Rainy Days|Newtmas

Von -nutellinglies

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Newtmas AU|La storia può essere letta anche senza conoscere l'opera originale! "La luce fioca e intermittente... Mehr

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ringraziamenti

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Von -nutellinglies

Perchè sei importante per me.

Finita la sigaretta, Thomas la gettò a terra, schiacciandola col piede, e sospirando profondamente. Alzò lo sguardo, prima di riporre il pacchetto nella tasca anteriore del giubbotto, e osservò con apprensione la strada stranamente deserta.

Inspirò profondamente per l'ennesima volta, facendosi coraggio. Ordinò alle sue gambe di muoversi, ma quelle non volevano saperne, e l'officina di Jorge, che si scorgeva in fondo alla strada, sembrava sempre più lontana ogni secondo che passava.

Ma poi gli parve di scorgere una sagoma familiare uscire da una stradina e avviarsi proprio verso l'officina, l'andatura zoppicante.
Sembrò quasi che quella vista avesse sbloccato le sue gambe, perchè iniziò a correre, cercando di raggiungerlo. Solo pochi metri prima di raggiungerlo si accorse che magari sarebbe potuto sembrare uno stalker, perciò rallentò di colpo, proprio mentre Newt stava attraversando, andando a sbattere contro dei secchi della spazzatura e provocandone la caduta.

Newt si voltò, stupito da quel fracasso, ed era troppo concentrato a cercare di capire chi fosse quell'idiota che era stato capace di far cadere tutti quei secchi, per accorgersi dell'auto che era appena sbucata da una via laterale e sfrecciava a tutta velocità verso di lui.

Fu una questione di attimi, e a Thomas sembrò proprio di trovarsi in una di quelle scene a rallenty dei film d'azione.
Non seppe nemmeno lui come, ma arrivò giusto in tempo per stringere con forza il braccio di Newt e trascinarlo con lui sul marciapiede. Inciampò, provocando la caduta di entrambi, e si ritrovò Newt spiaccicato sul petto.

—Stai bene?—fu tutto quello che riuscì a dire, con il fiato corto.
Newt alzò la testa, sbuffando leggermente per spostare il ciuffo biondo dagli occhi.
Il biondino sgranò gli occhi, accorgendosi della posizione in cui si trovavano, sdraiati su quel marciapiede. Si alzò di colpo, confuso e scombussolato. Barcollò un po', guardandosi nervosamente intorno.

—Che è successo?—chiese con un filo di voce.
Thomas si alzò in piedi, spazzolandosi in jeans per pulirli e cercando di recuperare fiato.
—Quell'auto...stava per investirti in pieno. Per un momento ho creduto che...—lasciò la frase in sospeso, e Newt lo fissò negli occhi per pochi istanti, poi abbassò lo sguardo, tormentandosi le dita affusolate, sentendo lo sguardo del moro fisso su di lui.

—Mi hai salvato la vita—mormorò, quasi faticando a parlare, sentendo il cuore battere all'impazzata e gli occhi farsi umidi.
Alzò finalmente lo sguardo, facendosi coraggio, con il cuore che batteva così forte che iniziava quasi a fargli male il petto.
—Grazie, Tommy.—

Il moro credette per un momento di aver riavuto indietro il suo amico di un tempo: vide brillare negli occhi nocciola del biondino una luce familiare, e per un secondo gli sembrò di avere di nuovo sette anni. Proprio come allora, riuscendo a scorgere quell'indifeso bambino dai capelli biondo grano dietro l'involucro di ragazzo tormentato, sentì l'istinto di proteggerlo a tutti i costi.
Una fiammella di speranza cominciò ad ardere nel petto di Thomas: forse poteva riavere il suo Newt, forse era ancora in tempo per porgergli la mano e tirarlo sù, al sicuro, lontano dal baratro.
Forse c'era una speranza. Forse poteva farsi perdonare, forse poteva ancora recuperare tutti quegli anni di assenza nella vita di Newt, nella quale, magari, c'era ancora posto per lui.

Ma poi, gli occhi del biondino cambiarono nuovamente, e la luce che prima si era impossessata di quelle iridi nocciola si spense, scomparendo così come era venuta.
La fiammella di speranza all'interno del petto di Thomas si affievolì, arrivando quasi a spegnersi: eppure continuava a bruciare, imperterrita, tenace.

Il moro fece un passo avanti: non avrebbe saputo nemmeno lui dire perchè. Lo attirò a sè e lo circondò con le sue lunghe braccia, affondando la testa nell'incavo del suo collo, sospirando impercettibilmente, sollevato.
Avrebbe potuto perderlo. Ancora. E stavolta, per sempre.
Newt non ricambiò l'abbraccio,
—Non devi ringraziarmi.—balbettò il moro, incerto, non essendo sicuro di quali fossero le parole giuste da usare.
Ma quell'abbraccio non durò molto, perchè Newt si divincolò debolmente dalla stretta, ma questo bastò perchè Thomas si allontanasse, lasciandolo andare.

—D-devo andare. Non posso arrivare in ritardo.—il biondino si voltò in fretta e corse via, lasciando Thomas da solo, in mezzo a quel marciapiede, a fissare intensamente il punto nel quale, fino a qualche minuto prima si trovava Newt.

Abbassò lo sguardo verso il marciapiede, rassegnato, e un bagliore poco identificabile attirò la sua attenzione. Si chinò, e raccolse fra le due dita, indice e pollice una piccola catenella d'argento. Si rialzò lentamente, tenendola fra le mani e cercando nuovamente Newt con lo sguardo: non riusciva più a vederlo, ma doveva pur riportargliela. Sapeva che era sua. Come avrebbe potuto non saperlo? Come avrebbe potuto non ricordarsi del modo in cui, quando erano piccoli e si cacciavano nei guai, Newt si rigirava nervosamente tra le dita quella catenella, che sembrava non togliere mai?

Fece un passo in avanti, per poi bloccarsi nuovamente. Gliel'avrebbe riportata l'indomani, così, almeno, avrebbe avuto una scusa per parlarci.

***

L'incontro del giorno prima con Thomas lo aveva lasciato piuttosto scosso, tanto da fargli guadagnare l'ennesima notte insonne.
Newt non riusciva a smettere di pensare al fatto che il moro gli avesse praticamente salvato la vita, e che lui fosse stato così codardo da scappare via.
Era riuscito persino a perdere la sua catenella nella caduta, e adesso che non ce l'aveva si sentiva quasi nudo e indifeso, ma dubitava che l'avrebbe mai ritrovata.
Eppure, era l'unica cosa che gli ricordava che una volta era stato un bambino più o meno normale anche lui, perciò anche solo il pensiero di averla persa lo faceva stare male, e lo faceva sentire come se avesse perso una parte di sè, l'ennesima.

Anche quella mattina si guardò allo specchio del suo bagno, l'acqua che gocciolava dalle ciocche bionde. Le sue occhiaie erano più evidenti del solito, e gli occhi sembravano più spenti del normale.
Si portò una mano al collo, sfiorando il punto in cui ci sarebbe dovuta essere la catenella, e sospirò, chiudendo gli occhi e sforzandosi di ricordare il volto di sua nonna, l'unica persona del suo passato che lo aveva abbandonato, sì, ma non di sua spontanea volontà.
Ma quel volto dolce e gentile si faceva sempre più sbiadito ogni anno che passava: Newt la stava dimenticando. I ricordi di un bambino di tre anni non erano più sufficienti per mantenere vivo dentro di lui il ricordo di quella donna straordinaria che era stata sua nonna. E adesso che non aveva più la catenella, il volto sembrava sempre più sbiadito, i ricordi sempre più lontani, vaghi e inafferrabili.

Strinse forte gli occhi, per poi aprirli di scatto, fissando intensamente il suo riflesso, quasi per auto rimproverarsi. Distolse lo sguardo dallo specchio e continuò a vestirsi, per poi uscire di casa e iniziare la sua solita routine in officina, cercando di distogliere i suoi pensieri da qualsiasi altra cosa che non fossero bulloni, motori e acceleratori.

La mattinata trascorse velocemente, e dopo un pranzo solitario nel suo appartamento, Newt uscì di casa allo stesso orario dei giorni precedenti per dirigersi nuovamente in officina. Le nuvole che affollavano il cielo annunciavano un temporale.
—Piove sempre quando sta per succedere qualcosa di brutto.—pensò Newt, sentendo un brivido lungo la schiena e uscendo di casa.

Si chiuse la porta alle spalle, e indugiò pochi attimi,timoroso di mettere piede in strada per paura di rincontrare Thomas. Poi sembrò riprendersi tutto ad un tratto, e rimproverandosi per la sua stupidità, scese in strada.
Ad aspettarlo in officina c'era solo Gally, che però uscì poco dopo per fare una commissione, così si ritrovò da solo in quell'enorme garage, nel quale c'era troppo silenzio che gli dava fin troppo spazio per pensare e poco spazio per concentrarsi sul lavoro.

Tutto ad un tratto, però, sentì dei passi sulla ghiaia di fronte all'ingresso, e qualcuno si schiarì la gola per attirare la sua attenzione. Si voltò, un groppo in gola, e tirò un sospiro di sollievo nel vedere che era solo il postino.

—Newt Isaacs?—chiese l'uomo, sventolando una lettera sgualcita.
—Sì...sono io.—borbottò Newt, sorpreso, prendendo tra le mani la busta e osservandola intensamente, prima di salutare il postino con un cenno del capo.

Se la rigirò fra le mani, osservando attentamente ogni angolo, la scrittura vagamente familiare e il francobollo in alto a destra.
Tremava da capo a piedi, e a stento riuscì ad aprirla senza danneggiarla.
Ne osservò il contenuto, e notò che c'erano due fogli, uno più ingiallito, e l'altro più nuovo.
Estrasse quello più nuovo, e riconobbe immediatamente la calligrafia del reverendo Lawrence.

Caro Newt,
ti sembrerà un po' strano ricevere una lettera simile solo adesso, ma l'altro giorno, sistemando i documenti, mi sono accorto che nel tuo fascicolo c'era una postilla. La tua defunta nonna ti aveva menzionato nel suo testamento, lasciandoti solo una lettera, chiedendo espressamente che ti fosse consegnata al compimento della maggiore età. Perciò, dato che mi sarebbe stato impossibile venire a consegnartela di persona, ho preferito fare in questa maniera.
Spero davvero che tu stia bene.
Con affetto,
il reverendo Lawrence.

Newt sentì gli occhi pizzicare, e la paura crescere dentro di lui. Non aveva la più pallida idea di cosa aspettarsi dal contenuto di quella lettera. Ma non fece nemmeno in tempo a pensarle, queste cose, che fu interrotto.

—Ehi, Newt.—
Una voce familiare attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo, e si ritrovò davanti un Thomas pallidissimo in viso e super imbarazzato, che si grattava la nuca, facendo di tutto pur di non incontrare il suo sguardo.
Newt faticò un po' per elaborare l'informazione, poiché la sua mente era ancora concentrata sulla lettera, mentre i suoi occhi stavano osservando attentamente Thomas che si frugava nella tasca ed estraeva la sua collanina, che brillò, colpita dalla luce del sole.

Newt mosse un passo avanti, ringraziando Thomas con un fil di voce, e sfiorandogli leggermente la mano per riprendersi la catenella.
Cercò di legarsela al collo, poggiando la lettera sul tavolo lì vicino, ma le sue mani tremavano troppo.

—Aspetta, faccio io.—Thomas gli bloccò delicatamente le mani, prendendogli la catenella e facendolo voltare.
Sfiorò leggermente il collo di Newt mentre la agganciava, cosa che fece fare una capriola allo stomaco del biondino, che si voltò di scatto, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto di Thomas.
Si fissarono intensamente le labbra per pochi interminabili attimi, e Thomas, quasi ipnotizzato, si avvicinò ancora di più, fino a far confondere i loro respiri corti e affannati.

Newt continuava a guardarlo negli occhi, poi a guardare le sue labbra sottili, così invitanti e soprattutto così vicine che sarebbe bastato solo un altro passo per assaporarle. Il cuore batteva all'impazzata nella cassa toracica, e per un momento Newt dimenticò la lettera e tutto il mondo circostante. Trovò il coraggio di avvicinarsi, e le loro guance si sfiorarono.
Entrambi sussultarono, come se quell'improvviso contatto così intimo li avesse spaventati, e si allontanarono l'uno dall'altro, terrorizzati dalle emozioni che quel momento aveva fatto provare loro.

Thomas fu il primo a parlare: era sempre stato il più coraggioso dei due.
—Io vado.—disse solo, le guance che andavano a fuoco, e si voltò, uscendo dall'officina e lasciando Newt da solo.

Il biondino indietreggiò verso il banchetto dove erano riposti gli attrezzi e dove lui aveva lasciato la lettera, e vi si appoggiò, sospirando.
Si passò una mano fra i capelli e chiuse gli occhi, non riuscendo a smettere di pensare a ciò che sarebbe potuto succedere se non si fossero fermati.
Ciò che lo sorprendeva di più era che l'avrebbe fatto. Lo avrebbe baciato.

Era strano, però, come in quei pochi attimi, nei quali sembrava che il tempo si fosse fermato, lui avesse creduto, anche se solo per poco, di aver trovato il tassello mancante, di aver trovato tutte le sue risposte, di aver trovato la causa della sua insonnia.
Ma faticava a credere che tutto questo fosse proprio Thomas, faticava a credere che in quel momento, il suo cuore non riuscisse a rallentare proprio a causa del moro che era appena andato via.

Newt percepì il leggero sentore di pioggia, poi un tuono in lontananza, e scorse le prime gocce di pioggia attraverso la porta semiaperta dell'officina.
Il suo sguardo cadde sulla lettera, che giaceva abbandonata vicino alla chiave inglese.
Fece un respiro profondo, quasi stupito di se stesso: come aveva fatto a dimenticarsene? Thomas aveva così tanto impatto su di lui da fargli dimenticare una cosa simile?

Prese il foglio ingiallito fra le mani, e dopo essersi fatto coraggio, lo aprì, notando una calligrafia pulita e ordinata, che riconobbe come quella di sua nonna. La pioggia si intensificò.

Caro Newt,
se stai leggendo ciò vuol dire che me ne sono andata prima di poterti vedere crescere e prima di raccontarti la tua storia.
Bimbo mio, dolce angelo dai capelli biondi, è una sofferenza scrivere questa lettera, per me. Vorrei non dovessi leggerla mai, perché se adesso stai leggendo queste righe vuol dire che sei rimasto solo al mondo, e mi si stringe il cuore al solo pensiero.
Se adesso stai leggendo ciò, è perchè tua madre non ce l'ha fatta. La vita è stata troppo crudele con lei, Newtie. Non ha avuto un attimo di riposo, la mia povera Sheila. Non ha avuto un'adolescenza semplice, la morte di tuo nonno l'ha segnata molto. Ma poi ha iniziato il college dei suoi sogni, e sembrava che il vento avesse iniziato a girare dalla sua parte. Credimi, non l'avevo mai vista sorridere così. Ma evidentemente non era destino che la mia dolce bambina rimanesse felice a lungo.
Un giorno il suo compagno di stanza al college la violentò. La ricattò per mesi, dopo l'accaduto, minacciandola di morte se ne avesse fatto parola con qualcuno. E lei, spaventata a morte da quel mostro, obbedì alle sue richieste. Sapevo che c'era qualcosa che non andava. I suoi occhi erano spenti, la sua bellezza così delicata si sciupava ogni giorno di più, come una bella rosa che appassisce.
Poi un giorno, venne a sapere che quel mostro l'aveva messa incinta.  E decise di denunciare. Ma lui non fu mai processato, dicevano che non c'erano prove sufficienti.
Tua madre era incinta di te da quattro mesi quando decidemmo di lasciare Los Angeles. Lei volle tenerti. Per un momento aveva pensato di darti in adozione, ma verso la fine della gravidanza, qualcosa le fece cambiare idea. Nascesti tu, e fosti come un raggio di sole nelle nostre vite. Rallegravi le giornate, con quelle risate cristalline e quei tuoi occhioni grandi grandi. Ma vedevo come ti guardava, purtroppo non riusciva ad amarti abbastanza. Si sforzava di farlo, si sforzava di essere una buona madre, ma non riusciva a fare altro che vedere in te il simbolo di quell'orribile violenza che le aveva stravolto la vita. Era instabile, e ogni giorno temevo sempre di più che avrebbe potuto compiere qualche gesto estremo. E se stai leggendo ciò, devo dedurre che alla fine abbia ceduto. La vita è stata troppo dura con lei, Newt. Non incolparla di nulla. Lei ti amava immensamente, nonostante tutto. L'ultima volta che l'ho vista sorridere è stato quando ti ha tenuto per la prima volta fra le braccia.
Avrei voluto esserci, in questi anni, angelo mio.
Sono sicura che sei diventato un uomo meraviglioso.
Spero che tu non debba mai leggere questo.
Con affetto,
la nonna.

Il mondo gli crollò addosso. La voragine dentro di lui si aprì cosi tanto che sembrò inghiottirlo. Le lacrime iniziarono a scorrere incontrollate, insieme alla rabbia e ai sensi di colpa. Tutti quegli anni ad incolpare sua madre di essere stata un'egoista, di essere stata troppo debole, quando invece era stata la donna più forte del mondo. Si sentì immensamente sporco: aveva dentro di lui il DNA di un mostro, un mostro che aveva spezzato la vita di sua madre. Per un lungo interminabile attimo sperò con tutto se stesso di non essere mai nato e di non essere stato la causa di così tante sofferenze. Era il simbolo,la prova vivente di una violenza atroce, e l'unica soluzione in quel momento sembrava proprio porre fine alla propria vita, perchè non credeva di meritarla.

Ma poi, per l'ennesima volta, Thomas lo salvò.
Corse dentro l'officina, con l'intento di parlargli e di dirgli tutte le cose che non aveva avuto il coraggio di dirgli, e lo trovò lì, in ginocchio, a piangere in silenzio.
Lo aiutò a rialzarsi, togliendogli la lettera dalle mani, identificandola subito come la causa di tutto quel dolore, così forte da insinuarsi lentamente anche dentro di lui.
Thomas lo abbracciò, e lasciò che piangesse sul suo petto. Rimasero così a lungo, finchè il moro non decise che Newt aveva bisogno di riposo. Perciò, non avendo la più pallida idea di dove abitasse il biondino, lo portò fuori, lo fece salire in macchina e lo portò a casa sua. Entrarono nella sua stanza, e si chiusero la porta alle spalle.

—Perchè stai facendo tutto questo?—furono le prime parole di Newt, fra un singhiozzo e l'altro.
—Perchè sei importante per me.—rispose Thomas, mentre Newt scoppiava di nuovo in un pianto incontrollato.

N/A:
Ve l'avevo detto io che sarebbe successo il casino in questo capitolo :))
Sono fin troppo crudele con Newt, lo so, ma ancora non avete visto niente:)
Al prossimo aggiornamento!
Ros x

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