Anche il freddo può essere ca...

By Ymawari

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Sicuramente tutto questo non era tra i progetti di Yūto Kidō. Eppure da un giorno all'altro si era ritrovato... More

Buongiorno
Febbre del Sabato Sera
Collisione
Parenti Serpenti
Questione di Fisica
Castello di Carte
I Pinguini sanno Volare
La Neve è Bianca
Chiave di Volta
Pioggia di Sakura
Frammenti d'Orgoglio
Contatto
Caldo
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Okay?
I Colori Delle Foglie
Tigre Contro Tigre
In Cima Alla Montagna
Quando Raggiungi Il Cielo
Ringraziamenti

Freddo

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By Ymawari

Attenzione: Il capitolo contiene argomenti delicati ed atti sessuali espliciti. Forse la lettura può essere disturbante per un pubblico sensibile. Detto ciò leggete a vostro rischio e pericolo. Buona lettura

L'odore di erba tagliata gli impregnava le narici, ed il rumore del pallone calciato era l'unico suono sul quale riuscisse a concentrarsi. Forse per questo non sentì i continui richiami di Jirō.

-Fudō? -

Si ridestò, voltandosi verso l'amico con una faccia che la diceva lunga su quanto avesse dormito quella notte.

-Scusa, ero sovrappensiero. -

-Una cosa alquanto insolita da parte tua. -

Anche se il solo fatto che avesse accettato di aiutarlo con la squadra era già di per sé inusuale. Però questo non glielo disse.

-Ho solo una carenza di sonno, sto bene. Preoccupati per te piuttosto. -

L'espressione si contrasse un attimo sul suo viso bronzeo, ma quei verdi occhi stanchi lo convinsero che fosse meglio non continuare la conversazione.
Preferì concentrarsi sui ragazzi intenti ad allenarsi per la partita che avrebbero affrontato la settimana successiva. Non poteva che essere orgoglioso di quella squadra, si era dimostrata unita ed in grado di apprendere più infetta di quanto si fosse aspettato. I suoi pensieri si incupirono. La prossima sfida che avrebbero giocato sarebbe stata la sua ultima come allenatore, ed in momenti come quello si rendeva conto di quanto facesse male il peso della malattia.

La vista gli mancò all'improvviso, accecata da una sorta di lampo bluastro, ed un dolore lancinante gli trapassò la testa.

-Sakuma? -

Tirò fuori dalla tasca le medicine e ne ingerì una. Attacchi del genere erano sempre più frequenti, e le emicranie in costante aumento.

-Sì, ormai è diventata una routine. -

-Genda è riuscito a racimolare i soldi per l'intervento?-

Sapeva dove Akio volesse andare a parare.

-Purtroppo ancora no, ma spero di fare la differenza con la mia ultima paga... -

-Potreste sempre chiedere... -

-Kidō come sta? -

Si morse la lingua nel pronunciare quelle parole, era evidente che era successo qualcosa di grave tra i due coinquilini, lo percepiva chiaramente nell'apatia costante che il moro si ostinava a mantenere, ma nel sentirsi attaccato su un tasto così dolente non era riuscito a far altro se non agire di conseguenza.

-Bene...credo, dovrebbe trasferirsi in settimana. -

La sorpresa brillò vivida attraverso il suo unico occhio visibile. Le cose stavano andando peggio di quel che credeva. Avevano litigato e si erano picchiatti tante volte ma non erano mai arrivati al punto di comportarsi come due estranei.

-Si trasferisce? Non me ne ha parlato. -

-Ha trovato un appartamento in centro, non so di preciso dove. -

-Ed è per questo che sei triste? -

Per la prima volta dopo un mese il volto di Akio cambiò espressione. Non era stupore, solo amarezza e frustrazione.

-Smettila. -

-Di far cosa? -

-Lo sai benissimo. -

Certo che lo sapeva, ma cambiare discorso sembrava l'unica opzione disponibile; con Akio però questi giochini mentali erano del tutto inutili. Stava andando troppo oltre, così prese coraggio e ritornò al quesito dell'altro.

- Tu hai sempre odiato farti mantenere da Kidō, non è vero? -

-Ti ho detto di non... -

-NON LO STO FACENDO. Ma il senso di inadeguatezza che percepisci nel non trovare la tua autonomia è quello che percepisco io nel chiedere dei soldi al mio migliore amico. -

Riprese fiato, sotto la completa attenzione dell'altro.

-È stata dura arrivare fino a qui per me e per Genda, ma ci siamo riusciti, questa è solo una complicazione che riusciremo a risolvere. -

Lo vide emettere un suono sprezzante.

-A risolvere? SAKUMA TU STAI RISCHIANDO DI RIMANERE CIECO A VITA E GENDA SI STA SPACCANDO LA SCHIENA PER TROVARE QUEI DANNATI SOLDI. -

-CREDI CHE NON LO SAPPIA?! CREDI CHE NON SAPPIA QUANTO STIA SOFFRENDO LA PERSONA CHE AMO?! E PENSI CHE POTREI SOPPORTARE DI VEDERE IL MIO MIGLIORE AMICO ALLO STESSO MODO? Se fosse per me, andrebbe anche bene perdere la vista, io l'ho accettato, ma non posso sopportare vedere quelli a cui tengo soffrire così nei miei confronti...! -

Per la prima volta nella sua vita il moro non seppe che dire di fronte a Jirō. Nel frattempo il rumore dei palloni si era fermato ed i giocatori guardavano preoccuparti il loro allenatore.

-Mister, sta bene...? -

Si rese conto di aver alzato troppo la voce solo quando gli venne posta quella domanda, ma non fece tempo a ricomporsi che l'emicrania lo colpì così forte che dovette tenersi la testa con le mani.

- Oii...-

Crollò a terra, sentendo in cranio venire pervasa da una serie di fitte che gli resero impossibile qualunque movimento a parte rannicchiarsi sempre di più su sé stesso.

-MISTER?! -

-ALLONTANATEVI! ANDATE A CHIAMARE QUALCUNO MUOVETEVI!-

Percepì in maniera confusa le urla dei ragazzi ed Akio che provava a farlo voltare nella sua direzione, ma puntini neri gli coprirono la visuale non facendogli distinguere i contorni del suo viso.

-Jirō, guardami.... JIRō..-

E poi il buio.

~°~°~°~

La stanza era più pulita di quello che si aspettava, un enorme letto a baldacchino era posto al centro, ed il rosso alle pareti dava quell'aria lussuriosa sufficiente a ricordargli dove si trovasse.

-Allora? Pronto? -

La proprietaria di quella voce era alta e snella, con curve troppo prosperose per una persona asiatica ma non abbastanza da rientrare nella volgarità; il viso ed i capelli ben curati equilibravano con un bel tocco di raffinatezza, facendo apparire quella donna quasi come una sirena piuttosto che come la escort che era.

-Sì-

-Bene, allora siediti... -

Yūto era sempre stato bravo quando si trattava di mantenere i nervi saldi, ma quella situazione lo stava davvero mettendo a dura prova.
Aveva passato diverse ore a rigirarsi il bigliettino che Hiroto gli aveva rifilato, finché non aveva preso abbastanza fegato da riuscire a chiamare e prendere appuntamento, ma da quando era entrato in quella camera d'albergo il coraggio era andato via via scemando.
La donna, che si era presentata col nome di Ruby, era lì che lo guardava in attesa, e come comandato si sedette, più che altro perché non ce la faceva più a reggersi in in piedi.

-Allora hai qualche preferenza particolare? Posso fare quello che vuoi, entro un certo limite. -

-No. -

Le lenti scure nascondevano parzialmente il panico che sentiva attraversargli il corpo e non poté evitare di affondare con forza i denti nelle ferite all'interno della guancia, in un disperato tentativo di calmarsi.
La seguì con lo sguardo mentre si abbassava tra le sue gambe e si premurava di slacciargli i pantaloni; cercava in tutti i modi di fermare l'impulso di spingerla via, e reprimere questo istinto fu ancora più difficile quando avvertì le dita affusolate accarezzare il suo pene pigro.
Non resistette e distolse lo sguardo non appena le mani di lei iniziarono a muoversi ritmicamente, cercando di ottenere una qualunque reazione al membro che non sembrava volersi destare. Stava per sussultare quando Ruby gli tolse la protezione datogli dagli occhiali.

-Sei nervoso? Non ti preoccupare, dimmi solo dove ti fa più piacere...-

-Non sono nervoso. È la prima volta che sperimento un esperienza simile, sono solo un po' a disagio.-

La donna curvó le labbra rosse in un dolce sorriso, e cedette ad una risata cristallina.

-Capito, allora in questo caso... -

La bocca che un attimo prima era intenta a parlare l'attimo dopo era occupata ad avvorgergli il membro in modo mellifluo ed ipnotico. Stavolta non si limitò a sussultare: gemette di sorpresa.
La repulsione si fece in ogni maniera più vivida ed allarmante, eppure nonostante questo il suo corpo reagì.
I pensieri vagarono alla ricerca di qualcosa in grado di distrarlo da quella scena. Qualunque cosa. Ed il volto di Akio ritornò vivido nella sua mente, sovrapponendisi a quello della donna.
Non fu affatto delicato quando con un calcio la spinse lontano da sé.

-AH..! -

Era andato là per provare a sé stesso di poter superare la sua omosessualità, ma il risultato non solo era stato disastroso, ma aveva dimostrato che non ne sarebbe stato mai in grado.
Non ebbe il coraggio di voltarsi verso Ruby, ma si premuró di prenderla per il braccio prima che battesse la testa contro lo spigolo.

-Scusami. -

La donna, superato lo spavento iniziale, si fece aiutare in silenzio.
Preferì non commentare ciò che era appena accaduto tra loro, notando anche come l'altro si era già sistemato i pantaloni. Non era arrabbiata, aveva capito fin da subito le vere intenzioni dell'uomo ed era stata una sua decisione metterlo alla prova, sapendo il risultato che avrebbe ottenuto. E come aveva predetto lo aveva capito anche il diretto interessato.

-Sai, facendo questo lavoro conosci le persone più varie. Insomma i clienti me li scelgo io, ma nonostante ciò ne incontro di più svariati. -

Yūto la ascoltava dal bordo del letto dove era tornato a sedere.
E dalla leggera pressione che avvertì al suo fianco capì che lei aveva fatto lo stesso.

-Tra di questi c'era una donna. -

Gli fu istintivo guardarla dopo l'affermazione fatta.

-Mi vanno benne entrambi i sessi, quindi clienti femmine non sono mai state un problema, ma questa in particolare mi ha colpito.
Lei era sposata ed aveva due figli; non le mancava niente, eppure sentiva costantemente la necessità di venire a farmi una visita di tanto in tanto.
All'inizio questo non mi interessava, l'importante era che si comportasse bene e che mi pagasse, per il resto erano affari suoi.
Eppure un giorno, mentre...sì, eravamo nell'atto, si mise a piangere; e allora mi fu tutto chiaro. -

Ruby si voltò verso il rasta che ormai era rimasto incatenato al suo discorso, incapace di dire alcunché.

-Imporsi di essere qualcuno che non si è è davvero un dolore insopportabile, e se quella cliente avesse accettato la sua sesussualità molto probabilmente avrebbe avuto una vita più serena. In ogni caso, da allora non l'ho più vista. -

-Perché mi stai dicendo questo? -

Sorrise dolce, allungando una mano ad aggiustargli gli occhiali in volto.

-Perché tu sei ancora in tempo per evitare di costruirti una vita basata su delle menzogne. Non so il perché ti ostini a farti del male così, ma ne vale davvero la pena? Non stai rinunciando a qualcosa di importante facendo così?-

La prima volta che aveva visto Akio era stato al secondo anno di superiori; sapeva che era un nuovo studente e di per sé non aveva nulla che potesse suscitargli interesse, era un estraneo.
Lo aveva notato seduto sul bordo della finestra dell'aula di musica mentre lui si stava allenando con la squadra nel campo in cortile. Aveva pensato che quel tipo fosse pazzo a starsene così in bilico su una finestra del terzo piano, ed era anche tentato di avvisare il mister, ma quando incrociò il suo sguardo cambiò subito idea. In un certo senso ebbe la certezza che se mai quel ragazzo sarebbe caduto, avrebbe trovato un modo per atterrare in piedi, ed anche se non era umanamente possibile sapeva che un modo lo avrebbe trovato, contrariamente a lui; e come se gli avesse letto nel pensiero gli aveva sorriso, canzonandolo silenziosamente su quello che non era in grado di fare. Senza dire una parola era ritornato a giocare a pallone, percependo lo sguardo di quello sconosciuto bruciargli addosso. Quel giorno non aveva segnato neanche un goal.
Era stata la prima volta che aveva provato un senso di impotenza tale da non riuscire a fermare i suoi pugni, quando successivamente si erano scontrati.
Akio da prima di conoscerlo era stato in grado di guardare ben oltre ciò che dava a vedere, mettendolo a nudo insieme a ciò che cercava di nascondere, ed è per questo che aveva finito per designarlo come sua nemesi, e forse proprio per questo motivo non si era mai accorto di quanto la sua figura si fosse fatta importante nella sua vita, arrivando al punto di essere insostituibile.
Fu pervaso da una scarica di adrenalina e prima che se ne rendesse conto era già in piedi.

-Io devo andare. -

Ruby dal canto suo era soddisfatta: aveva perso un cliente, ma allo stesso tempo era riuscita a rimediare ad un errore fatto in passato. Ora che ci pensava meglio, probabilmente anche Hiroto aveva pensato lo stesso quando gliene aveva parlato in una delle sue visite.
Yūto si bloccò un momento sull'uscio della porta e poggió 36877,50¥* sulla sedia all'ingresso.

-Non ho fatto nulla, puoi anche riprenderteli. -

Fu il turno del biondo di sorriderle.

-Credimi, penso che siano anche troppo pochi. Buona serata. -

~°~°~°~°~°~

Le luci in strada scorrevano come un fiume da fuori il finestrino dell'auto, l'umidità della sera non prometteva nulla di buono, quindi non sarebbe stato troppo strano se si fosse presentato a prenderlo a lavoro.
Non era una scusa perfetta, ma era tutto ciò che era riuscito a pensare in quel breve lasso di tempo che erano state le scale dell'edificio fino al parcheggio. Doveva vederlo, non voleva più negare nulla a sè stesso e non gli importava se Akio lo avesse respinto, ma non riusciva più a trattenersi e doveva sbrigarsi prima che il coraggio che aveva in corpo svanisse.
La suoneria del cellulare richiamò la sua attenzioneze, era intenzionato a spegnerlo ma il nome sul display gli fece subito cambiare idea.

-Fudō... -

-Senti non so dove tu sia ora ma devi venire all'ospedale immediatamente... -

Frenó così bruscamente che dei clacson ben assetati partirono dalle macchine dietro.

-Cosa è successo? -

Era decisamente troppo agitato ed il moro dall'altra parte rimase interdetto, non aspettandosi certo un comportamento così frenetico, e per un momento non seppe se fosse stata la scelta migliore chiamarlo, ma fu solo un breve lasso di tempo.

-Tu vieni e basta. Io... ti prego. -

La manovra che fece fu molto pericolosa, ma non era decisamente dell'umore per essere del tutto cosciente delle sue azioni.
Non sapeva cosa fosse capitato e dal tono di Akio poteva presupporre che al telefono non gli avrebbe detto nulla, l'unica cosa che gli restava da fare era seguire le indicazioni dell'altro e raggiungerlo il prima possibile.

-Dammi dieci minuti. -

~°~°~°~°

-Mi scusi, per caso ha bisogno di un fazzoletto? -

-Come? -

-Le si è aperta la ferita alla bocca. Le sta uscendo un po' di sangue. -

Akio smise di torturarsi le labbra con i denti, avvertendo quel gusto ferroso che ormai si era fatto abbastanza presente nelle ultime settimane.

-Grazie. -

Accettò di buon grado il pezzo di carta che gli stava porgendo l'infermiera. Probabilmente era da ore che voleva provare a parlarci ma con ogni probabilità i suoi occhi verdi erano curruciati in quel espressione seccata che intimidiva le persone.

-Figurati, solo ti devo chiedere di uscire dalla stanza ora, dobbiamo fare delle analisi. -

-Certamente, mi faccia sapere se va tutto bene. -

La vide annuire prima di concentrarsi sul corpo dormiente di Jirō.
Il suo amico aveva avuto solo un breve sprazzo di lucidità da quando era arrivato lì, chiedendo di Kōijirō.
E lui l'aveva chiamato, prima ovviamente di fare un' altra telefonata. Non aveva detto nulla al coinquilino, non era suo diritto. Sapeva che si sarebbe preso parole da entrambe le parti ma in cuor suo non rimpiangeva nulla, era convinto di aver fatto la scelta giusta. Ora però doveva prepararsi su cosa dire al primo che sarebbe arrivato.
L'altra persona che poteva spiegare a Yūto cosa stesse succedendo era in stato comatoso quindi sperava vivamente arrivasse prima Kōijirō .
Ma i morbidi boccoli di Yūto non persero tempo a stagliarsi all'orizzonte.
Si alzò in automatico, pronto per l'occhiata fredda ed il tono sprezzante che gli riservava ormai da giorni, ma rimase sconvolto quando sentì le mani dell'altro sul suo viso e vide la preoccupazione attraverso i suoi occhiali.

- Stai bene?! -

A dividerli c'era veramente poco spazio e fu travolto dal calore del corpo di Yūto a contatto con il suo.

-È per il labbro? Ti si è infettato di nuovo? -

Quel dannatissimo giorno, invece di spammargli la crema sulla ferita alla bocca, aveva preferito baciarlo, con la conseguenza che il giorno successivo si era ritrovato il labbro inferiore incredibilmente dolorante e gonfio. Non si era premurato di nasconderlo, non che avesse un motivo per farlo, ma da allora l'uomo che aveva di fronte aveva smesso di dargli importanza, trattandolo con sufficienza, e ciò gli recava incessantemente dolore. Così aveva smesso di provare a parlarci, mostrandosi di conseguenza incurante di cosa l'altro facesse o meno, non facendo fuoriuscire neanche la rabbia provata, giungendo alla conclusione che non ne valesse la pena; dopotutto non aveva diritto di arrabbiarsi, quello era stato solo un momento dettato dallo scotch e dalla sua debolezza. Sarebbe stato doloroso illudersi ulteriormente.
Ed è con questo pensiero che si distaccò da lui con il freddo che ritornava ad impossessarsi della pelle.

-No... Senti non si tratta di me... Vedi... -

-Kidō... -

Kōijirō era dietro di loro e passava lo sguardo da uno all'altro. E Akio poté giurare di aver visto la lampadina accendersi quando il castano ebbe realizzato il tutto.

-FUDŌ! COME HAI... -

-MERITA DI SAPERE, CREDI DI ESSERE L'UNICO CHE VUOLE BENE A SAKUMA?!-

-Sakuma? Di che cosa state parlando? -

Abbassò gli occhi e strinse i pugni, desideroso di rendere il volto di Akio un amasso informe, ma aveva un problema più grosso da affrontare.

-Genda? Che succede, dov'è Sakuma? -

-Lui... Ha una rottura alla retina dell'occhio destro... rischia la perdita totale della vista... -

La terra sembrò sparire da sotto i piedi di Yūto e tutto iniziò a vorticargli attorno, con Kōijirō come unico punto fisso.

-Da quanto è così? -

Non sentendo risposta il biondo strattonó l'amico per il braccio, facendolo voltare nella sua direzione.

-DA QUANTO? -

-Da quasi un anno... -

La stretta sul braccio di Kōijirō si fece più forte prima di allentarsi completamente.

-Perché?... PERCHÉ NON ME LO AVETE DETTO? -

Un espressione di puro dispiacere si dipinse sul volto del più alto.

-Non volevamo coinvolgerti... Eravamo convinti di riuscire a superarlo insieme... Ma adesso... -

Diede un' occhiata alla stanza dove si trovava il suo ragazzo ed un inizio di aqua iniziò a bagnargli gli occhi, ma non pianse. Akio sapeva di non aver messo il collega in una situazione semplice, ma bisognava far fronte al problema prima o poi.

-I due lavori... erano per pagare l'intervento... SAPEVI CHE POTEVI CHIEDERE A ME-

-NON AVEVO BISOGNO DEI TUOI SOLDI. -

- A QUANTO PARE NON HAI NEANCHE BISOGNO CHE LUI VEDA. È LA PERSONA CHE AMI! COME PUOI LASCIARLO COSÌ?! -

-Scusatemi, questo è un ospedale, se volete litigare siete pregati di uscire. Non farò in modo che disturbate ulteriormente i pazienti. -

Quella che doveva essere la capo infermiera si impose tra loro, facendo cadere un pesante silenzio.
Fudō in questi casi era solito a uscirsene con il suo solito sarcasmo, ma quella volta non se la sentiva proprio; optò invece per cambiare argomento.

-Gli stanno facendo alcuni esami, non so quando finiranno ma al momento non ti danno il permesso di entrare.-

L'infermiera si rimise dietro la scrivania continuando a sorvegliarli di sottecchi, ma il moro oramai aveva fatto presente la situazione di Jirō e nulla in quel momento sarebbe stato più importante per Kōijirō . Non avrebbe sprecato neanche tempo per picchiarlo, anche se dallo sguardo avrebbe volentieri voluto.
Yūto dal canto suo si era ricomposto, tornando alla sua solita calma ed eleganza. Ed Akio non seppe dire se fosse peggio o meglio.

- Fudō, andiamo, ti porto a casa. -

Lo seguì non soffermandosi a salutare l'amico, dall'aria che tirava aveva capito che non sarebbe stato il caso; si soffermó invece a dare un breve sguardo alla porta della camera di Jirō. Non sapeva se sarebbe andato tutto bene e questa incognita lo tormentava, così come per gli altri due. In un certo senso, si sentiva responsabile. Non sapeva se l'avesse portato in ospedale abbastanza in fretta, non sapeva se avesse attuato giustamente i metodi di primo soccorso. Il medico non si era espresso, dicendo solo che serviva fare degli accertamenti per verificare i danni, e da allora le sorti dell'ex compagno di scuola erano state ignote.
Seguì il coinquilino all'interno dell'ascensore e, per la prima volta, in cuor suo pregò che andasse tutto bene.

~°~°~°~

Nessuno emise un fiato nel tragitto verso casa. Il rumore della radio rompeva il silenzio, emettendo qualche interferenze per via del temporale che imperversava da un po', e con esso la pioggia di inizio estate che non accennava a smettere. Di tanto in tanto Akio dava un occhiata all'altro, che rimaneva nella sua calma glaciale, non lasciando trapelare neanche la minima espressione.
Dopo le precedenti settimane trascorse non era così strano che l'altro non cercasse nessun contatto con lui, ma in un certo senso sentiva che c'era qualcosa che non andava, e non si trattava di Jirō e Kōijirō. L'aveva percepito appena l' aveva visto in corridoio. Era entrato tutto agitato e trafelato, un atteggiamento poco riconducibile al Yūto degli ultimi tempi, e doveva ammettere che ciò non lo aveva reso affatto tranquillo, anzi... si sentiva come se l'altro fosse diventato una sorta di bomba ad orologeria, pronta ad esplodere in ogni momento, e questo non faceva altro che metterlo ulteriormente sotto pressione.

Ma tutto questo durò fin quando la porta dell' appartamento non si fu chiusa alle loro spalle.
Si erano beccati un bell'aquazzone ed entrambi erano completamente zuppi, anche se avevano fatto solo pochi metri a piedi. Akio aveva tutta l'intenzione di andare a farsi una doccia, ma c'era sempre quell'atmosfera piena di tensione che non lo faceva muovere dalla sedia su cui era seduto, rimanedo immobile con lo sguardo fisso su Yūto intento a spogliarsi della giacca ormai bagnata.
La luce dei lampioni e del corridoio erano le uniche fonti luminose che gli permettevano di vedere i lineamenti dell'altro: raffinati, imponenti e incredibilmente affilati. Molto spesso si era soffermato su come Kidō Yūto potesse apparire in tutto e per tutto come un principe. Dimostrava sempre una maestosità ed un' eleganza così fuori dal comune che ne rimaneva sempre accecato, perfino adesso che lo stava bruciando con gli occhi attraverso le spesse lenti scure.

-Tu lo sapevi... -

-Sì. -

-E non mi hai detto nulla... -

Ricambió lo sguardo di astio, non nascondendo il fastidio che provava nel parlare di quell'argomento.

-Senti non sono per nulla in vena di parlare di cose che non mi riguardano, quindi o usi prima tu il bagno o ci vado io. -

Detto questo si alzò con nonchalance dirigendosi verso il corridoio. Stava scappando, lo sapeva bene, ma erano altre cose che avrebbe voluto affrontare con lui, non gli avrebbe parlato della situazione di Jirō prima che non lo avesse fatto lo stesso malato.
Ma non appena gli passò di fianco si sentì afferrare la spalla.

-Non abbiamo finito... -

-Non ho bisogno del tuo permesso per chiudere un discorso. -

La stretta si fece più decisa.

-Certo, tu puoi fare quello che vuoi, sei sempre stato più bravo di me dopotutto a fare l'egoista. Chissà quanto ti sarai divertito a vedrmi ignaro mentre tu sapevi. Il sadismo è una delle tue migliori qualità. Avrai certamente aspettato il momento migliore per dirmelo solo per gioire della mia reazione. Sei davvero migliorato nel creare casini, complimenti. Ed ora dimmi, sto soffrendo abbastanza per te? Ti senti soddisfatto? In verità sei un cazzo di vigliacco. -

Il pugno fù così violento che cadde a terra con un tonfo sordo e gli occhiali si spaccarono al suolo. Contrariamente a quel che si era presupposto, alla fine era stato lui ad esplodere e non Yūto.
La rabbia gli aveva attraversato le vene come un fiume in piena, e non c'era traccia di sarcasmo o ironia in essa, ma solo pura e struggente tristezza.

-Non osare parlarmi di sofferenza. NON VENIRE DA ME A PARLARE DI SOFFERENZE DOPO TUTTE LE CAZZATE CHE MI HAI FATTO PASSARE. Credi di essere l'unico a star male Yūto? pensi che io non sappia cosa significa soffrire? Perché essere innamorato di te non mi ha portato ad altro se non a questo. -

Akio rimase in silenzio, resosi conto di quello che aveva appena detto. Ed un moto di paura gli percosse il corpo come una scarica, ma ormai si era fatto avanti, non poteva tirarsi indietro.
Yūto invece non lo guardava nemmeno, aveva sputato un po' di sangue ma da allora non aveva mosso un muscolo.

- Passi la vita a reprimere un sentimento che sai non essere ricambiato, e quando cerchi di dichiarati perché fa troppo male, lo scopri a limonare con l'attaccante della squadra avversaria... -

Non aveva mai raccontato a nessuno questa cosa, era una ferita ancora aperta, risalente alla loro vittoria al Football Frontier, non riuscendo più a sopportare la vista di Shuya da allora.

-... Ho sempre odiato quel giorno, e lo odio tuttora, ma sapevo di non poterci fare nulla; così ho provato ad andare avanti, ma poi tu compari magicamente e cerchi un appartamento. Dio, se non ne avessi avuto la necessità ti avrei detto subito di no.
Ohhh ma il meglio deve ancora arrivare. Perché poi inizio a nutrire speranza di poter avere qualche possibilità con te, speranza che ovviamente non perdi tempo a spezzare, dato che baciarmi deve averti disgustato così tanto da non parlarmi più. E va bene ok, ci posso stare, insomma non hai mai nascosto di disprezzarmi, cretino io che mi sono preso in giro da solo, quindi posso anche accettarlo. E sì magari sono stato anche codardo a non affrontare come si deve la malattia di Sakuma, che vorrei ricordati è anche mio amico, e per questo avrò i rimorsi per tutta la vita, ma ciò che non posso accettare... Ciò che mi fa imbestialire è sentirmi dare del vigliacco da te che per tutta la vita sei scappato da quello che sei. Che ti nascondi dietro la facciata da perfetto ragazzo, ma che in verità non hai neanche il coraggio di dire a tuo padre che sei gay. -

Il rumore sordo delle nocche contro la parete fecero ritornare il silenzio, interrotto sì e no dallo scrosciare della pioggia ed i respiri dei due inquilini.
Era una scena molto surreale. Se da un lato c'era Yūto con il naso sanguinante ed il pugno a pochi centimetri dal volto di Akio, dall'altra quest'ultimo non aveva nemmeno cambiato espressione, rimanendo impassibile alla minaccia del colpo mancato, ma incapace di impedire ai suoi occhi di smettere di piangere. Non sapeva nemmeno quando aveva iniziato, troppo occupato a vomitare tutti i pensieri nascosti a forza dentro di sé, oramai troppo stretti per essere contenuti.

-Che c'è? Non hai neanche le palle di colpirmi. Avanti FALLO! -

Aprì la bocca ma la richiuse immediatamente, rimanendo a guardarlo con quei lucidi occhi color rubino che bruciavano di determinazione e sfida, perfino quando si decise a premere le labbra con forza sulle sue. Sulle prime, Akio cercò di fare resistenza, con il solo risultato di venir ancora più sopraffatto in quel bacio violento e feroce, fino ad arrendersi completamente ad esso.
Di slancio uno si agrappó all'altro ed entrambi si lasciarono scivolare sul pavimento, non intenzionati ad interrompere il contatto.
Erano ancora bagnati ed infreddoliti per la pioggia, ma in quella situazione il freddo era solo un lontano ricordo, soprattutto quando la lingua di Yūto non si fece scrupoli ad intrecciarsi a quella del moro, che cottraccambió lasciandogli un leggero morso su labbro inferiore. Stettero abbracciati finché l'affanno si fece sentire e furono costretti a separarsi.
Il biondo passò una mano sulla guancia umida dell'altro, mentre questi lo guardava completamente ebbro della passione appena scaturita, osservando curioso il compagno che lo stava accarezzando con fervore e trepidazione di continuare da dove si erano interrotti.

-Siamo proprio patetici, vero? -

Akio tiro la testa indietro ridendo sarcasticamente.

- Per la prima volta, mi trovo d'accordo con te...-

*302,08€

Grazie per aver letto fin qua, mi raccomando leggete anche le mie altre opere, e seguitemi su wattpad. Vi ringrazio per il contributo e sostegno noi ci vediamo nel prossimo capitolo. Ciao ❤

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