L'AMORE AI TEMPI DEI SOCIAL

By quandoquandoquando

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Tancredi vede una foto della persona che ha amato. Per lenire il dolore provocato da una ferita d'amore scegl... More

L'AMORE AI TEMPI DEI SOCIAL

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Notte, camera buia. Il riverbero luminescente del cellulare colora il volto di Tancredi di un pallido bianco, tendente al verde. Sta guardando la home di Instagram, aggiornandola meccanicamente ogni 5 minuti, come se un orologio all'interno della sua testa facesse scattare un allarme, che con un afflato inconscio gli suggerisce di aggiornare la pagina. Occhi ipnotizzati dalle vite degli altri. Scorre con il dito. La sua attenzione è catturata da una foto in particolare: una ragazza di spalle. Ha i capelli lunghi, biondi, tenuti ordinati da una fascia blu, voltata, guarda l'orizzonte. Davanti a lei il mare ed un promontorio di roccia calcarea, intruso, che prepotentemente entra a far parte del paesaggio. Porta degli short di jeans, un top bianco di pizzo che fa trasparire la pelle dorata dal sole, scarpe di tela blu con suola bianca. Si chiama Alice, poco tempo fa era la sua ragazza. Continua a guardare la foto. Alice è in piedi all'ombra di una acacia, l'aria fresca che viene dal mare. Vorrebbe far par di quel momento, si immagina di fianco a lei. Sogna ad occhi aperti una vacanza insieme, in una città del Sud della Spagna che si affaccia sull'Africa. Le notti a ballare maldestramente sulle note di una canzone andalusa, mangiare etnico e comprare cianfrusaglie. Fare l'amore tutta la notte con i rumori della città in festa di sottofondo, passeggiare senza tempo. Perché ci siamo lasciati? Si domanda tra sé e sé. Non conosce la risposta precisa, il motivo vero, quello importante; prova rammarico, frustrazione, gelosia. Con chi era quando ha scattato la foto? E dove? Preme il tasto centrale del cellulare, la schermata dell'applicazione si avviluppa in sé stessa ed in una frazione di secondo svanisce. L'immagine di lei è ancora vivida nella sua mente. Pensieri feroci gli scorrono veloci, vorrebbe gridarli ad Alice. L'amarezza di un'occasione perduta ha un sapore nitido,decide di coprirlo fumando una sigaretta. 

Si alza dal letto e prende una Chesterfield dal pacchetto mezzo vuoto, buttato lì, sulla scrivania. Esce. Il piccolo terrazzo si affaccia su Via Romolo Gessi, vive al quarto piano del numero 2, si è trasferito da poco. La serata è calma e placida, gli edifici caldi trasudano umidità e vapore, il Tevere gorgoglia silenziosamente. Accende la sigaretta, ammonisce se stesso con il pensiero che dovrebbe smettere, tira boccate profonde, calme e ritmate, espira nuvole di coltre densa che rimangono sospese nell'aria. Non ha voglia di restare a casa da solo, sa bene che penserà tutta la notte ad Alice, tanto vale che rimanga insonne da un'altra parte, in compagnia di qualcuno, conclude. La gamba gli vibra, è il cellulare. Lo sfila dalla tasca dei jeans, sblocca la schermata nera traslucida. È un messaggio di Valentina. 

 L'ha conosciuta su Tinder. Non gli piace granché, l'app. Le ragazze, lì, non cercano veramente nulla, la maggior parte, almeno. Un luogo virtuale dove si scambiano conversazioni fugaci. Usandola ha capito che in realtà lo scopo che spinge una ragazza ad aprire un profilo su Tinder, o su altre app del genere, è sete di vendetta, che sgorga da ferite amorose. La Valentina di turno si è lasciata con il ragazzo, in modo tragico, come sempre. Ora vuole "ricominciare" "avventurarsi" "conoscere nuova gente". In pratica vuole rimettersi in gioco. La vendetta, però, non si consuma incontrando nuovi partners. La speranza risiede nella possibilità che l'ex, anche lui provvisto di profilo Tinder, con foto ammiccanti, che lo ritraggono avvicendato a contrarre l'addome e pompare il bicipite, casualmente capiti, tra uno swipe left o right, sul profilo della Valentina di rito. L'idea che lei sia già sul mercato, pronta a scopare fino a perdere il fiato, con ragazzi magari più dotati di lui, lo getta in uno stato confusionale. Non è confacente all'idea che ha della sua ormai ex, la stessa che lo coccolava sul letto, mentre guardavano una serie Netflix, che lo contemplava dritto negli occhi e gli diceva ti amo. Che ogni mattina gli augurava il buongiorno con un vocale caloroso. Tutto ciò getta il povero ex in un cataclisma emotivo da cui non ha scampo, una spirale assassina. La vendetta si consuma, il povero cristo torna strisciando, tutto quadra, come prima. Valentina si è lasciata da due settimane, o poco più. Il motivo piuttosto semplice: lui l'ha tradita. Nel momento in cui è stato smascherato l'ha implorata di non lasciarlo, se ne esce con un pentito " Non avrei mai dovuto farlo" voce strozzata. Lei è una ragazza orgogliosa, e dunque non ha ceduto alla suppliche, ora, è, nel pieno della sua vendetta. 

Il messaggio recita un semplice "che fai stasera?" Gli piace Valentina, decide di rispondergli. "Nulla di che, vediamoci" digita sulla tastiera del cellulare. Messaggio inviato, 22:34. Finisce la sigaretta, catapulta il filtro con la piccola brace ancora accesa oltre il terrazzo, carambola per aria come una lucciola pigra, svolazzando soffice verso l'asfalto della via. Vibrazione. Lo schermo si illumina, è sempre Valentina, "Ok! mi va di bere qualcosa, possiamo vederci a Trilussa, o ti va di fare altro?" Tancredi risponde " Mi sembra perfetto, mezz'ora e sono lì, a dopo". Rientra nella stanza sollevato, deve cambiarsi. Apre il piccolo armadio bianco, sceglie dei pantaloni di lino color cachi, a questi abbina una maglietta semplice bianca, attillata. Cerca per la stanza le espadrillas che ha comprato un mese fa a Barcellona con suo fratello. Le trova buttate vicino alla sedia della scrivania. Si dirige in bagno. Apre il rubinetto del lavandino, un getto morbido d'acqua scorre tranquillo. Si lava il viso. Mette un profumo da due soldi, pettina i capelli, guarda il proprio riflesso nello specchio e si compiace di ciò che vede, può uscire. Prende il cellulare, il portafogli, l'anello d'argento e le chiavi dello scooter, si avvia verso la porta. 

La tromba delle scale è buia, la fotocellula si attiva con il suo arrivo, una luce da ospedale illumina tutto intorno. Scende e sente la pedata della scala consumata, la suola della scarpa che ci struscia e fa rimbombare per tutto il palazzo un rumore solido di passi. Esce in strada. Avverte l'umidità pesante. Lo scooter è parcheggiato sul marciapiede. Sfila il casco dal bauletto, ne ha solo uno, l'altro l'ha lasciato a casa. Valentina porterà il suo, come l'ultima volta. Gira le chiavi nel quadro e mette in moto, la marmitta borbotta. Prende il lungotevere quasi deserto, è sempre così durante la settimana. L'aria gli entra sotto la maglietta consegnandogli una piacevole sensazione di fresco. Semaforo rosso, si ferma. La strada ha più corsie, accanto a lui c'è una 500 celeste, dentro, due ragazze sulla ventina, cantano un pezzo indie. Luce verde, parte veloce. Arriva a piazza Trilussa, parcheggia vicino, sempre sul marciapiede, sembra quasi che a Roma esistano solo per metterci gli scooter. Blocca-sterzo, blocca-disco, blocca un po' tutto. Si avvia verso la piazza. 

Cerca Valentina. Stringe gli occhi, quasi a ridurli a due fessure, come se così facendo acuisse la vista. Vede una figura snella, ferma, accanto alla fontana in cima alla scalinata, che domina la piazza. Agita il braccio per farsi vedere, lei lo nota, ricambia con lo stesso gesto insieme ad un sorriso. Si vengono incontro. Cammina leggera ed ogni passo sembra impercettibile, come se neanche toccasse il suolo. Si salutano con due baci sulle guance, il profumo di lei gli avviluppa i sensi, non lo lascia andare per lunghi piacevoli istanti. " Bei pantaloni" esordisce lei, rompendo la degustazione olfattiva di Tancredi. La ringrazia abbozzando un sorriso "Li ho presi l'altro giorno, sono comodissimi" una nota di timidezza pervade il suo viso, gli succede sempre quando qualcuno gli fa un complimento. Tutt'a un tratto l'aria è più fresca e si accorge che Valentina stringe il cinturino del casco nella piccola mano abbronzata, "Andiamo a fare un giro?" come se la visione del casco gli avesse suggerito quella domanda, "Certo". 

Salgono sullo scooter, lei non è abituata a girare sulle due ruote, ha un po' paura ed un riflesso istintivo la porta a stringersi dolcemente alla vita di Tancredi. Guida fluido lungo il fianco del Tevere, sfiora l'Isola Tiberina illuminata da una fioca luce bianca. Passa sopra un ponte e raggiunge l'altra riva del fiume. Rallenta leggermente, c'è molta gente per le strada in quel punto, comitive e gruppi di turisti vanno a fare serata a Campo de' fiori. Gira lievemente il capo verso Valentina, il casco ingombrante non gli permette di vederla, l'unica cosa che riesce a scorgere sono i biondi capelli di lei che svolazzano liberi nel vento, "Ci fermiamo qui? Ti va?" Domanda quasi gridando, per farsi sentiere. " Andiamo da te". "Cosa?" Chiede facendo una smorfia con il volto, come ad indicare che non ha capito bene, ma in realtà ha sentito chiaramente la risposta, ma non è pienamente sicuro. "Andiamo a casa tua" ripete, lui gli risponde facendo cenno di si con il capo. Sente un leggera tensione.

 Arrivano. Salgono le scale senza scambiare parola. La chiave che gira nella toppa della porta produce un suono meccanico piacevole. Il corridoio è buio. Entrano in silenzio, come se non volessero svegliare nessuno anche se Tancredi vive da solo. Poggiano i caschi per terra. Valentina lo guarda negli occhi con uno sguardo dolce, chi fa il primo passo? Si sta chiedendo. Tancredi le accarezza la guancia arrossata da troppo sole, la mano scivola tra i capelli e sfiora il suo piccolo orecchio, che sfoggia un perla color avorio. Con il dorso delle dita le sfiora il collo, lei alza il mento e sporge il viso nella sua direzione. Si baciano delicatamente. L'abbraccia. Le labbra si toccano ancora, l'assapora e la odora profondamente. Cade nuovamente in un'estasi olfattiva. Lei si stacca lentamente dal bacio, guarda per un attimo in basso, gli prende la mano e lo conduce verso la camera da letto. Tancredi accende l'abat-jour sul comodino. Non l'ha comprata, faceva parte dell'arredamento della casa. La luce che promana è calda. Continuano a baciarsi in piedi, accanto al letto. Si spogliano adagio, come se volessero assaporare ogni singolo momento del loro incontro. Le sfila la maglietta bianca, riponendola con delicatezza sulla sedia vicino al comodino, insieme ad una pila di altri vestiti. Poi si toglie la sua, Valentina gli poggia il viso sul petto come se volesse ascoltare cosa pensa il suo cuore in questo momento.Batte deciso e più veloce del normale. Vuole decifrare i sentimenti di Tancredi. Lui appoggia le labbra sulla sua fronte, la lascia fare. Si sdraiano, si toccano, si assaporano, si scrutano, fanno l'amore.

 La luce del sole entra dalla finestra aperta e avvolge la camera. La sveglia del cellulare suona fastidiosamente. Tancredi apre gli occhi tanto quanto basta per veder dov'è l'antipatico oggetto che sta facendo rumore. Spegne l'allarme. Torna a dormire. Valentina è di fianco a lui, girata dall'altro lato. Non si è svegliata. Il cellulare vibra. Allunga il braccio verso il comodino mentre sospira annoiato. È Alice, gli ha inviato un vocale. Decide di non ascoltarlo, se si trovasse da solo in questo momento non lo farebbe comunque. Deve metabolizzare il fatto che lei si è fatta risentire dopo più di due mesi. Improvvisamente non è più intorpidito dal sonno. Si alza. In cucina prepara la moca per due. La cucina è piccola, c'è spazio a malapena per un tavolino e due sedie. Apre la finestra e lascia entrare l'aria arzilla del mattino. Una luce chiara illumina un fascio di polvere composto da innumerevoli puntini che fluttuano nell'aria indisturbati. La moca sbuffa vapore caldo e schizza un po' di caffè sul piano da cucina. Tancredi si siede ed a piccoli sorsi beve dalla tazzina di ceramica bianca. Sente dei rumori dall'altra stanza, Valentina si è svegliata. 

Arriva in cucina, distende il corpo snello allungando le braccia verso l'alto e mettendosi sulle punte dei piedi, con gli occhi assonnati ed una smorfia dolce sul viso, gli da il buongiorno. Una volta che che si è servita il caffè da sola, si siede al tavolino, di fronte a Tancredi. "A che ora vai a lavoro?" chiede lei, " Tra mezz'ora, dovrei cominciare a prepararmi infatti". Lei appoggia l'esile mento sul palmo della mano, come per fargli notare che non gli è piaciuta la sua risposta, con un tono leggermente annoiato gli dice " Quando ci rivediamo?". Tancredi esita, finisce il caffè. Non sa se la vuole rivedere, prima de ve ascoltare il vocale di Alice, sentire cosa vuole, perché è tornata a contattarlo dopo due mesi? Credeva che ormai le loro strade si fossero separate."Non lo so, ho tanto lavoro da fare, devo consegnare due progetti per la prossima settimana, forse dovrò lavorare anche tutto il fine settimana". Valentina indaga con lo sguardo, percepisce che c'è qualcosa che Tancredi non le vuole dire, qualcosa è cambiato nel suo atteggiamento, tutt'a un tratto, ne ha solamente la sensazione, vuole chiedergli cosa è successo, ma riserva quella domanda per un altro momento. Si alza, poggia la tazzina nel lavabo. "Capisco, allora vado, non voglio che tu faccia tardi". Gli si avvicina e con la mano gli accarezza dolcemente il braccio. Lui ricambia con un sorriso timido e gli dice che non ha fretta, c'è tempo, può restare ancora un po'. Lo dice senza troppa convinzione, pensa che effettivamente è tardi, però non vuole mandarla via così, senza averle dato una risposta soddisfacente alla domanda che gli aveva fatto poco prima. Valentina tira dritto verso la camera da letto come se non avesse sentito, si veste. Tancredi rimane seduto al tavolo e comincia a dare piccoli morsi ad una brioche al cioccolato. Sente i passi di lei che sta uscendo dalla camera, si alza e le va incontro. Lei lo saluta con un ci sentiamo e gli augura una buona giornata, poi gli da un bacio frugale, a fior di labbra. Tancredi ha giusto il tempo per dirgli grazie, ciao. Vede la figura di lei uscire dalla porta. Improvvisamente gli manca. Finisce la colazione, si mette una camicia di lino bianca, chino beige e mocassini marroni. Prende il casco e le chiavi dello scooter, scende in strada. 

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