Il diario di Hélène. [sospesa]

By semplicementeM

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•Sospeso, sarà pubblicato una volta finito.• Chiunque pensi ad Hélène Lacroix non può non notare il velo nero... More

PREMESSA INIZIALE
14 Ottobre 2013.

Capitolo 1, 30 Ottobre 2013.

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By semplicementeM

La frase di quella ragazza lo tormentò per giorni, tant'è che iniziò a cercarla. Non sapeva quale fosse il motivo preciso che l'aveva spinto ad agire, ma Hélène lo aveva semplicemente incuriosito... Inoltre, era una bella ragazza.
Forse non tutti l'avrebbero fatto al suo posto e avrebbero lasciato perdere, ma per fortuna, lui sì.
Inizialmente pensò che fosse abbastanza semplice come impresa, conoscendo il suo nome ed il suo aspetto fisico, ma così non fu.
In primo luogo, le ragazze di nome " Hélène" in Francia erano una marea, e nonostante "Vallée des Cascades" contasse unicamente 35.000 persone turisti inclusi, era impossibile trovarla su uno straccio di sito internet. Inoltre scoprì che non seguiva nessuna pagina locale cercando nelle liste dei followers, nemmeno quella del "Lumière des étoiles": il locale più in voga, per evitare di screditarlo dicendo l'unico, della cittadina francese.

Arrivò a pensare stramberie assurde; che la sua visione fosse solo un miraggio? O era solo stato un sogno dovuto ad una carenza di affetto?
Più semplicemente, non si trattava di una ragazza che fosse abitudinaria ad utilizzare i social, ma l'avrebbe scoperto molto tempo dopo.

Commettendo azioni non completamente legali, tanto alta era la nascente ossessione, che provò ad inserire i dati conosciuti sul motore di ricerca nella speranza di trovare qualcosa nei database scolastici. Naturalmente non funzionò e, preferendo torturarsi e darsi dell'idiota per quella ricerca a vuoto, non prese mai in considerazione la strada più semplice: raccontarlo al suo migliore amico.
Credeva, con ovvie ragioni a sostenere la sua tesi, che le sue azioni fossero particolarmente contro la legge e da psicopatici. Non aveva nessuna voglia di discussioni inutili davanti una tazza di caffè, causate da un'ipotetica pazzia temporanea causata da una ragazza all'apparenza lunatica, mai vista fino a quel giorno in cui la incontrò nel bosco.

Il che era vero.

No, non la perdita del senno, Jacques non era a conoscenza della sua esistenza fino a quel giorno nel bosco.
Eppure, almeno di nome, per logica avrebbe dovuto averla sentita. Tutti si conoscevano li, un po' come a Stars Hollow in "Gilmore Girls": una città piccola, unita, con persone strane e particolari solite a riunirsi nella piazza centrale per feste collettive stupide ed organizzate durante riunioni confusionarie.

Alla fine si convinse di non essere uscito di testa, di non aver immaginato la ragazza perfetta per lui, ma che si trattasse unicamente di una turista da lasciar perdere.
Insomma, se si fosse trasferita da poco l'avrebbe notata sicuramente.
Così si arrese.

La realtà? Hélène era stata brava a nascondersi, lo era sempre stata. Per meglio dire con una certa nota di rancore, erano stati così bravi a farla smettere di brillare, che arrivò a pensare di meritare il posto in secondo piano.
In più, beh, non aveva uno smartphone e una famiglia piuttosto riservata e all'antica.

Passarono all'incirca due settimane, la sua vita parve tornare alla normalità. Per lo meno poté riposare durante la pausa breve che avvenne grazie alla festa di Halloween. Era infatti il trenta Ottobre quella mattina, pianificata secondo un rigido e calcolato programma secondo il quale sarebbe riuscito a finire in tempo la nuova serie tv horror iniziata.

La sveglia suonò alle 6, fece una colazione povera ed una leggera corsetta in quel che era la striscia di bosco dietro casa. Alle 7 fece una doccia di circa 12 minuti, corrispondenti alla durata delle sue canzoni preferite degli Arctic Monkeys che secondo lui avrebbe desiderato ascoltare in quella giornata, per ritrovarsi alle 7:40 precise davanti al computer portatile pronto e carico a cliccare il tasto play dell'episodio numero dieci.
Tutto era perfetto, malato e da perfezionista, ma niente e nessuno poteva disturbarlo.

Tranne una telefonata, l'improvvisa assenza di corrente, l'attivazione della luce di emergenza e l'urlo della sorella minore che stava cercando di leggere. Il blackout non aveva di certo migliorato il suo umore, soprattutto perché era stata obbligata a svegliarsi prima del previsto senza riuscire a riprendere sonno, infastidita dalla confusione che il fratello aveva creato prima di andare a correre.

« JACQUES! Vieni giù!»
Strillò la bionda, fotocopia somatica del diciottenne.
Di conto suo rimase a guardare il cellulare squillare, indeciso se rispondere o no al migliore amico dai capelli blu. La chiamata venne agganciata dal mittente e Jacques, sentendosi quasi sollevato, si sdraiò a pancia in su sul letto disordinato. Avrebbe dovuto sistemarlo prima; le coperte erano ancora a terra accartocciate come le foglie di un tappeto autunnale nel bosco, calpestato più e più volte da cacciatori con i loro cani dai denti laceranti e selvaggina in fuga. Come accadde il quattordici Ottobre, lui, il cervo, l'autunno inoltrato.
Paragone stupido, si disse, riconoscendo quanto è come i suoi pensieri fossero costantemente fissi su quella giornata e su quella ragazza, tanto eterea sia di fisico che di spirito.
Che l'avesse solamente sognata? Probabile.

Un sospiro uscì dalle labbra leggermente rosee, passò la mano sul volto dai lineamenti accentuati, poi perse lo sguardo nell'ammirare il soffitto. Le gambe erano incrociate, le mani invece le aveva congiunte sull'addome non troppo scolpito, ma asciutto.
Le ragazzina, appena ricordatasi che fosse ancora mattina inoltrata e per leggere la luce naturale c'era senza problemi, aveva accomiatato le urla e così i pensieri ritornarono focalizzati su Hélène senza distrazioni.

"Chissà chi è, se è ancora in città."
Si chiese mentalmente.
" Vorrei sapere cosa sta facendo, con chi è, se anche a lei è andata via la corrente. Certo, sarà successo sicuramente, sono frequenti i blackout totali ultimamente. Stupida cometa e stupido suo passaggio. Cosa ne penserà lei? Cosa voleva dire con quella frase, si ricorderà seriamente di me? Per quale assurdo motivo?"

Il cellulare riprese a squillare.
Chiuse per un secondo gli occhi, strinse le labbra non più rilassate e allungò il braccio sul comodino. Tentò di afferrare il telefono, buttando a terra delle cose, poi si alzò di colpo tirando su il busto e rispose alla chiamata dopo aver afferrato il dispositivo elettronico.
« Vuoi morire? » modo promettente per iniziare una telefonata.
« Effettivamente si, ma non ti sto chiamando per chiederti di accompagnarmi in Belgio o in Svizzera per richiedere l'eutanasia.» il ragazzo dai capelli biondi cenere sorrise al sarcasmo dell'amico, alleggerendo l'atmosfera nella sua camera che, unicamente e completamente da solo. aveva incupito.

« Che vuoi, Eric?» chiese poi con ancora il sorriso lieve sul viso, spostandosi sul bordo del letto.

Eric Leroy era quel tipo di ragazzo che conosceva tutto e tutti nei minimi particolari, che scrutava ogni cosa da lontano, non perché fosse un maniaco ma perché gli piaceva conoscere il più possibile. La sua sete di conoscenza era una vera e propria forma di avidità; più ne aveva e più ne desiderava. Chiunque lo abbia conosciuto paragona il suo peccato capitale a quello di cui viene incolpata la lupa che Dante incontra nel canto introduttivo della Divina Commedia: magra, sfinita, aggressiva e desiderosa di sfamarsi.
La mente era rimasta bloccata nel passato ed aveva una bizzarra passione nostalgica per il rock dagli anni 70 agli inizi del 2000. La sua vita può essere riassunta semplicemente con la frase" Highway to hell", canzone rinomata degli AC/DC: un tempo era giocatore di punta della squadra di hockey locale, poi nel 2011 per il coraggio di dichiararsi omosessuale a paese e famiglia. In seguito, venne allontanato dalla squadra per varie discriminazioni sul suo orientamento sessuale.
I genitori non avevano preso la cosa di buon occhio, ma sembravano averlo accettato. Almeno sino al momento in cui un possibile ragazzo non fosse veramente diventato parte della sua vita.
Eric aveva ancora paura ad esporsi, ad innamorarsi di qualcuno. Temeva una serie di conseguenze che l'avrebbero portato a rinnegare il suo orientamento sessuale pur di non far rattristire i genitori, non aveva l'abitudine a pensare al proprio bene se prima non avesse risolto i problemi del e con il prossimo
Aver deluso chi l'aveva sempre sostenuto, spronato in uno sport in cui era destinato a risplendere (nonostante non l' appassionasse poi così tanto), era sempre rimasta una ferita aperta nell'animo del cuore del ragazzo.
Così, iniziò a suonare il basso in giro per la cittadina, rincorrendo quella che era la sua vera passione accompagnato dalla chioma blu che lo contraddistingueva tra la gente. Amava cantare, lo faceva spesso. Lo aiutava a liberarsi, diceva, ad essere più se stesso. Intonare ciò che provava lo rendeva orgoglioso del suo percorso, nonostante fosse ancora all'inizio di una serie di alti e bassi, che avrebbe affrontato in ogni caso sfoderando la forza dimostrata facendo coming out.

« Al Lumière alle 15? Ci sarà anche 'Nie. »
«Perché tu e Océan andate al Lumière?»
« Perché è l'unico locale dove il proprietario ha meno di trent'anni ?» rispose sarcastico Eric.
« No, cretino. Mi riferivo all'orario, perché così presto? Non c'è nessuno nel primo pomeriggio.»
«Meglio!» ribadí « Pensavamo di discutere della cometa.»

Ancora con questa storia? Pensò silenziosamente Jacques. D'improvviso si erano tutti interessati ad uno stupido ammasso di fiamme, detriti vari, ghiaccio o quel che era? Non era chissà quale evento, chi per centoventicinque anni non aveva potuto assistere al suo passaggio aveva comunque vissuto una vita quantomeno decente.
Sbuffò rumorosamente.

« Non mi interessano le comete. Nemmeno gli eventi sociali. Non mi piacciono le comete che creano eventi sociali.»
« Ora capisco perché nessuno vuole essere tuo amico.» borbottò il ragazzo dall'altra parte del cellulare, sbigottito dagli atteggiamenti dell'amico.
« Tu sei mio amico.»
« Solo perché sei ricco. Comunque dai, hanno anche ristrutturato il planetario!»
« Sei serio?!» urlò quasi, scoppiando poi a ridere di gusto, non credendo alle parole di Eric. « È in piedi da almeno una settantina d'anni! Chi è quel genio che ha fatto in modo che potesse cambiare? Io pensavo che fossero tutti quanti dei bigotti patriottici.» ammise Jacques.
« Infatti lo sono, ma ha cambiato gestione. A quanto pare un imprenditore che si è appena trasferito ha parecchi soldi ed il sindaco è ceduto. Mi pare si chiami  Lacrai? Non ne ho idea. Ho fatto ricerche per vedere chi fosse, ma non ci sono poi così tante notizie. Sembra uno particolarmente riservato, chissà che segreti nasconderà.» spiegò Eric dall'altra parte del telefono, seduto su un vecchio divano tenuto insieme da toppe colorate e abbandonato in garage.

Il giovane Chevalier si accese come una lampadina. Come aveva detto di chiamarsi quella ragazza, Hélène? Lacroix forse? Si sentiva stupido, ma forse poteva davvero essere la figlia. Il ragionamento era giusto: il nome ed il cognome della ragazza del bosco non li aveva mai sentiti e, stando alle parole del bassista di strada, quell'uomo che era riuscito a corrompere un vecchio sindaco ottantenne si era appena trasferito.
Che fossero padre e figlia, appena trasferiti in quella cittadina turistica per aumentare i loro averi, approfittando del passaggio della cometa? Piccola o no, Vallèe des Cascades era un'ottima zona turistica, tant'è che pure la sua famiglia decenni prima aveva deciso di aprire un alloggio turistico appartenente alla loro catena, poco distante dal Lac de Sirènes, chiamato così per una qualche leggenda.

Morse leggermente il labbro inferiore, tamburellò per qualche secondo le dita della mano sulla coscia per temporeggiare e alla fine si espose, irrompendo con un: " Intendi Lacroix?"
«Sí! Aspetta, aspetta, aspetta. Come fai a saperlo tu, asociale nerd sfigato? Da quando ti interessi dei nuovi arrivati in città? »
« Ma quanti complimenti, vedo che non ti sprechi mai. Te lo spiego dopo comunque, se me lo ricordo. »
Potè sentire Eric saltare in piedi, dato che un frastuono simile a quello di un vaso caduto per terra era passato per il microfono dell'altro. « Merda, mi madre mi ucciderà. » esordì Eric.
« Mi stai dicendo che ci sarai quindi, ragazzo incredibilmente sexy? » al suo tentativo di fare una voce profonda, quasi grattata e dal colore sensuale, i due scoppiarono in una risata che fece crescere in Eric un imbarazzo divertito.
« Iniziamo con gli insulti, Leroy? Comunque ci sarò. »
« Lo prendo come un appuntamento, fatti trovare senza maglia. » si raccomandò.
« Solo per te! » esclamò Jacques, per poi chiudere la telefonata dopo aver salutato l'amico.

Posò il cellulare sul letto, sfogò una risata con un sbuffo lasciando che la forza di gravità agisse sul suo corpo, sdraiandosi.
Chiuse gli occhi perdendo la cognizione del tempo, appoggiando l'avambraccio su di essi per proteggersi dalla luce che trapassava dalle tende bianche.

« Jacques, dimmi la verità! » strillò Melodie, la sorellina minore. Non rispose ed ella, determinata, continuò « Non hai una ragazza perché te la fai con Eric? »
Jacques urlò un " No, semplicemente perché non mi vuole nessuno Melodie!"
Sorrisero entrambi, anche se nessuno dei due poteva vedere l'altro.

Il sole sembrava aver compiuto metà della sua traiettoria, in realtà è risaputo che sia la Terra che giri intorno a lui, quando il biondo decise di smettere di guardare la serie televisiva al computer e scendere al piano inferiore. La sorella, di conto suo, si era addormentata sul divano con il libro appoggiato sul seno prosperoso.
Curioso lo afferrò, guardando il titolo.
« Fahrenheit 451 di Bradbury? Non pensavo fossi un tipo da società distopica, Mel.»
Prese il segnalibro chiuso all'interno delle pagina e lo sistemò nel punto dove aveva trovato il libro, chiudendolo e appoggiandolo sul tavolino da fumo al lato del sofà.

Il salotto era la stanza più grande di tutta la casa. Occupava quasi interamente il piano inferiore che si estendeva per 110 metri quadrati. Oltre all'ingresso, dove erano posizionate le scale, c'erano solo un bagno e la piccola cucina. Il pavimento era completamente in legno di ciliegio, le pareti ricoperte di una carta da parati ricordante in modo vago l'epoca vittoriana, che sembrava riproporre l'immagine di uno dei quadri di Vincent Van Gogh: " Ramo di Mandorlo fiorito". L'arredamento era in perfetto stile ottocentesco, ogni mobilio in perfetto bianco perlaceo che riprendeva il colore dei fiori di mandorlo.

Quando da bambino aveva chiesto al padre il perché di quella scelta, egli rispose che gli ricordava la moglie. Gli spiegò, infatti, che il quadro dipinto realizzato nel 1980 a Saint-Rémy era il preferito della donna che aveva sposato, nonché la madre dei due fratelli Chevalier. Non appena ricoverata in ospedale nel 2001, aveva chiesto esplicitamente che una copia del dipinto fosse appesa nella sua camera. Essendo la rappresentazione della natura viva appena rinata, della primavera, era felicità dipinta su tela vera e propria. Le dava la speranza, che a lei serviva, e la gioia di vivere ogni giorno. Erano passati ormai undici anni dalla sua scomparsa, ma sembrava non essersene mai andata. Il ricordo era ancora bello e vivido nella mente di Jacques, che ormai aveva raggiunto la maggiore età.

Sospirò, chinandosi all'altezza della biondina e scuotendola leggermente.
« Ehi, sorellina, svegliati. È mezzogiorno e mezza. »
« Lasciami dormire ancora per cinque minuti, non ho fame. » borbottò lei, girandosi a pancia in giù e affondando maggiormente il viso nel cuscino.
« Ti prendo in braccio se non ti alzi. » cercò di minacciarla e, senza attendere risposta, fece come detto. In questi momenti, se si volesse aggiungere un minimo di romanticismo, si definirebbe la cosa con " a mo di sposa" o qualcosa del genere, ma ahimè, la sedicenne sembrava più un cadavere appena ucciso da nascondere, tant'era la sua pigrizia.
« Va bene, va bene, mi alzo. »
« Sei già in piedi. » le fece notare lui, appoggiandola rudemente a terra per poi sfregare le mani tra loro come per pulirle. Lei gli rispose solo con un " va al diavolo, Jacques", chiudendosi nel bagno. Scivolò lungo la porta chiusa con la schiena, sedendosi tenendo le gambe stese e con le braccia ai lati del busto. Alzò il capo verso il lampadario costoso, crucciando l'espressione.
« Che idiota. » disse fra sé e sé, non trattenendo un sorriso.

Jacques alzò le spalle, andò in cucina e iniziò a cucinare il pranzo per entrambi. Una volta che l'acqua iniziò a bollire gettò un pizzico di sale per evitare un'ulteriore innalzamento della temperatura d'ebollizione, prima di mettere la pasta integrale tanto amata dalla sorella e aspettò dieci minuti. Quella era la vera ricetta italiana, si sentiva orgoglioso nel saperla cucinare, non che fosse così complessa alla fine dei conti.
Dopo averla condita con un del sugo al ragù, la mise in tavola e chiamò la sorella che non tardò ad arrivare.
La biondina scrutò il piatto dubbiosa, ma alla fine si decise a sedersi ed iniziò a mangiare svogliatamente.
« Che c'è? » chiese lui. « Nulla, nulla. Oggi che fai? Esci? » abbassò lo sguardo sul piatto, continuando la conversazione.
« Si, con Eric e Océan. Tu invece? » allungò il braccio verso la bottiglia d'acqua, riempì il bicchiere e poi fece cenno alla ragazza.
« Vuoi? » lei annuì, per poi aspettare che il bicchiere fosse pieno per prenderne un sorso.
« Penso che studierò, io. Faccio ancora schifo in biologia. » scoppiò in una risatina, rallegrando la conversazione, nonostante lo sguardo fosse incupito.

Jacques non ci fece più di tanto caso, perdendosi nel parlare del più e del meno fino alla fine del pranzo. La sorella corse su per le scale fino ad arrivare al piano di sopra, facendo la linguaccia al fratello e lasciandolo da solo a sparecchiare e a lavare i piatti con il sorriso sulle labbra.
Dio solo sapeva quanto bene si volessero quei due, specie perché il padre lavorava spesso e fuori città, lasciandoli in balia di loro stessi. Avevano un bel legame, se solo avessero voluto, avrebbero potuto conquistare il mondo con una sola mano libera e le altre due unite, strette l'una nell'altra. Non se lo dicevano spesso, ma ormai avevano iniziato a darlo per scontato.

Finì di sistemare la cucina, dove era situata anche la sala da pranzo e si preparò per uscire. Ormai si erano fatte le due e un quarto.
Dopo aver lavato i denti al bagno inferiore ed essersi cambiato, indossando un semplice paio di jeans e una camicia a quadri a maniche corte, mise le scarpe, salutò la sorella e uscì di casa.
Mandò un messaggio nel gruppo con i suoi due amici, attendendo una risposta che non tardò ad arrivare. Océan aveva scritto infatti che lo stavano già aspettando e che erano seduti nella terrazza del locale. Al solito posto, quindi.
Era poco distante il locale, 10-15 minuti a piedi da casa sua ed infatti poco dopo era giunto a destinazione.

Ovunque si girasse, li a Vallèe, la natura regnava sovrana. Si soffermò a pensare a quanto arretrata fosse ancora la città rispetto al resto della Francia, per non parlare del mondo intero. Ad esempio internet era accessibile solo dalla piazza centrale, dove si trovava il bar in cui stava andando, e dalla sala computer biblioteca.

Il Lumière des étoiles, più semplicemente Lumière, era caratterizzato da uno stile rustico e adatto alla cittadina in cui si era situato. Il mobilio era infatti essenziale ed principalmente in legno chiaro, dai colori caldi ed accoglienti che invitavano i clienti all'entrare e alla permanenza. Si elevava su due piani, il primo dedicato decisamente alla ristorazione, dove si trovava il bancone e diversi tavoli, ed un secondo principalmente occupato da un palco, una piccola pista per ballare, altri tavolini doppi o singoli, poltroncine e divanetti in velluto adatti alle serate che spesso venivano organizzate. Inoltre, un'enorme vetrata trasparente rendeva possibile l'accesso alla terrazza.
L'atmosfera veniva arricchita da un giradischi in continua riproduzione: qualsiasi cliente al termine della canzone poteva recarsi presso esso e scegliere un disco dalla collezione messa a disposizione dal padrone del Lumière.
A fianco al mobile del giradischi si trovava una libreria color panna, realizzata a mano, dove diversi libri erano stati disposti per un consulto gratuito.
Lo gestiva un inglese trasferitosi in Francia all'età di vent'anni, Daniel Brown. Un bel ragazzo a detta di Eric, ma purtroppo per lui eterosessuale. Aveva 26 anni e lo stile da tipico stile inglese stereotipato, elegante e cortese. Aveva imparato il francese studiando lingue nella città di Worcester, sua città natia, al quale era molto affezionato.
Il suo locale era così curato nei minimi dettagli che aveva fatto successo sia tra i bambini, i giovani che tra le persone più adulte che volevano passare una serata romantica, grazie soprattutto alla varietà di servizi che era riuscito ad offrire nel tempo. Il menù era in continuo aggiornamento ed i prezzi erano stati pensati in modo per essere abbordabili a tutti. C'erano serate disco, di lettura di poesie, dedicate alle discussioni politiche ed altre tante cose dalla più particolare alla più ordinaria.
Nessuno si stupì quando venne riconosciuto come locale più rinomato nella città, era chiaro che fosse ormai un luogo d'incontro per tutti ed il più amato dai turisti. Con il tempo e l'approvazione di Daniel, era stata anche inserita l'opportunità di proporre al consiglio cittadino, che li si riuniva, serate a tema.

« Jacques, da quanto tempo! » disse il barista con forte accento inglese, vedendolo entrare.
« Giusto da ieri, Dan. » sorrise cordialmente il francese «Gli altri sono su, vero? »
« Si, my friend. Ti porto il solito? » annuì il biondo, salendo le scale velocemente e raggiungendo gli amici.

La terrazza era per metà coperta da una tenda bianca e circondata da una recinzione in ferro battuto dove erano state appese diverse fioriere, inoltre si affacciava sul Lac de sirènes. Lì si riversava l'enorme cascata, infrangendo la limpidità dello specchio d'acqua e donando alla vista un meraviglioso paesaggio naturale.
Un leggero vento d'aria pura soffiava quel giorno, muovendo le frasche degli alberi, mentre il sole brillava nel pieno cielo azzurro macchiato di nuvole bianche.

« JAAAAACQUESSS! » strillò una ragazza d'altezza media ed il viso incorniciato da un caschetto appena sotto le orecchie. Il colore scuro era stato ravvivato con mèches rosa come le lenti a contatto che coprivano il colore ambrato delle sue iridi. Agitava la mano in aria facendogli cenno, le gambe erano stese su quelle dell'amico al suo fianco.
« 'Nie, sa dove siamo. » disse con tono pacato.
« Appunto, non serviva urlare. » Jacques si sedette di fronte ai due, nell'unico posto libero che dava le spalle alle cascate.
« Che antipatici. » borbottò Océan, sedendosi in modo composto e passando la mano tra i capelli per districare i pochi nodi che si formavano senza alcuna ragione logica.
« Come vuoi, comunque, siete davvero emozionati per il passaggio della Cometa Amèlie? »
« Non tant- » iniziò Eric, per venire interrotto dalla ragazza sin troppo euforica.
« Assolutamente sì! » rispose trafelata, tirando fuori dallo zaino oleografico una rivista per ragazzine apparentemente sfogliata più volte e stropicciata.
La aprì velocemente, cercando una determinata pagina per poi appoggiarla sul tavolo in direzione di Jacques. « Forza, leggi qua.» indicò un punto sulla rivista. Il biondo alzò un sopracciglio, poi alzò gli occhi al cielo per qualche secondo con fare disperato ed iniziò a leggere.
« Ad alta voce.»

« Come vuoi. Allora:

" Bentornati lettori di Filles&Filles, oggi parleremo di un argomento molto chiacchierato in queste ultime settimane e, se siete appassionati di astronomia, non potete lasciarvi sfuggire questo articolo! La serata del 7 Novembre sarà una serata speciale per tutti quanti, in quanto la cometa Amèlie attraverserà il nostro cielo con la sua inimmaginabile bellezza. Si dice infatti, che chiunque esprima un desiderio durante il suo passaggio, sarà accontentato per il resto della sua vita. Inoltre, le coppie che la guarderanno insieme, saranno benedette dalla forza delle stelle e destinate a vivere per sempre ogni istante insieme. Mi raccomando, cogliete l'occasione per organizzare un appuntamento romantico con la vostra anima gemella. Per realizzare l'appuntamento perfetto vi ricordiamo di leggere pagina 74 con " i 10 consigli di Louise Baudelaire per organizzare l'uscita dei sogni". Inoltre, il planetario cittadino onorerà la sua inaugurazione con una serata speciale per il passaggio della cometa il 7 novembre. Nella pagina a fianco troverete allegati 4 ingressi gratuiti per voi, i vostri amici e la vostra anima gemella.
Alla prossima, Sarah Bertin."  Sei seria? »

Inclinò confuso la testa da un lato, guardò prima Eric, poi la ragazza ed infine scoppiò a ridere insieme all'amico dai capelli blu.
« Fa così tanto ridere? Io la trovo una cosa bellissima. » incrociò le braccia sotto al seno, accavallando le gambe e scrutando i due con fare saccente.
« Come puoi crederci? Poi a che ti serve? Stai con Makoto. » disse Eric, mentre Jacques continuò a ridere.
« Beh si, ma le cose tra noi non vanno benissimo, magari può aiutarci. » disse in un sussurro, abbassando il bel viso dai tratti gentili sulla fetta di cheesecake a metà che riprese a mangiare silenziosamente.
« Le cose si risolvono in un altro modo, 'Nie. » affermò il bassista. « Ha ragione Eric. »
« Che ne volete sapere voi? Eric è un gay represso e tu sei un poveraccio che è ancora innamorato della ex nonostante sia andata in Italia per fare la modella.» leccò le labbra carnose sporche di panna, rovinando il poco gloss rosa che le era rimasto, ma soprattutto pronta a gettare altri insulti sui ragazzi prima di essere interrotta.

« Questo era un colpo basso, my dear. » il barista appoggiò il caffè freddo davanti a Jacques, per poi spettinare la ragazzetta che alzò il viso verso di lui.
« Zitto che mi vuoi bene per questo, dovresti essere dalla mia parte, non dalla loro. »
« Sbagliato, ti voglio bene solo perché ami le mie torte. Per lo stesso motivo, mi sento di essere dalla tua parte. »
La ragazza sorrise a Daniel, sistemando i capelli corvini.
« Mi prepari qualcosa da portar via?»
« Ai suoi ordini, Lady Blanche. »
Il ragazzo se ne andò dopo aver fatto un inchino, salutando il gruppo di amici.
« Dovrebbe assumere qualcuno, non può far tutto da solo. Inoltre, perché sei l'unica che tratta come una principessa? »
« Io sono una principessa, Eric. Non sarai mica geloso? » affermò convinta.
« Geloso? Per cosa? Non sono invidioso di nessuno, così come non sono un gay represso, anche se do ragione su Jacques. Amico, dovresti dimenticare Jess.»
« Ehi ehi, non fare il ruffiano solo perché lei ha il sostegno di Dan. Che razza di amico sei, mi pugnali alle spalle così e mi dai contro?» Jacques prese un sorso dalla bevanda davanti a lui. « E poi, ho dimenticato Jessica.»
Al che, i due iniziarono a ridere davanti al biondo che lanciò loro un'occhiataccia.
Scosse poi il capo nel guardarli, si lasciò sfuggire un sorriso e aspettò che ebbero finito di schiamazzare per riprendere una conversazione.

« Voi ci sarete alla festa di Halloween domani sera?» indicò il volantino affisso sulla vetrata alle loro spalle, attirando la loro attenzione.
« È l'unico evento bello di tutto l'anno, quindi si. Andrò con Makoto, sperando che tutto vada bene.» sospirò la ragazza corvina, spostando poi i suoi pensieri su Eric. « Tu con chi verrai?» gli chiese.
« Beh, penso con Jacques, non hai una ragazza vero?»
« Eh? Nono, ovvio che andrò con te.» annuí.
Passarono poi il pomeriggio così, ordinando caffè e pasticcini, speculando sulla serata che avrebbero trascorso il giorno dopo, su quanto Eric dovesse farsi coraggio e trovare un ragazzo invece di lamentarsi e su quanto Jacques fosse inguaribilmente uno sfigato romantico.

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