Disobey.

Par Freckles_22

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Ridley non aveva mai disobbedito alle regole, ma quando le regole erano diventate quelle del ragazzo che le a... Plus

Introduzione.
Fifth rule: fall in love with me.
Closure.
Butterflies in the stomach.
Liquor Love.
I'll Be Your Prince Charming.
Are you happy?
You Make Me Feel Alive.
Under The Mistletoe.
The End Of Us.
Six Degrees Of Separation.
Sweet Sex.
Stuck On Stupid.
New Rules.
Love Bites.
Take Me To The Other Side.
Just In Case.
Trouble.
Prom?
Save The Last Dance.
Connection.
What About Love?
Rapunzel, Please Lay Down Your Hair.
Red As Blood, Red As Love.
The Happy Ending.
New Life.
Avviso.

Look What You've Done To My Heart.

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Par Freckles_22

Scusate il ritardo.

Buona lettura :)

****

«Luke... che ci fai qui?» Alice lo guardò scioccata, liberandosi dall'abbraccio di Ridley e correndo incontro al ragazzo.

Luke si lasciò cadere a terra sulle ginocchia, senza avere la forza di guardarla negli occhi.

«Di... di chi è?» mormorò appena, prendendosi il viso tra le mani.

«C-Cosa?» Alice si inginocchiò di fronte a lui, prendendogli le mani, confusa dalla sua domanda.

«Ho chiesto di chi è il bambino!» ripeté lui, il tono più autoritario. Ora l'unico sentimento a prevalere era la frustrazione. Avevano sempre usato il preservativo, sempre: se Alice era incinta il figlio non poteva essere suo.

Alice tentò di togliergli le mani dal viso, per guardarlo, ma Luke si tirò indietro, strisciando sul pavimento. Alice sentì le lacrime prendere di nuovo il sopravvento, più forti di prima. Come poteva Luke non fidarsi di lei?

«Luke ma che diavolo di domande fai?» chiese, mentre la paura si trasformava presto in altro. Luke non credeva che, nel caso in cui fosse davvero incinta, quello fosse suo figlio.

Luke Hemmings, il ragazzo che le aveva detto che lei era la donna più importante che avesse mai avuto, proprio lui... stava dubitando di lei, del suo amore per lui.

«Abbiamo sempre... fatto sesso protetto, Ali! Come è possibile che tu sia incinta di me?» Helena prese Ridley per il polso e piano piano scivolarono fuori dal bagno, per lasciar loro modo di parlarsi, senza però allontanarsi di troppo. Luke era visibilmente arrabbiato e questo non prometteva nulla di buono.

«Cristo santo, Hemmings! Come puoi... come puoi non fidarti di me? Io... se dentro di me sta crescendo una vita, beh... è tua, ti appartiene tanto quanto appartiene a me! Se aspetto un bambino, Luke, lo giuro su me stessa... è tuo e non ho nemmeno il dubbio che non lo sia perché sono stata solo con te, Lukey.» Lo disse tutto d'un fiato, perché voleva che lui capisse, che capisse quanto le aveva fatto male con quella domanda. Si avvicinò a lui, allungando una mano per toccarlo. Luke scattò in piedi, allontanandosi di nuovo.

«Non toccarmi, non mi toccare... io... non ce la faccio, Alice. Come posso... prendermi cura di un bambino che oltre tutto non riesco a capire come ho fatto a concepire?» urlò, aggrappandosi al lavandino così forte da farsi venire le nocche bianche. Prese un respiro, ma l'aria gli mancava sempre di più, mentre aumentava il senso di nausea.

«E io? Io come farò? Mi stai dicendo che... che mi lascerai e che mi farai affrontare tutto questo da sola?» Ora anche la voce di Alice si era alzata, ora non piangeva più. Ora aveva solo voglia di uccidere Luke Robert Hemmings nel più violento e doloroso dei modi, voleva vederlo morire lentamente e supplicarla in ginocchio di perdonarlo per quello che aveva detto.

Ma poi... poi sarebbe scoppiata di nuovo in lacrime, lo avrebbe odiato ancora di più perché quello che poteva essere il padre di suo figlio, il ragazzo di cui credeva di essersi profondamente innamorata dopo così poco tempo, non l'amava, non l'amava come lei si aspettava, non l'amava abbastanza nemmeno per crederle né per sforzarsi di trovare una soluzione con lei.

Luke Hemmings non la amava.

E questo era ciò che faceva più male di tutto.

«Non lo so... non so più nulla...» mormorò il ragazzo, fissando il fondo bianco e lucido del lavandino in ceramica.

«Luke... tu mi ami?» La domanda le venne spontanea. In fondo erano passati solo tre mesi, nemmeno lei credeva all'amore a prima vista e poi... ora che ci pensava né lei né Luke l'avevano mai detto l'uno all'altra.

Luke si voltò verso di lei, guardandola finalmente negli occhi dopo tutto quel tempo.

«Ti ho detto che non so più niente, Ali.» Si allontanò, uscendo dal bagno quasi di corsa perché aveva bisogno di aria, lasciando Alice in piedi in mezzo alla stanza, Alice che, se Ridley non fosse giunta a sostenerla appena visto Luke scappare, probabilmente sarebbe caduta a terra. Anche se era già così che si sentiva: distrutta, fatta in mille pezzi, calpestata, usata. Perché lei, anche se lo conosceva da poco, anche se non credeva nei colpi di fulmine, anche se aveva avuto paura di lasciarsi andare, lei, nonostante tutto, lo amava come non aveva mai amato nessuno nella sua vita. Dopo tante delusioni si era nuovamente fidata di qualcuno, si era fidata di un angelo dagli occhi azzurri che le aveva promesso il mondo, quando invece glielo aveva solo tolto.

«Michael accompagnamo Alice a casa» comunicò Ridley al suo ragazzo, appena furono tornati in sala. Michael e Calum guardarono sconvolti le tre ragazze, ancora confusi sull'accaduto. Avevano visto Luke scappare fuori dal ristorante senza nemmeno salutare. Non erano neanche riusciti a trattenerlo. E ora Ridley tornava da loro con Alice sottobraccio e in lacrime, palesemente distrutta, e comunicava loro che la serata era finita.

«Che diavolo succede Ridley?» domandò Michael, alzandosi in piedi. Vedere la sua migliore amica ridotta così lo uccideva e, sapere che probabilmente era stata colpa di un litigio con Luke, lo mandava in bestia. Lui ed Alice erano sempre stati così, sempre fin troppo legati, sempre fin troppo protettivi l'uno con l'altra.

Ridley gli fece cenno di sedersi e di calmarsi, perché i clienti intorno a loro stavano già osservando la scena con curiosità e nervoso al tempo stesso.

«Te lo spiego più tardi, ora andiamo. Ci dispiace ma la serata è finita!» esclamò la ragazza. Calum annuì e prese il portafogli. Michael e Cal pagarono la cena coprendo anche la parte di Luke, poi raggiunsero le loro auto.

Alice quella sera doveva fermarsi a dormire da Calum e Luke, ma a quel punto non voleva altro che tornare a casa. Michael si propose di ospitarla per la notte, ma Alice conosceva il suo miglior amico abbastanza da sapere che avrebbe dato di matto e l'avrebbe fatta stare ancora peggio. Solo Ridley poteva tenerlo a bada e a lei non andava di stare con loro per rovinarsi e rovinare loro la serata ancora di più. Così lo implorò di accompagnarla in stazione, visto che non era troppo tardi avrebbe trovato ancora un treno per tornare a casa.

«Sei sicura di stare bene?» domandò Michael, di fronte alla stazione: erano stati in silenzio durante tutto il tragitto.

«Sì, Mike. Ho solo litigato con Luke... ma si risolverà. Ora ho solamente voglia di tornare a casa e andare a dormire. Tu goditi il resto della serata con Ridley e... state attenti, mi raccomando» disse, pensando tristemente alla sua esperienza: fare attenzione evidentemente non serviva più di tanto se si aveva la sfortuna dalla propria parte, in fondo lei e Luke avevano fatto sempre tutto per bene. Qualcosa doveva essere andato storto.

«D'accordo, ti chiamo domani allora.» Alice annuì e scese dall'auto, stringendosi nella felpa e sperando che Ridley sarebbe riuscita a controllare Michael.

«Che è successo? Dimmelo, ora!» ringhiò Michael, non appena Alice ebbe lasciato l'auto. Ridley si appoggiò alla portiera tentando di stare calma anche se doveva ammettere che Michael un po' la spaventava quando si comportava così.

«Prima dimmi se avevi altri programmi per stasera!» Michael sospirò e rimise in moto, avviandosi verso casa sua.

«Ovvio che ne avevo! Se per te andava bene volevo tenerti a casa mia a dormire» spiegò, asciutto. Ridley annuì.

«Certo che per me va bene! Vengo se l'offerta è ancora valida.» Michael si lasciò sfuggire un sorriso furbo.

«Non dovevi nemmeno chiederlo! Sai che amo dormire con te!» Ridley sorrise, felice di essere riuscita a rilassarlo.

«Perfetto, allora te lo dirò quando saremo pronti per andare a letto.» Michael sbuffò e annuì arrendendosi al volere della sua ragazza.

Quando raggiunsero casa Clifford, Ridley notò subito la presenza di un'altra macchina che non aveva mai visto e cominciò ad agitarsi, ma Michael sembrava tranquillo, così lo seguì docilmente.

«Ciao zia, sono Michael. Siamo tornati prima» urlò lui, appena messo piede in casa. Solo a quel punto Ridley capì che i suoi zii erano lì e Mike non le aveva detto nulla. All'improvviso fu colta da un leggero senso di panico nel pensare che stava per conoscere alcuni dei parenti di Michael. Insomma... la prima impressione era quella che contava e lei aveva paura di come sarebbe apparsa. E se avesse detto qualcosa di sbagliato? E se l'avessero bollata a vita con un'etichetta sbagliata? Deglutì, ma poi sentì la mano di Michael scivolare sulla sua.

«Smettila di essere paranoica! Sei perfetta, andrà tutto bene» la rassicurò, perché aveva capito e Ridley davvero non sapeva come Michael comprendesse sempre tutto.

«Oh, tesoro... già di ritorno? Non ti aspettavo così pre-» La donna che stava spuntando in quel momento dalla cucina si interruppe subito appena notò la ragazzina bionda che stringeva la mano di Michael. «Ciao, io sono Camille, la zia di Michael» disse quindi, rivolgendosi a lei con un sorriso che rilassò un poco la ragazza, facendola sentire a suo agio.

«Piacere, signora. Io... io sono Ridley» biascicò, tentando di sembrare sicura di sé e gentile, mentre stringeva la mano che la donna le aveva allungato.

«Beh... ti avevo avvisato che stasera avrei avuto ospiti, vero?» domandò incerto Michael. Camille annuì e il suo sorriso si allargò ulteriormente.

«Sì ma non immaginavo che sarebbe stata una ragazza così carina! Bene... devo preparare la stanza degli ospiti allora?» domandò. Camille sembrava una donna molto simpatica, somigliava leggermente a Michael, nel taglio degli occhi e forse nel sorriso. Ridley ipotizzò che dovesse avere circa una cinquantina di anni, forse qualcuno in più, ma l'abito femminile e il portamento la facevano apparire più giovane, in contrasto ai segni dell'età sul viso e sul collo. Questo la rendeva una donna veramente molto fine e bella. Forse un po' all'antica a giudicare dalla domanda che aveva appena rivolto a Michael.

Quest'ultimo, infatti, si lasciò sfuggire un colpo di tosse nervoso e lasciò la mano di Ridley solo per passarsela tra i capelli. Ridley, nel frattempo, sentiva le guance andare a fuoco, come da aspettative.

«Veramente, ehm... zia... Ridley sarebbe... ecco... ehm... Ridley è la mia ragazza, zia e... vorrei dormire con lei» balbettò, non con poca fatica. Sapeva cosa le stava chiedendo e sapeva anche cosa avrebbe potuto pensare sua zia.

«Oh, certo, giusto, ehm... beh... allora beh... le preparo un letto nella tua stanza!»

«Fa come ti pare, tesoro, tanto non li fermerai! Ricordati che quando avevamo la loro età nemmeno a noi ci poteva fermare qualcuno!» Un uomo la interruppe, comparendo dietro di lei e posando la mano sulla spalla. Camille sussultò, mentre Michael, ridendo, salutava lo zio. L'uomo sembrava forse un po' più vecchio della moglie, i capelli cominciavano a diventare bianchi, ma aveva un viso decisamente gioviale.

«Smettila di dire queste cose, George! C'è una signorina qui, un po' di contegno per favore!» si lamentò Camille, squadrando il marito.

«Ridley lui è mio zio George... perdonalo, lui è simpatico, lo giuro, ma è senza freni a volte!» spiegò Michael, ridendo a crepapelle. Vederlo così fece sorridere anche Ridley, nonostante l'imbarazzo che aumentò ancora quando lo zio George la salutò.

«Piacere, sono Ridley, la... ragazza di Michael» disse, quella volta precisando il suo ruolo.

«Oh, sì, sì, sono molto felice di conoscerti e perdona mia moglie. Ti preparerà di sicuro una brandina, ma tu fa finta di nulla. L'importante è che non facciate troppo rumore perché qui qualcuno vorrebbe dormire!» esclamò l'uomo. Ridley si sentì andare a fuoco e cercò subito il supporto di Michael, che la prese prontamente per la vita e la attirò a sé.

«Zio! Ti pare il caso?» domandò, fintamente stizzito, ma appena Ridley ebbe appoggiato la testa contro il suo petto, schioccò un occhiolino complice allo zio, che rise e sussurrò un "Complimenti", allundendo a Ridley.

Michael era felice di avere un rapporto così aperto e complice con gli zii. Loro gli volevano molto bene e lo avevano aiutato tanto in quel periodo trascorso da loro. Sua zia secondo lui era una specie di santa mancata, mentre suo zio... beh suo zio era quello che era, erano l'esempio del detto "Gli opposti si attraggono", un po' come lui e Ridley del resto.

Dopo aver chiacchierato un po' con gli zii di Michael, lui e Ridley si rintanarono in stanza, dove Camille aveva effettivamente preparato una branda accanto al letto di Michael.

Il ragazzo scosse la testa sconsolato e rise guardando il letto.

«Pensa se mia zia sapesse quante volte abbiamo fatto sesso su questo letto.» Ridley alzò gli occhi al cielo, poi gli lasciò un bacio sulla guancia.

«Povera donna! Ma la stanza te la pulisce lei?» Michael la prese per i fianchi e stampò un bacio sulle sue labbra.

«Sì, ecco perché tengo i preservativi nascosti sotto la biancheria e mi rifaccio da solo il letto. Non voglio che lei lo tocchi.» Ridley rise e lo abbracciò.

«Sei proprio un bravo nipote!» Michael sorrise malizioso e la spinse fino a farla cadere sul letto.

«E sono anche un bravo fidanzato, no?» ammiccò, prima di baciarla. Ridley sospirò e appoggiò le mani sul suo petto per spingerlo via.

«Sì, bravissimo, ma ora dormiamo!» Michael sbuffò contrariato e si alzò per togliersi i vestiti.

«Guastafeste!» Ridley gli fece una linguaccia e, come se ormai fosse di casa, prese un paio di boxer nel suo cassetto e una maglietta dall'armadio, poi corse in bagno a cambiarsi.

Quando tornò, Michael la stava già aspettando nel letto.

«Dai... leva le coperte, scompiglia un po' la branda per non insospettire mia zia e poi vieni qui con me» disse, battendo sul materasso accanto a lui. Ridley seguì le sue indicazioni e poi si infilò con lui sotto il lenzuolo. Michael la voltò in modo da poter appoggiare il petto alla sua schiena e avvinghiò le gambe tra le sue, per tenerla stretta. Ridley trovò protezione tra le sue braccia e sospirò. Sapeva che quella era la quiete prima della tempesta. Anche Michael lo sapeva, per questo si concesse qualche minuto in silenzio, per respirare il profumo di Ridley, sentire il suo cuore battere e ascoltarla respirare. Gli serviva per concentrarsi, per preparare quello che avrebbe dovuto dire:

«Ora puoi dirmi che diavolo è successo tra Luke ed Ali?» chiese, cercando di restare calmo. Lo faceva solo per lei. Ridley sospirò nel silenzio della stanza.

«D'accordo... senti, Mike... non ti piacerà, ma devi promettermi che starai calmo, okay?» lo avvertì. Michael annuì e le accarezzò la guancia. Gli sarebbe risultato molto difficile, ma doveva provarci.

«Va bene.»

«Okay, allora... Alice pensa che potrebbe essere incinta, ma non ha ancora fatto il te-»

«Che cosa? Stai scherzando, vero?» sbottò Michael, interrompendola subito. Sentiva già la rabbia montare in ogni parte del suo corpo, nonostante l'effetto calmante di Ridley. A giudicare dalla reazione di Luke al ristorante poteva ipotizzare che il racconto sarebbe andato solo peggio.

«Cazzo Michael sta zitto e lasciami finire!» Anche il tono di Ridley si alzò e lei si voltò fino a poterlo guardare.

«D'accordo, ma non urlare con me!» Ridley alzò gli occhi al cielo. Michael era già partito, non sarebbe riuscito a tenerlo a bada.

«Dicevo... Alice potrebbe essere incinta. Luke non l'ha presa bene e... e inoltre, beh... continua a rinfacciarle ingiustamente che il figlio potrebbe non essere suo dato che hanno sempre fatto sesso protetto. Probabilmente la accusa solo per proteggersi perché... non è pronto per tutto questo. Alice è distrutta, soprattutto perché Luke non ha fiducia in lei, credo.»

«Bastardo» ringhiò Michael, tra i denti. La spinse via, già pronto ad alzarsi per fare chissà che cosa.

«Michael... sta calmo per favore!» Michael scosse la testa, voleva solo vestirsi ed andare a prendere Luke per ucciderlo. Anche Ridley si alzò, decisa più che mai a farsi valere in quella strana lite tra di loro.

«Mikey!» gridò, incurante del fatto che avrebbero potuto sentirla. Michael si bloccò con i jeans per metà infilati e la guardò sorpreso.

«Quello stronzo si merita una lezione, Rid! Insomma... l'ha lasciata così... senza... senza dirle una parola, senza la minima intenzione di prendersi cura di lei e di quel bambino! Anzi... Luke non pensa nemmeno che sia suo! Te ne rendi conto?» Ridley si portò le mani tra i capelli, scompigliandoli.

«Michael Gordon Clifford... giuro che se ora non ti calmi esco da quella porta e non mi vedrai per molto molto tempo, okay?» Michael sospirò, lasciando cadere i pantaloni a terra. Si sedette di nuovo sul letto, prendendosi il viso tra le mani.

Ridley si mise al suo fianco, lo abbracciò, accarezzandogli piano la schiena per calmarlo.

«Mi dispiace... Alice è... la mia migliore amica! Mi sono sempre preso cura di lei, Rid! Come... come posso sopportare di vederla così? Come posso lasciare che si prenda cura di un figlio da sola?» Ora il suo tono era più basso, rassegnato, forse spaventato.

«Lei non sarà mai sola, Mikey. Lei ha la sua famiglia e in caso la famiglia non lo accettasse... avrà sempre le sue amiche, me, Helena e soprattutto... soprattutto avrà sempre te! Uccidere Luke ora non ti servirà a nulla se non a peggiorare la situazione! Alice non vorrebbe che tu lo facessi. E non lo vorrei nemmeno io.» Michael annuì, poi si sdraiò sul letto, tirandola con sé.

«Ho... ho bisogno di te.» Era la prima volta che glielo diceva e Ridley non poté far altro che sorridere. Si sdraiò al suo fianco e poggiò la testa sul suo petto, accarezzandolo piano. Il letto era piccolo, ma così attaccati si stava bene.

«Sono qui, Michael, sono qui. Prenditi cura anche di me. Promettimi che non farai mai più nulla di folle ed insensato. Fallo per me, Michael Clifford.» Michael le accarezzò la schiena, poi le sollevò il viso e le diede un bacio a fior di labbra.

«Te lo prometto.»

***

«Luke non è tornato a casa...» constatò Calum, dopo aver aperto la porta della sua abitazione.

«Sei preoccupato?» chiese Helena, seguendolo nell'appartamento e liberandosi della borsa. Calum scosse le spalle.

«Non particolarmente. Sarà tornato dai suoi. Ora lo chiamo. Conosco Luke... sarà devastato, ma non è il tipo da fare pazzie» rispose, prendendo il cellulare. Non dovette nemmeno chiamarlo perché Luke gli aveva lasciato un messaggio.

«Ha detto che è tornato dai suoi, aveva bisogno di parlare con sua madre. A quanto pare non tornerà a casa. Pensavo di stare ancora un po' insieme a te e poi riportarti a casa, ma visto che Luke non c'è... mi chiedevo... ti andrebbe di restare qui con me?» Helena sorrise felice, perché era ancora fiduciosa che glielo avrebbe chiesto.

«Certo, chiamo mamma e la avviso» concordò. Calum annuì e preparò la camomilla con i biscotti, poi una coperta sul divano e quando Helena ebbe finito la chiamata scelsero un film da guardare insieme.

In realtà Calum aveva altri piani per la serata, ma non voleva forzarla. Erano tre mesi che stavano insieme e non c'era mai stato nulla di più che qualche giochetto, un po' di preliminari, ma nulla di esagerato perché Helena non era pronta. Lui la amava ed era pronto ad aspettarla per tutto il tempo necessario, ma ora moriva dalla voglia di fare l'amore con lei.

«Quando Luke tornerà... potresti...»

«Sì, proverò a parlarci però... sai com'è Luke. Prima di conoscere Alice saltava da un letto all'altro e ora... ora vede solo lei, ma... non è pronto per tutto questo. Luke è troppo giovane e scapestrato per una famiglia» commentò, con un sospiro. Helena annuì e si accovacciò tra le sue braccia. Sollevò il viso quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi e lo baciò piano sulle labbra.

«Calum?» lo richiamò, il tono dolce, forse un po' spaventato, come se stesse per dirgli qualcosa di inconfessabile.

«Dimmi.» Helena sospirò.

«Voglio fare l'amore con te.» Calum sgranò gli occhi, decisamente sorpreso. Non si aspettava certo che sarebbe stata lei a chiederglielo.

«C-Cosa? Hel... sei... seria?» Helena sollevò un sopracciglio, decisamente contrariata.

«Calum Hood... sono innamorata di te da sempre, ho diciassette anni, sono vergine e sto con te da tre cavolo di mesi. Pensi che direi una cosa del genere per scherzare?» Calum scosse la testa sorridendo e la baciò con meno dolcezza, spingendola sul divano.

«Non c'è niente che vorrei di più al mondo» mormorò, mentre le accarezzava i fianchi. Helena sorrise, appoggiando le mani sul suo petto e spingendolo via.

«Sono contenta che tu sia felice, ma... vai piano tesoro, okay? Io qui sono nuova del mondo.» Calum rise, sfiorandole il naso con il suo.

«D'accordo... allora vieni in camera con me. Sarò dolcissimo, promesso» mormorò, mentre passava le mani sotto le sue ginocchia. In men che non si dica, la sollevò dal divano facendola sussultare. Helena avvinghiò le braccia intorno al suo collo per reggersi e Calum la portò nella sua stanza, dove la adagiò piano sul letto.

Da quel momento in poi Calum si occupò di tutto: spense la luce, la spogliò, la toccò senza farla imbarazzare, le sussurrò parole dolci mentre le baciava. Ed Helena ricambiò come poteva, sperando di fare le cose giuste, seguendo le indicazioni di Calum, mettendoci tutto l'amore che poteva. Poi Calum cercò un preservativo nel cassetto e si sistemò tra le sue gambe. Le prese il viso e la baciò dolcemente.

«Amore sei sicura?» domandò premuroso, accarezzandole le guance.

«Sì. Mi fido di te e voglio te, con tutta me stessa.» Calum annuì.

«Hel... siamo ancora giovani, ma quello che è successo mi ha fatto riflettere... qualunque cosa succeda, voglio che tu sappia che se penso al mio futuro vedo solo te e voglio una famiglia con te.» Lo disse sinceramente perché con Helena voleva che fosse tutto chiaro. Lei sorrise perché al contrario di tante ragazze che sarebbero scappate, quello era tutto ciò che lei voleva sentirsi dire. Lo abbracciò stretto, per fargli sentire che lei voleva lo stesso. Non gli importava quando purché fosse con Calum.

«Avanti, fammi sentire cosa si prova!» lo incoraggiò allora. Calum sorrise.

«Ti amo, Helena» mormorò, prima di entrare piano dentro di lei. E quella fu la notte più bella della vita di Helena.

***

«Tra meno di un mese torno in Francia, direi che ormai con Michael mi sono rassegnata!» fece notare Brianna. Ashton le aveva chiesto per l'ennesima volta cosa intendesse fare, ma a Brianna a dir la verità non importava più niente di Michael, aveva trovato qualcosa di meglio da fare che perdere del tempo dietro a lui.

«Beh... quantomeno hai trovato un amico!» osservò Ash, porgendole l'ennesimo bicchiere di Cola Malibù, la Vodka era finita già da un pezzo. Brianna alzò le spalle e si appoggiò noncurante al bordo del letto di Ashton.

Capitava spesso che lui e Brianna finissero a far serata insieme e poi a casa di lui, solo per giocare alla play, guardare film o semplicemente parlare. A Brianna piaceva stare con Ashton e parlare con lui, Ash la capiva meglio di chiunque altro al mondo.

«Già... odio il fatto che tu sappia più cose di me di quante ne sappia io stessa» ammise, finendo il bicchiere in due sorsi. Di solito si davano alla birra, ma quella sera ne avevano poca e quindi avevano deciso di cambiare. Inoltre per quella loro serata, dato che non c'erano i suoi genitori, Ash si era procurato anche un po' d'erba, di quella buona a detta sua, così avevano rollato un paio di canne. Le girava la testa e parlava anche per niente, però era ancora lucida.

«Ah, e sai una cosa? L'altro giorno mentre mangiavi a mensa ho notato una cosa che non mi avevi detto» borbottò Ash, prendendole il polso. Scostò gli innumerevoli bracciali che portava e additò la macchia nera e sbiadita a forma di cuore. «Ecco, questo... scommetto che non in molti lo sanno» concluse, soddisfatto per averci fatto caso. Brianna non sorrise nemmeno, si limitò ad una strana smorfia. Non sapeva se essere sorpresa o felice che qualcuno lo avesse visto dopo tanti anni, escluse le sue amiche che lo sapevano. Ed era curioso che lo avesse notato proprio Ashton.

«Perché mi guardi mentre mangio?» domandò lei, cambiando argomento. Non le andava di parlare di quella cavolata che aveva fatto in passato. Ashton sorrise come solo lui sapeva fare.

«Ti guardo perché sei bellissima quando mangi. Non ho mai visto nessuno sembrare elegante anche mentre mangia i panini della mensa.» Brianna sorrise e, per la prima volta nella sua vita, si sentì arrossire. «Comunque non cambiare argomento, voglio sapere che cos'è questo» proseguì Ashton, accarezzando il tatuaggio sul suo polso. Brianna sospirò e: «È proprio quello che vedi, uno stupido cuore storto che mi sono fatta tatuare da un mio amico. Lui aveva diciotto anni, io solo tredici, eravamo nel garage di casa mia e facevamo una specie di festa. Eravamo tutti ubriachi ed è uscita questa stronzata» spiegò asciutta. Ashton scoppiò a ridere e avvicinò il viso al suo. Per la prima volta Brianna poté vedere i suoi da vicino e giurò di non averne mai visti di simili. Erano chiari, di un verde che le ricordò qualcosa di simile al colore della speranza.

«Ha fatto male?» Brianna sollevò le sopracciglia contrariata.

«E me lo chiedi pure, Irwin? Era ubriaco e me lo ha fatto in un garage con gli spilli e l'inchiostro! È ovvio che ha fatto male! Due giorni dopo avevo le croste alte almeno tre centimetri e ho avuto la febbre quasi per una settimana!»

«Pazza Bree! Tutto per un cuoricino. E perché poi? Eri innamorata del tuo tatuatore da strapazzo?» domandò beffardo.

Brianna lo spinse leggermente, ma Ashton la prese per i polsi e ricadde all'indietro tirandola con sé sul pavimento.

Brianna si ritrovò completamente appoggiata su di lui, le mani aperte sul suo petto fin troppo muscoloso, i loro visi a meno di due centimetri di distanza, il respiro caldo di Ashton sulle sue labbra.

"Crazy" degli Aerosmith cominciò a rimbombare nella stanza di Ash, mentre lui sorrideva come compiaciuto.

«N-No... ero... ero solo una stupida tredicenne che si sen-» Brianna non ebbe il tempo per finire la frase perché Ashton passò una mano dietro la sua schiena e la tirò bruscamente contro di lui.

«Magari anche tu ti meritavi un po' d'amore.» Brianna sussultò, ma poi sentì le labbra di Ashton sulle sue e tutto il resto non ebbe più un senso apparente.

Strinse la sua maglietta, mentre schiudeva le labbra per permettere alla lingua di Ashton di incontrare la sua. Quando successe, una sensazione strana la invase, come non ne aveva mai provate. Si sentiva come sospesa e tutto quello che sentiva era Ashton sotto di lei e la voce di Steven Tyler nelle orecchie.

Ashton le sollevò il viso, interrompendo il bacio. Forse era colpa dell'alcol, forse dell'erba, o probabilmente lo voleva davvero. Tutto quello che sapeva era che Brianna lo faceva sentire vivo.

«I'll go crazy, crazy... baby, I'll go crazy. You turn it on, then you're gone. Yeah you drive me crazy...» Brianna non poté far altro che sorridere, mentre lui premeva di nuovo le labbra sulle sue e la spingeva sotto di sé sul pavimento.

Nessuno dei due fece domande, nessuno dei due se ne pentì, per quella sera. Ogni loro dubbio, ogni loro problema, si consumò nei loro baci, annegato nei loro gemiti e nei loro sospiri. E, quando Ashton la fece sua quella notte, Brianna capì per la prima volta cosa fosse la felicità. E capì anche che non sarebbe durata a lungo.

***

Michael ci provava davvero a restare calmo, ma tutta quella indifferenza da parte di Luke lo stava facendo uscire di testa. Era una settimana che il biondo non si avvicinava a loro e soprattutto a lui. Non aveva scambiato parola con nessuno, se ne stava sempre solo a riflettere e Michael sapeva per certo che non aveva nemmeno mai chiamato Alice, perché glielo aveva detto lei un giorno.

Alice continuava a ripetere che voleva lasciargli il tempo necessario per pensarci, che prima o poi Luke si sarebbe rifatto vivo, ma l'odio di Michael nei suoi confronti aumentava sempre di più. Detestava il fatto che Luke non ne facesse parola nemmeno con loro.

Stava aspettando Ridley fuori da scuola quando lo vide. Si limitò ad un cenno del capo nella sua direzione, che Luke, per l'ennesima volta, non ricambiò. Proseguì dritto, fingendo di non notare Michael. Quest'ultimo corrugò la fronte in una smorfia, mentre sentiva la rabbia montare a livelli insostenibili. Non pretendeva che Luke accettasse l'idea di avere un figlio. Forse era troppo giovane per quello, ma certo non lo era per fingere almeno di assumersi le sue responsabilità. Si alzò di scatto, correndo spedito nella sua direzione, determinato a rivoltare quel ragazzino come un calzino perché se lo meritava: nessuno faceva soffrire Alice Reed.

«Hemmings! Figlio di puttana! Non hai neanche le palle per parlarmi?» urlò, raggiungendolo in un attimo. In meno di un secondo tutti i ragazzi fuori da scuola si voltarono a guardarli, incuriositi dall'accusa di Michael.

«Lasciami stare, Clifford! Quello che è successo non è un tuo problema, chiaro? Stanne fuori» ringhiò Luke, che al momento non aveva paura di Michael. Un po' d'ansia cominciò ad assalirlo solo quando Michael, preso da una rabbia che non gli aveva mai visto, lo prese per il il collo della maglietta, sollevandolo letteralmente da terra.

Probabilmente aveva sottovalutato Michael, se ne rese conto solo quando lui lo spinse violentemente contro il tronco di un albero nel giardino, guardandolo negli occhi con uno sguardo che Luke non gli aveva mai visto. Quelli di Michael sembravano incredibilmente freddi e allora sì, Luke cominciò ad aver paura.

«Non è un mio problema? Come puoi dire che non è un mio problema? Alice è la mia migliore amica, cazzo! L'hai messa incinta e ora non hai nemmeno i coglioni per assumerti le tue responsabilità? Che cazzo di uomo sei, Hemmings?» gridò, prendendolo per la gola. In un istante Luke si ritrovò per terra, Michael in piedi di fronte a lui.

«E tu che uomo sei che pensi di risolvere i problemi così?» A quelle parole, il pensiero di Ridley spuntò nella mente di Michael, l'immagine della sua piccola Ridley nell'atteggiamento dolce di qualche sera prima, mentre lo calmava e si faceva promettere che non avrebbe combinato cazzate.

Glielo aveva promesso, sì, ma in fondo Ridley avrebbe capito, giusto? Ridley doveva capire per forza, lui non si sarebbe fermato, a quel punto si era spinto troppo oltre per tornare indietro.

Luke si alzò, deciso a difendersi, ma Michael non gliene lasciò il tempo e Luke si ritrovò di nuovo contro la pianta, il pugno di Michael sull'occhio destro che bruciava come se avesse preso fuoco. Boccheggiò per qualche secondo, poi fu il suo turno di attaccare, colpendo dritto sul naso Michael, che indietreggiò di qualche passo. Si toccò il viso e, quando sentì qualcosa di caldo e umido sulle mani, la rabbia lo invase ulteriormente. Alla vista del sangue un conato di vomito lo scosse, facendolo barcollare. Ringhiò qualcosa di incomprensibile tra i denti e spinse Luke fino a farlo cadere a terra, finendo sopra di lui.

Intorno a loro cominciavano ad alzarsi i cori degli altri studenti, che si erano radunati intorno ai due, urlando incitamenti fin troppo violenti.

Michael colpì di nuovo Luke in viso, ma quest'ultimo lo spinse a terra ribaltando le posizioni. Assestò una ginocchiata nello stomaco a Michael, che si contorse per terra, sentendo il respiro venire meno e sputando a terra quello che gli parve altro sangue.

Ma Michael era più forte, Luke se ne accorse quando il ragazzo riuscì a sbatterlo di nuovo a terra, poi si alzò in piedi e Luke si sentì quasi mancare quando lo colpì prima nel fianco destro con un calcio, poi nel sinistro. Luke stava già per implorare pietà quando una voce fin troppo familiare sovrastò gli altri cori.

Michael fino a quel momento non aveva fatto caso a nessun coro, ma quella... quella voce l'avrebbe riconosciuta tra milioni, anche in una folla di persone urlanti.

«Michael! Michael smettila!» Ridley urlò solo questo, mentre cadeva in ginocchio di fronte a loro, dopo essersi fatta strada tra la gente accalcata. Teneva lo sguardo su Luke, scioccata, non aveva nemmeno il coraggio di alzarlo su di lui. Fu solo questione di un attimo prima che le lacrime cominciassero a scorrere sul suo viso. E Michael allora non poté far altro che fermarsi, perché aveva ferito un'altra persona, l'unica per cui doveva davvero valere la pena di combattere.

Lasciò perdere Luke e, mentre qualcuno si avviava a soccorerlo, barcollò verso di lei, abbastanza stremato, spaventato, terrorizzato per la sua reazione. E Ridley infatti si alzò, allontanandosi da lui, corse via per non doverlo vedere.

«Ridley! Ridley aspetta, ti prego... io...»

«Sta zitto Michael! Non mi toccare cazzo! Stammi lontano! Me lo avevi promesso... me lo avevi promesso...» La sua voce si ridusse ad un sussurro, mentre si appoggiava sfinita all'auto di Mike che quel giorno avrebbe dovuto portarla a casa.

«Mi dispiace Rid, io...» La abbracciò, mentre lei semplicemente restava inerme, senza parlare, piangendo.

Ridley voleva bene ad Alice, ma questo cosa significava? Voleva dire che lei, per Michael, valeva meno della sua migliore amica? Aveva promesso che sarebbe stato buono per lei, ma non lo aveva fatto, e ora tutto quello che sapeva dire era solo uno stupido "Mi dispiace".

«Me lo dirai mai, Michael?» chiese, sollevando il viso verso il suo. Michael la guardò per un secondo, confuso.

«Che... che cosa?»

«Che mi ami. Pensi che me lo dirai mai?» Glielo chiese, ora Ridley aveva bisogno di saperlo, perché Michael non era più in grado nemmeno di dimostrarglielo.

****

Eccomi qui :)

La mia amata Muke che fa a botte D: però ci stava, suvvia hahaha. Abbiamo uno zuccheroso Cal cijsdisxdiwxbedqw (datemi Hood, ora. I want him.)

Ancora grazie di tutto ragazze... Perdonatemi se qualche volta, o spesso, ritarderò di qualche giorno ma la scuola mi sta uccidendo e non voglio pensare che siamo solo all'inizio..

Un bacione,

Sara.

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