Il ragazzo della 113 | Noah C...

By SthefannyStories

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Le regole alla Columbia University sono poche e precise: puntualità alle lezioni, tenere uno studio costante... More

Cast
Prologo
1. Columbia
2. Frutto proibito
3. Guida Turistica
4. Connie
5. "Siamo amici"
6. Football&Cheesburger
7. Fuoco
8. Questione di fiducia
9. MagBlue's
10. Cappuccino
11. Rissa
12. Tregua
13. Il tuo tocco
14. Insieme
15. Bacio Rubato
16. Fratelli Protettivi
17. Fratelli giganti e buoni
17. Fratelli giganti e buoni
18. Nostalgia
19. Maglioni imbarazzanti
20. Momenti imbarazzanti
21. Il Ringraziamento
22. Goodbye Brother
23. Auschwitz 1941
24. Giro Turistico In Presidenza
25. Casa Walker
25. Casa Walker
27. La partita
28. Il ballo
28. Il Ballo
29. Un mare di bugie
30. La verità
Epilogo
SEQUEL
Ringraziamenti
LULLABY

26. Mi affido a te

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By SthefannyStories

LEGGETE LO SPAZIO AUTRICE
IN FONDO AL CAPITOLO,
GRAZIE.
BUONA LETTURA
E BUON SAN VALENTINO 🌹

"Per quanto tempo
è per sempre?"
Alice

"A volte, solo un secondo."
Bianconiglio

▶️Ultimo - I tuoi particolari


Entrai nell'aula di Letteratura, stringendo il quaderno degli appunti fra le braccia, regalando un sorriso gentile alle ragazze che mi salutarono - con la mano - in fondo alla classe.
Ero appena stata dal medico per fare degli esami, ultimamente non mi sentivo fisicamente bene. Avevo dei continui dolori alla testa, con la costante sensazione di affaticamento e una febbre che andava e tornava. Non volevo alcuna intenzione di perdere i sensi e finire tra le braccia di qualche studente, come era andata a finire l'ultima volta con Elia.
Avrei avuto a breve i risultati e avrei finalmente capito cosa fare, speravo soltanto che non fosse qualcosa di grave.

Mi incamminai silenziosamente verso il banco, su cui mi sedevo fedelmente nelle ultime settimane, appoggiandoci sopra il mio materiale, prima di alzare il capo e sorridere, guardando la figura imponente di Isaac entrare all'interno di quelle quattro mura.

Le chiacchiere degli altri studenti cessarono all'istante, posando lo sguardo sul ragazzo della 113, che si incamminava tranquillamente in mia direzione. Indossava un paio di jeans neri - strappati un po' qua e là - che gli fasciavano perfettamente le gambe atletiche, la felpa verde scura - con le maniche bianche - della squadra di Football, su cui vi era cucito sul petto lo stemma dell'istituto, metteva ben in mostra le sue braccia forti e ai piedi un paio di scarpe sportive nere.
Mi morsi il labbro, possibile che qualsiasi cosa decidesse di indossare, gli calzasse alla perfezione?
"Eisel?" Mi richiamò la voce di Isaac, in piedi di fronte a me, con la schiena e il capo chino sulla mia figura seduta comodamente nella mia sedia.

Scossi la testa per più volte.
"Uhm?" Mormorai, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, che mi erano scivolati davanti al volto.

Sentii il tocco delle sue labbra sulle mie, che mi sfiorarono velocemente in un bacio a stampo.
Cosa?
"Buongiorno." Sussurrò sul mio orecchio, sfiorando successivamente le sue labbra sulla mia fronte, prima di accomodarsi sul banco al mio fianco. Ignorando totalmente il colorito roseo, che aveva preso possesso della mia faccia.

Mi aveva baciata tranquillamente di fronte a tutti gli studenti presenti in quella classe, mentre la sottoscritta era in uno stato di un totale imbarazzo. Gli occhi di tutti era posati su noi due, possibile che non se ne accorgesse?

Tolsi immediatamente la ciocca di capelli da dietro l'orecchio, facendo in modo che mi coprisse nuovamente il volto, mentre mi mettevo comoda con la sedia. Trovai il coraggio di alzare gli occhi sulla figura di Isaac alla mia destra, trovandolo con il gomito appoggiato al banco, la testa appoggiata al palmo della mano e un sorriso soddisfatto sulle labbra piene. Inarcai un sopracciglio, come a voler fargli intendere un: "Che c'è?"

Il suo sorriso si allargò, prendendo forma su tutto il perimetro delle sua labbra, mettendo in mostra i denti bianchi e perfetti.
"Sei carina quando arrossisci." Dichiarò. "Davvero molto, molto carina."

Ora, più che arrossita, dovevo avere l'aspetto di un pomodoro.

Aprii la bocca per poterlo mandare a quel paese, visto il quanto si divertiva a mettermi in imbarazzo, ma fui immediatamente fermata dall'arrivo del Professor Sullivan.
Guardai Isaac riservandogli un'occhiataccia, al quale mi rispose con un'occhiolino.
Mi morsi il labbro, dannazione a lui!

"Bene ragazzi, buongiorno!" Parlò la voce rauca del professore, appoggiando sopra alla cattedra un pila di fogli e la sua ventiquattrore.
"Credo che siate perfettamente a conoscenza dell'argomento, che si sta parlando in questa scuola nell'ultima settimana." Annunciò sistemando la giacca che aveva addosso sulla sedia, prima di mettersi di fronte alla cattedra ed appoggiarsi su essa.

Ero stata talmente travolta da tutto ciò che era accaduto negli ultimi giorni con Isaac e tutto ciò che riguardava il suo passato, che non avevo minimamente idea di cosa stesse parlando. "A cosa si riferisce?" Sussurrai alla ragazza dai capelli rossi, seduta sul banco alle mie spalle.

Si protese in avanti, facendomi notare - grazie alla montatura dei miei fedeli occhiali - l'intensità del colore verde dei suoi occhi e delle migliaia di lentiggini, che le contornavano il viso magro. "Probabilmente si sta riferendo alla ragazza del secondo anno, Scarlett Lillysset, che ha abortito il bambino che portava in grembo, dopo che il padre - Jason Dallas dell'ultimo anno - non ne ha voluto saperne niente." Mi informò prima di mettersi a sedere compostamente, la ringraziai con un accenno del capo prima di guardare nuovamente il professore. Mi ritrovai a chiudere e a riaprire le palpebre in modo costante, piuttosto scossa nel sentire quella notizia.

Vidi Sullivan prendere in mano un paio di fogli, dalla pila alle sue spalle, prima di abbassare lo sguardo sulle righe e leggerci ad alta voce il suo contenuto. "Mi chiamo.. Anzi, non mi chiamo. Sono ancora troppo piccolo per avere un nome, ho appena qualche settimana di vita." Iniziò, facendo calare le chiacchiere di noi studenti e lasciando che la sua voce, prendesse parte in ogni angolo di quelle quattro mura. "La mamma non si è ancora accorta di me. Semplicemente, percepisce in lei qualcosa di diverso, ma non immagina minimamente cosa possa essere. Improvvisi sbalzi d'umore, qualche capogiro e un'eccessiva stanchezza. Non sa che io sono dentro di lei. Poi realizza di avere un ritardo ed inizia a preoccuparsi. La mamma è ancora giovane, frequenta ancora la scuola. Percepisco la sua angoscia e mi ferisce la sua speranza nella mia inesistenza. Continua ad ignorare la situazione, come a voler credere che io non esista. Oggi ha finalmente trovato il coraggio per scoprire la realtà dei fatti e sta per mettere piede in farmacia, per poter comprare un test. Si rivolge al farmacista timidamente, parlandogli a bassa voce. Quasi in un sussurro. Temo che la mamma si vergogni di me." Continuò, staccandosi dalla cattedra per poter camminare lentamente fra i corridoi della classe, ignaro dei nostri sguardi attenti su di lui. "Torna a casa e chiudendo in bagno, ha il coraggio di affrontare finalmente la realtà. Prende il test fra le sue mani tremanti e dopo qualche instante comprende che io c'ero, che esistevo. Mi ha profondamente colpito la sua disperazione. Avvertivo il suo dolore che, unito al mio, cresceva pian piano per la sua infelicità. Mamma, perché non mi vuoi? Per favore, non piangere. Ci sono qui io, che ti voglio davvero un gran bene." Sussurrò Sullivan, prima di tossire. "Mamma ha preso il cellulare fra le mani, che continuavano a tremare. Stava chiamando il mio papà. Non so cosa gli stesse dicendo di preciso, ma sembrava molto arrabbiata. Gridava con lui e gli urlava, che non sono un dente cariato da estirpare. Sono un essere umano! Gli dice che non può tirarsi indietro, fingere che non esista, perché volendo o meno, lui era il mio papà." Continuò.
Mi si strinse il cuore a quelle parole.
"La mamma è ancora così piccola, piuttosto fragile ed ha bisogno intensamente del sostegno del mio papà. Soprattutto per poter dare la notizia ai nonni. Si trova invece a dover affrontare la situazione da sola, perché papà non vuole saperne di me. Papà, quando la mamma ha saputo di me, era scoppiata in lacrime. Mentre lui, voleva buttarmi via. Come un paio di panni sporchi da lavare. Perchè i miei genitori non mi volevano, non avevo fatto nulla di male. Ora la mamma sta raccontando alla nonna della mia esistenza. Nonna cosa stai facendo, perché hai tirato uno schiafo alla mamma? Perché nemmeno la nonna mi voleva?Mamma, stai tranquilla, andrà tutto bene.Non intristirti perché hai litigato con la nonna, le passerà. Vedrai che andrà tutto bene." Proseguì Sullivan, continuando a camminare per la classe. "Da allora sono passati tre giorni. Ora ho tre giorni di vita in più. Che bello! Non vedo l'ora di nascere, di imparare a camminare, a correre, a parlare. Voglio che mi insegni tutto quello che sai, mamma. E non importa se il mio papà non mi vuole, magari con il tempo cambierà idea ed io sarò qui, con te, ad aspettarlo. Per adesso mi basti tu. È così bello potermi addormentare, svegliare e accompagnarti in ogni cosa che fai. Ora stiamo entrando in uno studio medico, non piangere mamma, ci sono qui io. Il tuo bambino, che ti vuole immensamente bene. Vedo il dottore, un'infermiera e molte macchine. Sei impaziente di sapere se sarò un maschietto o una femminuccia? Eppure non mi sembri contenta, continui a singhiozzare imperterrita. Che succede mamma, è per caso l'emozione?" Continuò. "Non capisco perché continui a ripetere, accarezzandoti il ventre: "Perdonami, bambino mio".
Perdonarti di che cosa mamma?
Perché mai avresti il bisogno del mio perdono?
Cosa stai facendo lì fuori per chiedermi scusa?
Sento un dolore, un ago che invade il mio piccolo mondo.
Ho capito tutto.
Le mie cellule strappate dalla tua carne.
Ora capisco che non mi insegnerai mai a camminare, a parlare o tante altre cose belle.
Perché io non nascerò mai.
Non piangere mamma, io ti perdono.
Chissà se in cielo esiste un paradiso, per i bambini che non sono mai nati." Sussurrò la voce rauca di Sullivan.
Avevo le lacrime agli occhi, quelle parole erano troppo crude.
"Addio mamma.
Saremo stati davvero felici insieme, ti avrei voluto bene. Addio.
Il tuo bambino senza nome." Concluse, mentre ero oramai in lacrime. Portai la mano sulla bocca, per poter impedire ai singhiozzi di poter fare spazio. E non ero l'unica, qualcuno si era permesso di piangere silenziosamente, davanti a quel crudo racconto che mi aveva graffiato il cuore. "Qualcuno ha voglia di condividere un pensiero?"

Un ragazzo dai capelli biondi alzò la mano e dopo aver ottenuto il consenso, per poter parlare, commento un: "Non voglio nominare la ragazza in questione, ma credo che se voleva veramente uccidere quel bambino, lo poteva liberamente fare. Perché ufficialmente quello non era un bambino, era un fetto di poche settimane. Cambiando i nomi alle cose, cambiano la loro natura o no?
Come diceva Shakespeare: "Se la rosa avesse un altro nome, avrebbe lo stesso profumo".
Così, allo stesso modo, se lo chiamiamo feto rimane quello che in realtà è. Un bambino.
E che diferenza fa allora ucciderlo, quando è lì muto - che non può diffendersi - rispetto ad ucciderlo quando è già nato e ha magari un mese o due? Non rimane lo stesso un omicidio? Non gridiamo al moralismo, adesso.
È moralismo condannare una persona per omicidio? No." Parlò Dan, gesticolando con le mani, mentre l'attenzione di tutti era stata rivolta a lui. "E allora perché dovrebbe essere moralismo in questo caso? Guardiamo in faccia la realtà. Quello è un bambino, permettettegli di vivere. Non lasciare che sia la paura a vincere. Permettigli di sperimentare la gioia, l'amore e le cadute, la tristezza. Tutto ciò che la vita potrebbe dargli. Lui non ne ha diritto? Perché no? Solo perché non può gridare poco prima di morire?"

"Io non sono assolutamente d'accordo." Intervenì la ragazza dai capelli rossi alle mie spalle, Grace Anderson.
"Ciò che Sullivan ci ha appena raccontato, è sì, commovente e fa soprattutto riflettere, ma ciò che hai appena detto mi infastidisce. Non puoi accusare una persona di Omicidio, in una circostanza così delicata, soprattutto senza conoscere la sua situazione. Oltre ad una possibilità di una ragazza, che va ancora a scuola, pensiamo ad una ragazza che una sera tornando a casa è stata violentata, non si è potuta difendere e non è riuscita a fare altro che subire. Da quella sera non smette di sentirsi le mani di quel mostro addosso, il suo fiato sul collo e le sue sensazioni di quella sera, non riesce a dormire la notte o stare vicino ad altri uomini. Poi un giorno scopre che quel mostro oltre a lasciarle altro a quelle sensazioni, le ha lasciato un bambino che ha iniziato a crescere dentro di sè. C'è chi la vedrebbe come una possibilità di rinascere, di credere di nuovo in qualcosa, ma c'è anche chi non ne sorpoterebbe l'idea. C'è anche chi penserebbe a quel bambino, solo come al frutto di quella notte che le ha distrutto la vita. Lei sa che non è colpa del bambino, lei lo sa, ma non sopporta l'idea di vederlo crescere. Ha paura di guardarlo e di vedere ogni volta il viso di quel mostro, per questo ha preso una decisione. Sofferta e difficile, ma è l'unica strada che vede per andare avanti. Penserà sempre a quel bambino, perché magari involontariamente gli aveva dato un nome e darà quel nome magari al bambino, che poi in futuro nascerà da un amore che l'ha resa viva di nuovo." Parlò con voce dolce e leggermente tremula, tormentando i pollici fra loro.
"Quel piccolo che non ha visto la luce, sarà sempre con lei e probabilmente in questo modo più di quanto lo avrebbe amato, se fosse nato in quel momento della sua vita. Detto questo non venirmi a dire che una ragazza che abortisce, è un'assassina." Concluse alzando gli occhi verdi, negli occhi azzurri di Dan.

"E come fai a dirlo? Che ne puoi sapere tu, di cosa si prova?" Sputò lui aspramente.

"Perché il mio bambino, è stato il frutto di una violenza che ho subito in passato e la sensazione, che ti ho appena elencato, le ho subite in prima persona. So cosa si prova, Dan, so esattamente cosa si prova." Dichiarò lei ottenendo gli sguardi di tutti addosso, mentre si alzava e chiedeva al Professore di uscire dalla classe.

^~^

Uscii dalla classe al suono che segnava il termine delle lezioni mattutine, salutando il professor Sullivan insieme al resto dei miei compagni, che si trascinavano stanchi verso la porta. Mi passai le mani sugli occhi, dopo aver tolto la montatura degli occhiali, per eliminare i residui delle lacrime che avevo versato qualche minuto prima. La lezione di oggi era stata alquanto intensa, le parole di quel testo mi avevano davvero scossa. Negli ultimi giorni avevo avuto talmente tante esperienze con le situazioni difficili, che mi sentivo leggermente vulnerabile. Ero troppo fragile, per poter reggere sensazioni così forti.
"Hei, come ti senti?" Parlò la voce di Isaac al mio fianco, con lo zaino alle sue spalle e la mia borsa a tracolla - che aveva insisto per portarla al posto mio - in una spalla.

Tirai su col naso, un gesto davvero di poca eleganza e femminilità, che lo fece ridacchiare.
Avevo capito che, con Isaac, non dovevo sforzarmi di piacergli o di farmi continue paranoie. A lui non importava il quanto fossi goffa, perfettamente negata con la moda e fan sfegatata dei cibi calorici. A lui, per quanto potesse sembrare incredibile, sembravo piacergli per davvero. "Vieni qui." Parlò trascinandomi di lato, visto che eravamo proprio davanti alla porta della classe, da cui stavano uscendo ancora alcuni studenti, che non si facevano problemi a dare una sbirciatina in nostra direzione.
Da quando era uscito quel famoso giornalino, in cui eravamo finiti in prima pagina, tutti erano venuti a sapere che oramai io ed Isaac stavamo uscendo. Per tutti eravamo oramai una coppia e nonostante fossero passate due settimane da allora - ai loro occhi - vederci ogni giorno, era sempre la prima volta.

Sentii il mio corpo protetto dalle sue braccia, che mi circondarono fino a farmi sparire, sotto la sua figura imponente.
Era talmente alto, che a confronto ero un nano da giardino.

Alzai la testa in sua direzione, pronta a trovare i suoi occhi avidi di poter ammirare i miei occhi. Poi senza troppe cerimonie, semplicemente mi baciò.

Un bacio a stampo alquanto veloce.
Pensai addirittura di essermelo immaginato quando mi ritrovai a fissargli le labbra e a mordermi le mie. "Eisel, dannazione." Parlò con voce rauca prima di trascinarmi contro il muro alle mie spalle, appoggiare le sue mani sulla mia guancia ed infilare la lingua sulla mia bocca.

Il tuo tocco era esperto, esigente e carico di passione.

Vi state domando se Isaac bacia bene? Diamine se baciava! Pensai prima di ridacchiare fra le sue labbra, staccandomi per poter prendere fiato. "Mi prendi sempre alla sprovvista." Sussurrai con la testa contro il suo petto, che batteva a ritmo veloce, proprio come il mio. Sorrisi a quella rivelazione.

"Uhm, uhm." Tossì qualcuno al nostro fianco, facendoci alzare il volto in quella direzione. Pensai di trovare il Preside Walker, pronto a farci una predica e sarebbe stato difficile smentire ciò che, in quel momento, stavamo facendo. Ma trovammo soltanto la figura del Professor Sullivan, con la ventiquattrore in una mano e la pila di fogli nell'altra. "Signor Walker." Parlò rivolgendosi ad Isaac, che a sua volta guardava il professore dall'alto in basso con sguardo di sfida, proprio come un cattivo ragazzo. Mi ritrovai ad alzare gli occhi al cielo.
"Mi può spiegare cosa state facendo qui?" Domandò rivolgendo uno sguardo veloce su di me, che avevo abbassato lo sguardo completamente in imbarazzo.

"Stavo parlando con la mia ragazza." Parlò Isaac, facendomi trattenere immediatamente il fiato. Cosa? La sua ragazza? "In realtà mi è scappato di darle un bacio, o forse due, ma nulla più." Continuò con una faccia tosta, grande quanto una casa, dipinta sul volto.
Ero in bilico e alquanto indecisa se esultare dalla felicità, per ciò che aveva ammesso o scavargli una buca e sotterrarlo - pensieri di Eisel cattiva - senza troppi complimenti. Mi stava mettendo in una situazione, che andava oltre all'imbarazzo. Di nuovo.

Il professore scosse la testa per più volte, prima di stringersi i fogli al petto. "Più decoro Signor Walker, siamo in un istituto." Lo richiamò inarcando un sopracciglio, che aveva delle sfumature grigie.

Isaac annuì. "Non si preoccupi, Signor Sullivan." Parlò facendogli un occhiolino.
Sullivan ci guardò un'ultima volta, prima di salutarci cordialmente e darci le spalle per andarsene. Continuai a salutare il professore con la mano, prima di girarmi in direzione di Isaac e tirargli uno schiaffo - senza troppa forza - sul braccio. "Woah, woah, woah!" Mormorò alzando le mani in aria. "Cosa ho fatto?"

"Smettila di mettermi imbarazzo, sono morta di vergogna." Parlai passando le mani sui miei capelli.

Inarcò un sopracciglio. "In imbarazzo per cosa? Per averti baciata o per aver detto che sei la mia ragazza?" Domandò prima di incrociare quelle braccia muscolose, sotto il petto.

Concentrati Eisel, mormorò la vocina di Eisel so tutto io nella mia testa, seduta a gambe incrociate come un Buddha.
Scossi il capo. "Per entrambi, in realtà."
Imbarazzante.

Inarcò entrambe le sopracciglia verso l'alto, sorpreso nel sentire le mie parole.
"Avevo davvero voglia di baciarti." Commentò facendomi arrossire ancora una volta, ma perché doveva essere così schietto? "E poi tu sei la mia ragazza." Confessò aggrottando la fronte, come se quella rivelazione - per lui - fosse del tutto ovvia.

Io, la sua ragazza?
Cosa mi ero persa?
"Io.." Balbettai iniziando a giocare con i pollici.

"Eisel." Mi chiamò, sfiorando con le sue dita il mio mento, alzando il mio volto per potermi guardare. "Voglio mettere in chiaro le cose." Dichiarò.
Tum tum, avevo il cuore che batteva davvero fortissimo.
"È vero, ti ho promesso di cortegiarti fino a farti capire, se avresti voluto stare insieme a me o meno. Ma io non ci riesco, davvero. Mi riesce impossibile guardarti, starti vicino e non poterti baciare. Io voglio costantemente toccarti, sfiorarti. Mi piace il tuo profumo, mi piace come perfettamente stai al mio fianco, mi piace come mi fai sentire. Mi piaci davvero tanto. Non sto bene con nessun altro, come sto con te. Non mi sono mai avvicinato così tanto a qualcuno, come lo sto facendo con te. Mi sto mettendo a nudo, Eisel. Non so più come farti capire che per te, ho veramente perso la testa. Non bacio chiunque, bacio te che - per me - sei la mia ragazza. E se mi vuoi, io sono questo, sono tutto tuo."

Dio mio, pensai guardandolo completamente persa nell'intensità dei suoi occhi.
Isaac si stava veramente dichiarando a me.
Ed io perché diamine ci stavo ancora pensando al riguardo?
Gettai le braccia lungo il suo collo, prima di sfiorare i suoi capelli con le dita e le mie labbra sulle sue.
Non aspettavo altro.
Non volevo altro.

"Mi prenderò cura di te, Eisel." Dichiarò appoggiando la sua fronte sulla mia, lasciando che i suoi capelli scivolassero davanti a quelle iridi verdi, che mi piacevano tanto.

"Mi affido a te, Magblue's."

Commenti alquanto inutili dell'autrice:
Sono riuscita a fare un nuovo aggiornamento senza troppi ritardi, proverò a pubblicare con più frequenza in modo da tenervi aggiornate fino alla fine del libro. Non riesco ancora a crederci che a breve, porterò al termine questo elaborato, sono così contenta del percorso che abbiamo fatto insieme fino a qui, mi emoziono solo al pensarci!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché ci tengo alla tematica che ho trattato qui. Tutto ciò che cerco di trasmettervi sulla piattaforma di Wattpad, è ciò che comunque ho vissuto in primis nella vita reale. Sono situazioni per cui ho passato o che qualcuno - a me caro - ha affrontato. Nei racconti cerco di metterci sempre un po' del mio, spero di avervi trasmesso qualcosa nel mio piccolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, più attive sarete con i commenti in questo capitolo, più breve sarà il tempo in cui pubblicherò il prossimo aggiornamento!
Cosa pensate che succederà?
Vi piacciono Eisel ed Isaac insieme?
Cosa vi aspettate per il finale di questa storia?
Che scena del libro vi è piaciuta di più fino ad ora?
E niente, alla prossima!

Seguitemi sul mio profilo privato Instagram (__sthefannysilva), perché se vi và, potrei fare una diretta rispondendo alle domande che potreste scrivere nei commenti, chiedendomi qualcosa su questo libro. Fatemi sapere, un bacione!

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