NEVE

By IlRamingo26

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Il vecchio non sa dove sia. Non sa nemmeno se sia ancora vivo, oppure solo una pallida ombra. Conosce il fred... More

IL GHIACCIO (Parte 1)

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By IlRamingo26


Io non ho un nome.

A dire il vero, mi pare di non avere nemmeno un corpo.

Sono un'ombra, non ho peso e non ho identità.

Non so da quanto tempo io sia qui, in questo mondo di ghiaccio e di neve, ma non me ne importa.

So solo che sto camminando.

Un passo dietro l'altro, con costanza.

Non so quale sia la mia meta: l'unica certezza rimastami è che, da qualche parte, arriverò.

No, non credo di essere morto.

Ma neppure di essere vivo.

Sono come... un'ombra.

Cammino.

Questo lo so.

E tanto mi basta.

GLI SCARPONI

Il sentiero su cui sta camminando da ore si snoda lungo il fianco della montagna, come un serpente avvolto attorno alla preda. Il vecchio incespica, barcollando, ma riesce a non cadere: la neve è gelida, e bagnarsi fino al midollo è l'ultima cosa che desidera.

Nevica.

Continua da giorni, un interminabile manto bianco che cade su tutto, coprendo rami, sassi, fiumi e prati. Non un colore sopravvive, tutto diventa uguale. E la temperatura cala, arrivando a livelli insopportabili. Ma lui non è uno qualunque, uno di quelli che si chiude in casa non appena il vento soffia più forte del normale. No, lui è uno di quelli che cammina, che sfida il tempo e la fame, avanzando passo dopo passo, senza temere la morte.

Chissà qual'era la sua meta, si chiede il vecchio. Si ferma per riprendere fiato, spaziando con lo sguardo tutta la vallata: bianco, null'altro che bianco. Il suo fiato si condensa in strane forme davanti alla sua folta barba, e quando tenta di muovere le dita viene trafitto da forti dolori. Nonostante i guanti, il freddo morde in profondità.

Il sole sembra malato. Anzi, secondo lui lo è di sicuro. È di un colore malsano, un bianco che lui ha già visto altre volte solo sui vari campi di battaglia. Quello se lo ricorda, chiaramente. Lui è un soldato. Per chi e per cosa combattesse, la memoria si è persa nel tempo. Ma lui impugnava un fucile, sparava, lanciava bombe a mano. Lui portava la morte. Di questo è sicuro. I cadaveri, tanti, colore del sole. Riversi ovunque nella neve.

Eccoli.

Corrugando la fronte, il vecchio mette a fuoco i puntini che sono apparsi all'inizio del sentiero. Lo stanno inseguendo da quando è partito, ma lui ha guadagnato parecchia distanza. Può permettersi di riposare un poco. Cerca un masso abbastanza alto da non farlo sprofondare nel manto bianco e si siede: il freddo contatto lo fa rabbrividire, ma il pastrano che indossa è abbastanza resistente da non bagnarsi a fondo. Prima che possa estrarre la propria razione, però, lui ritorna. Non lo ha visto arrivare, ma sapeva che lo avrebbe fatto. Lo faceva sempre, non appena si fermava.

"Ciao, amico."

Il vecchio non risponde. Si limita ad un semplice gesto con il volto.

"Stai ancora scappando?"

Un altro cenno. Lo straniero sorride, mostrando i denti rovinati dal tabacco. "Prima o poi arriverai al confine del mondo, e non potrai più correre via. Cosa pensi di fare quando giungerà il momento? " "Morirò." La risposta lapidaria è data con un tono secco, ma l'altro pare non accorgersene. "Non sei già morto?" "No. Non credo." "E se lo fossi?" "Allora non sentirei più questo dannato freddo." "Giusto, giusto. Posso?". Senza aspettare la risposta, lo straniero si siede accanto a lui. Come il vecchio è avvolto da un pastrano nero, ma lui non ha lo zaino, né gli scarponi: i suoi piedi sono avvolti solo in patetici stracci, resi rigidi e taglienti dal gelo. Soffiandosi sulle mani per scaldarle, lo straniero scuote le spalle. "Io invece credo di essere morto. Non sento più i piedi." "Allora vattene da questo inferno. Cosa ci fai ancora qui?" "Non lo so." L'altro rimane per un attimo in silenzio, lo sguardo fisso nel vuoto. Poi parla, la voce ridotta ad un lontano sussurro.

"Ricordi quel colpo di mortaio?"

"Sì".

"Anche io."

"Fa male?" "

"No. Non più."

Lo straniero indica il proprio petto. Il vecchio sa già cosa troverà, ma guarda lo stesso. Ogni volta, ogni maledetta volta, deve guardare per credere. Per ricordare. O almeno, per tentare di farlo.

Una voragine rossa. Dove una volta c'era il cuore, ora non c'è altro che un buco sanguinolento, brandelli di carne senza vita, schegge di osso che paiono aghi da sarta, e muscoli recisi con terribile forza. Il pastrano poteva resistere all'assalto della natura, ma non a quello della mente umana: il ferro ardente lo aveva trapassato da parte a parte, portandosi via buona parte del petto.

"Chi è stato?"

"Ha importanza saperlo?"

Il vecchio ci pensa su qualche attimo, poi scuote il capo. No, non avrebbe alcuna importanza saperlo.

"Hai trovato quello che cercavi?"

"No."

"Però senti ancora le voci."

"Si. Gli angeli mi parlano. Lo fanno ancora. Spero continuino a farlo."

"Ce la farai. Ne sono sicuro."

Improvvisamente, lo straniero si alza. "Ti ricordi di me?" grida, puntando contro di lui un dito accusatore. "Sì. Te l'ho già detto un sacco di volte. Non posso dimenticarti." Il vecchio cerca di usare un tono conciliatore, ma l'altro pare non notarlo. "Quegli scarponi sono miei! Ridammeli!" Ora anche il vecchio si alza, il viso corrugato per la rabbia. "No. A te non servono più. Sei morto." "Bugie! Sono miei! Sono miei!" scattando in avanti, lo straniero cerca di afferrarlo per il collo, ma il vecchio è pronto: schiva l'assalto, scartando di lato e, con un colpo secco, lo scaglia nella neve, facendolo ruzzolare per qualche metro giù per il pendio.

"Maledetto! Gli angeli ti malediranno per quello che hai fatto!" grida lo straniero, cercando di rialzarsi, ma il vecchio non ribatte. Fissa gli scarponi di cuoio, neri come la notte e robusti come un carro armato: i suoi scarponi, presi da un cadavere a cui non servivano più. Era riverso in una buca di mortaio, questo se lo rammenta bene. Ma non ricorda chi fosse il poveraccio, c'era sangue ovunque ... e lui non aveva avuto il tempo di cercare la piastrina di riconoscimento.

"Ridammeli! Sono miei!" urla sotto di lui il poveraccio, ma il vecchio non lo ascolta più. Si rimette in cammino e, non appena dimentica lo straniero, le sue urla se ne vanno con lui.

Nevica. E lui ha ancora parecchia strada da fare.

LA BAIONETTA

Il cuore batte all'impazzata, e per un istante il vecchio teme che possa esplodere.

Davanti a lui, è riverso nella neve. Il suo sangue scivola in tanti rivoli, come piccole serpi, avvelenando la purezza sottostante. Un colpo alla gola, ecco cosa è stato. Una baionetta, lunga e sottile, che ancora spunta dalla carne. Il colpevole.

Quale bestia potrebbe mai fare una cosa del genere, si chiede. Si avvicina al cadavere, osservandolo con più attenzione. Di sicuro è morto, lo sguardo vitreo e la bocca spalancata piena di neve fresca. Con estrema delicatezza, il vecchio scosta il sottile manto bianco dal corpo e cerca di ricordare. Quella divisa, quei colori. Qualcosa, dentro di lui, sembra sobbalzare, ma null'altro: no, non ricorda. Un colore come altri, un abito come tanti. Non è un pastrano come il suo, di questo è certo. Vicino alla mano destra c'è il suo fucile, ormai arrugginito e fuori uso, inutile. Non avrebbe senso prenderlo, si dice il vecchio. Invece, la baionetta... può sempre comodo. Soprattutto se dovesse tornare quella cosa. Sì, sarebbe decisamente utile. Sforzandosi di non cedere al disgusto, appoggia un piede sul petto del morto, afferra l'arma e la estrae con un gesto secco. Il sangue schizza in alto, in una fontana di goccioline scintillanti, colpendolo sulla barba e sul volto. Ma la baionetta è pulita, luccica alla luce del sole pallido sopra di lui.

Che bella.

Il vecchio la osserva con calma, rigirandosela tra le dita. Quando l'aveva ricevuta, aveva ritenuto che fosse inutile. Invece, quella volta, gli aveva salvato la vita.

"Ti piace? Tienila, è tua. A me non serve più." I suoi occhi azzurri come il ghiaccio si piantano nei suoi, ma il vecchio non si lascia impressionare. "Sei morto." "Sì. Mi hai ucciso tu, non ricordi?" "No, menzogne. Io mi sono solo difeso." "Mi hai ucciso tu." Il suo tono non è accusatorio, piuttosto pare un bambino capriccioso. Il cadavere resta riverso la neve, il sangue continua a scorrere, ma il suo sguardo non lo lascia in pace. "Quanti ne hai uccisi, con quella?" "Nessun'altro." "Davvero?" il vecchio annuisce, ma sa di dire una bugia.

La baionetta, davanti a lui. È sua.

"Quale bestia ti ha ucciso? Come ha potuto farlo?" chiede al morto, e come risposta ottiene una risatina. "Non lo so."

Il vecchio si inginocchia accanto al cadavere.

"Mi spiace per la tua morte. Saremmo potuti diventare buoni amici, forse." "Lo penso anche io. Ma non è stato possibile." "No, non lo è mai stato." Chiudendo gli occhi, il morto sorride. "Però ora sono in pace. Nessuno si ricorda di me, tranne te. Ti ringrazio." "Non farlo."

Quando il vecchio si rialza, è sporco di fango; non c'è più neve attorno alla vittima, solo terra nera e umida, solcata dai cingoli dei carri e dilaniata dalle bombe.

"Addio."

Non si volta, tornando a camminare nella neve.

Stringe la baionetta nella mano, lasciando che il bordo affilato lo ferisca.

Qualche goccia di sangue cade sul manto bianco. Il vecchio si ferma per un istante, lo sguardo basso, il vento che fischia attorno a lui.

Avevano una divisa diversa, ma quel colore era uguale.

Se lo ricorda bene.

GLI ANGELI

È da un bel pezzo che non sente le loro voci.

Finalmente sono tornate.

Il sentiero l'ha portato davanti ad un largo fiume, che scorre placidamente davanti a lui, avvolto dal silenzio che solo l'inverno può portare. La neve, oggi, non cade. È un giorno di calma, di pace, di riposo.

E gli angeli parlano.

Il vecchio chiude gli occhi, concentrandosi. Ascolta le loro voci da molto tempo, e ormai riesce a distinguerli.

Ecco il più giovane, con la sua voce squillante. Sta parlando a quello più grande, che invece ha un timbro più profondo... e infine c'è l'angelo con la voce più bella, perché ogni volta che la sente capisce che l'inverno, prima o poi, finirà. È una speranza debole, ma c'è.

I tre angeli stanno parlando di qualcosa, ma lui non capisce le loro parole.

Non è mai stato in grado.

Tuttavia, può percepirne le emozioni.

Una volta, ricorda, l'angelo dalla bella voce aveva fatto piangere quello più piccolo. Il baccano si era risolto solo con l'intervento dell'angelo dalla voce più profonda, che aveva riportato la pace. Il vecchio aveva assaporato la rabbia, la tristezza, la rappacificazione e la serenità finale. Era come se gli parlassero con colori e profumi, piuttosto che con le parole.

A volte si aggiungeva qualche angelo.

Però di questi non riusciva a ricordare le voci.

Sapeva che passavano, lo guardavano, forse anche lo toccavano ... ma poi si allontanavano tra la neve e nel vento gelido, lasciandolo solo. I tre angeli, invece, erano sempre presenti.

Non poteva vederli, e forse non lo avrebbe nemmeno voluto. Gli bastava essere sicuro della loro presenza, tutto qua. Il vecchio si siede nella neve, riposandosi: oggi è particolarmente stanco, e tutta questa pace non può fargli altro che bene.

Accade tutto in pochi attimi.

Prima di vederla, ne sente l'odore.

Si alza di scatto, voltandosi. La neve inizia di colpo a fioccare, un vento gelido si alza e gli artiglia la pelle del volto, scuotendolo come una bambola di pezza. Il fiume, dietro di lui, romba minaccioso, tramutato in un torrente assassino.

È come uno degli angeli: non può vederla, ma sa che è lì. E sa che lo vuole uccidere. Con un grido di rabbia, il vecchio estrae la baionetta, puntandola contra l'orrore, cercando di farsi coraggio. La nevicata, sempre più fitta, inizia a togliergli il respiro, e il vento lo acceca. Qualcosa lo sfiora, provoca dogli un dolore lancinante al petto, e il vecchio si difende come può, mulinando l'arma di qua e di là.

Non vede più nulla, il dolore cresce.

Ha paura.

Nel cielo, gli angeli iniziano a gridare.

LA GROTTA

Lo sveglia il calore del fuoco.

Apre gli occhi con cautela, pronto a tutto. Ma se la sua mente è forte, il suo corpo no: ogni minimo movimento gli provoca un forte dolore, le ossa scricchiolano come rami secchi.

Tuttavia, non c'è nulla da temere.

È in una grotta, protetto dalla tempesta di neve che sta imperversando fuori. Al centro scoppietta allegro un fuoco, che lo avvolge nel suo abbraccio caldo e confortevole.

Si rialza con fatica, zoppicando verso il calore.

"Grazie", borbotta, e le due bambole accanto a lui annuiscono. Dicono qualcosa, ma è una lingua incomprensibile. Non sono belle: fatte di stracci e di paglia, sembrano più spaventapasseri usciti male che giochi per bambine.

Nonostante il loro aspetto, però, sono coraggiose. Lo hanno salvato dall'essere, e trascinato in quella grotta affinché potesse riprendere la forze. Il vecchio stringe la manina di una bambola, sorridendo, e lei fa altrettanto.

Lui conosce quei giocattoli. Li ha visti tempo fa, in una casa.

Sì. Se li ricorda. Così come ricorda il calore.

Fiamme alte, che avvolgevano tutta la capanna come un diavolo impazzito. Loro erano per terra, nel fango, sporche di sangue e di benzina. Ne aveva raccolta una, ma era stato obbligato a lasciarla di nuovo cadere verso la morte.

E invece, eccole qua, entrambe. Si stanno scaldando anche loro, a quanto pare. Dicono qualcosa nella loro lingua, ridacchiano, e una fa una smorfia all'altra. Anche il fuoco pare giocare, perché con un guizzo sale fino al soffitto della grotta.

Ci mette qualche istante a capire. Quella non è una grotta, le sue pareti non sono fatte di pietra. Attorno a lui, decine e decine di taniche di benzina si accavallano una sopra l'altra, proteggendo lui e le bambole dal freddo esterno.

Il vecchio tocca il pavimento e si annusa le mani. L'odore è inconfondibile. Una bambola scoppia a ridere, schizzandogli addosso un po' di benzina. L'altra la imita, e ben presto il suo pastrano è coperto dal liquido maleodorante.

Per un attimo il vecchio pensa di ribellarsi, ma poi lascia perdere. Lo hanno salvato, ora vogliono solo giocare. Può forse impedirglielo? Quell'odore lo riporta alle case dei contadini, date alle fiamme per non lasciar scampo ai partigiani. "Siete qui per uccidermi?" chiede il vecchio, ma le due bambole non gli danno ascolto, intente come sono a giocare con la benzina.

Deve solo riprendere le forze, poi potrà proseguire il viaggio.

Cercando di ignorare l'odore acre della benzina, il vecchio si sdraia e si avvolge nel pastrano. Deve riposare, ha ancora un lungo viaggio da compiere.

Quando si addormenta, le bambole smettono di giocare e lo fissano per qualche istante.

Poi si prendono per mano e si gettano tra le fiamme.

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