Chance to Choose

By FareaFire

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[Attack On Titan AU] [Omegaverse] [Levi✗Eren] In un mondo dominato dalle dinamiche, Alpha, Beta ed Omega hann... More

1 · Craving
2 · Hide and seek
3 · Overwhelmed
4 · Our Choice
5 · Slice of our life
6 · End...

7 · ...and Beyond

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By FareaFire

Arrivato in cima alla scalinata, Levi si fermò, aggrottando la fronte.

Le luci in casa erano accese e non avrebbero dovuto esserlo. Controllò l'ora, tanto per avere conferma di qualcosa di cui già era sicuro: non era in ritardo.

Aprì la porta ed i suoi polmoni vennero immediatamente invasi dal profumo di Eren, familiare e rassicurante. O lo sarebbe stato, se in quel momento tutto nella fragranza di quegli ormoni non avesse urlato quanto l'Omega fosse nervoso.

«Eren?» domandò, ma non ci fu alcuna risposta.

Liberatosi da giacca e valigetta, l'uomo si avventurò nella casa. Ogni stanza era buia tranne la camera da letto dalla quale, attraverso uno spiraglio della porta, fuoriusciva la luce tenue del lampadario. Quando vi entrò, trovò Eren sdraiato nel centro del loro letto, abbracciato al cuscino dell'Alpha, il viso affondato nella stoffa morbida. Levi annusò l'aria.

Non c'era alcuna traccia di dolore o debolezza, nel suo odore. Non era malato, quindi... doveva essere successo qualcosa che l'aveva convinto a non andare a lavorare.

Lasciò le scarpe sulla soglia e salì sul letto, con delicatezza. Gli occhi di Eren tuttavia si spalancarono subito ed il ragazzo si mise seduto, guardandolo con un misto di sorpresa e spavento.

«Quando sei-?!» si interruppe per cercare un orologio.

«Giusto ora.»

«Oh... Non ti ho sentito.»

«Dormivi?»

«Pensavo» rispose, sedendosi a gambe incrociate. Poi, guardandolo, sbuffò.

Qualcosa, forse l'istinto, forse il fatto che conosceva il suo compagno troppo bene, gli suggerì che quei pensieri sarebbero presto stati condivisi.

Si mise comodo, prima di slacciare la cravatta e abbandonarla dal lato vuoto del letto. Chiuse gli occhi, per riposarli qualche momento dopo ore ed ore passate a fissare lo schermo di un portatile.

«Ed ha a che fare con il fatto che non sei andato al lavoro?»

«No, con la visita che ho fatto oggi da mio padre.»

Levi riaprì gli occhi, cercando il suo sguardo.

«Ovvero...?»

«Non ho mai avuto più di una settimana di ritardo nel calore, Levi. Sono andato da papà, ha detto che è tutto a posto. Non sto male, non ho niente che non vada...»

«Beh, questo è fan-»

«Aspetto un bambino.»

Levi lo guardò in silenzio per una manciata di secondi, che sembrò infinita. E forse lo era davvero, poiché i due continuavano a guardarsi senza parlare, come congelati nel tempo.

«Aspettiamo, un bambino» decise di correggersi l'Omega, stringendosi le braccia davanti al petto. «I-Il concepimento è di luglio, dell'ultimo calore...»

Levi osservò in silenzio il viso del ragazzo, che ora aspettava una risposta, teso e preoccupato. Poi lo abbassò, osservandogli la pancia. Sotto la maglietta di scorgeva un leggero rigonfiamento, ma mai avrebbe pensato di attribuirlo ad una gravidanza. Aveva visto Hanji, solo un anno prima ed il modo in cui il suo corpo si era gonfiato senza alcun controllo fin dal secondo mese. Eren era al terzo.

«Sei sicuro?» chiese e quando tornò ad incrociare lo sguardo del suo compagno, notò un'espressione molto diversa.

Eren aveva perso ogni traccia di preoccupazione o timidezza, sostituendo entrambi i sentimenti con un irritato fastidio.

«Davvero? È questo che vuoi chiedermi?» ribatté, quasi ringhiando e l'Alpha si fece istintivamente piccolo piccolo, di fronte a lui.

Levi ci pensò un momento, prima di indicare lo stomaco del castano. «Non sembra, ecco perché ho ch-»

«Ti ho appena detto che sono andato da mio padre! Un medico, Levi. Non l'ho letto nell'oroscopo!»

«Ho capito, cerca di calm-!»

«Calmarmi? C'è un bambino qui. Dentro di me! Come faccio a stare calmo? Com-»

Le mani fresche dell'Alpha gli circondarono il viso ed Eren tacque. Tutto quel di cui aveva avuto bisogno fin da quando aveva appreso quella notizia, venne dal bacio delicato che si posò sulle sue labbra e dal lieve ringhio che gli chiedeva di rilassarsi, confortandolo.

Gli trasmetteva sicurezza, pace, fiducia.

Chiuse gli occhi, per impedire la fuga delle lacrime che la tensione cercava di formare e lasciò che, come fosse una bambola, Levi lo trascinasse sul materasso fino tra le proprie gambe, facendolo adagiare contro il proprio petto.

«Eren... Ehi, ascoltami» mormorò l'Alpha, quando il ragazzo si fu calmato abbastanza da smettere di tremare. «È tutto okay, respira...»

«L-Levi...»

«Tu stai bene?»

Eren annuì, lentamente e solo a quel punto l'Alpha sospirò e lo baciò sulla fronte. «Vuoi questo bambino?»

Le lacrime fino a quel momento trattenute scivolarono lungo le guance. Eren portò una mano sulla pancia, poi annuì, tirando su col naso. «Sì... Sì» disse, per poi ripeterlo con più decisione.

Allora anche l'espressione di Levi si ammorbidì, la piccola ruga sulla sua fronte scomparve quando la pelle tornò liscia e rilassata. Strinse a sé il corpo dell'Omega, aggiungendo la propria mano a quella del ragazzo, le loro dita che si intrecciavano sopra la pancia lievemente curva, nascosta dal maglione.

«Allora andrà tutto bene...» disse, imitando a modo proprio le fusa dell'Omega, la sua famiglia stretta tra le proprie braccia, al sicuro.

Ed Eren, gli occhi lucidi che ancora bruciavano per il sale, ci credette davvero.

*****

Eren di stese sul lettino. Levi, dietro di lui, gli mise una mano sulla spalla e con l'altra cercò quella del compagno.

«Nervoso?»

L'Alpha lo guardò dall'alto, in silenzio, sollevando le sopracciglia.

«Non negarlo, Lee. Hai le mani sudate. Tu non hai mai le mani sudate» replicò mostrandogli la lingua.

Grisha entrò nella stanza prima che Levi potesse rispondere, cosa che salvò entrambi dall'inizio di una fastidiosa discussione tra quella coppia di teste calde.

Salutandoli, l'uomo si lavò le mani e prese posto su uno sgabello, accanto al lettino.

«Dunque, come ti senti Eren?» chiese, mentre il macchinario che aveva appena acceso prendeva vita.

«Bene. Normale, direi? È strano solo il pensiero...» rispose il castano, portando istintivamente una mano sulla pancia coperta dalla maglietta.

Grisha annuì in silenzio, prima di sporgersi per prendere la stoffa e sollevarla, scoprendo la pelle nuda.

«Questo è un po' freddo» disse, prima di spremere il contenuto di una bottiglietta sopra di lui.

«Ah!» esclamò il ragazzo, saltando sul lettino. «Ma è ghiacciato!»

«Eren, resta fermo per favore o non ce la faremo mai» replicò Grisha, sospirando.

Poi tentò di appoggiare sulla pancia del ragazzo lo strumento necessario a compiere ciò per cui erano andati fino alla clinica dove lavorava: la prima ecografia. Il monitor si accese e sullo schermo apparvero macchie e righe bianche, che la coppia guardò con la fronte aggrottata.

«Non c'è niente qui che somigli ad un bambino» commentò il ragazzo.

Grisha non rispose, impegnandosi per trovare la posizione giusta. Ed allora apparve.

Davanti ai loro occhi, un'immagine sfocata, ma dai contorni perfettamente distinguibili. Un piccolo corpo, una testa. Le parole morirono ad entrambi ed Eren smise di respirare, per un istante. Nessuno disse niente, mentre Grisha scattava alcune fotografie attraverso la macchina, sbattendo le palpebre più e più volte per impedirsi di piangere alla vista di quello che era il suo primo nipotino. Il figlio di suo figlio.

Nel silenzio della sala, i genitori ancora in contemplazione, l'uomo toccò una leva e la stanza fu invasa da un suono ritmico e veloce, incredibilmente veloce. Non ebbe neanche bisogno di parlare per spiegare di cosa si trattasse.

Eren e Levi si strinsero le mani l'un l'altro, ascoltando il suono del battito del cuore del loro bambino.

Era reale, tutto reale.

In quel momento, se ne resero conto davvero per la prima volta.

*****

Una parte di Levi, aveva davvero temuto l'arrivo di quel giorno.

Quando Eren, raggomitolato contro al suo fianco, gli aveva proposto di usare il weekend per andare a fare insieme qualche compera per il loro futuro bambino o bambina, l'Alpha non aveva potuto non pensare alla folle frenesia che aveva visto attraversare Hanji, durante quella fase della gravidanza. O lo sguardo sconfitto e rassegnato di Moblit, costretto ad acconsentire per l'ennesima volta a cambiare la culla che fino alla settimana prima era perfetta, ad acquistare un altro set di biberon o quasi un intero armadio di vestiti, pur avendone altre centinaia ancora inutilizzati.

Hanji non era una persona irrazionale, ma tendeva a lasciarsi trasportare, soprattutto quando qualcosa la emozionava ed Eren in questo le era molto simile.

Eppure per quanto temesse di poter cadere nello stesso vortice che aveva già inghiottito il compagno della sua collega, era altrettanto sicuro che avrebbe fatto qualsiasi cosa Eren avesse desiderato.

Il suo compagno, il suo giovane Omega gli stava facendo il dono più grande di tutti, dopo il suo amore e Levi si sarebbe assicurato di rendere ogni minuto di quella gravidanza perfetta e rilassante.

Questa era stata la sua promessa a sé stesso e se n'era sentito vincolato ed orgoglioso al punto da rimanere quasi deluso, quando Eren non si rivelò succube di alcuna folle febbre da shopping.

Mano nella mano, girovagarono per le corsie, osservando la merce e prendendo piccoli appunti su ciò che attirava la loro attenzione. L'Omega si rifiutò di comprare qualsiasi cosa, insistendo che fosse decisamente troppo presto e che sarebbe stato almeno sensato iniziare prima a preparare una stanza in casa, in cui radunare i futuri acquisti.

Lo studio-biblioteca dell'Alpha era l'unica stanza che avrebbero potuto convertire a tale scopo. Decine di libri avrebbero dovuto trovare posto negli scatoloni, per poter essere messi da parte ed occupare meno spazio possibile in una casa che era stata perfetta per la coppia, fino a quel momento, ma che ora iniziava a star loro stretta.

La soluzione, ovviamente, sarebbe stata quella di trasferirsi e le ricerche per una nuova sistemazione erano iniziate non appena se n'erano resi conto, ma con i tempi ristretti e i mille problemi organizzativi, dubitavano che sarebbero riusciti a farlo prima della nascita del loro primogenito.

Nonostante il proposito quindi di rimandare le compere ad un momento più opportuno, all'uscita dal negozio Eren stringeva ugualmente tra le braccia un orsetto di peluche, vestito da pirata, che gli aveva rubato il cuore nel momento in cui vi aveva posato lo sguardo. Levi aveva dovuto quasi arrivare a ringhiare, per fargli accettare di farselo regalare, ma nel momento in cui l'aveva avuto tra le mani aveva sentito che fosse giusto, averlo preso con loro. Sarebbe stato quello, il primo dono che avrebbero fatto al loro piccolo in arrivo.

*****

Levi posò il foglio scarabocchiato che Eren gli aveva porto, perché lo leggesse, pochi minuti prima. Gli occhi smeraldini dell'Omega non avevano lasciato il suo viso neanche un istante per tutta la durata della lettura.

«Quindi...?» chiese.

«Sono quasi tutti molto belli.»

«Ce n'è qualcuno che magari è anche nella tua lista?»

L'Alpha scosse la testa.

«Io non ho nessuna lista.»

Eren spalancò gli occhi. «Non ci credo che non hai nessuna proposta.»

«Ti dico che è così.»

«Vuoi dire che mai, neanche in passato, ti sei fermato a pensare all'eventualitá che-»

«I bambini non sono mai stati una mia priorità.»

«Okay, ma sono mesi ormai, che sappiamo di lui o lei...»

L'Alpha si portò alla bocca il bordo della tazza, premendovi contro le labbra.

Eren sospirò.

«Quindi non c'è neanche un nome che ti piaccia? Mi lasci fare tutto da solo?» mugolò, afferrando di nuovo la lista che lui stesso aveva scritto nei giorni precedenti.

Levi lo guardò leggere e rileggere i nomi elencati, passandosi le dita tra i capelli o mordicchiando la cima della biro. Ed infine, allungò la mano verso quest'ultima e la usò per scrivere una singola parola, piccola, in un angolo.

Daniel.

Gli occhi di Eren brillarono, scorrendo le curve di quella grafia elegante.

«Daniel...Ackerman?»

«Hai chiesto se ci fosse un nome che mi piacesse...»

Eren sorrise e con la biro, tracciò un cerchio attorno al nome appena scritto.

«Lo amo.»

Insieme si dedicarono poi alla lista di nomi femminili, nel caso in cui il bebè si fosse rivelato una bambina. Ridurre le proposte ad una soltanto fu praticamente impossibile e così un nuovo foglio compilato con le varie possibilità fu appeso al frigorifero con una calamita.

«Sono sicuro che capiremo il nome adatto a lei, quando la vedremo» era stata la conclusione finale dell'Omega.

*****

Una settimana più tardi, sotto il freddo occhio dello strumento per l'ecografia, Grisha annunciò alla coppia il prossimo arrivo di un maschietto.

Eren, le labbra piegate nel sorriso più dolce che Levi gli avesse mai visto, appoggiò una mano sulla pancia gonfia.

«Ehi, Danny... Ti aspettiamo.»

*****

Quello era il secondo barattolo di burro di arachidi che Eren finiva in una settimana. Levi era stato letteralmente costretto a nascondere la piccola scorta che avevano in casa, per impedire che il suo compagno si distruggesse il metabolismo ora che la fase delle voglie era ufficialmente iniziata.

Ringraziava il suo sonno da sempre leggero, quelle notti, perché gli permetteva di svegliarsi immediatamente appena Eren tentava di scappare dal letto per sgattaiolare in cucina.

«Dove vai.»

«Non stavi dormendo?»

«Non dormo mai se tu sei sveglio. Ti conosco...»

Eren alzò gli occhi al cielo, aggrappandosi alla porta.

«Ho fame!»

«E allora mangia, ma cibo vero. Non quella spazzatura.»

L'Omega guaì, ma Levi si era già alzato e l'aveva raggiunto, avvolgendolo in una vestaglia calda per proteggerlo dal freddo dell'inverno ormai inoltrato. Quel dolce gesto bastò a garantirgli le fusa grate del più giovane.

«Ho davvero fame...» si lamentò comunque, un attimo dopo.

Nel pieno della notte, si ritrovarono a consumare una seconda cena con tutto ciò che una sana alimentazione prevedeva. Eren mangiava al tavolo della cucina, seduto a gambe incrociate sulla sedia mentre guardava i cartoni animati di qualche canale per bambini, che non si fermava neanche in piena notte. Levi sapeva che per qualche motivo, li trovava rilassanti ed aveva memorizzato i numeri di un paio di quei canali. Inoltre, era un buon allenamento per quando si sarebbe ritrovato a doverli guardare insieme ad entrambi i bambini di quella casa.

*****

«Oh, mio Dio.»

Levi alzò lo sguardo dal giornale, rivolgendolo verso il divano a pochi metri da lui. Era convinto che Eren stesse dormendo, ma a quanto pare non era più così. Il ragazzo si era messo seduto, una mano sulla pancia e l'altra dietro la schiena. Il suo viso era contorto in un'espressione di dolore.

«Ren?» chiese l'Alpha, mettendo da parte la lettura per dedicargli la propria completa attenzione. «Stai male?»

«Credo che la mia schiena stia tentando di uccidermi, in questo momento.»

Nonostante tutto, Levi si rilassò. Eren soffriva, sì, ma non era niente di anomalo. Stava bene, pur stando male.

«Dimmi di cosa hai bisogno.»

«Portami una delle pastiglie di papà e la borsa calda» lo pregò, coprendosi gli occhi con una mano. «Maledizione, Danny.»

«Lascia in pace il bambino, non è colpa sua» rispose Levi dalla cucina.

Eren aggrottò la fronte.

«Come sarebbe a dire non è colpa sua? Per chi credi che la mia schiena stia portando questi mille chili in più del normale?»

«Non sono mille» fu la replica del corvino, che chiusa la borsa dell'acqua calda la mise sotto il braccio e tornò in soggiorno. «E tra poco starai meglio.»

Eren si tenne al braccio del suo compagno, mentre lasciava che l'uomo gli sistemasse il caldo oggetto dietro la schiena, prima di porgergli un bicchiere d'acqua ed una piccola pillola bianca.

La buttò giù con un sorso, prima di asciugarsi le labbra sulla mano. «Disse quello che dell'intera storia della gravidanza, si è fatto solo parte più divertente.»

Levi lo aiutò a sdraiarsi, poi posò sulla sua fronte un lungo bacio, mentre con una delle mani accarezzava il bel viso del suo Omega.

«Se potessi prendere su di me tutto il tuo dolore, lo farei in questo istante, senza esitare neanche un momento» disse a voce bassa, la fronte ora posata sulla sua e gli occhi chiusi.

Eren però non gli rispose, costringendolo a riaprirli solo per trovarsi di fronte ad un paio di iridi smeraldine, lucide e piene di lacrime. L'Alpha, aggrottò la fronte, colto di sorpresa da quella reazione e senza sapere come reagire, quando le braccia di Eren lo avvolsero in un abbraccio.

«Ti amo così tanto, Levi.»

«Ti amo anche io, ma non piangere per-»

«Non posso farci niente, non lo controllo! Sono gli ormoni, io... Io...»

Levi sorrise, baciandolo a fior di labbra e lo strinse a sé lasciandolo singhiozzare finché non fu l'Omega stesso a calmarsi.

Mancavano ancora un paio di mesi, i più difficili. Ma lui ci sarebbe stato, per Eren.

Sempre.

*****

Eren dormiva e nelle ultime settimane accadeva piuttosto spesso.

Aveva smesso di andare al lavoro ora che la data del parto era ormai alle porte e passava il tempo a mangiare e mettere in continuazione in ordine la cameretta del bambino, parlando con lui come se potesse rispondergli.

Il suo Alpha, sdraiato accanto a lui, lo guardava in silenzio.
Gli piaceva accarezzarlo nel sonno, spostando i ciuffi lunghi della sua frangia per scoprirgli il viso. Baciandolo con delicatezza, per non rischiare di svegliarlo. Dopo un po', si stese con la testa sulle sue gambe, come aveva fatto quel pomeriggio durante la loro prima settimana di calore insieme, come faceva ormai da mesi, scoprì la pancia e la sfiorò con le dita.
Eren era sempre stato caldo, ma sembrava che in quella zona lo fosse ancora di più, al punto che Levi si preoccupava che la sua mano non fosse troppo fredda, prima di metterla a contatto con la pelle tesa del corpo della sua metà addormentata.
Di domandò se anche Danny dormisse. Non sapeva come funzionassero, quelle cose. Se madre e figlio agissero in modo separato o fino a che punto le loro vite ed abitudini fossero legate.

«Non manca più molto tempo, sai?» mormorò, muovendo l'indice contro la pancia, per disegnarvi piccoli ghirigori. «Quando verrai fuori prova a non fargli troppo male, capito moccioso?»

Il silenzio fu la sua unica risposta e l'Alpha sospirò, ascoltando il respiro regolare dell'Omega. Si sporse per posare un bacio sulla pelle scura e calda, senza mai smettere di accarezzarla con le dita.

«Eren è preoccupato, ma tu sei metà di me e gli Ackerman proteggono sempre chi amano. So che andrà tutto bene» sussurrò, picchiettando delicatamente la punta dell'indice.

Poi qualcosa cambiò. Qualcosa che portò l'Alpha a sgranare gli occhi e mettersi seduto di scatto, lo sguardo fisso su quella piccola, ma chiarissima piccola mano che vedeva premere da sotto la pelle. Un'impronta. Danny che, dall'interno, spingeva per avvicinarsi alla fonte della voce che aveva sentito. Forse, a modo suo, per stringere con lui quella promessa.

Levi non aveva mai pensato di poter amare così tanto qualcuno che non aveva neanche mai visto.

Posò la punta dell'indice contro quella mano così piccola.

La pressione di quel movimento svegliò Eren, che istintivamente portò una mano contro lo stomaco, la fronte aggrottata per la sensazione insolita che percepiva. E quando la coscienza tornò vivida a sufficienza da permettergli di pensare, aprì gli occhi, investito da un sentimento non proprio che sentiva attraversarlo come una valanga.

Commozione. Sorpresa. Gioia smisurata.

Levi era seduto accanto a lui, una mano sulla sua pancia e lo sguardo basso. Lo chiamò con un guaito lieve, ma quando non ottenne risposta, puntò una mano sul materasso e si mise seduto.

«Lee, amore cosa-»

Le parole gli morirono in gola quando vide l'Alpha alzare una mano e passarsela velocemente sugli occhi. Levi stava piangendo?

«Levi» ripeté, stavolta preoccupato, ma l'uomo lo distrasse da quei pensieri stringendolo tra le braccia, per baciarlo sulla fronte.

Un lieve ringhio uscì dalla sua gola.

Va tutto bene.

Ed Eren si calmò.

«Che stavi facendo?» chiese, appoggiando una mano su quelle di Levi, ancora sulla sua pancia.

«Una promessa.»

*****

Più e più volte, Eren si guardò allo specchio, sospirando.

Danny era calmo, forse dormiva, Levi non era in casa, uscito a fare la spesa per entrambi. In quel silenzio pacifico e solitario, si era liberato di tutti i vestiti che indossava ad eccezione dell'intimo ed aveva sfidato la propria immagine riflessa.

Non era un segreto che il suo aspetto lo turbasse. La grossa pancia, le smagliature, il peso che aveva preso e distribuito per tutto il corpo. Niente di tutto questo gli piaceva e c'erano state occasioni in cui, imbarazzato, aveva impedito a Levi di guardarlo, nascondendosi dietro le grandi vestaglie pre-maman con cui aveva l'abitudine di girovagare per casa.

La gravidanza modificava un corpo in modo irreparabile, l'aveva sempre saputo. A livello teorico, però. Vedere di persona quei cambiamenti, il modo in cui la pelle si striava di rosso dove la tensione l'aveva messa sotto sforzo, dire addio agli addominali che per anni aveva curato con tanta passione ed allenamenti... Quello era un'altra storia.

In tanti mesi, negli occhi di Levi Eren non aveva mai visto neanche un briciolo di fastidio o disgusto, quando lo guardava. Se gliene avesse parlato, era certo che l'Alpha l'avrebbe ritenuto un idiota. Non c'era niente al mondo che Levi amasse più di Eren, qualunque fosse il suo aspetto e la luce adorante che brillava in quelle iridi chiare ogni volta che si posavano sul compagno era impossibile da fraintendere.

E tuttavia, l'Omega non riusciva a darsi pace, mentre osservava il proprio profilo, facendo scorrere le mani sulla pancia rigonfia.

Un lieve ringhio attirò la sua attenzione, facendolo sussultare. Levi, appoggiato allo stipite della porta d'ingresso, gli sorrise divertito.

«M-mi hai spaventato, maledizione!» esclamò il ragazzo, dandogli immediatamente le spalle per cercare con lo sguardo la vestaglia finita chissà dove.

L'Alpha però intercettò le sue mani e le prese tra le proprie. Le baciò, trattenendo Eren davanti allo specchio il cui riflesso voleva evitare ad ogni costo.

«Che stavi facendo?» chiese.

«Niente.»

«Non sai dire le bugie» rispose allora l'Alpha, sporgendosi per leccare il profilo dell'orecchio di Eren, diventato rosso come ogni volta in cui mentiva.

«Non stavo davvero facendo nulla... Solo... Io...»

«Ti guardavi?»

Eren annuì. Le mani dell'Alpha risalirono lungo le braccia del compagno fino alle spalle, poi cominciarono a scendere lungo il petto. Sfiorò i capezzoli, segnando con i polpastrelli il contorno dell'aureola prima di proseguire giù fino alla pancia, superandola per fermarsi infine sui fianchi.

«Sei bellissimo» gli disse, quando i loro sguardi si incrociarono attraverso il riflesso dello specchio.

Eren arrossì e distolse il proprio, puntandolo verso il pavimento.

«Non è così e lo sai.»

«Di che parli?»

«La gravidanza è fantastica e amo nostro figlio, amo che stia crescendo forte, ma questo non cambia il fatto che io sia diventato una specie di m-»

«Non lo dire.»

La voce gli si spezzò in gola, sentendo il tono serio con cui Levi l'aveva fermato. Rabbrividì quando vide i suoi occhi nello specchio. Levi non era mai stato una minaccia per Eren, neanche durante le loro liti più intense, né mai lo sarebbe stato, eppure nonostante questo la rabbia che gli vide ribollire in corpo lo portò a tacere. Quasi a guaire.

«Eren, tu sei bellissimo» ripeté, baciandolo sulla spalla. «Nostro figlio è dentro di te, il tuo corpo è cambiato, ma tu no. Il tuo odore, la tua voce. Tu sei tu, non importa nient'altro.»

«I-io però...»

«Tu tornerai ad essere esattamente com'eri prima. O forse no? Non ha importanza.» Con le dita accarezzò le smagliature sui fianchi del ragazzo, poi si inginocchiò per poterle sfiorare con le labbra. «Queste cicatrici di cui tanto ti preoccupi, non sono niente. Niente, Eren, se non una prova di ciò che stai facendo per me, per noi. Qualcosa che io non potrei mai fare... La nostra famiglia è merito tuo.»

Lentamente, l'Alpha guidò il ragazzo verso il letto e dopo averlo fato sdraiare, si sporse sopra di lui per trovare le sue labbra.

«Ogni volta che le guarderò, quando faremo l'amore, ricorderò la vita che hai creato per noi.»

Gli occhi di Eren erano diventati lucidi all'inizio di quel piccolo discorso, di quella dichiarazione d'amore, l'ennesima da quando si conoscevano, ma forse una delle più importanti. Quando li chiuse, due lacrime scivolarono lungo il suo viso ora sorridente, nel rendersi conto di quanto fortunato fosse ad avere al suo fianco qualcuno come Levi Ackerman.

Le sue fusa divennero un invito che l'Alpha non riuscì a rifiutare. Con le dovute cura ed attenzione, al caldo sotto le coperte, tornarono ad essere uno solo. Sdraiato alle sue spalle, il petto premuto contro la schiena dell'Omega, Levi leccava la piccola ghiandola che sottopelle bruciava per il desiderio che Eren sentiva percorrere il suo intero corpo come sangue, come fuoco.

Il suo tocco familiare lo rilassò, il piacere del sesso distese la mente di entrambi e cancellò da Eren ogni traccia di quei pensieri –stupidi a parere del suo compagno-, riportando tra loro l'armonia che li rendeva così unicamente loro.

*****

Quando aprì gli occhi, nel buio, non capì subito cosa l'aveva svegliato. Sentiva il cuore battere forte nel petto, un lieve strato di sudore coprirgli la pelle. Pensò ad un brutto sogno ed allungò una mano sul letto, fino a toccare con i polpastrelli il corpo addormentato di Levi, al suo fianco.

Ascoltando il suo respiro, toccandolo mentre il petto si alzava ed abbassava a quel ritmo, Eren richiuse gli occhi solo per riaprirli una decina di minuti più tardi, mentre il respiro gli si spezzava nel petto.

Un dolore acuto gli attraversò il corpo, partendo dalla pancia e capì che doveva essere stato quello a svegliarlo, la prima volta. Respirando, iniziò a contare lentamente, come aveva imparato a fare al corso pre-parto. Arrivato a venticinque, il dolore scemò fino a sparire, ma Eren non aveva intenzione di restare lì a perdere tempo.

«Levi. Levi, svegliati... Lee!»

Il sonno leggero dell'Alpha si interruppe già al primo richiamo ed i due seguenti servirono solo a metterlo in allarme. Aprendo gli occhi, si girò verso il ragazzo e si appoggiò con un braccio al cuscino.

«Eren, che cosa-»

«Credo di avere le contrazioni.»

Quelle cinque parole ebbero sul corvino l'effetto di un secchio d'acqua ghiacciata. Si mise seduto, accendendo la luce. L'orologio segnava le tre di notte. Erano andati a dormire solo da un paio d'ore e le occhiaie sul viso di Eren ne erano una prova evidente.

«Che cosa?! Ora?!»

«Sì Levi, ora!»

«Okay, okay... Vuoi andare subito in ospedale o chiamo tuo padre?»

«Chiamalo. Non voglio andare fino a là, se poi si tratta di un falso allarme. Ho letto su un libro che a volte succede» rispose il ragazzo, mettendosi seduto.

Levi obbedì. Grisha aveva appena risposto al telefono quando Eren ebbe un'altra contrazione. Il guaito di dolore che gli sfuggì, fece stringere forte i pugni dell'Alpha.

La chiamata venne interrotta subito dopo e l'uomo si allontanò dalla stanza solo il tempo necessario ad aprire la porta d'ingresso, prima di tornare dal suo compagno, piegato in due sul letto.

La contrazione era finita, ora, ma il cuore continuava a battere all'impazzata nel petto, consapevole di quel che stava per accadere. Perché non aveva dubbi, il momento era arrivato.

«Sta arrivando, Levi... Danny sta arrivando...»

«Lo so. Ora respira, con calma...»

«Eren?!»

La voce di Grisha li raggiunse dall'ingresso. L'uomo entrò in camera prima che potessero rispondere. Aveva il fiato corto, come se avesse corso, ma sorrideva.

«Quanto durano?» chiese, inginocchiandosi davanti al letto per poter guardare il figlio in viso.

«Mezzo minuto, ogni dieci...» rispose il ragazzo. «Fanno un male terribile.»

«Lunga distanza, vuol dire che siamo appena all'inizio. Tua madre è andata a prendere la macchina. Vestitevi, così scendiamo fino in strada.»

«Scendere in strada?»

«Sì, camminare ti farà bene, fidati di me. Ti aiuteremo, ora preparatevi. Levi, avete la borsa pronta, vero? Prendila.»

Nel giro di un minuto, l'Alpha castano aveva preso il controllo della situazione ed ascoltandolo parlare, Levi doveva ammettere di non avere alcuna intenzione di riprenderselo. Il dolore di Eren gli arrivava come una eco lontana direttamente allo stomaco, passando attraverso il loro legame e saperlo sofferente gli stava già causando più fatica del previsto.

La voce di Eren lo richiamò alla realtà: l'Omega lo guardava, fronte aggrottata e sguardo perplesso.

«Mi hai sentito?» chiese. «Dammi una mano ad alzarmi» ripeté con pazienza.

Levi si mosse senza parlare, sostenendo il compagno che un po' per le dimensioni un po' per il dolore e le conseguenze delle contrazioni, faticava a muoversi da solo. Aveva fatto solo pochi passi verso l'armadio, quando si bloccò di nuovo, con un guaito di sorpresa.

Liquido tiepido gli colò tra le gambe, lasciandolo senza fiato per un momento.

«Oh, merd-»

«Eren! Linguaggio» lo riprese Grisha.

L'Omega gli lanciò uno sguardo irritato.

«Mi si sono appena rotte le acque e sono abbastanza grande da imprecare, se voglio!»

«Non si è mai abbastanza grandi per non essere educati.»

«Pa', davvero ti sembra il momento?!»

«È il momento di vestirsi educatamente e raggiungere tua madre come ti ho già detto prima.»

«Dovete per forza discutere in questo momento?» si intromise Levi, che non sapeva se sentirsi irritato dal battibecco o un po' sollevato dal fatto che il medico presente fosse abbastanza tranquillo sulla loro situazione da permettersi simili distrazioni. L'unica cosa certa era che ogni minuto in più che passavano in casa era un livello in meno sulla sua personale scala dell'autocontrollo. «Fuori da qui. Ora.»

Aiutato Eren a vestirsi i tre uscirono finalmente in strada. Padre e figlio non avevano più fiatato dopo la sfuriata di Levi, che iniziava a calmarsi solo ora che poteva vedere chiaramente le luci dell'automobile in cui Carla li aveva pazientemente aspettati.

«Levi» mormorò Eren, in piedi accanto a lui, mentre l'Alpha spingeva la borsa da ospedale nel bagagliaio. «Lo stiamo facendo davvero.»

L'uomo lo prese per mano, baciandone il dorso mentre lo scortava fino alla portiera aperta.

*****

Sdraiato sul lettino, Eren strinse gli occhi, i pugni chiusi mentre nuove fitte di dolore lo attraversavano da parte a parte. I capelli erano appiccicati alla fronte dal sudore ed aveva più volte dovuto ripetersi il proprio buon proposito di essere forte, nel momento in cui tutto fosse iniziato.

La sofferenza causata dalle contrazioni non poteva essere paragonata a nient'altro che avesse mai provato prima ed era pronto a scommettere che il peggio doveva ancora arrivare. Ogni fitta era più intensa e lunga delle precedenti, costringendolo a serrare le palpebre perché le lacrime che vi si formavano non scendessero lungo le guance.

Dolore. Paura. Impotenza.

Era tutto ciò che in quel momento riusciva a provare mentre dentro di sé pregava perché tutto finisse in fretta e nel migliore dei modi.

Una piccola equipe di Omega e Beta si muoveva attorno al suo lettino. Eren poteva sentirli parlare tra loro, preparare oggetti e coperte, luci e carrelli di strumenti che non aveva alcuna intenzione di guardare. Aveva altro a cui pensare in quel momento.

Quando anche quell'ultima contrazione finì, il suo corpo si rilassò di colpo, tentando di ricavare quanto più riposo possibile dai neanche tre minuti che gli erano concessi prima del ritorno del dolore. Un bacio si posò sulla sua fronte, facendogli aprire gli occhi. Levi gli stringeva la mano, calmo anche se Eren era sicuro che l'energia che ci metteva non fosse da sottovalutare. Eppure non un gemito era sfuggito dalle labbra del corvino, né aveva mai cercato di allentare la sua presa sulla propria mano o di sottrarsene per evitare alle proprie dita il rischio di spezzarsi sotto la pressione. L'Alpha, l'unico della propria dinamica presente in sala in quel momento, faceva le fusa. Un suono basso e profondo, continuo e rilassante per l'Omega che lo sentiva riverberare dentro di sé, una rassicurante presenza, quasi una promessa.

«D'accordo Eren, è arrivato il momento» disse una dottoressa, seduta all'altro lato del lettino.

Con le mani coperte dai guanti lo toccò delicatamente tra le gambe, facendolo sussultare e nascondere il viso contro al collo del suo compagno.

«Eren, mi hai capito?» ripeté la donna, alzandosi leggermente per poter guardare il proprio paziente.

Levi posò una mano sotto al suo viso, portandolo ad alzare gli occhi.

«Pronto?» chiese, sottovoce.

Eren deglutì. Il cuore batteva così forte da assordarlo, ogni centimetro del corpo era teso e dolorante. Eppure annuì, uggiolando per portare Levi più vicino possibile a lui, per non rischiare di sentirsi solo neanche per un istante.

Come se fosse possibile.

«E comunque» disse l'Omega, con un sorriso stanco sulle labbra «ricordati sempre che tutto questo è colpa tua, Ackerman e non ti perdonerò mai!»

L'Alpha, per un momento sorpreso, alzò gli occhi al cielo prima di stringere al meglio il ragazzo tra le proprie braccia.

*****

Un'ora più tardi, un pianto acuto squarciò l'aria pacata dell'ospedale ancora addormentato.

*****

Il suo respiro era affannato, i polmoni bruciavano.

Si sentiva così vuoto, tutto d'un tratto.

Seppe che erano di Levi le labbra a sfiorargli la tempia, pur senza aprire gli occhi. Sentì la sua lingua leccar via una lacrima dal proprio viso.

La sua voce sussurrare.

«Grazie...»

Troppo stanco per rispondere a voce, gli strinse la mano nella propria.

*****

«Dov'è?» chiese, ancora un po' stordito.

«Un'infermiera lo sta lavando» rispose Levi. In una mano stringeva la bottiglietta d'acqua che Eren aveva appena vuotato quasi del tutto, nell'altra un fazzoletto che ora era occupato a tamponargli sulla fronte. «Ed avresti bisogno di un bagno anche tu.»

Eren sbuffò e cercò di mettersi seduto. Come leggendogli il pensiero, una delle infermiere si avvicinò a lui per sistemargli un cuscino dietro la schiena.

«Tutto okay? Come ti senti?» gli chiese.

Eren alzò leggermente le spalle. «Esausto. Voglio dormire per almeno tre giorni, ora. E ho fame.»

Lei rise, annuendo come se la sua risposta fosse esattamente ciò che si era aspettata di sentire.

«Appena tornato in stanza potrai dormire e mangiare quanto vuoi.»

La guardarono allontanarsi, uscire dalla stanza probabilmente per avvisare amici e parenti della coppia che tutto era concluso, che stavano bene.

Eren alzò lo sguardo verso l'Alpha, ancora in piedi accanto al suo letto e guaì piano, attirando la sua attenzione.

«Lo hai visto?» chiese.

«Di sfuggita, prima che lo portassero via.»

«Com'era?»

Levi aggrottò la fronte, richiamando alla memoria quei pochi frammenti su cui poteva basarsi.

«Piccolo... Rosso. Decisamente incazzato.»

«Tutto te.» L'Omega rise, prima di stringere le dita sulla sua camicia e trascinarlo giù fino alla propria bocca.

«Era bellissimo, Ren...» sussurrò Levi, muovendo piano le labbra sulle sue.

Si fecero le fusa, finché il suono della porta che si apriva non arrivò alle loro orecchie. Una piccola infermiera Omega si stava avvicinando a loro, con un fagotto azzurro stretto tra le braccia.

«Scusate l'attesa, vostro figlio è stato brevemente visitato, lavato e vestito. È tutto nella norma, è sano e forte. Congratulazioni» disse sorridendo. Poi, sporgendosi lievemente sul letto, lasciò scivolare il neonato tra le braccia di Eren che subito lo strinse al petto, con delicatezza.

Lentamente, il ragazzo abbassò quei pochi centimetri di stoffa che coprivano il viso di Daniel, i suoi occhi chiusi, la pelle arrossata.

«Oh... È così caldo...» mormorò, sfiorandogli la guancia con la punta dell'indice. «Lee... Tesoro, vieni a-... Levi?»

Alzando lo sguardo per un istante dal figlio, vide il compagno pietrificato accanto al suo letto. Le sue labbra erano strette al punto da essere quasi invisibili, il viso pallido, le spalle contratte. Eren tese allora una mano verso la sua, invitandolo ad avvicinarsi abbastanza da potergli posare il bambino tra le braccia. Confuso, Levi aggiustò la presa come Carla aveva insegnato loro a fare e deglutì, guardando dall'alto verso il basso quel visetto così piccolo che avrebbe potuto stare nel palmo della sua mano per intero.

«Digli qualcosa, Levi. Ti conosce, conosce la tua voce. Parlagli...»

L'uomo deglutì di nuovo, sedendosi sul bordo del letto su cui Eren subito gli fece spazio. Incerto, si leccò le labbra improvvisamente secche prima di schiarirsi la voce.

«Ehi... Hai mantenuto la parola» sussurrò a voce bassa.

Daniel si mosse tra le sue braccia, liberando una piccola mano che scivolò fuori dalla stoffa della copertina. Poi aprì gli occhi. Due piccole iridi celesti si guardarono attorno pigramente prima di fissarsi sul viso dell'uomo che lo stringeva a sé come il più prezioso dei tesori.

Eren si asciugò gli occhi col dorso della mano e sorrise, quando vide Levi fare lo stesso usando la manica della camicia.

*****

«Come stai, tesoro mio?»

«Bene. Davvero, puoi smettere di piangere ora, mamma.»

«Non posso, non ce la faccio. Abbiamo visto Daniel dalla nursery. Tuo padre è rimasto là, non sono stata capace di portarlo via dal vetro» rise, accarezzando la mano del figlio.

«Sì, anche Levi è così. Probabilmente passerà tutto il giorno accampato fuori da quella stan-»

«Che stavi dicendo di me?»

Madre e figlio si girarono verso la porta, esibendo la loro espressione più angelica.

«Nulla» cinguettò il ragazzo, seduto a gambe incrociate sul materasso.

«Grisha è-»

«Ancora là. In completa adorazione» rispose l'Alpha, avvicinando una sedia al letto per poi mettervisi seduto. «Che è dove tornerò se scopro che ti stavi prendendo gioco di me alle mie spalle, con tua madre.»

Carla rise, Eren mise su la sua migliore espressione da cucciolo.

«Forse dovrei raggiungerlo allora. Non vorrei iniziasse a spaventare le infermiere» disse la donna, alzandosi dal letto.

Baciò il figlio sulla fronte e accarezzò la spalla di Levi, prima di uscire dalla camera e chiudere delicatamente la porta alle spalle.

Un istante dopo, Eren aveva già scalciato la coperta dalle gambe e stava scendendo dal letto. Levi spalancò gli occhi, aprendo la bocca per protestare, ma il ragazzo lo zittì, sedendosi direttamente sulle sue gambe.

«Ehi ehi, che credi di fare?»

«Mi sei mancato.»

«Sono stato via solo mezz'ora.»

«Mi sono sentito solo.» Ogni possibile risposta venne bloccata dal modo energico con cui l'Omega iniziò a strofinare il viso contro la guancia del proprio mate, la ghiandola del collo sulla gemella. «Sono passati nove mesi dall'ultima volta in cui siamo stati solo tu ed io. Forse non accadrà più per mesi e mesi.»

Levi non protestò più. Poteva capire perfettamente il desiderio di Eren, oltre che sentirlo pulsare nel petto grazie al marchio che condividevano. Le loro vite erano appena cambiate per sempre e non era strano voler passare un momento di intimità, da coppia quale erano. Così l'Alpha strinse le braccia attorno al corpo del suo compagno, accarezzando la stoffa morbida del pigiama di cui Eren si era lasciato vestire quando il suo interesse era stato tutto focalizzato solo sul cibo.

«Dillo» fece le fusa l'Omega, mordicchiandogli il lobo dell'orecchio per giocare.

«Cosa...?»

«Che ti sono mancato anche io.»

Levi ringhiò sottovoce, ma Eren rispose subito con un altro ringhio, più forte, mentre le dita di una delle sue mani si infilava tra i capelli dell'uomo. Si baciarono e l'intensità delle emozioni sprigionate da quel contatto fu sufficiente ad Eren per avere la propria risposta. Approfittando della sua distrazione, Levi si alzò dalla sedia, sostenendo l'Omega con le proprie braccia fino a depositarlo di nuovo con delicatezza sul letto.

«Ora datti una calmata, hai appena partorito. Devi riposarti.»

«Non sono stanco.»

«Dillo alle tue occhiaie. Abbiamo dormito due ore, ieri notte. Dovresti approfittarne per recuperare, ora...»

«Lo farò solo se dormi con me.»

«Eren, io non ho-»

«Prendere o lasciare, Levi. O resti o andiamo entrambi alla nursery.»

Divertito, guardò il suo compagno tentare di pensare ad una scappatoia, una soluzione alternativa che lo salvasse all'ultimo minuto. E vide anche il momento in cui decise di arrendersi, sfilò le scarpe e salì sul letto accanto a lui. Il materasso non era stato pensato per due persone, ma a loro non serviva così tanto spazio. Levi si stese sulla schiena ed il ragazzo si accoccolò sopra di lui, la guancia premuta contro la sua spalla e le braccia a cingergli il petto.

Quando, poco più tardi Carla e Grisha entrarono in camera, si scambiarono uno sguardo intenerito e indietreggiarono fuori dalla porta. Rimasero lì, a montare la guardia per la coppia addormentata, seduti a parlare, immersi nei ricordi di quando, ventuno primavere prima, su quel letto avevano riposato insieme.

* * * * *

I suoi occhi erano chiari, i capelli di un intenso castano. Quel bimbo aveva tanto di lui quanto di Eren. La sola idea l'aveva sorpreso per tutti i mesi di attesa ed ora che poteva realmente stringerlo tra le braccia lo era ancora di più. Ogni gesto, suono e movimento di Daniel era una nuova esperienza tanto per il piccolo quanto per il padre, che si alzava di notte per guardarlo dormire nella sua piccola culla ai piedi del loro letto, o chiamava Eren da lavoro per sapere come stavano.

Il suo sonno leggero era una vera maledizione per quelle notti. Bastava un sospiro da parte di Eren o Daniel per fargli spalancare gli occhi.

Così, nonostante i tentativi di trattenersi ed essere silenzioso, Levi si accorse subito del suono strozzato dei singhiozzi dell'Omega.

Confuso, si girò nel letto, facendo aderire il petto alla sua schiena per poi circondarlo con le braccia. Eren sussultò, consapevole di essere stato sorpreso e il respiro gli si strozzò in gola.

«Eren...»

«No. No, va bene, non è niente. Lascia sta-»

«Non posso e non voglio lasciar stare» replicò sottovoce, cercando di far voltare l'Omega verso di sé senza successo. «Come potrei? Dimmi che succede...»

«Niente.»

«Eren...»

«Non ho-»

«Ti prego...»

Nella sua voce c'era una nota di supplica impossibile da ignorare. Eren sentiva la sua preoccupazione rimbombargli nel petto e così cedette. Tirando su col naso, si girò su un fianco, per infilare subito dopo il viso nel poco spazio tra il cuscino e la gola dell'Alpha.

Per Levi quella era già una vittoria. Con le mani gli accarezzò la schiena dalla base alla cima, iniziando a fare le fusa sottovoce per cercare di calmarlo.

Sapeva per esperienza che forzare Eren a spiegargli ciò che in quel momento gli passava per la mente non sarebbe servito a nulla se non a farlo chiudere ancora di più. Il segreto con lui era aspettare, avere pazienza e farlo sentire abbastanza calmo da volersi aprire spontaneamente. Dopo anni passati insieme ormai questo Levi lo sapeva bene. Così attese, accarezzandogli la schiena, sfiorando con le labbra la ghiandola sul suo collo finché le sue spalle smisero di tremare e la sua voce fu calma abbastanza da poter mormorare: «Ho paura di non saperlo crescere. Di non essere abbastanza, di sbagliare tutto e farmi odiare.»

E quella paura, l'Alpha la sentì scorrere dentro di sé, veleno nelle vene. Deglutì, scuotendo la testa e di nuovo tentò di alzare il viso del suo compagno per incrociarne lo sguardo. I suoi begli occhi verdi erano lucidi, brillanti di lacrime trattenute. Ma come poteva rassicurarlo da qualcosa di cui era vittima lui stesso?

«Eren... Guardami, ehi. Lo so, è così anche per me» ammise, sfiorandogli la guancia con le dita. Vide le pupille del ragazzo stringersi appena per la sorpresa e quasi sorrise: il suo compagno era ancora un ragazzo, ai suoi occhi doveva apparire come un invincibile esperto di qualsiasi materia, eppure se c'era qualcosa di cui Levi Ackerman proprio non sapeva nulla, quella era proprio la famiglia.

Gli Jaeger erano stati la sua prima esperienza come parte di qualcosa di grande e amorevole, un gruppo di persone legate da sangue e sentimenti in cui era entrato, sentendosi a proprio agio fin dal primo istante. Questo era tutto ciò che sapeva ed era ciò che voleva per loro figlio.

«Essere genitori non è qualcosa che si possa insegnare. Per quanti libri si possano leggere, non ce ne sarà mai uno con tutte le risposte necessarie... Sbaglierai, qualche volta, così come sbaglierò io, ma non ho nessun dubbio che ogni cosa che faremo sarà per il suo bene. Lui imparerà da noi e noi da lui, ma tu Eren, non sarai mai solo.»

Quelle poche lacrime che era riuscito a trattenere, scivolarono lentamente lungo le guance. Levi le baciò, pulendole dal suo viso. Eren non parlava, ma non avevano bisogno della voce per comunicare.

Sollievo, amore, dolcezza.

Questi sentimenti fluivano dall'uno all'altro, insieme a quella promessa che silenziosamente si scambiarono con un solo sguardo. Si baciarono, quasi a volerla suggellare. Le mani calde dell'Omega avevano appena sfiorato la maglietta del pigiama del suo mate, quando un flebile verso acuto attirò l'attenzione di entrambi. Si staccarono, sorridendo e raggiunsero il fondo del letto da dove, nella sua culla morbida, Daniel li guardò, le mani strette in piccoli pugni.

«Qualcuno qui ha fame» disse Eren, afferrando i bordi della propria maglietta per sfilarla.

Levi si sporse per prendere in braccio il bambino, che li guardava, spostando i suoi grandi occhi spalancati –la forma in tutto e per tutto come quelli di Eren- da un genitore all'altro.

Aspettò che l'Omega si fosse seduto comodo, i cuscini a sorreggergli la schiena, prima di posare Daniel tra le sue braccia. Il bambino strinse subito la piccola bocca rosata attorno ad uno dei capezzoli del ragazzo, che gli accarezzava i capelli e stringeva le labbra per le lievi fitte che lo attraversavano.

C'erano voluti un paio di giorni prima che il suo corpo cominciasse a produrre il latte necessario al bimbo. Il suo torace era diventato più morbido, i pettorali si erano gonfiati lievemente e questo gli erano costato un gran numero di prese in giro e scherzi da parte del suo Alpha, che però aveva perso la forza di continuare quando aveva visto per la prima volta il figlio nutrito dal corpo del suo amato.

Anche quella volta, Levi si mise seduto accanto al compagno e appoggiò la guancia alla sua spalla, guardando dall'alto il bimbo che succhiava beato. Avvicinò un dito alla mano che Daniel aveva appoggiato sul petto di Eren e quelle piccole dita subito lo strinsero con tutta la forza che un esserino così piccolo poteva avere.

«Lascialo mangiare in pace» lo rimproverò Eren, non troppo serio e con un sorriso sulle labbra che stonava con gli occhi ancora rossi per il pianto di poco prima. Daniel scelse quel momento per sbadigliare, accoccolandosi contro il suo petto, sazio e di nuovo pronto per dormire. «Sai, avevi ragione... Ho paura, tanta, ma per lui sento che potrei fare qualsiasi cosa... Soprattutto se noi siamo insieme.»

*****

Il primo anno di quella nuova vita fu il più difficile per entrambi. Sapersi adattare all'enorme cambiamento che un bambino portava con sé, alle responsabilità che richiedeva, impegnò tutte le loro energie.

Ma in ogni nuovo giorno, Daniel li ricompensava a modo suo. I primi sorrisi, i primi passi, le parole, i giochi, il primo giorno all'asilo. Il modo in cui assomigliava ad entrambi eppure a nessuno dei due allo stesso tempo, indipendente, forte, ma connesso a loro dal legame che solo una famiglia unita può creare.

Quando Daniel ebbe un anno, diedero alla loro casa un ultimo saluto. Troppo piccola per poterli ospitare definitivamente, riuscirono a trovare una nuova sistemazione nello stesso piccolo quartiere costruito sulle scale abbastanza spazioso per una famiglia in crescita, senza essere costretti a lasciare i luoghi in cui erano cresciuti ed avevano vissuto per tanti anni, dove tutto era iniziato.

*****

«Buonanotte tesoro mio» disse Eren, baciando la fronte del figlio accoccolato sotto le coperte.

«Notte, mamma» rispose Daniel, la voce dolce e acuta che solo i bambini possono avere.

Lasciò la porta socchiusa, uscendo ed una piccola lampadina ad illuminare da un angolo della stanza. Levi era già sdraiato a letto, un libro tra le mani ed un braccio dietro la testa a sorreggerla.

Eren prese un lungo sospiro prima di scivolare in camera e salire sul letto, sedendosi proprio nel centro con le mani sulle ginocchia. Rimase lì, in silenzio, finché l'uomo non alzò lo sguardo, notando la sua quieta richiesta d'attenzione.

«...Sì?»

«Ricordi quando mi hai detto che avresti voluto una famiglia numerosa?»

Qualcosa si mosse nel petto di Levi. Un presentimento a cui non diede voce, limitandosi a sollevare le sopracciglia e raddrizzare la schiena, il libro abbandonato.

«Sì, me lo ricordo...»

Eren sorrise, stringendosi nelle spalle.

«Spero proprio che tu la voglia ancora...-»

«Oh...»

«-...Perchè-» Eren prese una delle mani di Levi, avvicinandola alla pancia.

«Oh..!» ripeté l'uomo, facendo aderire il palmo alla maglietta che copriva la pelle tiepida del corpo del suo compagno.

«Sì, oh. Sei settimane...» mormorò l'Omega, alzando su di lui quegli occhi di smeraldo. «Bella notizia?»

Levi lo prese tra le braccia, trascinandoselo sulle gambe per baciarlo sul marchio.

«Non male.»

*****

«Danny. Tesoro, svegliati.»

«Eh? Papà...»

«Shh, tranquillo. È tutto okay. Andiamo in un posto.»

Daniel si lasciò prendere in braccio, guardando verso la finestra. Era buio, fuori. Non era ancora giorno.

«Dov'è mamma?»

«In camera, a letto, ma dobbiamo andare via per un poco» disse, mettendogli una giacca ed allacciandola fino in cima. «Ti porto dai nonni.»

Levi era calmo, mentre parlava, ma Daniel poteva percepire una certa agitazione nascosta dietro la sua voce. Così non protestò quando il padre gli mise le scarpe né quando gli impedì di andare in braccio ad Eren, seduto sul letto con una mano premuta sulla grande pancia rotonda che gli era cresciuta.

«Va tutto bene, amore mio» gli disse il ragazzo, baciandolo. «Quando ci rivedremo, avremo una bella sorpresa per te.»

«Un regalo?»

«Quasi» fu la risposta, data con un sorriso stanco. «Ora vai con papà.»

«Torno subito» mormorò Levi, baciandolo sulle labbra.

La strada fino a casa dei nonni fu percorsa al buio ed al freddo. Daniel nascose il viso contro il collo del padre, chiudendo gli occhi che ancora sentiva pesanti per il sonno. La nonna Carla aprì la porta appena bussarono. Era in vestaglia, spettinata, ma sorrise quando Daniel tese le braccia verso di lei per farsi prendere. Grisha arrivò scendendo le scale, vestito e con una valigetta in mano.

«A che punto siamo?»

«Appena all'inizio, ma ci abbiamo messo un po' a organizzarci» mormorò il corvino, accarezzando la testa del figlio. «Abbiamo già la macchina pronta.»

«Allora andiamo. A dopo, cara. Danny, fai il bravo.»

I due uomini salutarono frettolosamente e sparirono per la strada buia.

Daniel sbattendo le ciglia, alzò lo sguardo verso la donna che si affrettò a chiudere la porta per lasciar fuori il freddo di dicembre.

«Dove stanno andando?»

«Ad aiutare la tua mamma.»

«A fare che cosa?»

Carla sorrise.

«Una cosa bella.»

*****

Per mano a Carla, Daniel si teneva vicino alle gambe della donna mentre attraversavano il corridoio. Era già stato in ospedale altre volte, ma sempre con mamma o papà e nonostante la nonna fosse lì con lui, sentiva la loro mancanza. Per questo motivo, non appena scorsa Levi in piedi accanto ad una porta socchiusa, si staccò dalla mano di Carla per corrergli incontro.

«Papà!» gridò.

Levi abbassò lo sguardo verso di lui, poi si inginocchiò per prenderlo in braccio.

«Non urlare, piccolo. Qui bisogna parlare a voce bassa.»

«Scusa...»

Levi baciò il bambino sulla fronte, stringendo un po' più forte la presa su di lui. Prima che Daniel potesse chiedere dove fosse sua madre, l'uomo spinse la porta alle proprie spalle. Nonostante il rimprovero appena ricevuto, a malapena si trattenne dall'urlare «Mamma!» quando vide Eren seduto sul letto, con una coperta rosa stretta tra le braccia.

I suoi occhi verdi brillarono quando si posarono sul figlio e sul compagno. Sorrise, tenendo una delle mani verso di loro, l'altra che ancora sorreggeva con attenzione quel piccolo fagotto.

«Danny, amore mio. Mi sei mancato» disse, facendogli posto sul letto. «Vieni, c'è qualcuno che voglio presentarti.»

Curioso, Daniel scese dalle braccia del padre e si arrampicò sul materasso, mettendosi seduto sulle ginocchia. Solo a quel punto Eren si sporse verso di lui, mostrandogli il piccolo viso di un neaonato avvolto in quella che aveva pensato fosse solo una coperta.

«Lei è Olimpia. Olly» mormorò il ragazzo, scoprendo un poco il corpo della piccola. «Ed è la tua sorellina.»

Gli occhi del bambino si spalancarono per la meraviglia. Non aveva mai visto una persona così piccola, né non aveva mai avuto una sorellina prima d'ora.

«Ed è per me?»

Eren sorrise, annuendo piano. «Certo. Dovrai prenderti cura di lei e quando sarà cresciuta un po', anche lei si prenderà cura di te. Non sarete mai soli, finché sarete insieme.»

Daniel toccò con delicatezza una delle piccole mani paffute della neonata, che fece una smorfia, continuando a dormire.

«Mi piace. Posso averne altre?»

Eren alzò lo sguardo verso Levi, che per non ridere aveva coperto la bocca con una mano, ma i loro occhi si incrociarono subito ed in entrambi brillò la stessa luce dolce e divertita insieme.

«Sai» rispose l'Alpha, sedendosi sul letto e prendendo il bambino sulle gambe. «Credo proprio di sì.»

  𝓣𝓱𝓮 𝓔𝓷𝓭
𝓣𝓱𝓪𝓷𝓴 𝔂𝓸𝓾 𝓪𝓵𝓵 

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