Il ragazzo della 113 | Noah C...

By SthefannyStories

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Le regole alla Columbia University sono poche e precise: puntualità alle lezioni, tenere uno studio costante... More

Cast
Prologo
1. Columbia
2. Frutto proibito
3. Guida Turistica
4. Connie
5. "Siamo amici"
6. Football&Cheesburger
7. Fuoco
8. Questione di fiducia
9. MagBlue's
10. Cappuccino
11. Rissa
12. Tregua
13. Il tuo tocco
14. Insieme
15. Bacio Rubato
16. Fratelli Protettivi
17. Fratelli giganti e buoni
17. Fratelli giganti e buoni
18. Nostalgia
19. Maglioni imbarazzanti
20. Momenti imbarazzanti
21. Il Ringraziamento
22. Goodbye Brother
23. Auschwitz 1941
24. Giro Turistico In Presidenza
25. Casa Walker
25. Casa Walker
26. Mi affido a te
27. La partita
28. Il ballo
28. Il Ballo
29. Un mare di bugie
30. La verità
SEQUEL
Ringraziamenti
LULLABY

Epilogo

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By SthefannyStories

▶️River Flows in You - Yiruma

Sei sicura di volerlo fare, è questo quello che vuoi?
La voce di mio padre, continuava a risuonare nella mia mente in modo continuo, mentre indossavo il giubbotto anti proiettile, sotto la mia maglia bianca a maniche lunghe. A fasciarmi le gambe, ci avevano pensato i pantaloni da tuta grigi e ai piedi le mie fedeli All Stars bianche, assai sgualcite durante il corso del tempo.

Mi guardai allo specchio, pettinandomi lentamente i capelli con la spazzola della mamma, lasciando che le ciocche mi sfiorassero il collo e le spalle, come i ciuffi d'erba sulla riva del fiume. Non avevo messo alcun tipo di trucco, per coprire le occhiaie tremendamente evidenti sotto i miei occhi o del fondotinta, per dare un po' di colore alla mia pelle pallida. Non era il momento per pensare all'aspetto fisico, quando il mio cuore era ancora alla disperata ricerca di ritrovare i propri cocci, sparsi nella disperazione delle mie lacrime, stretta fra le braccia di mio padre, che non aveva perso tempo a soccorrermi in un momento di debolezza. Era stato occupato per rendersi disponibile per la propria patria per mesi, lasciandosi tutto alle spalle, nello stesso istante in cui aveva capito che avevo bisogno di lui. Servire il mio paese è un dovere, ma la mia famiglia viene sempre al primo posto. Prima di ogni cosa. Era ciò che non aveva mai smesso di dire a me e a mio fratello, fin da quando eravamo bambini.

"Lascia fare a me, Scricciolo." Mormorò Aidan, raggiungendomi alle mie spalle con la sua mostruosa imponenza. Prese dalle mie mani la spazzola, iniziando a pettinarmi i capelli con estrema cura. Quando ero arrivata - una settimana fa - alla base militare dell'Aeronautica, nei pressi di Washington che ospitava gli aeroplani ufficiali del Presidente degli Stati Uniti, nella contea di Prince George, ero stata accolta dalla meravigliosa presenza di mio fratello. A nostro padre era sembrata una giusta e buona occasione per riunire nuovamente la famiglia Johns, così aveva fatto inviare a San Diego un piccolo e lussuoso aeroplano militare privato esclusivamente per Aidan, che era volato qui senza troppe cerimonie.

Alzai il mio sguardo in direzione dello specchio, incrociando il mio con il suo, accennando un sorriso davanti ai suoi occhi verdi ed affettuosi. Mi legò i capelli in una coda perfetta, mettendo in risalto i miei zigomi e i miei occhi castani, completamente avvolti dalle lenti a contatto. "Fai attenzione questa sera quando sarai la dentro. Se ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei." Mormorò, sfiorandomi le spalle con le sue mani grandi e calde.

"Starò bene, Aid. Abbi fiducia in me." Parlai, girandomi pronta per essere stretta in un abbraccio dalle sue braccia muscolose ed accoglienti. Ed era sempre ciò che - negli ultimi giorni - aveva fatto. Mi era sempre stato costantemente vicino da quella sera, mi aveva ascoltata e mi aveva fatto versare tutte le lacrime che avevo trattenuto, per non cedere davanti agli occhi di tutti.

Va tutto bene, scricciolo, va tutto bene. Erano state le parole che mi avevano consolato, che mi avevano fatto sentire a casa. Non sarei mai riuscita a ringraziare mio fratello, per tutte le volte che c'era stato per me.

"Tua sorella è una ragazza forte e molto determinata." Dichiarò nostro padre, entrando all'interno della stanza, su cui avevo trascorso gli ultimi sei giorni. L'uomo più importante della mia vita, come d'altronde lo era anche mio fratello, indossava la sua fedele divisa e il basco posizionato perfettamente sopra la folta capigliatura castana. L'espressione del volto esprimeva chiaramente un'evidente stanchezza, che veniva mascherata dal sorriso allegro che si presentava sulle sue labbra, accennando quella piccola fossetta.

Sorrisi, sentendo le sue braccia forti, stringerci tutti e tre in un abbraccio di famiglia. Ero, in quel momento, dove avrei sempre dovuto essere. "Non sarei diventata quella che sono, senza l'attenzione e le cure amorevoli di mio fratello." Parlai, guardando Aidan che mi regalò un dolcissimo sorriso affettuoso. "E' tutto merito suo." Sussurrai, sentendo nuovamente le sue braccia avvolgere la mia figura minuta, sotto lo sguardo fiero di nostro padre. Nonostante cercasse di non far trapelare alcuna traccia di tristezza nel volto, probabilmente incolpandosi per non aver avuto dei meriti nel risultato della mia crescita. Ma non gliene facevo alcuna colpa, aveva dei doveri verso questo paese ed era giusto così.

"La squadra F2 è pronta a riportarti a New York, tesoro." Annunciò, facendomi tornare con i piedi per terra. "Fai attenzione e non dimenticarti ciò che ti ho insegnato." Parlò facendomi annuire con un cenno del capo, per più volte. "Ci vediamo questa sera, bambina mia." Dichiarò, prima di stringermi nuovamente a sé.

Tornai a New York all'interno di un carro militare, mentre altre tre pattuglie ci seguivano alle nostre spalle. Il tragitto per tornare a New York durò quasi quattro ore e mezza, passando per la I-95 N.

Avevo avuto tutto il tempo per prepararmi a cosa sarei andata incontro di lì a poche ore, sperai soltanto di avere il coraggio di affrontarlo. La squadra militare di mio padre, mi lasciò a pochi isolati dalla Columbia, che raggiunsi immediatamente in poche falcate a causa dell'aria gelida che circolava fuori.

Attraversai i corridoi dell'Istituto, sotto gli occhi e gli sguardi di alcuni studenti, che quella sera mi guardavano con insistenza. Dopotutto, era la fatidica sera. Loro, o meglio tutti quanti, sapevano ciò che sarebbe accaduto di lì a poche ore. Non ero ancora del tutto pronta ad affrontare ciò, che il ragazzo di cui mi ero innamorata, aveva in serbo per me. Ma non mi sarei tirata indietro, quella era la mia battaglia e avrei lottato con tutte le forze per poterla vincere. "Eisel, santo cielo, dove diamine eri finita?" Parlò la voce di Kara, venendomi incontro a passo svelto, dopo aver abbassato la maniglia della porta della mia camera. Mi strinse a sè in un abbraccio, appoggiando il suo volto magro sull'incavo del mio collo.

Stampai un meraviglioso e finto sorriso sulle mia labbra. "Faith non ti ha avvertita? Ho preso il primo treno la mattina successiva, per il Connecticut. Ho festeggiato le vacanze Natalizie con mia nonna Weily." Mentii, cercando di risultare il più credibile possibile. Già, quando ti circondi di gente che non sa fare altro che mentire, automaticamente impari ad essere come loro.

"Menomale, sono stata in pensiero per te. Il giorno del ballo sei completamente scomparsa e non hai dato più tue notizie in questa settimana." Commentò mentre entravo all'interno della mia stanza, che era rimasta intatta e identica a come l'avevo lasciata. "Come sta nonna Weily?" Domandò, andandosi a sedere nel suo letto.

Mi strinsi nelle spalle. "Sempre in grande forma, ti manda un abbraccio." La informai, facendola sorridere. Mi domandai come fosse riuscita a mentirmi per tutto questo tempo, quando mi sentivo talmente nervosa nel raccontarle quella piccola bugia. Non ero mai stata molto brava a raccontare menzogne ed era per questo, che mi stupiva la facilità con cui lei e tutti gli altri, riuscissero a conviverci.

La figura di Faith uscì dal bagno, con addosso un pigiama azzurro e un asciugamano in testa, a tenere i capelli bagnati dalla doccia. "Quando sei tornata?" Mi domandò sorridendomi.

Indicai la porta con il pollice. "Poco fa." Mormorai sfiorando il mio sguardo da lei a Kara, perché mi avete mentito per tutto questo tempo? Possibile che solo io ritenessi importante la nostra amicizia? Mi avete illusa anche voi? Sentii le lacrime negli angoli degli occhi, ma non le lasciai farsi spazio nelle mie guance. Non adesso, Eisel. Diedi ad entrambe le spalle, dirigendomi in direzione della mia scrivania, appoggiando il mio borsone con all'interno alcuni cambi di vestiti, che mi ero frettolosamente portata dietro.

"Cosa hai fatto con Kyle ieri sera, quando me ne sono andata?" Domandò Kara a Faith, con tono malizioso, facendola diventare tutta rossa in viso.

"Ma la vuoi smettere di mettermi in imbarazzo?" Mormorò Faith, andando in direzione del suo letto e prendendo fra le mani un cuscino. "Sei una rompi scatole, Lindstrom!" Annunciò prima di tirarglielo addosso, facendo ridere la bionda, che scivolò nel suo letto con il cuscino in faccia.

Le guardai con un certo senso di nostalgia, nonostante tutto, mi sarebbero tremendamente mancate.

Perché sì, probabilmente la mia amicizia per loro non era mai valsa un granché, ma per me erano state importanti. Pensai, prima di sussultare al suono dei colpi contro la porta. Lo sguardo serio che si presentò nel viso di Kara guardando Faith, mi fece capire.

Lui era dietro la porta.
Era venuto a prendermi.

"Vado io." Mormorai con sicurezza, non dando molta importanza allo sguardo sofferente nel volto di Faith. Sospirai, prima di abbassare la maniglia della porta, trovandomi davanti l'immensa figura del corpo di Isaac, con un angolo delle labbra alzate verso l'alto - in un sorriso sardonico - e gli occhi verdi, avvolti dalle penombre della bestia che era. Per la prima volta, sentii di avere il ragazzo della 113 davanti a me.

^~^

Ero seduta nel posto del passeggero, mentre alla guida c'era la figura di Isaac, che guardava la strada davanti a sé con attenzione. Si era presentato davanti alla porta della mia stanza, per chiedermi se avessi voglia di fare due passi. Avevo accettato, perfettamente consapevole in quale posto mi avrebbe portata in realtà. Guardai in direzione del finestrino, non riuscendo a reggere l'immagine del ragazzo per cui avevo perso la testa, davanti a me. Ero sicura che se avessi continuato a guardarlo, la farsa della mia innocenza e l'essere - ai suoi occhi - all'oscuro di tutto, sarebbe andato tutto all'aria. Isaac non immaginava nemmeno lontanamente, che la ragazza seduta al suo fianco, la ragazza a cui aveva spezzato il cuore, era perfettamente a conoscenza del suo lurido e sporco piano.

Trattenni le lacrime quando l'immagine di noi due alla mensa, nel giorno del Ringraziamento, mi apparve nella mente. Il giorno in cui si dichiarò innamorato di me ed io, totalmente persa e cotta di lui, gli avevo creduto. Ti dimostrerò il quanto tengo a te, Eisel. Mi morsi il labbro, torturandolo con forza, arrivata oramai quasi al culmine del dolore che provavo in quel momento. "Ti senti bene?" Mi domandò, facendomi sussultare nel momento in cui andò ad appoggiare una mano sul mio ginocchio, facendo una leggera pressione su essa.

Cercai di ignorare il suo tocco, annuendo più volte. "Sono solo stanca per il viaggio." Arricciai il naso, nel momento in cui mentii per la seconda volta quella sera.

"Menomale che al ballo la tua amica mi ha avvertito della tua partenza, ti ho cercata dappertutto. Sei completamente sparita, dove diamine eri finita?" Mi domandò, lanciandomi uno sguardo piuttosto strano, tenendo ancora la mano sul mio ginocchio.

"Non mi sono sentita molto bene, quella sera. Lo sai che non era il mio ambiente, così me ne sono andata. Mi dispiace se non ti ho avvisato, ma non volevo rovinarti la serata."

Sembrò credere alle mie parole, perché annuì con la testa prima di rispondere con un: "So che non ti piacciono molto le serate movimentate, ti conosco piccola." No, Isaac, non mi conosci. Non hai veramente idea di chi sia la tua scelta. "L'importante è che tu stia bene, mi sono preoccupato a morte quando non ti ho più trovata." Avevi paura che scappassi via dalle tue grinfie e mandassi all'aria i tuoi piani?

"Ora sono qui." E ti affronterò.
Mi dedicò un sorriso, che non raggiunse gli occhi, prima di tornare a guardare la strada e a guidare, verso il luogo in cui mi avrebbe devastata.

Dopo aver parcheggiato sui parcheggi del Blue's, trattenni il fiato.

Era arrivato il momento.
"Cosa..ci facciamo qui?" Parlai quasi in un sussurro, mettendo in atto la parte della ragazzina che dovrebbe essere all'oscuro di tutto. Guardai le centinaia di macchine parcheggiate nei dintorni, facendomi notare il quanto sarebbe stato sovraffollato il locale quella sera. Tutti pronti a vedere chi ne sarebbe uscito vivo da quel posto, a vedere se sarei sopravissuta davanti a quella terribile umiliazione.

"Entriamo a berci qualcosa. Ti va?" Mi domandò con estrema gentilezza, probabilmente facendo attenzione a non farsi scappare la sua scelta, ancora prima dell'inizio dell'incontro. Mi limitai ad annuire, prima di scendere dalla macchina lentamente. Avevo il cuore che batteva fortissimo e le gambe che mi tremavano, avevo paura.

Nel momento che camminavamo in direzione dell'entrata del locale, notai lo sguardo tetro di Isaac, che guardava in direzione di un gruppetti di ragazzi - piuttosto in forma - che ci stavano seguendo alle nostre spalle. Sussultai ancora una volta, nel momento in cui prese la mia mano nella sua, intrecciandola in una stretta ferrea, trascinandomi con sé. "Stammi sempre vicino, chiaro? Il locale questa sera è pieno, non vorrei che qualcuno si avvicinasse a te." Avrei voluto con tutto il cuore che quelle parole fossero state pronunciate con il cuore, che fossero state dettate dalla preoccupazione e dall'affetto che provava nei miei confronti. Ma stavo chiedendo qualcosa di impossibile, dopotutto mi trovavo lì per tutt'altro motivo. Per essere distrutta dal ragazzo che amavo.

Isaac alzò una mano stretta in pungo in direzione della porta, battendo contro la superficie in legno con il solito codice. L'uomo a cui avevo affidato il soprannome di Mammut, ci aprì la porta. Strinse la mano di Isaac in una stretta ferrea, guardandosi fra di loro con un ghigno malizioso, prima di girarsi a guardarmi dall'alto in basso. Non mi era mai stato particolarmente simpatico.

Dopo averlo salutato, Isaac mi strinse nuovamente la mano, trascinandomi con sè all'interno di quei corridoi bui. La musica era alta e mi arrivavano già alle orecchie, rendendomi già particolarmente nervosa. L'odore di alcool e di sigarette, mi fece arricciare il naso e non esultai affatto davanti alla folla di più di duecento persone, riunite all'interno di quel piccolo locale. Qualcuno con il millesimo bicchiere con della bibita alcolica in mano, altri intenti a ballare nella pista e qualcuno andando a scommettere su chi - questa sera - ne sarebbe uscita vita.
"Vado a salutare, Mare. Torno subito, non ti muovere." Mi informò Isaac, indicandomi la sorella di Travis che ballava animatamente con un ragazzo.

Mi limitai ad annuire, andando alla ricerca di Travis con lo sguardo, trovandolo in fondo alla stanza. Stava salendo le scale che portava alla sua postazione, in compagnia di una ragazza. Non appena mi vide mi salutò, facendomi l'occhiolino.
Stava andando tutto secondo i piani.

Restai dov'ero, guardando i ragazzi - che prima erano dietro di me - dirigersi immediatamente in direzione del ring, dove a breve sarebbe iniziato l'incontro.
Isaac mi raggiunse subito dopo, trascinandomi per un polso nella stessa direzione. "Andiamo a vedere più da vicino." Mormorò al mio orecchio, facendosi spazio tra la folla, che si aprì automaticamente davanti a lui. Certo, non gli avrebbero mai impedito di trascinare la sua scelta verso il proprio destino.

"Buonasera signori e signori!" Parlò Travis al microfono, facendoci alzare in viso in alto - in sua direzione - mentre attorno a me, la gente iniziava ad urlare in agitazione, piuttosto euforici. "Questa sera si terrà finalmente l'ultimo incontro della stagione, in cui i partecipanti saranno le ragazze scelte dai propri giocatori, dove si scontreranno direttamente all'interno della nostra famosissima, amata e tanta attesa gabbia del dolore!" Dichiarò a gran voce, ottenendo innumerevoli applausi dai presenti. "Qualcuno di voi ha voglia di vedere le nostre partecipanti?" Urlò ottenendo urla e grida. Mi batteva fortissimo il cuore. Strinsi talmente forte le mani, che pensai di rompermi le nocche. "Ebbene signori e signori, facciamo salire la gabbia!" Annunciò, nel mentre che dal pavimento del ring si apriva un enorme buco, da cui usciva la terribile gabbia. Simile ad una cella per carcerati, piccola e arrugginita. Dio mio, pensai mentre tutti gli altri battevano le mani in un applauso. Ma qui erano tutti malati e fuori di testa?

Quando la gabbia si fermò al centro del ring, capì che il mio momento era arrivato.
"E la prima partecipante è.." Urlò Tj, guardandomi dall'alto, mentre Isaac abbassava il suo sguardo su di me.
Mi si spezzò l'anima davanti al suo sguardo, non c'era nessuna traccia di pentimento. Lui voleva davvero farmi del male. Le porte della gabbia furono aperte e quando le braccia di Isaac, si alzarono verso l'altro per spingermi al suo interno, allungai le mie mani verso il suo braccio trascinandolo all'interno con me.

^~^

"Che cazzo sta succedendo qui?" Urlò Isaac, correndo in direzione delle sbarre della gabbia, stringendole con forza fra le dita, mentre i ragazzi che ci avevano seguito all'interno del Blue's - i militari che mi avevano accompagnato qui a New York - chiusero immediatamente a chiave la porta a sbarre. "C'è un fottutissimo sbaglio, non dovrei essere in questa cazzo di gabbia. Dove diamine è andata finire la ragazza?" Continuò ad alzare la voce, con il petto pronto ad alzarsi e a riabbassarsi velocemente. Tutti i presenti avevano gli occhi fissi su di lui, che si disperava proprio come una bestia selvaggia rinchiusa in una gabbia.

Già, era arrivato il momento di dirgli la verità.

Ridacchiai, in piedi poco distante da lui, con le spalle appoggiate alle sbarre della gabbia. Inarcai un sopracciglio, attirando verso di me il suo sguardo completamente confuso. "La ragazza è al sicuro." Gli rivelai indicandogli Olivia Mendez, seduta vicino a Travis - che era a conoscenza del mio piano - alquanto terrorizzata. "E tu, sei esattamente dove avresti dovuto essere." Mormorai staccando le mie spalle dalle sbarre, incamminandomi lentamente in sua direzione.

"Di cosa cazzo stai parlando?" Mi urlò con rabbia, prima di soffermarsi a guardarmi negli occhi.

Inarcai nuovamente un sopracciglio, alzando un angolo delle mie labbra verso l'alto.

Lui semplicemente impallidì. Aveva appena capito che, in realtà, io sapevo tutto.

"Tu.." Sussurrò con rabbia, avanzando in mia direzione. Non sapevo e non avevo la minima idea di quali fossero le sue intenzioni, però mi ritrovai ad agire di impulso. Mi abbassai sui talloni schivando la sua figura imponente, che si girò velocemente per gettarsi addosso a me. Non ci riuscì, naturalmente non ci riuscì. Ero la figlia del Comandante Militare di questo paese, sapevo esattamente come difendermi. Quando fu sul punto di afferrarmi con le sue mani, alzai la gamba verso l'alto, prendendo a pieno il suo viso con il mio calcio, facendolo cadere a terra in un tonfo assordante. "Dannazione!" Imprecò, passandosi una mano sul naso e sulla bocca, che perdeva sangue, prima di alzare il suo sguardo furioso su di me. Ma non avevo paura, non più. "Ma chi cazzo sei tu?" Domandò, probabilmente riferendosi al modo in lui lo avevo appena mandato facilmente a KO.

Non si aspettava di certo che la ragazzina indifesa che aveva illuso per tutto questo tempo, fosse in grado di alzare le mani contro qualcuno.

Mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "La tua scelta, non ricordi? E' per questo che mi hai portata qui, no? Per vendicarti della morte dell'unica ragazza che sei stato in grado di amare, Pam ti ricorda qualcosa?"

Si mise in piedi, non appena la sentì nominare. La ami ancora, non è vero? Davanti a quella domanda, mi si strinse il cuore. "Non sei un cazzo di nessuno per nominarla!" Urlò, avanzando in mia direzione a grandi falcate.

Quando l'ho conosciuto, sicuramente non avrei mai pensato che sarebbe stato la persona che avrei odiato e amato di più allo stesso tempo. Non avrei mai pensato che mi avrebbe fatta soffrire così tanto e allo stesso tempo, avrebbe saputo rendere i miei giorni così speciali. Pensai mentre schivavo la sua mano destra, che stava andando in direzione del mio viso. Indirizzai - senza troppe cerimonie - un pugno nel suo stomaco, che lo fece indietreggiare di due passi. Non avrei mai pensato che sarebbe diventato una parte così importante di me e non avrei mai pensato, che sarebbe stato così difficile lasciarlo andare. Perché per un momento, ho davvero pensato che non avrei dovuto farlo. Avanzai nuovamente in sua direzione. "Questo, è per tutte le fottutissime menzogne che per tutto questo tempo mi hai raccontato." Parlai, tirandogli un pungo sullo zigomo. "Questo, è per avermi illusa." Mirai in direzione del suo naso, già sanguinante. "Questo, è per avermi spezzato il cuore, bastardo!" Continuai, avanzando due pugni sulla sua bocca, facendo uscire da quest'ultima, rivoli di sangue.

Tossì per più volte cercando di pulirsi, con il dorso della mano, prima di ridere. "Guardati, Eisel."
Mi guardò con odio.
"Pensavi davvero che ti avrei mai amata? Sono stato tanto bravo a fingere, da illuderti fino a questo punto?" Le sue parole furono come uno schiaffo dritto nel petto.

Mi strinsi nelle spalle, chiudendo gli occhi per non mettermi a piangere.

"Non ci ho mai creduto davvero. Però, mi conforta che almeno per una volta, tu sia riuscito - almeno per poco - a tenerti vicino qualcuno." Mormorai qualche istante dopo. "Peccato soltanto, che tu l'abbia uccisa."

"Io non.." Mormorò furioso.

"L'hai uccisa!" Urlai, facendogli arrivare le mie parole come una pugnalata sullo stomaco, tanto da farlo indietreggiare. "Perché sei un mostro, un lurido bastardo che non è in grado di mare nessuno. Da quando una bestia, è in grado di provare dei sentimenti?" Sputai acida. "E' morta per colpa tua! Perché hai preferito questo posto, questo stupido gioco del cazzo, a lei." Parlai a pieni polmoni. "E sono contenta del fatto che tu non mi abbia mai amata, altrimenti, mi avresti portato alla sua stessa fine." Dichiarai, andando in direzione della porta di quella gabbia, che fu velocemente aperta dagli uomini di mio padre, in vesti di ragazzi del liceo. Appoggiai una mano su una della sbarre, prima di alzare lo sguardo sulla sua figura, caduto in ginocchio con gli occhi persi nel vuoto. Addio, Isaac.

Volevo assolutamente andarmene da quel posto, fu la prima cosa che mi balenò in testa, una volta scesa dal ring. "Eisel, andiamo via." Parlò la voce di Cameron, avvolgendomi le spalle con le sue braccia, trascinandomi via da tutta quella orribile situazione, accompagnati dagli uomini di mio padre, che ci portarono fuori di lì. Vidi Aidan appoggiato con le spalle ad un Suv nero. Feci per correre in sua direzione, con tutta la buona intenzione di abbracciarlo, ma una voce tremendamente famigliare mi bloccò. "Eisel, fermati!" Urlò Isaac, camminando con estrema difficoltà in mia direzione. Il volto terribilmente gonfio e per colpa mia, pieno di sangue.

Gli diedi le spalle, continuando a camminare in direzione di mio fratello, insieme a Cameron.

"Eisel, dannazione!" Parlò venendomi nuovamente incontro, prima di essere bloccato dalla figura imponente di mio padre, il Commandante Christopher Johns.

"Non avvicinarti a mia figlia." Parlò mio padre, puntando una mitragliatrice sulla fronte di Isaac. Una luce accecante di un'elicottero ci illuminò e una squadra di una cinquantina di militari puntarono le loro mitre nella stessa direzione. "Ora vattene, se non vuoi che dia fuoco a questo locale, arresti tutti quanti e ti faccia saltare la testa. Ho proprio voglia di fare il culo ai bastardi come te, che osano prendersi gioco di mia figlia." Dichiarò con un sopracciglio inarcato. "Avevi intenzione di distruggerla, ma guardati. Non è forse successo il contrario?" Mormorò con rabbia, prima di girarsi in mia direzione e farmi l'occhiolino. Semplicemente annuii ringraziandolo, prima girarmi e lasciarmi scivolare la figura del ragazzo della 113 alle mie spalle.

Alcune settimane dopo

Ci sono delle volte che penso che sarebbe stato meglio non conoscerlo affatto, poi - però - ci rifletto più a lungo e capisco che, nonostante tutta la sofferenza, non vorrei cancellare niente di quello che abbiamo vissuto. Perché nonostante tutto l'ho amato e l'idea di non avere nessun ricordo con lui, mi annienta. Ci sono persone che ti entrano nel cuore e altre che ti entrano nella testa. Lui ha fatto breccia in entrambi e non ho proprio idea di come si faccia a farlo uscire e ad accettare che le cose siano finite. Mi ha spezzato il cuore, mi ha illusa, mi ha fatto credere nell'esistenza dell'amore per poi sgretolarlo davanti ai miei occhi, come i bambini che gettano la polvere sotto il tappeto, lui ha gettato i miei sentimenti sotto i suoi piedi. Se avessi avuto più tempo, probabilmente lo perdonerei e gli urlerei in faccia - zittendolo una volta per tutte - il quanto io sia ancora tremendamente innamorata di lui. Amo ancora il ragazzo della centotredici, con tutto il cuore con tutta me stessa, ma ho troppo poco tempo per dedicarmi ad un amore che non è mai stato ricambiato. Pensai , appoggiando il mazzo di rose bianche, sulla lapide di mia madre, guardando successivamente il cielo limpido che avevo proprio davanti agli occhi. "Il paradiso non sembra ancora il posto per me, mamma." Mormorai stringendo al petto, i fogli dell'esame che il medico mi aveva dato, poco prima della mia partenza per San Diego.

Fine.❤️

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