"Vieni, nascondiamoci".
Sussurrò, afferrando Jimin per un braccio e trascinandolo con sé dietro uno dei vari scaffali, abbastanza distanziato dalla parete, presenti all'interno della stanza.
"Andrà tutto bene, okay?"
Chiese, più rivolto a sé stesso che a Jimin, il quale annuì seppur in maniera estremamente titubante.
Jungkook gli fece segno di restare in silenzio, stringendo la sua mano mentre intanto il rumore dei passi continuava incessantemente.
Improvvisamente, sentirono la porta spalancarsi, come se qualcuno l'avesse calciata o, comunque, aperta senza servirsi della maniglia.
I passi rallentarono: chiunque fosse appena entrato stava esplorando la stanza motlo lentamente.
Che si trattasse di uno dei loro amici?
E allora perché rimaneva in silenzio vagando per il capanno?
La tensione all'interno dell'aria divenne palese, tangibile, assolutamente lapalissiana.
Poi, il suono di passi si interruppe.
I due ragazzi, ancora nascosti dietro quello scaffale con il viso rivolto alla parete udirono una sorta di grido.
Un grido più simile a quello di una bestia, di un predatore a caccia, che a quello di un essere umano.
Era vicino.
Talmente vicino che Jimin e Jungkook potevano sentirne il respiro e persino lo scricchiolio del legno ad ogni suo singolo movimento.
D'un tratto poi tutto tacque nuovamente.
Qualsiasi cosa fosse sembrava essersene andata.
Jimin: "S-se n'è andato Kook?".
Chiese il ragazzo, quasi trattenendo il fiato, con la voce ed il corpo tremanti.
L'espressione di Jungkook era altrettanto terrorizzata, ma si limitò ad annuire.
E poi, tutto si fermò per un istante, come se lo scorrere dello spazio-tempo fosse cessato solo ed esclusivamente per concedere a Jungkook la chance assistere alla macabra e raccapricciante scena che lo avrebbe tormentato per il resto di quel che gli restava da vivere.
Di nuovo, udirono quel grido, e nuovamente quei passi.
Stavolta più rapidi, come se quell'essere stesse correndo.
L'istante dopo, Jungkook osservava Jimin con espressione pietrificata.
Quest'ultimo abbassò lo sguardo, posandolo sul suo petto, che era stato perforato da un qualcosa di incredibilmente affilato che aveva persino trapassato lo scaffale.
Posò nuovamente lo sguardo su Jungkook.
Jimin: "Kookie...ti prego".
Mormorò con le lacrime agli occhi, in parte per il dolore tremendamente lancinante e, in parte per pura e semplice paura.
Posò le proprie mani sulle spalle del ragazzo, chinandosi leggermente verso di lui.
Jimin: "P-perfavore Kookie non voglio morire".
Scoppiò in lacrime e, Jungkook, non potè esimersi dal fare altrettanto.
Non disse nulla, non sapeva cosa dire; piangere era l'unica cosa che riusciva a fare in quel momento.
Le lacrime iniziarono a scendere da sole mano a mano che la stretta di Jimin sulle sue spalle si indebolì progressivamente.
Jungkook non singhiozzò, non urlò.
Gli rimase tutto bloccato in gola.
Tuttavia sussultava; sussulti violenti, quasi spasmi.
Il dolore che stava disperatamente tentando di uscire ma non ci riusciva, e perciò gli morì dentro.
E, tra quei sussulti, in quell'istante gli sembrò di star morendo.
Anzi avrebbe dato di tutto pur di morire al posto di Jimin.
Quello che morì però, fu Jimin, qualche istante dopo, accasciandosi tra le braccia di Jungkook.
Il tempo, che sembrava essersi fermato, riprese a scorrere.
Dopotutto, il passare incessante e tumultuoso del tempo non ha pietà né tantomeno si ferma per qualcuno, neppure per gli addolorati e gli afflitti.
Di nuovo quel grido.
Il ragazzo sapeva di dover correre, di dover scappare, ma le sue gambe non riuscivano a muoversi.
Lo scaffale alle sue spalle venne scaraventato a terra, rivelando dietro di esso un essere dall'aspetto umanoide, con braccia e gambe inquietantemente lunghe.
Realizzò solo in quel momento che quel che aveva perforato il torace di Jimin, non era nient'altro era il braccio di quella creatura, ancora sporco di sangue.
La caratteristica dell'essere che più terrificava Jungkook, però, era che aveva il medesimo viso di Jimin, seppur distorto.
Il corpo del ragazzo tremava, come fosse la chioma di un albero scosso dal gelido vento invernale.
Ma non riusciva a correre, il suo corpo si rifiutarò con veemenza di muoversi anche di un solo millimetro.
???: "Perché mi hai lasciato morire Jungkook?"
Il 'mostro' sbiascicò, digrignando i denti e Jungkook, stringendo ancora il cadavere di Jimin tra le sue braccia, indietreggiò di qualche passo, finendo con le spalle premute contro parete.
"I-io non-".
Yᴏᴏɴɢɪ
22 Settembre ore 19:45
"Forza, premi play".
Hoseok: "Okay, ci sono".
0:00 ◦------ 17:21
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ᴠᴏʟᴜᴍᴇ : ▮▮▮▮▮▮▯▯▯
Quel che udirono fu la voce di una ragazza, resa ottavata dal fatto che il registratore fosse estremamente vecchio.
La sua voce tremava.
Sta registrando? Si, credo di si.
Giorno uno, 8 Ottobre 1968.
Io li ho visti. Li ho visti morire uno dopo l'altro, davanti ai miei occhi, massacrati da quei mostri scheletrici. Sono tutti morti. Tutti tranne me. I loro cadaveri, disposti a terra nel salone, come se qualcuno li avesse portati lì, sono l'ultima cosa che ricordo. A dire il vero, ricordo davvero poco e, in realtà, non ho idea di quanti giorni siano passati realmente. Perciò ho pensato che avere una sorta di diario potesse essermi utile.
Giorno tre, 10 Ottobre 1968.
Non riesco a lasciare questo posto, ho camminato e camminato ma finisco sempre con il finire al punto di partenza. È come se qualcuno non volesse farmi lasciare questo luogo. Ho pensato di chiamare la polizia, ma non mi crederebbero mai e poi, non penso riuscirebbero a portarmi in salvo prima di venire anch'essi uccisi. Se provo a sforzarmi, l'ultima cosa che ricordo è di essere arrivata qui con i miei amici ed aver scattato una foto davanti alla casa. Se non fosse stato per la registrazione precedente, mi sarei già scordata di quel che gli era accaduto. Mi mancano, non è giusto. Perché io sono ancora qui?
Giorno otto, 15 Ottobre 1968.
Mi sono sbarazzata dei loro cadaveri. Non ce la facevo più a vederli, e l'odore stava diventando davvero insopportabile. Li ho trascinati con me, uno dopo l'altro e li ho gettati giù da un dirupo. È stato orribile. Ed ho paura. Ho paura di dimenticarmi di loro, ma non voglio farlo. Perciò porto con me quella foto che abbiamo scattato quando eravamo ancora insieme e felici.
Giorno nove, 16 Ottobre 1968.
Quel che non capisco, è che io non ho mai sofferto di perdita di memoria. E ora, invece, devo tappezzare questo posto di merda di bigliettini per ricordarmi di fare qualsiasi cosa, persino di riascoltare queste registrazioni così da non scordarmi di quel che è successo. Dio, mi ero persino scordata che i miei amici fossero morti. Sapete quanto possa far male scoprire, ogni singolo giorno, che le persone che più amavi al mondo non ci sono più? Sento di stare per impazzire.
Giorno tredici, 20 Ottobre 1968.
Ho visto quegli esseri. Quelle creature con gli arti scheletrici e la pelle grigia. Avevano il suo viso. Il viso del ragazzo che mi aveva chiesto di sposarlo. Pensavo che mi avrebbe uccisa, ma non l'ha fatto. Non credo che quello fosse il mio fidanzato, ma non voleva neppure farmi del male. Credo che questi mostri possano assumere l'aspetto di chi vogliano, ma credo anche che io gli serva viva. Come se fossero dei parassiti che necessitano di un corpo che li ospiti. Non possono lasciare questi boschi, ma ancora non capisco perché io sia viva.
Giorno quindici, 22 Ottobre 1968.
Se qualcuno prendesse il mio posto, se altre persone arrivassero qui così come avevamo fatto io e i miei amici, sarei libera di andarmene. Serve solo qualcuno che mi sostituisca, qualcuno che muoia come sono morti i miei amici. Lo so, è orribile da dire, ma che scelta ho? Non voglio, non posso restare qui tutta la vita. È la mia salvezza contro quella di uno sconosciuto. Non sono io la cattiva di questa storia, e, credo di aver già sofferto abbastanza.
Giorno sedici, 23 Ottobre 1968.
Ho messo un annuncio sul giornale, continuerò a metterne uno a settimana. Prima o poi qualcuno dovrà pur rispondere.
Giorno diciottomila cinquecento novantaquattro, 20 Settembre 2019.
Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati. Li ho trovati
L͙̞̘̄͊ͦi ͈̲̥̀̃ͫh̔̉ó̆͊ ̜̳ͥ̒t̒̑͋r̙̖͇o̝̯̩ṿͤã̋͆ti͕̗̮̿̊̄ ̟̣̦ͣ̽ͦ, L̜̺̲̔͋̾ͧͅi͊ ̥̺̙h̒̉̑̂̑͋o̻̭̬̠̳̣ ͍̝̟̙̥̺ͬͨ͆ͨͩ͑̑ͅt͎ͦr̞̱̠̬̱̼ͧ͌ͣͦ͗̃ò̉̓va͖̥͉͈͗ͥ͊ͮt͖͕̮̬͈̫́̒͊̊̃̓i̺̯̙, Lͩ̈͋̉͐ͨ̽̉͑̔ͯi ̎ͨ̑̍ͥ̄̇͊̾̎̍̈́̅̚h͔̙̪̬͙̺̫ͯ͑͊̓̑ͬ̋o͇̘̙̦͉͎̬̲ ̤͔͎̝̰̟̠͎͎̪̺̺̼̋̾̅ͥ̓̅͂̾͆͌ͤ̃̈́tr̆ͣͭ̓̂̐̋ͩͪͦ̏̃̇̏ͬo̯͙̺̼̯̘͓ͬͫͯ͊̅̉ͬv̫̲̲͈̩ͦ̔̓͐̎ả̬t̓̒͆̉̽̓̊̇̾̆̄̑̄͒i̭̱̹͙̩̭͇̿͂̊ͬͫͮ͊ L͙̞̘̄͊ͦi ͈̲̥̀̃ͫh̔̉ó̆͊ ̜̳ͥ̒t̒̑͋r̙̖͇o̝̯̩ṿͤã̋͆ti͕̗̮̿̊̄ ̟̣̦ͣ̽ͦ, L̜̺̲̔͋̾ͧͅi͊ ̥̺̙h̒̉̑̂̑͋o̻̭̬̠̳̣ ͍̝̟̙̥̺ͬͨ͆ͨͩ͑̑ͅt͎ͦr̞̱̠̬̱̼ͧ͌ͣͦ͗̃ò̉̓va͖̥͉͈͗ͥ͊ͮt͖͕̮̬͈̫́̒͊̊̃̓i̺̯̙, Lͩ̈͋̉͐ͨ̽̉͑̔ͯi ̎ͨ̑̍ͥ̄̇͊̾̎̍̈́̅̚h͔̙̪̬͙̺̫ͯ͑͊̓̑ͬ̋o͇̘̙̦͉͎̬̲ ̤͔͎̝̰̟̠͎͎̪̺̺̼̋̾̅ͥ̓̅͂̾͆͌ͤ̃̈́tr̆ͣͭ̓̂̐̋ͩͪͦ̏̃̇̏ͬo̯͙̺̼̯̘͓ͬͫͯ͊̅̉ͬv̫̲̲͈̩ͦ̔̓͐̎ả̬t̓̒͆̉̽̓̊̇̾̆̄̑̄͒i̭̱̹͙̩̭͇̿͂̊ͬͫͮ͊
La registrazione divenne incredibilmente distorta, e si interruppe.
"Cosa diamine...".
Hoseok: "Noi. Ha trovato noi. Siamo noi quelli che dovrebbero prendere il suo posto".
"Aspetta, credi sul serio che sia vero?"
Hoseok: "A questo punto? Si, ne sono convinto al cento per cento".
"Dobbiamo andarcene".
Hoseok: "Oh eccome se dobbiamo andarcene. Troviamo gli altri e corriamo alla macchina".
"Cerchiamo di non farci vedere dalla vecchia mentre usciamo".
Hoseok: "Giusto. Quindi, da dove usciamo?".
SCELTA: One way out
Uscite dalla porta principale (chapter 117)
Uscite dalla finestra in fondo al corridoio (chapter 118)