Rainy Days|Newtmas

By -nutellinglies

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Newtmas AU|La storia puΓ² essere letta anche senza conoscere l'opera originale! "La luce fioca e intermittente... More

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ringraziamenti

d i c i a n n o v e

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By -nutellinglies

Se l'è cercata

Newt era rimasto anche a cena, dato che i genitori di Thomas non sarebbero tornati prima delle due del mattino. Ultimamente avevano molti più turni di notte, e se in altre circostanze a Thomas sarebbe sembrato un problema, adesso non gli dispiaceva affatto.
Non pensate male, voleva andarci piano con Newt. Lo vedeva come un vaso fragile pieno di crepe, e lui non voleva spezzarlo in mille pezzi con un passo falso.

Ma a quanto pare il suo subconscio non era della stessa idea, a giudicare dal sogno che aveva appena fatto. Si svegliò di soprassalto: era appena l'alba, e la sveglia sul suo comodino segnava le 6:14.
Si passò una mano sul volto, scostando via i capelli dalla fronte sudata, sorridendo e arrossendo come uno scemo.
Non gli era mai successo di fare un sogno simile su qualcuno, e i soggetti non gli erano di certo mancati. Improvvisamente realizzò che quella era la prima notte da quando fosse capace di ricordare che sognava e non aveva i soliti incubi.
Il suo sorriso si ampliò.
E mentre affondava la faccia nel cuscino, tentando di riprendere sonno, qualcuno, quasi dall'altra parte della città, non era riuscito a chiudere occhio.

***

Newt non aveva chiuso occhio. Si rigirava e rigirava nel letto, sbuffando sonoramente. Tentava di ignorare le lacrime che minacciavano di uscire, e il groppo in gola che sembrava impedirgli di respirare.
La sua normale inquietudine si amplificava durante la notte, e quella volta era più forte del solito, mentre le parole di Thomas gli rimbombavano nelle orecchie in continuazione.

Lo ammirava da morire. E lo invidiava.
Perché aveva avuto la capacità di tendere una mano al suo nemico, di sorridergli e di salvarlo, salvando anche se stesso riuscendo ad andare avanti.
Aveva avuto la capacità di alzarsi in piedi, e affrontare i problemi. Non aveva avuto paura delle ripercussioni, non aveva più avuto paura di ciò che era.

Ma lui, lui no. Newt si era sempre nascosto. Da tutto. Aveva sempre innalzato muri, trattenuto le lacrime e soppresso ogni emozione. Terrorizzato dalla persona che era veramente, terrorizzato che qualcuno potesse scoprirlo. E adesso, anche disgustato da se stesso perché non era stato in grado di affrontare i suoi problemi piuttosto che addossare la colpa ad altri.

Per un secondo si chiese se suo "padre" fosse così. Dubitava che sua madre fosse mai stata in grado di provare rancore. Solo il fatto che avesse scelto di tenerlo lo dimostrava. Dimostrava che era una donna dal cuore immenso, che ci aveva provato, aveva provato ad amare quel bambino, nel quale vedeva tanto di se stessa ma che probabilmente somigliava terribilmente all'uomo che le aveva rovinato la vita.
Quindi non poteva aver preso da lei. Anzi, se fosse stato più simile a lei probabilmente non si sarebbe trovato in quella situazione.

Avrebbe voluto poter chiederle scusa. Scusa per tutta la rabbia, scusa per tutta la frustrazione che aveva riversato sul suo ricordo. Avrebbe voluto chiederle scusa per non aver nemmeno pensato che potesse aver avuto delle ragioni per fare ciò che aveva fatto. Avrebbe voluto chiederle scusa per non averle perdonato quel gesto per tutti quegli anni. Avrebbe voluto chiederle scusa per ciò che era diventato. Avrebbe voluto seguirla. Avrebbe voluto raggiungerla.

Le lacrime iniziarono a rigargli le guance, e si ritrovò ad essere terrorizzato dai suoi stessi pensieri. Gettò uno sguardo alla sveglia: erano quasi le sette.
Si alzò, il torace scosso dai singhiozzi, e con gesti automatici e meccanici si lavò e si vestì, poi si sedette sul letto.
Il suo turno in officina non iniziava prima delle dieci quel giorno, perciò aveva ancora tre ore.
La disperazione dilagava nel suo petto, e le lacrime non accennavano a voler smettere. Doveva trovare un modo. Doveva trovare un modo per chiedere scusa a sua madre. Nel giro di pochi attimi divenne un'ossessione: doveva trovare qualcosa che le appartenesse, doveva sforzarsi di ricordarla. Doveva sapere di più sulla sua vita, doveva sapere di più sulla donna che lo aveva messo al mondo. Quella era forse l'unica cosa che avrebbe alleviato il suo dolore: sapere che condividevano una passione, vedere una sua foto da giovane, scoprire che avevano lo stesso sorriso.
Non ricordava bene più nemmeno il suo volto, e ripristinare il suo ricordo sembrava l'unico modo per renderle giustizia, per tentare di recuperare tutti quegli anni passati a considerarla un'egoista.

Considerò l'idea che sapere di più su sua madre avrebbe potuto distruggerlo ulteriormente e farlo sentire ancora più colpevole della sua morte, ma doveva correre quel rischio. Non aveva nulla da perdere. Forse.

Uscì di casa, diretto verso la fermata dell'autobus. Non pensava ci sarebbe più tornato, ma era l'unico modo per avere informazioni. Non ci avrebbe messo molto, sarebbe arrivato in tempo a lavoro, ma doveva necessariamente tornare nel luogo che aveva tanto odiato e in cui aveva giurato di non tornare più: l'orfanotrofio.

Quando le porte dell'autobus si aprirono di fronte a quell'edificio austero e spoglio che tutto sembrava dall'esterno fuorché un posto pieno di ragazzini, si sentì il cuore in gola. Ormai era una sensazione frequente, così frequente che nemmeno più ci faceva caso.

L'autista lo incitò a scendere, perché lui non aveva tempo da perdere. Newt si risvegliò dal suo stato di trance e scese con un balzo, sentendo le porte chiudersi alle sue spalle e l'autobus ripartire.
Si fece coraggio, ricordandosi che lo stava facendo per sua madre, e percorse la lunga via in ghiaia che conduceva all'ingresso principale. Più si avvicinava e più sentiva le voci dei bambini. Una testa bionda sbucò da dietro una tenda, per poi scomparire di nuovo. Si sentì un " Via!" e un gruppo di bambini sbucò di corsa dal cortile sul retro.
Newt li evitò, confuso dalle loro urla e dalle loro risate: gli sembrava di essere in una bolla, proprio come il giorno in cui era arrivato in quel posto e aveva visto quell'edificio per la prima volta.
Bussò alla porta, e una suora che conosceva fin troppo bene gli aprì.

-Suor Betty.-mormorò.
La donna assottigliò lo sguardo, e scollandosi un ragazzino appeso alla sua veste si chiuse la porta alle spalle e fece un passo verso Newt.
-Ma tu non te ne eri andato?-fece, perplessa, con la sua consueta gentilezza.
-Ho bisogno di sapere una cosa.-
-Se ti serve un posto in cui stare qui non c'è posto.- La donna si voltò e fece per rientrare, ma Newt la fermò.

-Non ho bisogno di questo. Ho già una casa e un lavoro.-
Suor Betty lo guardò stupita, e non si preoccupò di nasconderlo.
-Che c'è? È così strano che il figlio di una morta di overdose non sia in giro a rubare e a dormire sotto i ponti?-sputò amaro, senza riuscire a trattenersi. Non avrebbe dimenticato mai le parole che quella donna aveva utilizzato per definire sua madre.

Suor Betty non sembrò minimamente scalfita dalle parole del ragazzo, e non disse nulla.
-Che vuoi?-ripetè.
-Ho bisogno di vedere il reverendo.-
-Non c'è.-
-E dov'è?-
-Non qui.-

Se non fosse stata una suora Newt avrebbe potuto anche picchiarla. Dio, quanto la odiava.

-Ho bisogno di queste informazioni subito. Dove posso trovarlo?-
-È fuori città.-
-Senta. Io ho bisogno di vedere i miei documenti, tutto ciò che c'è su di me in archivio.-
-Buttiamo i fascicoli di quelli che vanno via per fare spazio agli altri, dovresti saperlo.-
-Non può essere. Il reverendo mi ha spedito una lettera non molto tempo fa...-
-E subito dopo tutto è stato buttato. Sono stata io personalmente a farlo.-
-Ma sta scherzando?-

Newt si sentì invadere dalla rabbia: era fottuto. Se all'orfanotrofio non avevano nulla su di lui, non aveva idea di dove altro cercare.

-Ti sembra la faccia di una che sta scherzando?-
Suor Betty si voltò, dandogli di nuovo le spalle, e poggiò la mano sulla maniglia della porta.
-Lei sa nulla? Voglio dire, su di me, su mia madre.- Newt era disperato.

All'inizio la donna non rispose, non si voltò nemmeno. Newt credette che non avrebbe ricevuto risposta, ed era già pronto ad andare via. Avrebbe cercato da qualche altra parte, a costo di metterci una vita.

-So qualcosa.-
-Davvero?-
-Ti hanno affidato a me quando sei arrivato qui. Eri un moccioso fastidioso. E non sei migliorato, purtroppo.-
Newt non ci fece nemmeno caso, voleva sapere e basta.
-L'assistente sociale, quella donna, ti adorava. Diceva che si era innamorata del tuo sorriso, e mi ha raccomandato di prendermi cura di te. E mentre io cercavo di tagliare i capelli ad un altro moccioso, lei era lì a ciarlarmi nell'orecchio raccontandomi la tua storia. Come se me ne interessasse qualcosa.-

Ma come diavolo aveva fatto quella donna a prendere i voti?

-E fortunatamente per te-fece una smorfia-ho afferrato abbastanza per poter...-
-Spettegolare con suor Mary?-
-Questo non ti riguarda. Vuoi avere quello che cerchi o no?-
Newt annuì, infastidito.
-Insomma, mi ha detto tutto. Che tua madre era rimasta incinta di te dopo essere stata stuprata, e che aveva iniziato a far uso di pasticche di vario tipo poco dopo la tua nascita.-
Newt sentì le lacrime inumidirgli gli occhi, e la rabbia invadergli il petto per l'indifferenza con cui quella donna ne stava parlando.

-A parer mio, una debole. Insomma, era perfettamente consapevole dei rischi.-
-Cosa sta insinuando?-
Suor Betty fece un passo indietro, verso la porta, guardando il ragazzo con circospezione.
-Non ci si può aspettare che gli uomini non reagiscano, hanno pur sempre degli istinti.-
-Cioè, lei mi sta dicendo che è colpa di mia madre adesso?-

Newt era fuori di sé. Se non si controllava avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito.

-Dico solo che non avrebbe dovuto rischiare. E magari essere meno provocante.- La suora non sembrava minimamente turbata dall'evidente collera di Newt.

-Cosa le fa pensare che mia madre fosse provocante?-
Newt fece un passo avanti.
-Se l'ha stuprata...-
Il biondino non la lasciò finire.
-Lei non deve azzardarsi a insinuare che se mia madre è stata stuprata è stata colpa sua. Chi diavolo si andrebbe a cercare uno stupro? Ma si rende conto delle enormi stronzate che sta dicendo?-
Newt aveva gli occhi fuori dalle orbite.
-Anche se fosse stata in bikini, questo non gli dava il diritto di toccarla. E non si azzardi a dire una parola di più per giudicare una donna che non conosce.-
Stava ormai urlando, le lacrime che gli rigavano le guance.

-Newt? Newt!-
Due mani lo tirarono indietro, era ormai a pochi centimetri dalla donna, che lo osservava impassibile, senza mostrare il minimo segno di rimorso.
Il reverendo lo fece voltare, preoccupato.

-Che ci fai qui?-
-Ah, e così era fuori città, eh?-Newt cercò di divincolarsi dalla presa dell'uomo, lanciando uno sguardo di fuoco alla donna
-Appunto. Era.-
Come si permetteva a rispondergli ancora così? Newt non ci vedeva più dalla rabbia.
-Suor Betty, torna dentro.- fece perentorio il reverendo Lawrence, nonostante le proteste del ragazzo che teneva stretto tra le braccia. E quando la donna fu dentro, si rivolse di nuovo a quest'ultimo.

-Ma che diavolo fai? Vieni qui senza un motivo apparente e ti trovo che urli contro suor Betty e sei così fuori di te che sembra che tu voglia picchiarla?-lo rimproverò duramente, allentando la presa.
-Ero qui per parlare con lei. Ma quella donna ha insinuato e detto delle cose che non avrebbe dovuto.-fece Newt, tentando di regolizzare il battito e il respiro.

-Non è una giustificazione.-
-Si fidi. Se le insultassero la madre dicendole che si è andata a cercare lo stupro che le ha rovinato la vita anche lei avrebbe questa reazione.-
La rabbia era sbollita, lasciando parte ad un'immensa tristezza: chissà quante persone avevano pensato quelle cose di sua madre. Crollò sugli scalini del portico, la testa tra le mani. Il reverendo gli si sedette accanto, senza dire nulla, sospirando.

-Cosa vuoi sapere, Newt? Ti darò tutte le risposte che ti servono.-
-Ho bisogno del mio fascicolo.-
Silenzio.
Newt alzò la testa e trovò l'uomo di fianco a lui che cercava di evitare in tutti i modi il suo sguardo.
-Dopo che ti ho mandato quella lettera non l'ho più ritrovato.-
Newt non avrebbe saputo dire se stesse mentendo, ma decise di dargli il beneficio del dubbio.
-Suor Betty ha pulito il mio studio quel giorno, e la mattina ciò che restava del tuo fascicolo era nel tritacarte.-
Finalmente Lawrence lo guardò negli occhi: sembrava davvero dispiaciuto.
-Non ho mai capito il perché della sua mania di liberarsi immediatamente di tutti i fascicoli di quelli che se ne vanno. Lei è qui da molto più tempo di me.-

Newt sospirò: stava per piangere di nuovo, ma era stanco di versare lacrime, perciò si trattenne.
-Ma ricordo qualcosa. L'ho letto da cima a fondo, ed effettivamente non c'è molto sul tuo passato o su quello di tua madre, se è quello che cerchi. C'era solo un breve rapporto sulla tua situazione familiare, la data del decesso di tua nonna e il referto dell'autopsia...-esitò-...sul corpo di tua madre. Vi eravate trasferiti qui a CharlotteTown solo da pochi anni, e sembra che non aveste parenti o amici qui. Davvero poche persone sapevano qualcosa su tua madre, sembra che l'assistente sociale e il giudice abbiano fatto fatica a trovare qualcuno che sapesse qualcosa su di lei che non fosse semplicemente il suo nome. Sembra... sembra che si rifornisse da persone sempre diverse per le sue pasticche, e non aveva contatti o legami con nessuno. Non si sapeva nemmeno dove trovasse i soldi.-
Newt nascose la faccia tra le mani, lasciando scendere le lacrime.

Lawrence sospirò, esitando un attimo.
-Tua madre è cresciuta a Los Angeles. Ha frequentato lì l'università, e sembra che sia stato proprio lì che...-
-Sì lo so. Era scritto tutto nella lettera di mia nonna.-fece Newt, sentendo il gelo impossessarsi della sua anima.
-Non so altro, Newt. Vorrei poterti dire di più. -
-Sa dov'è seppellita?-Newt tirò su col naso, senza aver il coraggio di guardarlo negli occhi.
Lawrence annuì tristemente.
-Qui in città. Ti basta chiedere al custode del cimitero, ha tutti i fascicoli e ti dirà dove si trova.-
Newt annuì, mordendosi il labbro con violenza.
-Grazie.-
-Non ringraziarmi.-
-Arrivederci, reverendo. Spero onestamente di non doverla rivedere più. Senza offesa.-

Il reverendo sorrise bonario, trattenendo la commozione. Strinse la mano che il ragazzo gli porgeva e lo guardò allontanarsi.

N/A:
Devo dire che stavolta sono piuttosto fiera di me stessa perché non vi ho fatto aspettare troppo per un nuovo aggiornamento. Questo capitolo è l'inizio di tutta una serie di eventi, non vi dico di che tipo ovviamente, quindi allacciate le cinture :))
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!
Ros x

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