Isolation

By cartabruciata

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Draco non può andarsene dalla stanza. Dalla sua stanza. Ed è tutta colpa dell'Ordine. Confinato in uno spazio... More

Capitolo uno: Rifugio
Capitolo due: Pugno
Capitolo tre: Porte
Capitolo quattro: Punteggio
Capitolo cinque: Profumo
Capitolo sei: Piastrelle
Capitolo sette: Umano
Capitolo otto: Tatto
Capitolo nove: Veleno
Capitolo dieci: Gusto
Capitolo undici: Dubbio
Capitolo dodici: Sonno
Capitolo tredici: Solitudine
Capitolo quattordici: Desiderio
Capitolo sedici: Innevato
Capitolo diciassette: Stelle
Capitolo diciotto: Regali
Capitolo diciannove: Grigi
Capitolo venti: Lacrime
Capitolo ventuno: Cicatrici
Capitolo ventidue: Tempesta
Capitolo ventitrè: Limbo
Capitolo ventiquattro: Ore

Capitolo quindici: Vetro

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By cartabruciata

Gli ultimi giorni di Novembre furono nebbiosi e cupi, e Dicembre sbucò da un angolo prima che tutti se ne accorgessero.

Ogni notte scatenava quel desiderio di compagnia, di calore umano, per contrastare la natura morente che ogni giorno sotterrava sempre più sotto strati di neve e brina ghiacciata. C’era un lato positivo però, il vento non era più così insistente, ed Hermione ne era piacevolmente grata. Purtroppo in questo modo il silenzio era ancora più ossessionante.

Hermione faceva il possibile per mantenersi occupata, passando meno tempo possibile nel suo dormitorio e alternando le sue giornate tra la Biblioteca e l’organizzazione del Ballo assieme a Michael e ai Prefetti. Il dormitorio era diventato un luogo così soffocante dopo il suo litigio con Draco, e non osava passare neanche un minuto più del necessario in sua presenza. Nonostante la loro sfuriata si fosse ormai già consumata da più di due settimane, lei si sentiva ancora terribilmente a disagio. Se fosse rimasta con lui per qualsiasi altro motivo che non includesse la loro necessaria interazione da inquilini, il suo corpo avrebbe sicuramente iniziato a reagire; causandole terribili spasmi allo stomaco e vampate di calore imbarazzanti.

Draco invece, sembrava fare di tutto per incrociare la sua coinquilina, emergendo casualmente dalla sua stanza quando sapeva di trovarla in cucina o nel salotto. Nelle due settimane che passarono, si erano incrociati non meno di dieci volte ed era solo grazie ai suoi sforzi, altrimenti non si sarebbero visti quasi mai. Lei scappava sempre di corsa e non lo guardava mai negli occhi, temendo che potessero risucchiarla, eppure era arrivata a guardarli di sfuggita, una volta o due. Ogni volta che lo faceva, si ritrovava improvvisamente a corto di fiato e la sua bocca si asciugava in un batter d’occhio, ma questo non le impediva di mantenere un espressione indifferente e di chiudersi in camera, battendo la ritirata quando sentiva di non potercela fare.

Nei giorni successivi al loro bacio−barra−litigio, Draco sembrava deteriorarsi col passare del tempo; i suoi lineamenti cominciavano a sembrare più scavati, lo sguardo era perso e sconfitto. Hermione desiderava moltissimo parlare con lui, almeno per scacciargli via il dolore che gli stava consumando il volto, ma era anche determinata a mantenere una sana distanza da lui. Cucinava ancora i pasti, ovviamente, ma quello era il massimo del contatto tra lei e Malfoy, anche se desiderava tutti i giorni che potesse esserci qualcosa in più.

A dispetto dei suoi tentativi per distrarsi, le importava ancora di lui.

Comunque, le distrazioni erano veramente tante, con Michael che richiedeva sempre il suo aiuto per organizzare il Ballo e Ginny che l’aveva finalmente convinta ad andare a comprarsi un vestito per l’occasione. Agli studenti era stato dato un giorno di permesso per visitare Hogsmeade e acquistare i loro abiti da cerimonia; ed Hermione si era ritrovata a sperare che l’atmosfera festosa della cittadina le tirasse un po’ su il morale.

Aveva sempre amato il Natale, ma i festeggiamenti le sembravano troppo forzati quell’anno, soprattutto sapendo che non li avrebbe passati assieme alla sua famiglia, o ad Harry e Ron. I rischi erano troppi. Perfino la neve, che normalmente adorava, non si era ancora mostrata con una bella nevicata in stile ‘film natalizio’ perciò, l’atmosfera non era del tutto promettente.

C’era ancora tempo comunque…

“Che ne pensi di questo?” domandò Ginny mentre tirava la tendina del camerino. Hermione alzò il mento e si scoprì a sorridere quando vide l’affascinante vestito nero che la sua amica le stava mostrando. Aveva un bellissimo ricamo di pizzo nero sulla schiena, che risaltava ancora di più la sua capigliatura fiammeggiante.  “Allora?” insistette lei, spostandosi i lunghi capelli rossi dietro la spalla, in attesa di un responso. “E’ ok?”

“Sei stupenda,” le disse Hermione con affetto. “Davvero, Gin. Non ti è bastata la conferma dello specchio?”

“Gli specchi qui sono incantati, ti fanno pensare che ogni vestito sia fantastico su di te,” rispose Ginny con una smorfia. “Sicura che non lo stai dicendo solo per educazione?!”

“No,” scosse la testa. “E’ quello giusto, Gin. Stai benissimo.”

Lei rise coprendosi il volto con una ciocca di capelli rosso fuoco e accarezzò il tessuto dell’abito con le dita. “Grazie,” disse. “Sto abbastanza bene da poter fare qualche foto per quando Harry tornerà?”

Se tornerà…

“Assolutamente,” annuì Hermione, decidendo che quello non era il momento adatto per smorzare l’entusiasmo. “La bocca spalancata gli arriverebbe al pavimento se ti vedesse con quel vestito, anche se sono sicura che anche Neville farebbe lo stesso.”

“No,” Ginny ridacchiò. “Gli occhi da cucciolo bastonato di Neville si sono dirottati su Hanna Abbott di recente.”

“Sul serio? E allora perché non l’ha invitata?”

“Sai quanto diventa timido in situazioni come queste,” rispose Ginny, affettuosamente. “E poi sono arrivata in tempo, prima che gli venisse in mente di chiedere in giro. Volevo un appuntamento con qualcuno di cui potermi fidare; come avresti dovuto fare anche tu, Hermione.”

“Michael è innocuo−

“Secondo me ci sta provando con te,” interruppe Ginny con disapprovazione. “So che lui e Ron non andavano molto d’accordo, comunque, dovrebbe stare attento−

“Ron ed io non siamo mai stati una coppia ufficiale,” precisò Hermione. “E Michael è solo un amico−

“Beh, se ci proverà con te o altro dovrà prepararsi a mangiare lumache per una settimana.”

Hermione rise di gusto a quel commento. “Anche tuo fratello ha un debole per gli incantesimi con le lumache.”

“Sì, vedo come gli è andata bene quella volta, quando ne ha lanciato uno contro Malfoy.” Sghignazzò Ginny. “Ok, beh il mio vestito è deciso, allora. Quale scegli, Hermione?”

“Ho già dei vestiti−

“Ma dovresti comprartene uno nuovo,” insistette lei, allargando le braccia e indicando tutti quei vestiti che le circondavano. “Quello blu ti starebbe bene−

“Non capisco perché dovrei comprare un vestito nuovo per un Ballo al quale non voglio nemmeno partecipare,” ribatté Hermione, anche se si lasciò distrarre dalla vista dell’abito per un momento. “E poi non mi serve, perché l’ultima cosa che voglio è impressionare il mio partner−

“Non farlo per lui, fallo per te stessa,” le disse Ginny, alzandosi per prendere la massa di tessuto blu e appendendola ad una gruccia. “Questo colore è bellissimo e non vedo traccia di fronzoli o pizzetti che tu detesti tanto.”

Hermione esitò, toccando con la punta dell’indice lo chiffon sotto la gonna; era abbastanza semplice, rispetto agli altri abiti esposti nel negozio, e questo era un punto a favore, vista la filosofia del ‘meno è più’ che Hermione seguiva sempre. “E’ davvero bello,”  mormorò sovrappensiero. “Ma io−

“Oh, provalo e basta.”

***

Hermione si diresse verso le sue stanze con qualche dono di Natale sotto braccio e il nuovo vestito in mano. Era stata tutta colpa dell’insistenza incorreggibile di Ginny, eppure Hermione poteva ammettere che si sentiva un po’ più rilassata dopo lo shopping e una Burrobirra insieme ad una delle sue poche amiche. Ma la sensazione svanì presto, non appena si trovò di fronte al portone del dormitorio.

Prendendo un respiro profondo, come faceva sempre, spinse la porta senza riuscire a tenere saldamente tutti i sacchetti che aveva in mano. Il suo piano, che prevedeva un’entrata silenziosa e veloce, si rivelò inutile quando inciampò una seconda volta e due sacchetti rotolarono sul pavimento dinanzi a lei.

“Oh, merda,” mormorò, inginocchiandosi per cercare di raccogliere il tutto.

Afferrò l’ultimo oggetto proprio quando la porta di Draco si aprì, e cercò di mantenere lo sguardo basso mentre lui faceva il suo ingresso nel salotto. L’atmosfera nella stanza improvvisamente mutò, diventando densa e pesante… Hermione cercò di controllare i suoi nervi mentre sì alzava da terra.

“Quello a che serve?” domandò Draco, indicando il vestito coperto dall’incarto di plastica.

Si trovava a metà via tra lei e la sua camera da letto in una posizione che le avrebbe impedito di passargli a fianco, come se sapesse che avrebbe cercato di svignarsela, e la risposta sbucò fuori prima che Hermione potesse rimangiarsi le parole. “Per il Ballo di Natale,” mormorò svelta, aggirandosi goffamente intorno al divano, ma lui si mosse a sua volta, finendo sempre per bloccarle la strada; gli occhi fissi sul vestito. “Puoi spostarti−

“Mi stai evitando,” la accusò con voce graffiante. “Perché?”

Hermione evitò il suo sguardo. “Lo sai perché, Draco,” sbottò. “Spostati−

“Quanto pensavi di far durare questo sciopero del silenzio, esattamente? Continuò lui, irritato. “Sta cominciando a darmi sui nervi−

“Non ho intenzione di chiedertelo di nuovo,” disse, a denti stretti, rovistando nella sua borsa alla ricerca della bacchetta. “Spostati o ti faccio spostare io.”

Draco la fissò con sguardo contraddittorio, morsicandosi l’interno della guancia, in preda all’irritazione, prima di fare un passo di lato con un sospiro rassegnato. I palmi delle mani gli sventolavano inerti al fianco mentre lei gli passava davanti, ed Hermione cercò in tutti i modi di non annusare il profumo ormai familiare di Draco. Il suo sospirò arrivò alle sue orecchie, ma lei tirò dritto senza guardarsi indietro, riuscendo a cammuffare la sua debolezza.

“Non è la prima volta che litighiamo, Granger,” fece Draco, prima che lei raggiungesse la porta. “Perché sei così…arrabbiata questa volta?”

Hermione si bloccò davanti alla sua porta, sentendo l’ira che le montava nel petto. “Mi hai chiesto di lasciarti solo,” rispose, freddamente. “Ed è quello che sto facendo−

"Ma io−

"L’hai voluto tu, Draco," gli disse, sperando di non doversi trascinare nell’ennesimo litigio. "Non so che dirti."

Con la  bacchetta, utilizzò l’incantesimo Muffliato per sussurrare la sua nuova password; Grattastinchi. Dubitava che Draco potesse riconoscere il nome del suo animale domestico, e si sentiva più sicura ora che sapeva che non avrebbe più trovato strane sorprese all’interno della sua stanza. Hermione pensò di averlo sentito sussurrare qualcosa mentre entrava in camera, ma rifiutò di pensarci troppo.

"Aspetta," mormorò Draco, alla porta ormai chiusa.

Improvvisamente, gli venne in mente la frase che sua madre gli aveva detto, la sera prima dell’inizio del primo anno scolastico ad Hogwarts, quando lui stesso aveva dichiarato che il Maniero non gli sarebbe mancato affatto; ‘Non ti accorgi di ciò che possiedi finchè non lo perdi’. Dopo quelle misere tre frasette inutili a conclusione di due settimane di completo silenzio, Draco stava cominciando a pentirsi del modo in cui aveva gestito la loro più recente discussione, visto che lei rifiutava persino di guardarlo in faccia. Fingere che non gli importasse niente stava cominciando a fargli male, come se ogni volta lo stomaco gli si corrodesse un pochino di più. La maledetta verità era che avrebbe desiderato una reazione da parte sua.

Uno scontro infuocato, un’educata discussione…un bacio.

Qualsiasi cosa.

***

La giornata appena trascorsa, un Mercoledì, le era sembrata infinita.

Le lezioni erano scivolate via con la lentezza di un mare di colla appiccicosa, e il resto del pomeriggio fu scandito dalla sistemazione delle ultime decorazioni nella Sala Grande. Hermione era riuscita a svicolare lontano dai Prefetti entusiasti e a ritagliarsi qualche ora per sé nella Bibilioteca, ma la sua ricerca sugli Horcrux si rivelò frustrantemente improduttiva. All’incirca alle dieci di sera, decise di soccombere alle sue palpebre assonnate e di ritirarsi nel suo dormitorio, sperando che Draco non stesse gironzolando per il salotto in attesa del suo ritorno.

Riuscì a sgattaiolare silenziosamente dentro il dormitorio e a prendersi un bicchiere d’acqua, ma un colpo alla porta la fece sobbalzare. Il bicchiere cadde ai suoi piedi ed Hermione borbottò sottovoce tutte le parolacce Babbane di cui era a conoscenza, fissando con terrore in direzione della camera di Draco.

“Tutto bene là dentro, Hermione?” la voce di Michael si sentì forte e chiara dall’altro lato della stanza, ed Hermione alzò gli occhi al cielo con tutta la forza che aveva in corpo. “No, perché ho sentito−

“Sto bene,” ribatté lei. “Che cosa vuoi, Michael?”

“Solo fare due parole con te, un minuto−

“Stavo per andare a letto,” gli disse, sorpassando le scheggie di vetro sul pavimento. “Possiamo parlarne domani−

“Ci metto solo un minuto,” insistette lui. “Avanti, Hermione, sono solo le dieci di sera.”

Hermione sbuffò e si massaggiò la fronte, voltandosi a controllare la porta di Draco con una leggera sensazione d’ansia alla bocca dello stomaco. Sicuramente sarebbe stato abbastanza intelligente da non mostrarsi in presenza di un ospite, tuttavia si era comportato in maniera abbastanza imprevedibile ultimamente. Decidendo che sarebbe stato meglio liberarsi di Michael il più in fretta possibile, Hermione trasfigurò i suoi vestiti in un paio di pantaloni del pigiama e una vestaglia e si tolse le scarpe, lasciando le sue cose sul bancone della cucina prima di andare alla porta d’ingresso.

“Posso entrare?” domandò il Caposcuola dopo aver visto uno spiraglio della stanza dalla porta socchiusa.

“Adesso no,” Hermione scosse la testa, troppo stanca per inventarsi una scusa decente. “Di cosa volevi parlare?”

“Beh, mi stavo chiedendo come ci dovremmo organizzare per Venerdì?”

“Sai già tutto,” Hermione aggrottò le sopracciglia. “Ti ho mandato i dettagli su un biglietto.”

“Parlavo di noi,” chiarì lui, strofinandosi la nuca con la mano, in evidente imbarazzo. “Ti vengo a prendere qui? Oppure−

“Ah, quello,” mormorò, cercando di rimanere paziente. Non era colpa sua se ultimamente lei era stata così fredda nei confronti di chinque. “No, va bene, Michael. Abbiamo tutti deciso che ci saremmo incontrati fuori dalla Sala Grande, quindi faremo così.”

“Ok,” Michael annuì, senza riuscire a nascondere la sua delusione. “Sicura che non vuoi che ci troviamo prima?”

“No, saremo troppo di fretta, perciò è più facile se ci troviamo lì,” spiegò Hermione, fingendo di soffocare uno sbadiglio. “C’era qualcosa d’altro? Sono un po’ stanca, sai.”

“Uhm, no,” alzò le spalle, desolato. “Era tutto lì. Ci vediamo domani allora.”

“Notte,” lo salutò Hermione, chiudendo immediatamente la porta, sentendo i passi di Michael che eccheggiavano nel corridoio. Il suo regolare respiro s’interruppe quando sentì la familiare sensazione dietro la schiena e capii subito che il suo compagno di stanza era dietro di lei. “A che gioco stai giocando?” gli disse, voltandosi e commettendo l’errore di guardarlo dritto negli occhi. “Stai cercando di farti scoprire?”

I lineamenti di Draco erano contratti in una smorfia di dolore che la sorprese inaspettamente. Sembrava…tradito. “Avevi detto che non c’era niente tra te e quel Corner,” grugnì debolmente, e il petto di Hermione si contrasse in una morsa.

Cercò di fare un passo avanti, ma−com’era prevedibile− lui le bloccò la strada. “Non c’è niente infatti,” mormorò lei esitante. “Spostati, Draco−

“Chiaramente, c’è qualcosa di vero in quello che sospetto, visto che andrai al Ballo con lui,” continuò con voce roca, avvicinandosi lentamente verso di lei. “Non ti facevo una bugiarda, Granger−

“Non sto mentendo,” si difese lei, maledicendosi in segreto quando ricordò di aver lasciato la bacchetta in cucina. “Lasciami andare nella mia stanza−

“Gli piaci, Granger,” le disse lui. “Si vede−

“Che cosa ridicola,” sbuffò lei, innervosita dal suo tono serio. “Spostati−

“Provaci a farmi spostare,” la sfidò lui. “Non ho finito di parlare di quel coglione.”

Decidendo che la situazione necessitava di un po’ di aiuto magico prima che fosse troppo coinvolta nella conversazione, i suoi occhi puntarono la bacchetta abbandonata sul tavolo e cercò di raggiungerla. In quell’istante inciampò sull’acqua che aveva versato in precedenza e cadde con un tonfo sul pavimento, sbattendo il palmo di una mano nel punto in cui giacevano i vetri rotti del bicchiere.

Hermione gemette quando il dolore le esplose sulla mano, lungo il braccio, fino al gomito. Guardò a terra e sussultò quando vide il pezzo di vetro grosso quanto un Galeone che le si era conficcato nella carne, riempiendo il pavimento di gocce di sangue scarlatto e denso. Si rialzò per tentare di appoggiarsi al bancone, e prima che riuscisse a rendersene conto, Draco si era inginocchiato di fianco a lei; lo sguardo calcolatore e l’espressione composta, seppure con una lieve sfumatura di sincera preoccupazione.

“Dammi la mano,” le disse, con voce ferma. “Devo tirare fuori il vetro−

“No, sto bene,” si lasciò sfuggire lei attraverso i denti stretti in una morsa di dolore. “Prendimi la bacchetta e farò da sola−

“Non posso toccare la tua bacchetta,” le ricordò lui. “Lascia che tiri fuori il vetro e poi puoi curarti da sola quando ti sarai calmata−

“Aiutami ad alzarmi−

“Sta ferma,” le disse. “Avanti, Granger. Passami la mano e farò in fretta−

“Ahi, ahi, ahi!” sussultò lei, mentre lui le afferrava gentilmente il polso e esaminava da vicino il danno. La sua inaspettata gentilezza calmò Hermione, che rimase immobile ad osservare con curiosità il suo sguardo pensieroso e concentrato. “Ok,” gemette. “Sono pronta.”

Soffocò un grido quando lui prese il vetro e cercò di estrarlo dalla carne. “Fa malissimo,” si lasciò sfuggire prima di potersi fermare, deglutendo rumorosamente. “Draco−

“Va bene, aspetta un secondo,” le disse, tirando via con un colpetto finale il pezzo appuntito. “Fatto.”

Draco vide il sollievo emergere sul suo viso e qualcosa nel suo petto cominciò a battere come impazzito. Forse era il suo cuore; non l’aveva mai sentito così vivo prima. Il sangue della Granger era appiccicato alla sua mano, fin sotto le sue unghie e  mentre sapeva che avrebbe dovuto disgustarlo, non gli fece nessun effetto. Il suo pollice, ancora ancorato al suo polso, prese a fare dei movimenti circolari sulla sua mano senza alcun controllo mentale da parte di Draco e, a quel punto, l’inevitabile silenzio imbarazzato calò in mezzo a loro. Draco la fissava speranzoso, in attesa che dicesse qualcosa.

"Accio bacchetta," mormorò lei, distogliendo l’attenzione da Draco.

Draco lasciò andare il suo polso e lei cominciò a curarsi il taglio con la magia, ma lui rimase lo stesso inginocchiato al suo fianco. La Granger non gli era mai stata così vicina da giorni ormai, e lui prese quest’opportunità di godere della sua vicinanza, prima che lei potesse ritornare al piano originario ed ignorarlo per il resto della serata. Si inumidì le labbra con nervosismo e cercò di rimanere paziente, osservandola con sguardo calcolatore e accorgendosi che avrebbe dovuto sviluppare una tattica se voleva far finire bene quella giornata.

“Avrei potuto farela senza il tuo aiuto,” disse Hermione, apparentemente calma dopo il suo incantesimo curativo.

“Può darsi,” le concesse lui, abbassando la testa.

“Questo non cambia nulla,” lo interruppe lei, lanciandogli uno sguardo severo. “Sono ancora arrabbiata con te−

“E’ per questo che andrai al Ballo con quel maledetto Corner?” ringhiò, più per gelosia che per rabbia apparente. “Per dimostrare qualcosa?”

“Non devo dimostrarti nulla!” ribatté lei, alzandosi in piedi. “Sei stato chiaro riguardo la tua opinione su di me−

“Non scappartene via da me, Granger!” le urlò dietro. “Perché diavolo questa volta è così diverso?!”

“Lo sai il perché!” urlò Hermione; le guancie cominciavano a bruciarle dal rossore e gli occhi iniziavano a mostrare i primi segni di pianto. “Sono stanca di te che mi scansi via tutte le volte  in quel modo, come se fossi solo un giocattolo! Mi sembra di averti fatto capire cosa provo per te e tu non fai altro che−

“Cosa provi per me?!” ripetè lui, con il cuore che gli martellava nelle costole. “Che cosa stai−

“Ah, ormai non importa,” si interruppe lei, scuotendo la testa e dandosi mentalmente dell’idiota per aver fatto trapelare quell’informazione. “Tu non volevi niente da me, perciò è quello che avrai−

“Granger, aspetta!” gridò lui, ma l’unica risposta che ricevette fu il rumore della porta sbattuta contro la parete. “Che cazzo,” sibilò alla stanza vuota, marciando verso il bagno per lavarsi il sangue secco sulle dita.

Stavolta non si mise a cercare indicazioni di diversità; sapeva che era identico al suo.

Afferrò i bordi del lavandino e aprì il rubinetto, osservando il liquido rossastro che scivolava via finchè non si trasformò in una lieve sfumatura rosata. Digrignando i denti, strinse con più foga la porcellana e mandò giù il groppo che sentiva in gola anche se soltanto la saliva non bastava a scioglierlo del tutto. Questa separazione che lei gli stava impartendo cominciava a pesargli, e dopo due settimane, stava cominciando a dimenticarla, a dimenticare il suo sapore, il suo odore.

Non poteva realmente incolparla per il modo in cui si stava comportando, ma la prospettiva di lei che voleva arrendersi e lasciar perdere qualsiasi cosa fosse accaduta tra loro, lo fece sentire fisicamente male. Andava bene giocare con le sue emozioni finchè sapeva che sarebbero andati avanti a litigare indipendentemente da quello che si sarebbero detti, ma ora sapeva che il suo atteggiamento era diverso.

L’aveva spinta troppo oltre, ed ora ne stava pagando il prezzo.

Faceva male, rendersene conto, eppure lui la desiderava, e l’intensità di quel desiderio riusciva perfino a sovrastare la voce dentro la sua testa che gli diceva che tutto questo era sbagliato. Sentiva il bisogno di agire, di fare qualcosa per stare vicino a lei, altrimenti sarebbe impazzito…

L’inquietudine lo stava divorando vivo.

***

Hermione osservò il suo riflesso senza molta convinzione e applicò uno strato finale di balsamo sulle labbra.

Il meraviglioso abito blu che aveva addosso le sembrava sprecato, dal momento che non sentiva alcun moto di eccitazione per il Ballo, anche se aveva comunque deciso di truccarsi tanto per concludere l’opera dignitosamente e poi ritornare alla vita di sempre. Ginny l’aveva aiutata dandole uno spray per domare i suoi ricci, simili al prodotto usato per il Ballo del Ceppo, e ora si ritrovava con una leggera cascata di onde sulla testa. Non aveva alcun dubbio; se fosse stata una qualsiasi altra serata, si sarebbe sentita bella ed elegante, ma quella sera non riusciva a nascondere la nuvoletta malinconica che le fluttuava nel cervello da giorni.

Il comportamento pacato e gentile di Draco quando si era ferita l’aveva completamente sconvolta. In quel momento, avrebbe ceduto alla tentazione di abbandonare il suo punto d’onore per lui, tuttavia, doveva assolutamente rimanere lucida. Un flasback della sua frase, contentente la parola ‘sveltina’ la fece rinsavire, ma dopo il modo in cui l’aveva così dolcemente curata non riusciva più a decidersi. L’aveva trattata come se fosse lei stessa un fragile pezzo di vetro e ne era stata talmente affascinata, che si ritrovò a giungere alla conclusione che forse quella distanza gli stesse facendo bene…

Hermione scosse la testa per bandire i suoi pensieri sognanti, e decise che il suo ritardo per il Ballo si era prolungato anche troppo. Infilò la bacchetta nella pochette e lasciò la stanza, immobilizzandosi sull’uscio della porta quando si accorse della figura solitaria seduta sul divano.

Draco stava leggendo; il capo chino e la mano sinistra che tamburellava distrattamente su un ginocchio. Di colpo Hermione prese consapevolezza del suo aspetto attuale, nonostante la principale indifferenza provata verso il suo riflesso, e d’istinto si portò le mani sul davanti, sfiorando il tessuto della gonna con dita tremolanti. Draco sentì il rumore probabilmente, perché la sua testa scattò sù in un secondo, e rimase a fissarla con gli occhi fuori dalle orbite. Hermione si sentì bollire mentre il suo sguardo di ghiaccio la squadrava dalla testa ai piedi.

Draco sentì il suo battito aumentare mentre assorbiva quella visione di lei che mai si sarebbe potuto immaginare, nemmeno nelle sue più vivide fantasie, e il suo piano di affrontare la situazione logicamente e docilmente andò immediatamente a quel paese. Lei era troppo attraente per poter essere indifferente o prudente, e poi non poteva lasciarla andare sapendo che sarebbe stata assieme a quel ritardato Corvonero; che avesse buone intenzioni o meno.

“Che ci fai qui?” gli chiese Hermione, rompendo la sua trance. “Io−

“Non andare con lui,” fece Draco, e sinceramente non gli importava di essere sembrato patetico. “Non andare, Granger.”

Hermione strinse le labbra, nervosa. “Tu non c’entri−

“Sì invece,” ribatté lui, alzandosi dal divano. “Resta qui−

“Perché dovrei?”

"PERCHE’ NON POSSO SOPPORTARLO!" urlò; ogni muscolo del suo corpo pulsava e doleva come se lui fosse incastrato nella sua stessa gabbia. "Non posso…non posso farcela! Non chiedermi di fare questo!"

“Non ti sto chiedendo di fare niente!” disse lei, sperando che lui non notasse l’incertezza nella sua voce. “Michael è solo un amico! E anche se non lo fosse, non ha niente a che vedere con te−

“Allora fa si che abbia a che vedere con me!” sbottò lui, marciando verso di lei. “Fa che sia affar mio−

“Non avvicinarti,” lo avvisò, anche se debolmente. “Per favore, Draco−

“Resta,” le chiese ancora, avvicinandosi abbastanza da far arrivare il suo respiro sulla sua pelle accaldata e in preda ai tremori. “Resta,” ripetè, più dolcemente. Hermione chiuse gli occhi e lui cercò di avvicinarsi per baciarla, convinto di esserci riuscito, ma lei lo spinse via con un colpo goffo e disperato prima che riuscisse a raggiungerla. “Granger−

“No!” Hermione protestò, scuotendo la testa. “Ti ho dato così tante occasioni, Draco! E tu fai sempre la stessa cosa! Posso gestire i commenti idioti, tutti gli insulti, ma non ti lascerò giocare col mio cuore! Tu mi hai ferita!”

L’ondata di senso di colpa lo colpì, paralizzandolo sul posto. “Non lo farò−

“Sì, tu lo farai!” esplose lei, puntandogli contro un dito tremante. “Non sono qualcuno che puoi usare e gettare via a tuo piacimento!”

Draco cercò di avvicinarsi ma lei si scansò di lato prima che potesse raggiungerla. “Granger−

“Dimmi che non sono una ‘sveltina’ conveniente!” Hermione sputò fuori quelle parole come se le bruciassero in gola. “DILLO!”

Draco indietreggiò ma continuò a tenere lo sguardo fisso su di lei. “Tu sei tutto tranne che conveniente, Granger,” le disse. “Però so che vuoi che io…

“Smettila,” mormorò lei, senza fiato, stropicciando via dalla guancia una lacrima. “Ora basta−

“So che vorresti Granger,” continuò lui insistente, avvicinandosi ancora a lei e afferrandole le spalle. “Me l’hai detto tu stessa−

“So cos’ho detto,” rispose lei, senza sforzarsi di scappare da lui stavolta. “Ma tu hai detto−

“Fanculo quello che ho detto,” borbottò Draco, curvando la testa di lato. “Se mi dirai di non baciarti, non lo farò.”

Il limite della sua pazienza ormai era messo alla prova solamente da quegli ultimi millisecondi che lo separavano dalla risposta che gli avrebbe dato. Hermione era pietrificata, ma non disse nulla e quando il terzo secondo passò, Draco decise che aveva aspettato venti giorni di troppo per poter sprecare anche solo un altro istante.

La baciò con impazienza; incapace di contenersi e pronto a perdersi in lei, se solo gliel’avesse permesso. Hermione rispose quasi immediatamente, separando le labbra in modo tale da permettergli una presa ancora più intensa su di lei. Draco sentiva ogni singolo battito del cuore mentre si sporgeva contro il suo petto e lei gli prendeva il volto tra le mani; disegnando con le dita delicati percorsi lungo il viso, fino alla nuca. Abbandonandosi alla morbidezza di tutto il suo corpo, la spinse contro la parete più vicina e sentì i suoi sospiri agitati fino in fondo alla gola. La combinazione di queste sensazioni, odori, percezioni oltre ogni limite, risvegliò la sua parte inferiore, ma stavolta non si curò di fermarsi, anzi, la baciò e la tenne stretta come se ogni secondo potesse essere l’ultimo.

Suoni dolci e flebili si mischiarono tra loro, mentre i loro gesti diventarono più intensi, più frenetici. Draco si appese al suo labbro inferiore e scese giù fino al collo, deciso a baciare ogni singola parte del suo corpo visibile oltre quel meraviglioso vestito che, ovviamente, andava tolto al più presto. I battiti della Granger si sentivano forti e pulsanti sulla sua lingua, mentre i suoi sospiri sognanti aleggiavano nella stanza silenziosa, e Draco afferrava avidamente ogni centimetro della sua pelle morbida e profumata con i suoi baci affannosi.

Che gli piacesse o meno, questa tensione, questo bisogno era rimasto a sobbollire dentro di lui per settimane, quindi non potè evitare di far scivolare le mani sul suo ventre, e poi più in basso. Sapeva di stare velocizzando molto le cose, ma dopo infinite fantasie ispirate alle sue docce mattutine, non riuscì a fermarsi quando la sua mano raggiunse le sue cosce.

“Basta,” ansimò Hermione, piantandogli le unghie nelle spalle. “Devo andare−

"No," mormorò lui con le labbra ancora aderenti al suo collo. "Granger−

"E’ troppo veloce," insistette lei e lui si allontanò da lei reclutante. “Io−io devo andare al Ballo−

“No!” disse lui, più intensamente, cercando di creare un contatto visivo con lei. “Dillo, dì che vorresti rimanere−

“Io− devo pensare,” mormorò Hermione, spostandosi e dirigendosi verso la porta. “Tu…potresti star facendo questo solo per−

“No, non è affatto vero!” ribatté, sentendo la rabbia che gli cresceva nella voce. “Non ti azzardare a fuggire da tutto questo, Granger! E’ tardi per far finta di niente!”

“Io non− non posso…” sussurrò Hermione, prima di scappare fuori dal dormitorio.

Strizzando gli occhi mentre la porta si chiudeva con un tonfo, Hermione cercò di ricomporsi e si sistemò l’acconciatura spettinata con l’aiuto della bacchetta. Non poteva fare nulla però, per le lacrime bollenti che le solcavano le guance, e nemmeno per il cuore che le stava spaccando il petto, talmente forte che sarebbe potuto uscire fuori da un momento all’altro, palpitando prepotente come se volesse punirla per il momento prezioso che aveva appena interrotto.

Oh Dio, oh Dio, oh Dio…

Si avviò verso la Sala Grande con passo incerto e gambe tremolanti, usando le mura come sostegno per farsi strada tra i corridoi. Era in ritardo, poteva sentire la musica forte e chiara, che echeggiava tra le pareti dell’antico castello mentre si avvicinava. Al frastuono si aggiunsero presto le voci degli studenti, così Hermione trasformò all’istante il suo volto in una facciata calma e rilassata.

"Hermione!" la voce di Michael la chiamò da lontano e lei cercò di sembrare entusiasta quando lui le apparve davanti. “Eccoti qua, stavo cominciando a preoccuparmi. Stai benissimo!”

Michael fece un’approccio avventato, cercando di sfiorarle la guancia, ma lei riuscì ad evitare il gesto. “Grazie,” annuì educatamente. “Dove sono Ginny e gli altri?”

“Sono già dentro,” rispose lui. “Sei pronta?”

“Uhm…certo,” mormorò, lasciando che lui la conducesse verso la porta con una mano dietro le spalle.

Si fermarono proprio fuori dalla stanza, pesantemente addobbata, ed Hermione scannerizzò tutte le decorazioni che aveva contribuito a sistemare in tutte quelle settimane di organizzazione. Avevano mantenuto uno stile simile al Ballo del Ceppo, aggiungendo solo qualche piccolo extra, inclusa la neve che cadeva dal soffitto e le sculture di ghiaccio danzanti ai lati della pista. Un’occhiata veloce ai volti dei presenti le confermò che tutti si stavano divertendo molto, ma l’atmosfera gioiosa, che aveva desiderato così tanto fin dall’inizio del semestre, non servì a calmare il suo attuale stato d’animo.

Tutto ciò a cui riusciva a pensare erano le tracce ancora presenti del tocco di Draco sul suo corpo, che vibravano ancora attraverso i pori, causandole la pelle d’oca. Sì, si era innervosita quando aveva capito in che punto si stava dirottando la situazione, ma era scappata solo perché era convinta che le sue azioni fossero dettate dall’egoismo e dalla soddisfazione fisica che avrebbe potuto trarne, ma ora uno sciame di dubbi le riempiva la testa. Il suo comportamento di quella sera e di Mercoledì scorso era stato diverso e apparentemente genuino, ma questo voleva dire due cose; o lei si stava sbagliando di grosso, oppure lui era solo un talentuoso attore.

E se invece…

E se invece fosse stato qualcosa di più;  qualcosa di reale? Se avesse sbagliato a scappare via così? Godric, doveva saperlo…non poteva resistere con questo pensiero per la testa…

"Mi dispiace, Michael," disse, cogliendolo di sorpresa. "Non−non posso farlo."

"Cosa?" domandò lui, guardandola confuso. "Di che parli?"

"Scusami,” ripetè.

Senza aspettare una risposta, si voltò di scatto e partì in una corsa piena d’adrenalina che la riportò al dormitorio. Che la riportò da lui.

 

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