"Se non le dispiace prima cerchiamo di metterci in contatto con i nostri amici".
Vecchia: "Prego, fate pure cari!".
Yoongi si diresse verso il mobile della cucina sul quale si trovava il telefono prodotto chissà quanti decenni prima.
Allungò la mano, così da poter afferrare la cornetta, realizzando solo in quel momento di star tremando in maniera quasi spasmodica.
"Calmati idiota".
Mormorò tra sé e sé, sorridendo leggermente quasi come per rassicurarsi del fatto che non ci fosse alcun motivo di farsi prendere dall'ansia.
Strinse l'altra mano attorno al proprio polso, così da arrestare il tremore e sollevò la cornetta, portandola all'orecchio ed iniziando a digitare il numero di Hoseok, uno dei pochi numeri che ricordava a memoria.
Ma nulla, nessuna risposta.
Anzi, in realtà, il telefono non squillava neppure; che fosse rotto?
"Scusi signora il telefono no-"
Mentre si voltava, reggendo ancora la cornetta del telefono, vide con la coda dell'occhio l'ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere o, meglio, l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere.
"Jimin...?".
Chiamò il suo nome, sussurrandolo, la voce flebile.
L'espressione di Jimin era confusa, spaventata, agonizzante, come se stesse cercando di comprendere quel che era appena accaduto.
Yoongi lasciò cadere la cornetta a terra e, nel medesimo istante, anche il corpo di Jimin, trascinato dal proprio peso cadde, esanime, a terra.
Nella sua schiena era conficcata un'ascia che aveva da poco penetrato le sue carni senza il benché minimo sforzo.
Yoongi non ebbe il tempo di fare nulla, non ebbe il tempo di agire, né tantomeno di voltarsi completamente, prima che la realtà gli piombasse addosso con tutta la sua schiacciante potenza.
La donna calpestò la zona alla base della schiena di Jimin, afferrando il manico dell'ascia, per poi estrarla dalla sua schiena.
Il sangue prese a sgorgare copiosamente, senza lasciare alcuna speranza a Jimin di riuscire in un qualche modo a fermare l'emorragia.
Vecchia: "Si taglia molto più facilmente della legna".
Yoongi indietreggiò, facendo cadere dal bancone il telefono che piombò rumorosamente al suolo.
"Jimin.."
Mormorò nuovamente, non riuscendo a concentrarsi su nient'altro che non fosse il corpo del suo fidanzato disteso a terra.
Vecchia: "È già morto tesoro".
Il ragazzo sollevò lo sguardo, posandolo sulla donna, con la vista offuscata dalle lacrime.
"Perché? Dimmi perché".
Vecchia: "Non avevo altra scelta, dispiace sia a me che a te".
Yoongi, le si avvicinò, mosso da quella tristezza che si stava trasformando in rabbia.
"Che cazzo stai dicendo?!"
Vecchia: "Se ti arrabbi mi rendi solo le cose più difficili. Immagino che avrai notato che c'è qualcosa di- strano in questa casa, in questi boschi. Io ero come voi un tempo, tanti, anzi, tantissimi anni fa. Ero venuta in vacanza con degli amici. Il padrone di casa era un uomo anziano affetto dalla mia stessa 'malattia'".
Disse, pulendo via il sangue dall'ascia con uno straccio.
Vecchia: "Li ho visti morire, uno per uno, davanti ai miei occhi, persino quello che di lì a breve sarebbe diventato mio marito. Erano stati quei mostri ed io, ero l'ultima rimasta. Non potevo chiamare la polizia, non mi avrebbero creduta. Mi sono sbarazzata dei cadaveri dei miei amici gettandoli in un dirupo. E quegli esseri non mi hanno uccisa, ma non riesco neppure a uscire da questi boschi. Ci ho provato. Più camminavo più finivo con il tornare al punto di partenza. Probabilmente volevano che gli portassi qualcuno di nuovo con cui 'giocare'. Non ho più visto quell'uomo, e così, allo stesso modo, se gli lascio abbastanza anime, sarò finalmente libera".
Sorrise quasi come se cercasse l'approvazione del ragazzo, afferrando un bigliettino che aveva in tasca, per poi stracciarlo.
Vecchia: "E sai cos'altro è divertente? Non mi ricorderò più di nulla una volta andatamene da qui. Sarò finalmente libera. Lo capisci questo Yoongi? Capisci quanto ho sofferto in questo luogo? Capisci quanto ho bisogno che tu muoia?".
Yoongi non riusciva a capire, quello che la donna stava blaterando non aveva il benché minimo senso.
Doveva star delirando e, nuovamente, la confusione e la tristezza, si tramutarono inevitabilmente in ira.
"Ma succhiamelo".
Le scagliò contro, mandandolo in frantumi, un vaso che si trovava sul mobile accanto al telefono, per poi iniziare a correre, lasciandosi il cadavere di Jimin e l'anziana donna alle sue spalle. Raggiunse l'ingresso.
Tentò di girare la maniglia.
Non si apriva.
La porta era chiusa e non si stava aprendo.
Si voltò; la donna si era ripresa dal colpo e si stava avvicinando reggendo quell'ascia in mano.
Yoongi iniziò a colpire la porta con l'interezza del proprio corpo, nel tentativo di sfondarla.
Non riuscendoci, si diresse verso la finestra della sala -una finestra a bilico, di quelle che si aprono sollevandole verso l'alto-, riuscendo ad aprirla dopo qualche tentativo.
Si guardò un'ultima volta alle spalle, alzando il dito medio con aria trionfante in direzione della vecchia.
Vecchia: "Oh Yoon, devi ricordarti che io non sono sola".
Così, mentre metà del suo corpo si trovava al di fuori dell'abitazione e mentre già assaporava quella parziale vittoria, la finestra ricadette verso il basso come se qualcuno l'avesse chiusa con una forza sovrumana, lasciando Yoongi così: a metà.
Spalancò le labbra, lasciando che da quest'ultime si levasse un grido disperato, mentre intanto il suo sangue tingeva di rosso le pareti dentro e fuori la casa.
Ben presto smise di gridare.
Vecchia: "Che fine patetica".
Sussurrò, con tono quasi dispiaciuto, gettando a terra l'ascia.
Jᴜɴɢᴋᴏᴏᴋ
22 Settembre ore 19:16
I due non ci misero molto a tornare al capanno, parzialmente per la fretta che Jungkook aveva di ritrovare il proprio telefono e, parzialmente, perché non si erano allontanati poi così tanto.
Il maggiore aprì la porta, e, in quel momento, pensò che avrebbe preferito perdere definitivamente il proprio telefono che dover assistere alla scena che gli si palesò dinanzi.
Hoseok giaceva lì, a terra, inerme; lo sguardo spento, l'espressione persa nel vuoto, le labbra dischiuse.
I capelli ricadevano dolcemente sulla fronte imperlata da goccioline di sudore.
Il suo petto che prima si contraeva ritmicamente per via della paura aveva ora smesso di muoversi.
Le punta delle dita avevano già iniziato a cambiare colore.
Il pavimento era dipinto di una meravigliosa tonalità di rosso, quasi ammaliante.
Il suo ventre era stato squartato da un'arma appuntita, o, forse, da degli artigli.
Le sue viscere si erano riversate sul pavimento in legno.
I suoi occhi erano ancora aperti, e lo sguardo puntato su quella porta che aveva impiegato troppo tempo a raggiungere.
Era morto.
Era morto nel giro di una manciata di secondi.
E, il suo assassino, non aveva lasciato tracce di sé.
Jungkook si coprì la bocca con la mano, inorridito e nel vano tentativo di trattenersi dal piangere.
Taehyung, d'altro canto, non riusciva a credere a quel che i suoi occhi gli stavano mostrando.
"Cosa...perché?"
Singhiozzò Jungkook, incapace di formulare una frase di senso compiuto, distogliendo lo sguardo non riuscendo a sopportare di vedere uno dei suoi migliori amici ridotto in quel modo.
Taehyung: "Io...non lo so".
Mormorò Taehyung, frugandosi in tasca alla ricerca del proprio telefono, prendendo poi a digitare qualcosa.
"Che fai?"
Chiese Jungkook, muovendo un passo verso Hoseok, quasi nella speranza di constatare che il ragazzo fosse ancora in vita.
Taehyung: "Provo a chiamare aiuto. Non lo so".
Il ragazzo pensò che avesse senso, anzi, pensò che fosse l'unica cosa ragionevole da fare.
Taehyung: "Merda, non c'è segnale".
"E ora?"
Taehyung: "Non lo so sta zitto e fammi pensare!"
Replicò il maggiore, con tono alterato; non che si stesse effettivamente arrabbiando con Jungkook.
Era confuso, terrorizzato, emotivamente distrutto ed incredulo per via di quello che era successo.
Reagire in quel modo non era che naturale.
Jungkook annuì, e, in quello stesso istante, il suono di un tonfo, proveniente da fuori, li fece voltare di soprassalto verso la porta.
"Cos'era?".
Taehyung gli fece segno di rimanere in silenzio, afferrò un tubo metallico posato sulla scrivania e iniziò a camminare in maniera furtiva verso la porta.
Per l'ennesima dannata volta la luce si spense.
Quando la lampada tornò a funzionare, il cadavere di Hoseok non si trovava più a terra.
Una scia di sangue, come se si fosse trascinato o, meglio, come se fosse stato trascinato fuori, conduceva alla porta chiusa del capanno.
Nuovamente i due sentirono lo stesso suono.
Una, due, tre volte.
Il suono si ripeteva in maniera ritmica e, più continuava, più assomigliava al suono di passi che si facevano più vicini.
SCELTA: Aw shit, here we go again
Correte (chapter 61)
Nascondetevi (chapter 60)