Amici mai || MetaMoro

By lapacechenonho

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Fabrizio Moro era un noto cantautore italiano. Aveva 42 anni, una famiglia, incasinata, ma pur sempre una fam... More

Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 10.
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Epilogo.

Capitolo 9.

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By lapacechenonho

Fabrizio era dietro le quinte che passeggiava avanti e indietro torturandosi le mani. «Sei pronto?» gli chiese Danilo. Fabrizio annuì poco convinto e con un sorriso tirato. La verità è che avrebbe voluto vomitare tutta l'ansia che aveva addosso.

Sentiva il pubblico che chiamava il suo nome a gran voce: era la sensazione più bella del mondo. Sapere che c'è gente che è lì per te, te e nessun altro. Gente che si è messa da parte ogni spicciolo che riusciva a racimolare. Gente che per la prima volta è riuscita ad essere lì, con fatica e sudore. Pensare a queste cose lo faceva sorridere e far venire gli occhi lucidi nello stesso momento.

Un tecnico gli comunicò che mancava mezz'oretta. Fabrizio si sedette sul divanetto e si godette un lungo sorso di birra, la prima della serata, per stemperare la tensione che percepiva dentro di sé. Fabrizio si fermò un attimo a pensare alle giornate che aveva passato.

Erano stati giorni difficili. La sua mente era stata occupata dal concerto, dalle prove e poi anche da Ermal. Aveva fatto di tutto pur di non pensarlo ma questo ritornava nella sua testa nei momenti meno opportuni. Gli era ritornato in mente anche quando aveva provato "Buongiorno papà" perché pensava a quante volte Ermal avrebbe voluto dire "Buongiorno" a suo padre, perché voleva avere solo una famiglia normale, che la domenica mattina si alza e fa colazione insieme. Dei genitori da svegliare all'improvviso la mattina di Natale, quando si è troppo emozionati per aspettare che i grandi si sveglino. La situazione stava degenerando e non poco, ma era consapevole che Ermal lo odiava e che lui sarebbe stato solo la sua rovina.

Gli annunciarono che mancavano 5 minuti, così bevendo l'ennesimo sorso di birra si alzò e si diresse verso il palco, contornato dai soliti abbracci di circostanza, pacche sulle spalle e i "buona fortuna".

Il concerto andò bene, nonostante lo stato emotivo piuttosto instabile ma cercò di non farlo notare. Diede il massimo, corse per tutto il palco, cantò, saltò e stuzzicò la band come se nulla fosse successo. Come se le sue turbe mentali appartenessero ad un'altra vita. Come da molti anni a quella parte, l'ansia svanì non appena mise piede sul palco trasportandolo in una dimensione parallela, facendolo sentire invincibile e facendogli credere che niente avrebbe distrutto quella sensazione adrenalinica che si era impossessata di lui.

Diciotto anni prima, quando sognavano insieme il loro futuro, non immaginavano certo che fosse così florido. Era stato certo delle capacità di Fabrizio già dalla prima sera al pub, quando si nascondeva dietro l'insicurezza, sapeva che sarebbe arrivato in alto, che avrebbe scalato classifiche e preso i suoi meritati successi.
Sorrideva soddisfatto a fine concerto, Ermal Meta, come un amico orgoglioso che gli è sempre stato accanto.

Ed era stato così; gli era rimasto vicino ma da lontano. Era stato felice quando lo aveva informato della sua partecipazione a Sanremo 2000, orgoglioso quando aveva vinto Sanremo Giovani 2007, contentissimo quando aveva raggiunto il terzo posto nel 2008, incazzato quando era stato eliminato nel 2010, si era sentito lacerare l'anima ascoltando "Sono solo parole", cantata da Noemi nel 2012. E poi quel febbraio in cui il destino aveva deciso di farli rincontrare. Era stato felice anche in quel caso, e si trovò a chiedersi se anche Fabrizio fosse mai stato orgoglioso dei suoi progressi e successi. Chissà se lo aveva visto a Sanremo nel 2006 quando era andato con gli Ameba 4. O se lo aveva visto nel 2010. Se sapeva che c'era anche lui. Se lo aveva minimamente pensato.

Ma a lui cosa importava? Lui odiava Fabrizio e Fabrizio odiava lui. Perché, insomma, per abbandonare una persona da un mese all'altro devi proprio odiarla, eh? Chissà cosa gli aveva fatto, se l'era sempre chiesto nelle sere solitarie a Roma. Aveva sofferto come un cane concentrandosi sullo studio e sulla musica, dando più esami possibili, poi non riuscendo ad accettare l'idea di stare nella sua stessa città era tornato a Bari, continuando lì l'università, che poi non concluse mai.

Ma adesso a quei sentimenti di affetto si era sostituito un sentimento di odio e vendetta, quasi, perché per lunghi diciassette anni aveva taciuto sui suoi sentimenti. Non era mai stato un tipo rabbioso, però se solo avesse avuto davanti Fabrizio Moro, poteva giurare di volerlo prendere quantomeno a schiaffi per tutto il male che gli aveva fatto e per tutto lo scompiglio che gli aveva creato, al punto tale da rinunciare di passare il compleanno con le persone che amava per stare con lui e dirgli la sua.

Fabrizio, intanto, era tornato nel camerino con tutta l'adrenalina ancora in circolo. Aveva spaccato e ne era cosciente, non c'era sensazione più bella.

Bussarono alla porta. «Avanti!» esclamò convintissimo fosse qualcuno dello staff. E invece no. Chi entrò era un ragazzo riccio con i capelli corti, il corpo magro e pallido. Fabrizio rimase immobile. «Che ci fai qua?» chiese.
«Mi sa che devi ripassare i capitoli sui convenevoli. L'altro giorno a casa mia te ne sei uscito con "cazzo" adesso con questa domanda. Non ci siamo proprio». Aveva un tono ironico, ma Fabrizio non ci trovava nulla da ridere in quella situazione. «Sono venuto a farti i complimenti. È stato un bel concerto, sul palco sei una bomba» aggiunse notando il silenzio catatonico di Fabrizio.

Fabrizio dall'altro lato nella stanza si sentiva la gola arida. Non si riusciva a spiegare perché Ermal fosse venuto al suo concerto. Lui, in fondo, pur di dimenticarlo aveva anche iniziato a cambiare le sue canzoni in radio, lo aveva evitato in ogni modo possibile. Aveva mantenuto l'atteggiamento da duro anche durante la foto di Sanremo, l'unica volta in cui si era sciolto un po' era stato ad Amici all'inizio del mese.

Ma poi tutti i ricordi erano ritornati alla mente, quel pomeriggio all'hotel, le pasticche, l'ospedale, vivere in strada, la musica. Tutto. E si era ricordato il perché, così aveva deciso di allontanarsi di nuovo. Era meglio che fosse Fabrizio ad essere odiato. «Grazie» rispose semplicemente con un tono incolore. In realtà dentro sentiva lo stomaco fare le capriole ed il cuore che ormai aveva vita propria, tanto andava veloce.
Ermal intanto avanzava verso di lui. «Dobbiamo parlare» disse. Fabrizio trasalì conscio del fatto che non potesse essere nulla di buono.
«No, guarda, io non ho niente da dirti» rispose il moro per evitare di prolungare l'agonia.
«Ma io sì. Quindi ora ti siedi e parliamo come due persone adulte». Sul viso di Ermal si dipinse uno strano sorriso, sembrava divertito, mentre il viso di Fabrizio era teso come una corda di violino.

Fece un lungo sospiro e si sedette sul divano. Anche Ermal si sedette; erano divisi solo da pochi centimetri di vuoto. «Dobbiamo riprendere da dove abbiamo lasciato l'altra sera...». Fabrizio stava per replicare che forse non era il caso, che non c'era ragione di cominciare qualsiasi discussione perché sapeva di essere – in parte – il responsabile di quella serata finita male. Ma non ebbe il tempo di farlo perché si ritrovò Ermal sulle sue labbra che gli stava dando un bacio da togliere il fiato.

Quanto gli erano mancate quelle labbra, quei sospiri, quel profumo. Stava finalmente respirando.

Quel pomeriggio Ermal e Fabrizio si erano incontrati come al solito al parchetto dell'EUR. Nonostante fosse gennaio e facesse freddo, avevano mantenuto quest'abitudine. Fabrizio era ormai certo dei sentimenti che provava per il ragazzo, anche se era ancora turbato: per troppo tempo si era rifugiato nelle braccia di ragazze disposte a concedersi amplessi veloci senza intimità.

Erano seduti sotto un albero, il vento soffiava freddo ma nessuno dei due aveva intenzione di andarsene. «Ma quindi è vero che vai a Sanremo?» chiese Ermal ancora una volta. Fabrizio rise abbassando la testa. «Sì, Ermal, è l'ennesima volta che te lo dico».

«Ma non è che mi diventi famoso e poi non mi calcoli più?» chiese il riccio preoccupato. «Ma che, al massimo divento ancora più sfigato».

«Sei talmente bono che faresti stragi di ragazze» disse Ermal dandogli una leggera spallata. Fabrizio rise imbarazzato da quel complimento. Poi si fece serio. «Davvero credi che io sia bono?» chiese marcando particolarmente sulla parola "bono".

«Ma certo! Non mi dire che non ti sei accorto di come le ragazze cadono ai tuoi piedi!»

«Peccato che pare che l'unica persona che vorrei non se ne sia accorta» commentò amaramente.

«Non mi avevi detto di esserti innamorato» nella voce di Ermal si percepiva una nota di...gelosia?

«Non è semplice parlare di sentimenti per me» rispose facendo spallucce. «Sono un tipo molto istintivo». E detto questo si girò verso Ermal, gli prese il viso dolcemente e lo baciò.

Fu un bacio tenero e bisognoso d'amore allo stesso tempo. Fabrizio si rese conto con piacere che Ermal non rifiutava il bacio, anzi cercava in tutti i modi di approfondirlo. Ma Fabrizio lo impedì, Ermal era così fragile che non meritava fretta. Meritava la calma e la cura, la leggerezza e la sua totale dedizione. Fu Fabrizio a staccarsi, poggiando la fronte su quella di Ermal e sorrisero. «Mi piace questo tuo essere istintivo, sai Fabrì? Dovresti esserlo più spesso». Fabrizio sorrise e lo baciò di nuovo.

Come nel lontano 2000, anche nel 2017 Ermal era bisognoso di andare oltre il bacio per recuperare il tempo che avevano perso. Gli anni che erano sfuggiti al loro controllo dividendo le loro strade che per un periodo erano state quasi parallele. E Fabrizio lo percepiva, sentiva le mani del più piccolo correre lungo la sua schiena arrivando fino ai capelli. Sei un drogato di merda – pensò – sei un drogato di merda e lo farai soffrire. E lui ha già sofferto abbastanza e non lo merita.

Fabrizio interruppe di scatto il bacio allontanando Ermal e lasciandolo interdetto. «Non possiamo» disse semplicemente alzandosi di scatto.
«Perché?» sembrava più una supplica che una domanda.
«Perché non possiamo. Tu hai una compagna ed io due figli, non siamo più i ragazzini di una volta senza responsabilità». Ermal si sollevò dal divano con uno sguardo pieno d'odio. «L'unico ragazzino senza responsabilità, ai tempi, sei stato solo tu che sei sparito senza dare spiegazioni a nessuno!» Fabrizio sospirò ricordandosi che era sempre meglio essere odiato, almeno lui avrebbe sofferto di meno.
«Ti prego, vattene» lo supplicò aprendo la porta.
«No, Fabrì, cazzo. Ho abbandonato tutti i miei amici la sera del mio compleanno per venire da te! Non me ne vado manco per il cazzo!» 

Il suo compleanno. Già, era il 20 aprile. Si sentì uno stronzo, di quelli potenti, di quelli che puoi solo odiare al punto da investirli con un camion, passarci di sopra un paio di volte e non sentirti minimamente in colpa perché in fondo hai reso il mondo un posto migliore. «Bene, allora me ne andrò io» disse raccogliendo le sue cose ed uscendo dal camerino.

Aveva smesso di nuovo di respirare.

Amare me, difficile 
Come amare chi se ne va via.

(La tua canzone – Coez)

Angolo autrice:

Di solito non sfrutto mai questo spazio, per ovvie ragioni, oggi, però, è necessario. Vi ringrazio per tutte e visualizzazioni e le stelline per tutti i complimenti e per tutti i commenti. Sono davvero contenta che questa storia stia piacendo. Grazie di tutto, veramente.

Chiara. 

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Una raccolta di piccole storie tankele, spero vi piaccia.