il viaggio

By ErikaMartino2

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IL VIAGGIO, introspezione fra mente e corpo More

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OPRESSION FREE
Gennaio
TO DRAG

UNA PASSEGGIATA VERSO LA POLTRONA

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By ErikaMartino2



Come ti senti in questo momento? Quella domanda che non ti pone nessuno, quella risposta che non ti dà nessuno, l'unica cosa che puoi fare è quella di darti una risposta.

Il più delle volte la risposta rimane evasiva, illusoria, non consapevole di ciò che ti attraversa. Il viaggio nelle tue emozioni può iniziare in qualsiasi momento e la domanda principale è proprio ''come mi sento?'' Ed io rispondo ''sto, io sto''. Qualunque cosa si possa pensare o provare, in quel momento si ''è''. Privi di ogni pregiudizio, privi di ogni barriera creata, per non essere conosciuti e riconosciuti, privi della capacità di comprendere cosa si è, o per lo meno cosa si prova in quell'istante.

Quante volte ho ritrovato risposte in altri, e quante volte avrei voluto essere gli altri, e quante volte non sono stata capace di essere ''me''. Quante volte il giudizio per me stessa e per gli altri ha pregiudicato le relazioni di amicizia, familiari, lavorative. Contenta delle mie idee artefatte su cosa fossero gli altri costruivo comportamenti diversi che non mi hanno portato a nulla di buono: discussioni, litigi rabbia, frustrazione, pensieri di auto-sabotaggio hanno fatto parte delle mie relazioni. Non ho mai accettato, in qualche modo, quello che facevano gli altri. Messa su un piedistallo di relativa autocritica le mie relazioni diventavano costruite, non genuine, da dirigere. Vista come la risolvi-problemi, pratica nelle attività che richiedevano certe competenze, le mie relazioni erano sempre viste come un day-hospital, un prontosoccorso. Dinamiche di consigli-aiuto si riversavano in continuazione, provando piacere nel decidere cosa far fare agli altri, e come renderli vulnerabili davanti alla loro frustrazione, le domande si accumulavano, i giudizi si accumulavano, il disappunto si accumulava. Ma come? Tutte le attese fatte su quelle persone che mi circondavano si trasformavano in delusione, dolore...distacco. Inaspettatamente le persone che ritenevo di classe A cadevano nel vortice dell'insicurezza, ed ero lì a guardare la loro caduta con un giudizio maestoso, quasi appagante.

Altri invece vedendomi piena di sicurezza e chiarezza sentivano di potersi affidare e creare nelle mie parole risolute una sorta di oracolo. Vivevo nella proiezione del ruolo che mi avevano imposto, sentivo di dover avere un decano di regole di comportamento, sentivo che mi avevano dato una medaglia al valore: una stella puntata sul cuore, come un comandante addestrato alla rettitudine morale. Uno schema di abitudine e visione della vita che doveva andare al di là delle mie tendenze, cosa che col procedere mi ha seriamente portato a una visione diversa da quel ruolo che volevano darmi.

Non volevo un'amicizia di questo tipo, non volevo più relazioni in cui loro dipendevano da me, non volevo più quella responsabilità; una relazione genuina era per me diventata un'esigenza diversa.

Succedeva anche che avessi bisogno di essere creduta, di essere apprezzata, di avere l'opportunità di dimostrare di essere brava, di essere appagata da un'ammirazione sana da parte degli altri. Mi aspettavo il riconoscimento per quello che facevo, richiedevo fiducia da parte degli altri, richiedevo accettazione priva di pregiudizio. Un volontario ''benestare'' a quella che ero. Quella sensazione di appagamento da parte degli altri mi faceva stare tranquilla.

Sentirmi di far parte di un processo, sentire di essere complessa, sentirmi aperta all'esperienza, sentirmi al di là delle aspettative altrui, sentirmi al di là delle apparenze è stato folgorante! Il processo del Continuum1, di cui parla C.Rogers2, mi ha resa consapevole della direzione che stavo prendendo nel mio rapporto con gli altri. M'interrogavo, mentre stavo leggendo a che punto del processo, il mio pensiero e il mio stato d'animo erano rivolti in quel momento:

Perché la fiducia va guadagnata? Perché c'è il bisogno di dimostrare la propria affidabilità? Quello sguardo di complicità reciproca, quello star bene e libera di esprimermi, sorridere e vedersi capire, quella mamo nella mano simbolica che ti fa passare il tuo tempo con te e gli altri in modo costruttivo, quel dar fondo in maniera così genuina a quello che sei che ti permette di essere e stare veramente bene, di essere Tu, con tutto quello che porti dentro, con tutta la tua Congruenza, l'essere ciò che si è in quel momento. Carl Rogers2 ammette: ''mi sono espresso in maniera così personale, che proprio il sentimento che mi era sembrato così privato, aveva risonanza in sentimenti di molte altre persone''. La sincerità di essere, e la responsabilità di comprendere i reali bisogni che attraversano mente e corpo, l'esserino accettante (il referente interno)3che non ti pone resistenze. Coinvolta nella gara delle giustificazioni, più ero sincera nell'ascoltarmi, più capivo come esprimermi. La limpidezza con la quale esprimevo il mio sentire diventava un veicolo per le emozioni nelle quali molte persone si sono riviste, visibilmente colpite nell'intimo e così spiazzate da queste risonanze che veniva attivato un processo di ascolto reciproco diverso, profondo. La fiducia, quella straordinaria forma di amore e di accettazione, che solo quando la provi in tutte le sue forme t'invade e ti apre all'esperienza. Ho abbandonato l'idea di dover essere, quell'obbligo intimo e morale che mi diceva cosa dover avere e cosa dover fare, implicando quindi un'idea che mi ero creata di me. Che pace e che paura, un'agitazione incredibile nel viversi in modo nuovo, senza avere nulla di scontato da provare, incredibili avventure fuori dalla zona conosciuta dei sentimenti e delle reazioni che provi. Un ascolto intuitivo, magico e curiosamente saggio, un cammino, nel quale non sapevo dove appoggiare i piedi, ma i fatti mi sono stati amici. Affidarmi alla mia esperienza mi ha portato ad avere la fiducia necessaria nelle mie inesplorate capacità di comprensione personale, mi sono sentita fiduciosa con me stessa e responsabile nel sentirmi in grado di dirigermi da sola. Sentirmi così aperta a queste passeggiate, mi ha dato modo di cambiare l'atteggiamento anche verso i sensi di colpa. Rollo May4 dice che: ''Il senso di colpa è la percezione della differenza fra ciò che è e ciò che dovrebbe essere'' .... Questo non va confuso con la coscienza: il senso di colpa è un aspetto molto ampio dell'esperienza, di qui la coscienza è soltanto una delle espressioni ''. Abbandono piano piano un modo di essere modellato non solo sulle mie aspettative ma anche sulle aspettative altrui.

Sperimento oggi con più immediatezza, tutti i sentimenti che mi arrivano. Il mio corpo è più presente a quello che mi succede, è diventato un radar affidabile e coerente, lo ascolto molto volentieri, e mi faccio inondare sempre con grande sorpresa da una moltitudine di sentimenti diametralmente opposti fra loro, ma so che hanno senso di esistere in me, perché sono complessa. C'è così tanto da sentire e osservare di noi, che non mi sono mai sentita tanto in compagnia da quando vivo me stessa. Divento così vicina a me che mi stupisco sempre volentieri nel non giudicarmi negativamente. Il giudizio e il rimprovero non vanno più d'accordo, e così incondizionatamente accetto quello che c'è, con qualche fatica, molto probabilmente per i miei ancora non lontani precedenti. Un rispettoso consenso verso gli altri ha seriamente cambiato le mie relazioni, l'atteggiamento di riconoscimento per le persone mi ha fatto ritrovare la Sorpresa nei miei rapporti interpersonali, la gioia di stare, senza alcuna riluttanza, alcun limite di linguaggio, alcun costrutto, con genuinità ed empatia. La capacità di pormi in maniera immediata nello stato d'animo di un'altra persona mi ha sempre accompagnato in tutte le mie relazioni, una sensibilità presente che mi ha dato modo di scoprire, con la mia curiosità innata, vari aspetti della gente. La scoperta di sentirsi importante, di avere quella considerazione personale soddisfacente, comprendere di avere spessore, l'assenza di alienazione, mi fa sentire amata, considerata e rispettata, l'essere apprezzata da me stessa e mettere tutto questo in atto anche per gli altri è formidabile: l'atteggiamento di una chiacchierata è più profonda, succede che magicamente si istaura un rapporto di comprensione così profondo da riempirmi di emozione, risulta naturale confidarsi in qualche modo e rendere anche oggettive le esperienze altrui, il pregiudizio è quasi superato, tutti imput su cui riflettere, tutta ricchezza di conoscenza non solo personale ma anche dell'altro. ''L'empatia è correlata con l'auto esplorazione'' Rogers5 . Un esplorazione significativa mi ha attivato a comprendere molto dei miei sentimenti discordanti che alcune situazioni mi si pongono quotidianamente. La fiducia e la frustrazione in alcuni momenti vanno di pari passo, soprattutto quando sono convinta che una persona cara, dovrebbe volersi più bene e prendersi cura di se stessa, non certo nel modo in cui lo sta facendo. Rogers 6: '' Ho imparato quanto sia difficile confrontarsi con sentimenti negativi che si provano nei confronti di una persona per la quale si ha una considerazione profonda''. Cosa provo e cosa mi fanno provare, soprattutto cosa vogliono farmi comprendere di loro? Tutte cose che mi porto a ''casa''. Tutte esperienze che mi arricchiscono e mi insegnano quanto siano difficoltosi alcuni rapporti, proprio quando percepisco emozioni opposte fra loro. Non dò per scontato quello che mi viene riferito in una conversazione il mio ascolto è attivo, partecipe, sicuramente mi accorgo di avere più flessibilità e onestà di quanto ne avessi in precedenza. La comunicazione nelle relazioni si è modificata: non sento soggezione, percepisco che c'è una reale comprensione in quello che esprimo ed è meno faticoso tradurre quello che penso, c'è chiarezza. Non sempre però in uno scambio di opinioni avviene questa reciprocità , ma sospetto di accorgermene molto facilmente, faccio caso al fatto che non si ascolta e ne prendo atto, non tutti sono predisposti, e la leggerezza di alcuni argomenti può sostenere questa mia ipotesi. Quando invece è un non ascolto volontario in quel dato istante ritengo di rispettare la scelta altrui di non essere li con me, ho imparato ad attendere. Non voglio più pretendere di essere capita, non riesco ad esigere di essere necessariamente considerata, non avverto l'esigenza di essere vista, sicuramente trovo solo in alcune situazioni l'attivazione di questi sentimenti, in altre no. Ci sono tempi e modi per avere tutto l'ascolto, la comprensione e la sincerità di linguaggio, non sempre l'interlocutore è pronto a ricevere tutto questo, vedo la difficoltà dell'essere confusi e poco pronti ad ascoltarsi, l'insicurezza nello scoprirsi e la paura incredibile del giudizio, lo percepisco e non mi manda in modalità frustrazione anzi rifletto sullo scorrere del tempo e come esso ha aiutato le persone a coinvolgersi e a parlare. Ci sono molti aspetti della diffusione delle informazioni che mi conquistano: mi sorprendo dell'altrui capacità di descrizione e della gestualità, mi affascinano i toni delle voci, gli atteggiamenti corporei, a volte mi scopro guardinga: nel senso che osservo la comunicazione sia verbale che para verbale. La gestualità mi incanta, il linguaggio corporeo mi ha spesso colpito, sia nelle sua accezioni incredibilmente creative che di sottomissione. Il visualizzare l'atteggiamento e la complessità di una comunicazione efficace mi fa provare emozioni di vario tipo, imparo ogni volta da me e dagli altri. I sentimenti in questo caso sono veramente più immediati, la ricchezza della gestualità e nel compiere un'azione mi porta a capire la non fissità dei miei sentimenti che emergono con forza e vivacità. Questo processo è per me terapeutico, ristoratore, e mi dà sicurezza. Tutto accade con un equilibrio che via via si presenta meno labile, ma ho ancora a che fare con qualche forma di pregiudizio, anche se percepisco un interesse non giudicante verso l'altro, in alcune occasioni c'è la messa in discussione di alcuni atteggiamenti che mi portano sicuramente alla consapevolezza delle diversità ma che mi fanno scontrare con dei costrutti di educazione familiare. Un esempio è : la presunzione della conoscenza di qualcuno, casa che mi ha sempre messa in uno stato emotivo di incredulità e irritazione nei confronti di chi, con qualunque mezzo, urlava ''Io lo conosco! So già com'è! ''. Il presupporre la conoscenza di qualcuno mette, in termini semplici, in evidenza la poca fiducia nell'altro. Il pregiudizio e la conseguente manipolazione altrui mi mette veramente alla prova. Se ho già un idea di come si comporterà, di cosa dirà qualcuno e addirittura sò già cosa proverà, allora tutto questo mi mette seriamente a disagio con chi lo afferma, presuppone una manipolazione dettata dalla convinzione che se premo un tasto tu sai già cosa stampo sul foglio! Viene anche meno la curiosità nello scoprire cosa è veramente in grado di provare l'altro . La poca flessibilità di questo mio comportamento mi fa riflettere, ci sono cose su cui lavorare ma è auspicabile che la manipolazione svanisca come concetto così negativo e che venga esplorato in più angolazioni. Porterò sicuramente a galla le ragioni che spingono ad essere manipolati e l'esserne invece il carnefice, cercherò di avere una visione più complessa della manipolazione. Per me non sarà facile da decantare, mi porterà a ricordi e sensazioni che non saranno sordi. La conoscenza della propria famiglia, dei propri cari, degli amici, per me è sempre stato un artefatto, sono convinta che solo con un clima di onestà intellettuale, di empatia e rispetto si possa realmente fare la conoscenza degli altri e anche Rogers7 in questo ambito ha sensibilmente descritto una delle mie realtà dicendo : Ma perlomeno nel mondo interpersonale conosco la mia famiglia e i miei amici: questa conoscenza è sicuramente una solida base su cui io posso agire. Ma anche qui i miei ricordi mi colgono subito in fallo. E' sufficiente aver bisogno della semplice occasione di un gruppo d'incontro in cui è facilitata la comunicazione, dove ad ognuno è concesso di esprimersi, per scoprire quanto sia instabile la nostra conoscenza interpersonale. Gli individui hanno scoperto nei loro più intimi amici e nei membri della famiglia degli enormi territoti di sentimenti occultati. Tra le cose prima sconosciute si trovano paure, sentimenti di inadeguatezza, risentimenti e furori repressi, desideri e fantasie sessuali bizzarre, oceani di speranze e di sogni segreti, di gioie e di orrori, di impulsi creativi e di amori inconfessati''. L'indagine su chi sono e su come sono fatti gli altri mi ha sempre dato felicità e la riprova di come si può essere genuini e sereni nell'essere ciò che si è, ma mi ha anche portato ad avere uno stato caotico e doloroso nel vivere queste esperienze. Il misurarsi con un cambiamento può essere causa di sofferenza e destabilizzazione ma è proprio la consapevolezza di sentirmi aperta all'esperienza che mi rende fiduciosa nel superamento di questi stati d'animo complessi. Mi rendo conto che ad oggi l'accoglienza verso l'altro è un passaggio di maggior spessore, di quanto lo fosse in precedenza, il risultato dei miei sentimenti cambiano ogni volta, non mi basta la sola fiducia nell'altro per starci a contatto, non mi basta raggiungere un grado di empatia tale da osservare il suo sentire, non mi basta essere sincera, devo ancora imparare ad avere meno rigidità in alcune situazioni, che ritengo facciano parte di delusioni e retaggi che mi hanno fatto vivere in maniera poco autentica quello che provavo. In fatti la difficoltà più grande è proprio capire le ragioni che mi hanno spinto ad avere quell'atteggiamento di rigore nei confronti di me stessa e che a volte pretendo negli altri. Cosa è giusto per me non lo è per l'altro. Capisco che non devo Io imporre un significato a questa esperienza ma che essa me lo riveli. Accettare quei sentimenti che emergono ogni volta che mi riconosco, sono miei e sono ineluttabili. La comprensione di se non è un processo così automatico, per lo meno non è facile riferire quello che si sta provando, il famoso specchio appannato lo riscontro quando non ho un confronto sincero. Mi spiego meglio, mi è capitato di avere chiara una situazione che nella mia visione aveva un inizio strutturato, compatto e una conclusione ben definita. Parlando di causa ed effetto il risultato non cambiava, la mia percezione ''filava'', ma proprio quando aveva preso una forma ben definita, si insinuavano domande che mi portavano ad un confronto, la complessa arte della comunicazione con l'altro che mi apriva e che tutt'ora mi apre ad esplorare ed aggiungere sfumature molto colorate, la tessitura della comprensione si tramuta in un bellissimo tappeto pulito, morbido che si intona con l'ambiente circostante sul quale poter appoggiare i piedi nudi. Una metafora che mi è venuta in mente proprio mentre rileggevo questo trafiletto sulla comprensione di se, che mi ha incoraggiato a scrivere quello che è insito nella mia natura, il confronto e le sue conseguenze. Qual è il tuo tratto caratteristico? Il mio sicuramente è pormi domande, curiose e introspettive e vedere la parte divertente di ciò che questo quadro mi fa vedere, immaginare, provare. Quello che mi viene naturale, che mi porta ha reazioni non banali, diverse fra loro, in opposizione a volte, ma che mi rende curiosa ai limiti della decenza. Non nego di aver provato rabbia, tristezza e malinconia in questa passeggiata verso la poltrona, questi sentimenti mi hanno abbracciato e avvolto e continuano ad essere sicuramente presenti nel momento in cui li sento, li percepisco e allora ''Stò'', in questo caso sto ad ascoltarli.

Come non parlare dell'esperienza di gruppo in questo anno? è stato incredibilmente affascinante, le dinamiche di comprensione, di aiuto e di ascolto hanno riscontrato vari passaggi di salita e discesa. Visto come un entità estranea a me, questo insieme di individui diversi hanno reso la mia curiosità complessa. L'Osservazione, lo stupore, la scoperta, le domande non espresse ma sentite da questo insieme, hanno dato forma e voce a una moltitudine di domande e conversazioni incredibili, parti di verità accettate, parti di vissuti così intensi e verosimili anche alla mia realtà quotidiana. Ero lì, con stupore e incredulità ,mi sono ritrovata ad immedesimarmi nei vissuti di persone estranee a me che mi hanno letteralmente sconvolto dalla loro sincerità. Ho preso parte alle loro vite, e loro hanno preso parte alla mia, con modalità diverse e originali da parte di ogni componente. Quanto interesse per la parola, quanto interesse per i sentimenti, quanta espressione e coinvolgimento terapeutico. Quanta lontananza dal mondo esterno? Non posso non immergermi in questo stato, visto che l'ho vissuto così profondamente da renderne partecipe anche la mia settimana lavorativa. Riflettevo su: ''mi sono sentita così accettata e serena nell'esprimermi con il gruppo il pensiero di avere a che fare con il mio mondo del lavoro mi avrebbe fatto provare una malinconia così grande da non poter quasi voler avere a che fare con quelle dinamiche'' e invece, non ho fatto altro che applicare la formula del gruppo, quella che tacitamente compresa avevamo tutti messo in atto: voler cambiare con dei presupposti ben delineati. Rogers:'' Posso rilassarmi ed essere con semplicità qualunque cosa in quel momento io sia. La mia fiducia nella saggezza dello staff è diventata oggi fiducia profonda nella saggezza collettiva dell'intera comunità del laboratorio.'' Partivo dal fatto che avevo appeno cambiato lavoro e che avevo appena scoperto l'esistenza del mio gruppo, allora entrambe le direzioni si sono incrociate, il team lavorativo si faceva conoscere come quello del gruppo a scuola. Un progredire alquanto surreale e speculare di queste due grandi realtà che viaggiavano parallelamente. Quanto un atteggiamento nei confronti della prima realtà ha anche modificato il secondo? Ho sperimentato, e in entrambi gli insiemi partecipo con la massima profondità di relazione. Ho attivato ciò che ho percepito in un gruppo anche nell'altro e le risposte sono incredibilmente compatibili sia in relazione ad una mia crescita personale, sia professionale e sia a nuovi modi di costruire un gruppo. Riscopro la mia creatività e quella dei miei compagni di avventura professionale e non. Nascono sicuramente delle amicizie con presupposti diversi ma del tutto efficaci e piacevoli. Ritrovo quello stravagante modo di rapportarsi con battute ironiche, divertenti, sarcastiche, uno sviluppo di parole che inverosimilmente assomigliano in tutto e per tutto allo stato d'animo del nostro stare insieme. La reciproca voglia di esprimersi, di vedersi con qualunque filtro colorato, modi e atteggiamenti così differente e unici, continuano ad alimentare l'idea del gruppo grande o piccolo che sia. L'evolversi della sincerità di essere e di voler far parte di un insieme articolato, con vari accenni di semplicità e gentilezza, gratitudine e di chiarimento, di supposizioni e ricerca, di valutazioni e scontri animati. Chiamiamole emozioni.......

Eternamente Ricca Impegnata Kon Amore

Erika

Note

1. La Terapia centrata sul cliente - Carl Rogers: cap.5

Il metodo di C. Rogers è quello di aver utilizzato se stesso come strumento di ricerca. Le difficoltà e gli entusiasmi della ricerca lo hanno portato ha valutare un processo terapeutico in 7 stadi che vengono minuziosamente spiegati .

La condizione di base per l'intera durata della discussione che segue è il presupposto che il CLIENTE SI SENTA COMPLETAMENTE ACCETTATO DAL TERAPEUTA, qualunque sia il suo sentimento ed è ben consapevole di provarlo.

IL CONTINUUM CHE EMERGE: è un aspetto significativo che emerge durante il processo, dalla fissità alla modificabilità, dalla struttura rigida alla fluidità, dalla stasi al processo.

2. Carl Rogers (1902-1987) è stato uno dei rappresentanti più originali della psicologia clinica americana, ha determinata un nuovo modo non direttivo di concepire la relazione interpersonale nell'ambito della relazione d' aiuto

3. Il referente interno: L'esperienza diventa pian piano un referente sempre più accettato, da cui trarre significati sempre più precisi. Il soggetto è capace di vivere liberamente con accettazione il fluire dell'esperienza. Si utilizza questo processo come referente importante nella propria vita. Si arriva dunque alla fase finale del processo dove vivere con immediatezza quanto si prova è la parte più rilevante del processo.

4. Rollo May – L'arte del Counselig

5. Un modo di essere - Carl Roger: cap.5 L'empatia

6. Un modo di essere

7. Un modo di essere - abbiamo bisogno di una realtà?

8. Un modo di essere – Il Gruppo

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