin: "È I-L".
"È IL V-O-S-T".
Seokjin: "È IL VOSTRO T-U-R-N-"
"È IL VOSTRO TURNO ORA. A-D-".
Seokjin: "Non giratevi. È il vostro turno ora. Addio".
ENDING n°46:
THE LAST OF US
Jᴜɴɢᴋᴏᴏᴋ
22 Settembre ore 22:17
Jungkook aveva completamente perso la concezione del tempo, non aveva la minima idea di quanto avesse aspettato da solo in macchina.
Sapeva solo che non ne poteva più, ogni singolo secondo che passava si sentiva più vicino ad un esaurimento nervoso.
Che fine avevano fatto gli altri?
E quella foto che ora teneva tra le mani? Da dove era saltata fuori?
Quando il passare del tempo divenne insopportabile, decise di scendere dall'auto: aveva bisogno di trovare i suoi amici.
Percorse la buia stradina che collegava la radura, dove avevano parcheggiato l'auto, alla casa, camminando con estrema cautela.
Da un lato continuava a pensare che quell'ombra vista sulla parete del capanno fosse stata solo frutto della sua immaginazione, dall'altro preferì comunque mantenersi all'erta.
Raggiunse l'abitazione in una decina di minuti, notando come l'anziana signora ora, non si trovasse più sulla sedia a dondolo; probabilmente era rientrata in casa.
Bussò alla porta.
"Ragazzi aprite sono io".
Cazzo mi sono scordato di prendere le birre. Pensò mentre intanto si apprestava ad aprire la porta di casa che, con sua sorpresa, non era stata chiusa a chiave.
Le birre, in quel momento, non avrebbero potuto essere che l'ultimo dei suoi problemi.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei.
Jungkook spalancò gli occhi e le labbra, dalle quali si levò un grido molto più simile ad un pianto spezzato.
Sei era il numero dei cadaveri a terra.
Disposti a semicerchio ed orribilmente mutilati, sino a divenire quasi irriconoscibili.
Jungkook, tuttavia, li riconobbe alla perfezione.
Namjoon, Jin, Hoseok, Yoongi, Jimin e Taehyung.
I loro ventri squartati, i loro occhi ancora aperti e il loro sguardo colmo di terrore, come se avessero saputo di essere sul punto di morire; come se avessero visto la morte in faccia.
Le gambe di Jungkook non riuscirono più a reggere il suo peso, unito in quel momento, al peso dell'intero mondo che gli crollava addosso senza la benché minima pietà, e ricadde in ginocchio a terra.
"Perché?". Sussurrò, con il viso solcato dalle lacrime.
"Non doveva finire così. Non era questo-".
Non era questo quello che volevo.
Volevo solo passare un fine settimana con i miei amici.
Non.
Non doveva succedere questo.
Mentre la mente di Jungkook sprofonda va nella disperazione più assoluta e totale e, mentre i suoi pantaloni venivano cosparsi del sangue che sgorgava copioso dal corpo dei suoi migliori amici, la porta alle sue spalle si chiuse con un rumoroso tonfo.
Si alzò in piedi di scatto, con lo sguardo smarrito ed impaurito al tempo stesso.
Corse verso la porta, ruotando la maniglia. Ma nulla. La porta ora era chiusa a chiave.
"Cazzo!"
Esclamò, continuando a ruotare la maniglia in maniera frenetica, per poi prendere a sbattere contro la porta con l'interezza del suo corpo, nel -vano- tentativo di sfondarla.
"Aprite questa cazzo di porta! Cazzo!".
Continuò ad esclamare mano a mano che, anche in lui, stava iniziando a nascere la paura di poter morire da un momento all'altro.
Poi, improvvisamente, la porta di aprì e, Jungkook, perdendo l'equilibrio si ritrovò tra le braccia di un uomo.
Sollevò lo sguardo: era un poliziotto, che guardava lui e la scena alle sue spalle con aria inorridita.
Agente: "È stato lei a chiamare la guardia forestale?".
"No. No ma grazie a dio siete qui. Non so- non so cosa sia successo. Io ero in macchina e- e quando sono tornato era tutto già successo. Perfavore, perfavore andiamocene da qui".
Jungkook parlava, in maniera confusa, sbiascicando le parole, spesso interrotte dai suoi stessi singhiozzi.
Probabilmente, agli occhi dell'agente doveva apparire come uno schizzato.
Agente: "Credo di aver bisogno di rinforzi, intanto scorto un ragazzo in centrale".
Comunicò l'agente tramite il suo walkie talkie, prima di scortare Jungkook alla volante in dotazione alla sua pattuglia.
STANZA A
"Può ripetermi quel che crede sia successo signor Jeon?"
"Sono due ore che ve lo ripeto. In quel capanno c'era qualcuno e-"
"È sicuro di non esserselo immaginato?"
"No cazzo, certo che no".
"Ed è stato quel qualcuno ad uccidere i suoi amici?"
"Penso. O lui o quella signora anziana".
"Che signora anziana?"
"La proprietaria della casa".
"Signor Jeon, lì non ci vive nessuno dal 1968".
"No. Si sbaglia".
"Lei era l'unico single del suo gruppo di amici. Questo doveva alquanto infastidirlo, no?"
"Certo che no! Non avrei mai ucciso i miei amici per una stronzata del genere. Non sono mica un pazzo!".
Silenzio.
"Lei pensa- lei pensa che io sia pazzo?".
"Le sue dichiarazioni sono confuse e insensate. Mi ha parlato di ombre cattive e anziane inesistenti. Abbiamo tutte le ragioni per pensare che lei non sia-"
"Che io non sia sano di mente? Ma che cazzo! Che stracazzo volete saperne voi di quello che ho visto io!".
"Si calmi".
"No! Col cazzo che mi calmo!"
Aɴ ᴏʟᴅ ʟᴀᴅʏ
23 Settembre ore 7:13
"Jeon Jungkook, ventuno anni, studente di fotografia, è stato arrestato ieri sera con l'accusa di aver ucciso sei ragazzi in una casa diroccata alla periferia di Seoul. Il movente e le modalità con cui è stato messo in atto quest'omicidio sono ancora incerte. Il ragazzo, mostrando segni di isteria e schizzofrenia, si trova attualmente in un ospedale psichiatrico. Chissà che il suo avvocato non si serva della carta dell'insabilità mentale durante il processo. Continueremo a tenervi aggiornati, per ora è tutto, linea allo studio".
Questa era una delle notizie principali del telegiornale che stava andando in onda sul maxischermo della stazione.
Nella tasca della giacca che sto indossando, vi è un biglietto ripiegato in quattro parti.
Mentre aspetto nei pressi dei binari, lo apro.
Se stai leggendo questa lettera, vuoldire che ce l'hai fatta.
Sei scappata da quella maledettissima casa che ti ha tenuta prigioniera per fin troppo tempo.
Scappa, vai lontano.
Dimenticati di quel bosco e di tutti gli orrori a cui hai dovuto assistere.
La morte di quei ragazzi non è colpa tua.
Distruggi questo biglietto, così da scordarti per sempre di questa storia.
Ma non dimenticarti di loro.
Assieme a un biglietto vi era una foto, anch'essa piegata in quattro parti; ritraeva me e i miei amici quando ancora eravamo felici ed ignari della sorte che ci attendeva.
Sul retro:
Non dimenticarti di loro.
1968
Nell'altra tasca vi è invece un accendino.
Dò fuoco al biglietto, lasciando che si trasformi in cenere e si polverizzi, trascinato via dalla leggera brezza autunnale.
Salgo a bordo del treno, sedendomi sul primo posto che trovo libero.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se gli eventi di ieri sera si fossero svolti in maniera differente.
Mi chiedo cosa sarebbe accaduto se Namjoon, Seokjin, Yoongi, Hoseok, Jimin, Taehyung e Jungkook avessero ragionato qualche secondo in più prima di agire.
Secondo la teoria dei multiversi, parallelamente al nostro esistono centinaia se non migliaglia di altri universi completamente o solo parzialmente diversi da questo.
Quindi non sarebbe poi così illogico pensare che questa vicenda sia accaduta in maniera diversa in uno di questi universi.
Controllore: "Scusi, posso vedere il biglietto?".
Mi volto nella sua direzione con un piccolo sorriso, porgendogli il biglietto timbrato una decina di minuti fa.
"Ecco a lei".
L'uomo sorride cordialmente, controllando il biglietto per poi restituirmelo.
Lo ripongo nella tasca anteriore della mia valigia, mentre il treno parte diretto verso Seoul.
Come stavo dicendo riguardo a ieri sera...
Aspetta, cos'è che stavo dicendo?
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