"Via da qui!"
Esclamò Taehyung, afferrando il braccio di Jimin e trascinarlo con sé fuori da quel capanno.
Si fermarono una cinquantina di metri più in là, guardandosi attorno.
Jimin: "Da che parte andiamo?!".
In quel momento, udirono in lontananza una sorta di grido.
Un grido più simile a quello di una bestia, di un predatore a caccia, che a quello di un essere umano.
Era vicino.
Jimin: "Tae...cos'era quello?"
"Non ne ho idea, corri e basta!"
Così ripresero a correre, quanto più rapidamente potevano, diretti dio solo sa dove.
Taehyung si trovava avanti a Jimin di qualche metro, mentre correva a zig-zag per il bosco come nel tentativo di seminare chiunque fosse al loro seguito.
Dopo diversi minuti di corsa dovette fermarsi per riprendere fiato; si adagiò al tronco di un albero immettendo quanta più aria nei polmoni possibile.
"Dovremmo averlo seminato".
Disse Taehyung.
Ricevendo in risposta però solo silenzio; si voltò per vedere Jimin.
"Chim?".
Lui non c'era.
Che avesse seminato non solo quell'essere ma anche Jimin?
Impossibile, lo stava seguendo fino a poco prima.
Quindi, che fine aveva fatto?
"Jimin!"
Una goccia di pioggia cadde sulla guancia di Taehyung.
Una goccia di pioggia?
Si posò due dita sulla guancia, per poi allontanarle.
Rosso.
Che fosse...?
Sollevò lo sguardo, in maniera estremamente lenta, come se in qualche modo sapesse già quel che avrebbe visto e stesse cercando di prorogare l'inevitabile.
Jimin.
I suoi occhi erano spalancati e le labbra socchiuse.
Il suo corpo penzolava da un ramo proprio sopra di lui.
Un cappio era legato attorno al suo collo, come se si fosse impiccato.
"Cosa...quando?"
Mormorò incredulo; non riusciva a credere a quel che stava vedendo.
Non poteva essere vero, quello non poteva essere Jimin.
"Jimin...?".
Nulla.
"Jimin chi è stato a...?".
Ancora nessuna risposta.
"Jimin ti prego".
Senza che neppure se ne accorgesse, delle lacrime calde avevano preso a solcare il suo volto.
"CHE CAZZO DI SCHERZO È QUESTO?!".
Gridò infine, con la voce spezzata dal pianto, in un misto di rabbia e disperazione.
Immediatamente le labbra di Jimin si spalancarono, e da esse si levò un grido del tutto simile a quello che avevano udito poco nel bosco.
Taehyung indietreggiò terrorizzato.
Jimin: "Dai Tae, vieni a farmi compagnia".
La sua voce era strana, come se non fosse Jimin a parlare, ma qualcun'altro.
"Non-"
Non sapeva cosa fare e, pertanto fece l'unica cosa che, in quel momento, gli sembrava sensata.
Riprese a correre, lontano da lì, consapevole che, se fisse rimasto, avrebbe fatto la stessa fine di Jimin.
Corse con la vista offuscata dalle lacrime ed il fiato corto sino a che non inciampò su una radice un po' più sporgente delle altre.
???: "Stai bene?!"
Quella voce.
Taehyung alzò lo sguardo, sollevando il proprio busto da terra.
Lì, davanti a lui, proprio davanti a lui, c'era Jimin, vivo e vegeto.
"Stai- stai bene?"
Jimin: "Si, è quello che ti ho appena chiesto".
"No- intendo, tu stai bene? Non ti è successo nulla?"
Jimin: "No, ho solo continuato a correre mentre tu riprendevi fiato, penso che qualunque cosa fosse lo abbiamo seminato".
Replicò con tono preoccupato per via dello strano atteggiamento che Taehyung aveva assunto.
Jimin: "Ti è successo qualcosa?"
Senza pensarci un secondo di più, Taehyung si alzò da terra, stringendolo in uno stretto abbraccio.
"Non hai idea di quanto io sia felice. Ti prego non farlo mai più. Non devi allontanarti da me. Se ti accadesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo".
Jimin non aveva mai visto Taehyung piangere in quel modo e, pertanto, si limitò a ricambiare l'abbraccio, come nel tentativo di rassicurare il ragazzo.
Jimin: "Sto bene Tae, va tutto bene. Più avanti dovrebbe esserci la macchina, torniamo lì".
Jimin non ebbe il coraggio di chiedere a Taehyung quel che fosse successo nei pochi minuti in cui i due si erano separati.
Si limitò a percorrere il sentiero al suo fianco sino a che, non raggiunsero finalmente l'auto di Yoongi.
Lì, incontrarono Jungkook.
Yᴏᴏɴɢɪ
22 Settembre ore 19:45
"Forza, premi play".
Hoseok: "Okay, ci sono".
0:00 ◦------ 17:21
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ᴠᴏʟᴜᴍᴇ : ▮▮▮▮▮▮▯▯▯
Quel che udirono fu la voce di una ragazza, resa ottavata dal fatto che il registratore fosse estremamente vecchio.
La sua voce tremava.
Sta registrando? Si, credo di si.
Giorno uno, 8 Ottobre 1968.
Io li ho visti. Li ho visti morire uno dopo l'altro, davanti ai miei occhi, massacrati da quei mostri scheletrici. Sono tutti morti. Tutti tranne me. I loro cadaveri, disposti a terra nel salone, come se qualcuno li avesse portati lì, sono l'ultima cosa che ricordo. A dire il vero, ricordo davvero poco e, in realtà, non ho idea di quanti giorni siano passati realmente. Perciò ho pensato che avere una sorta di diario potesse essermi utile.
Giorno tre, 10 Ottobre 1968.
Non riesco a lasciare questo posto, ho camminato e camminato ma finisco sempre con il finire al punto di partenza. È come se qualcuno non volesse farmi lasciare questo luogo. Ho pensato di chiamare la polizia, ma non mi crederebbero mai e poi, non penso riuscirebbero a portarmi in salvo prima di venire anch'essi uccisi. Se provo a sforzarmi, l'ultima cosa che ricordo è di essere arrivata qui con i miei amici ed aver scattato una foto davanti alla casa. Se non fosse stato per la registrazione precedente, mi sarei già scordata di quel che gli era accaduto. Mi mancano, non è giusto. Perché io sono ancora qui?
Giorno otto, 15 Ottobre 1968.
Mi sono sbarazzata dei loro cadaveri. Non ce la facevo più a vederli, e l'odore stava diventando davvero insopportabile. Li ho trascinati con me, uno dopo l'altro e li ho gettati giù da un dirupo. È stato orribile. Ed ho paura. Ho paura di dimenticarmi di loro, ma non voglio farlo. Perciò porto con me quella foto che abbiamo scattato quando eravamo ancora insieme e felici.
Giorno nove, 16 Ottobre 1968.
Quel che non capisco, è che io non ho mai sofferto di perdita di memoria. E ora, invece, devo tappezzare questo posto di merda di bigliettini per ricordarmi di fare qualsiasi cosa, persino di riascoltare queste registrazioni così da non scordarmi di quel che è successo. Dio, mi ero persino scordata che i miei amici fossero morti. Sapete quanto possa far male scoprire, ogni singolo giorno, che le persone che più amavi al mondo non ci sono più? Sento di stare per impazzire.
Giorno tredici, 20 Ottobre 1968.
Ho visto quegli esseri. Quelle creature con gli arti scheletrici e la pelle grigia. Avevano il suo viso. Il viso del ragazzo che mi aveva chiesto di sposarlo. Pensavo che mi avrebbe uccisa, ma non l'ha fatto. Non credo che quello fosse il mio fidanzato, ma non voleva neppure farmi del male. Credo che questi mostri possano assumere l'aspetto di chi vogliano, ma credo anche che io gli serva viva. Come se fossero dei parassiti che necessitano di un corpo che li ospiti. Non possono lasciare questi boschi, ma ancora non capisco perché io sia viva.
Giorno quindici, 22 Ottobre 1968.
Se qualcuno prendesse il mio posto, se altre persone arrivassero qui così come avevamo fatto io e i miei amici, sarei libera di andarmene. Serve solo qualcuno che mi sostituisca, qualcuno che muoia come sono morti i miei amici. Lo so, è orribile da dire, ma che scelta ho? Non voglio, non posso restare qui tutta la vita. È la mia salvezza contro quella di uno sconosciuto. Non sono io la cattiva di questa storia, e, credo di aver già sofferto abbastanza.
Giorno sedici, 23 Ottobre 1968.
Ho messo un annuncio sul giornale, continuerò a metterne uno a settimana. Prima o poi qualcuno dovrà pur rispondere.
Giorno diciottomila cinquecento novantaquattro, 20 Settembre 2019.
Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati
L͙̞̘̄͊ͦi ͈̲̥̀̃ͫh̔̉ó̆͊ ̜̳ͥ̒t̒̑͋r̙̖͇o̝̯̩ṿͤã̋͆ti͕̗̮̿̊̄ ̟̣̦ͣ̽ͦ, L̜̺̲̔͋̾ͧͅi͊ ̥̺̙h̒̉̑̂̑͋o̻̭̬̠̳̣ ͍̝̟̙̥̺ͬͨ͆ͨͩ͑̑ͅt͎ͦr̞̱̠̬̱̼ͧ͌ͣͦ͗̃ò̉̓va͖̥͉͈͗ͥ͊ͮt͖͕̮̬͈̫́̒͊̊̃̓i̺̯̙, Lͩ̈͋̉͐ͨ̽̉͑̔ͯi ̎ͨ̑̍ͥ̄̇͊̾̎̍̈́̅̚h͔̙̪̬͙̺̫ͯ͑͊̓̑ͬ̋o͇̘̙̦͉͎̬̲ ̤͔͎̝̰̟̠͎͎̪̺̺̼̋̾̅ͥ̓̅͂̾͆͌ͤ̃̈́tr̆ͣͭ̓̂̐̋ͩͪͦ̏̃̇̏ͬo̯͙̺̼̯̘͓ͬͫͯ͊̅̉ͬv̫̲̲͈̩ͦ̔̓͐̎ả̬t̓̒͆̉̽̓̊̇̾̆̄̑̄͒i̭̱̹͙̩̭͇̿͂̊ͬͫͮ͊ L͙̞̘̄͊ͦi ͈̲̥̀̃ͫh̔̉ó̆͊ ̜̳ͥ̒t̒̑͋r̙̖͇o̝̯̩ṿͤã̋͆ti͕̗̮̿̊̄ ̟̣̦ͣ̽ͦ, L̜̺̲̔͋̾ͧͅi͊ ̥̺̙h̒̉̑̂̑͋o̻̭̬̠̳̣ ͍̝̟̙̥̺ͬͨ͆ͨͩ͑̑ͅt͎ͦr̞̱̠̬̱̼ͧ͌ͣͦ͗̃ò̉̓va͖̥͉͈͗ͥ͊ͮt͖͕̮̬͈̫́̒͊̊̃̓i̺̯̙, Lͩ̈͋̉͐ͨ̽̉͑̔ͯi ̎ͨ̑̍ͥ̄̇͊̾̎̍̈́̅̚h͔̙̪̬͙̺̫ͯ͑͊̓̑ͬ̋o͇̘̙̦͉͎̬̲ ̤͔͎̝̰̟̠͎͎̪̺̺̼̋̾̅ͥ̓̅͂̾͆͌ͤ̃̈́tr̆ͣͭ̓̂̐̋ͩͪͦ̏̃̇̏ͬo̯͙̺̼̯̘͓ͬͫͯ͊̅̉ͬv̫̲̲͈̩ͦ̔̓͐̎ả̬t̓̒͆̉̽̓̊̇̾̆̄̑̄͒i̭̱̹͙̩̭͇̿͂̊ͬͫͮ͊
La registrazione divenne incredibilmente distorta, e si interruppe.
"Cosa diamine...".
Hoseok: "Noi. Ha trovato noi. Siamo noi quelli che dovrebbero prendere il suo posto".
"Aspetta, credi sul serio che sia vero?"
Hoseok: "A questo punto? Si, ne sono convinto al cento per cento".
"Dobbiamo andarcene".
Hoseok: "Oh eccome se dobbiamo andarcene. Troviamo gli altri e corriamo alla macchina".
"Cerchiamo di non farci vedere dalla vecchia mentre usciamo".
Hoseok: "Giusto. Quindi, da dove usciamo?".
SCELTA: One way out
Uscite dalla porta principale (chapter 119)
Uscite dalla finestra in fondo al corridoio (chapter 120)