Unconditionally

By VeryBadStories

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" L'amore incondizionato non dà nulla fuorché sé stesso, e non coglie nulla se non da se stesso. L'amore non... More

"Unconditionally"

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Ah! Réponds, réponds à ma tendress

Verse moi, verse moi l'ivresse*






Sveglia.

Doccia.

Tailleur.

Arrivare puntuale in agenzia.

Quella di Nathalie Sancoeur era una routine meccanica, metodica e ben studiata. Un programma che veniva ripetuto ogni giorno, costellato a volte di successi, a volte di delusioni. Ma l'esito della giornata non importava. Tutto ciò che contava era andare avanti, giorno dopo giorno, contratto dopo contratto, con unico scopo il proprio stipendio. La donna sedette alla scrivania del suo piccolo ufficio dell'agenzia in cui lavorava, in modo composto, accendendo il proprio tablet.

Ogni meeting era stato accuratamente programmato in anticipo. Chiunque la conoscesse, si chiedeva se Nathalie Sancoeur, segretaria brillante dell'agenzia più richiesta di Parigi, dormisse la notte.

-"Mademoiselle Sancoeur?"

Nathalie alzò lo sguardo, sistemandosi gli occhiali. Osservò l'espressione leggermente ansiosa della sua assistente, una ragazza bruna dai capelli fuori posto e una leggera smagliatura sulla calza destra.

-"Cosa c'è, Anne?" replicò Nathalie, con un tono apatico.

La ragazza prese a contorcersi le dita, intimorita come ogni giorno dalla compostezza e dall'assenza di emozioni della sua collega.

-"E Ecco, volevo dirle che abbiamo appena avuto un imprevisto...Pierre non è venuto a lavoro e dovrai presenziare tu al meeting delle nove."

Nathalie non si lasciò sfuggire nemmeno un sospiro. Rimise lo sguardo sul tablet, lasciando che la penna danzasse sul touch screen ad alta tecnologia. Dopodiché si alzò in piedi, il rumore dei tacchi che metteva in allerta Anne.

-"Rispondi alle telefonate mentre non ci sono, andrò ad organizzare io al posto di quell'idiota. E cambiati le calze, per favore."

Sebbene Nathalie avesse sorriso nel rispondere ad Anne, la ragazza emise un sonoro balbettio impaurito. Mentre si avviava verso l'ufficio del direttore per ricevere all'ultimo minuto i dettagli dell'incontro, pensò a quanto odiava improvvisare. Si sentiva insicura quando qualcosa non era sotto il suo controllo. Si guardò intorno, notando come tutti distogliessero lo sguardo. Si chiese cosa avesse di sbagliato. Era come essere un puntino nero in una tela immacolata. Disturbante, prepotente, privo di lucentezza.

A scuola veniva presa in giro per il suo cognome. Sancoeur. Sans coeur.

A forza di sentire quella parola, aveva finito per essere davvero senza cuore. Anzi, lo aveva riposto in un angolo segreto del suo animo, al riparo dalla società subdola in cui viveva, dimenticando poi di averlo.

Prese ordini dal direttore, sfogliando un fascicolo datogli da quest'ultimo mentre si avviava in sala conferenze. L'agenzia avrebbe sponsorizzato un brand abbastanza in voga. Saltò tutte le cose che riteneva superflue, soffermandosi su quello che le serviva. Prese posto accanto a un paio di colleghe. Molti nomi le erano familiari, altri no.

-"Gabriel Agreste? Chi sarebbe?"

-"Ma come Nathalie? E' la stella della moda del momento!" disse all'improvviso una delle due donne, trattenendo a malapena un tono sprezzante. Nathalie fece spallucce.

-"Non mi sono mai interessata al mondo della moda. E' effimero."

-"Sai, dovresti provare a togliere quella scopa che tieni su per il culo, Sans Coeur. Ci sarà un motivo se sei ancora una segretaria...brava, efficiente, temuta ma pur sempre una segretaria" disse l'altra donna, sporgendosi in avanti.

Nathalie preferì ignorare quelle parole. Ma l'essere chiamata col nomignolo con la quale veniva presa in giro la ferì. Quante ferite riceveva ogni giorno e quante ne nascondeva sotto l'elegante completo scuro? Quante lacrime aveva ricacciato per orgoglio dietro le lenti degli occhiali?

-"Ehi Nathalie, mi ignori? Guarda che lo sento il tuo piccolo cuoricino che si spezza...o forse è la mia impressione, dato che non ne hai uno?"

-"Charlotte, smettila..."

-"No, sono stufa di vedere questa schifosa qui. Crede di saper fare tutto lei e comanda a bacchetta chiunque! Avrei preferito Pierre qui al mio fianco."

Nathalie si voltò. Posò il fascicolo che stava studiando e incrociò le dita. La giornata era iniziata male e la sua incrollabile pazienza stava raggiungendo il limite.

-"Charlotte Vessels. Impiegata del terzo piano. Sarò pur sempre una mera segretaria ma finora ti ho visto solo portare una dozzina di caffè in dirigenza. Senza mutande, per di più. Ora se volete scusarmi..."

-"Dove vai?" chiese una delle due colleghe, mentre l'altra era rimasta in silenzio.

-"Dato che preferivate Monsieur Pierre al posto mio, arrangiatevi."

Nathalie uscì fuori dalla sala a passo spedito. Aveva bisogno di chiudersi nel suo ufficio e prendere una boccata d'aria alla propria finestra. Si maledì più volte, aveva perso le staffe e abbandonato una conferenza sul punto di cominciare. Ma dopotutto era stanca di sostituire colleghi ritardatari o inefficienti. Era così furiosa e concentrata a non incrociare lo sguardo di nessuno quando urtò la spalla di qualcuno, facendo cadere i fascicoli a terra.

-"Ehi!" esclamò una voce maschile.

-"Può anche spostarsi altrove!"

Quando Nathalie sollevò lo sguardo la sua momentanea rabbia sfumò. Aveva dinanzi a sé qualcuno che non aveva mai visto prima d'ora in agenzia. Aveva gli occhi di un azzurro limpido, i capelli così biondi che sembravano quasi una distesa di neve gelida. Nathalie rimase un attimo interdetta, per la prima volta non sapeva cosa fare. L'uomo si chinò insieme a lei per raccogliere i fogli, senza battere ciglio. Aveva un espressione tranquilla, anche se non sorrideva.

-"Mi scusi per prima" disse Nathalie, riprendendo possesso dei propri fogli.

-"Non c'è problema. A proposito, può dirmi dove posso prendere un caffè?"

L'uomo sembrava seccato mentre si guardava intorno. Nathalie annuì.

-"La accompagno all'area ristoro se vuole."

Nathalie guardava con la coda dell'occhio l'uomo. Era elegante, anche se sembrava un pesce fuor d'acqua. Guardava dritto dinanzi a sé, cercando di ignorare alcuni versi di stupore della gente che incontravano per i corridoi. Nathalie si chiese chi diavolo fosse.

Giunsero nell'area ristoro e Sancoeur stava per andarsene quando l'uomo, mentre digitava i numeri alla macchinetta del caffè, la fermò.

-"Rimanga qui, le offro un caffè."

-"La ringrazio ma dovrei lavorare..."

-"Bugia, morite dalla voglia di un espresso. E poi l'ho già ordinato."

Nathalie alzò un sopracciglio. Dopotutto una pausa non poteva farle male e quella piccola premura da parte dello sconosciuto era un toccasana per i suoi nervi. Mormorò un "grazie" quando l'uomo le porse un bicchierino di plastica bollente e si sedette accanto a lui sul divanetto di pelle bianca dell'area ristoro. Osservò i movimenti dell'uomo mentre portava alle labbra il bicchiere, il pomo d'Adamo che si sollevava e abbassava nel trangugiare la bevanda. Si chiese perché lo stesse fissando così spostò gli occhi sul proprio caffè, una pozza d'acqua sporca che galleggiava nel bicchiere.

-"Emozioni negative" disse ad un tratto l'uomo, abbozzando un sorriso. Nathalie ebbe un brivido, la superficie liquida del caffè che si increspava a quel flebile movimento.

-"Come scusi?"

-"Ha avuto una giornataccia. E' stufa del suo lavoro, forse soffre l'invidia dei suoi colleghi, un branco di serpi che ti sorride alle feste offrendoti bicchieri colmi di bollicine e che alla prima occasione non esita a lanciarti un coltello alle spalle. Lei odia la superficialità delle persone, l'obbligo di dover seguire i trend, forse è stanca di servire e di ubbidire a gente che non le piace, che le rendono il lavoro impossibile. Ha una bella casa, uno stipendio notevole, ma lei non è felice."

Nathalie spalancò gli occhi. Diede un lungo sorso di caffè annacquato, stringendo il bicchiere tra le dita. Possibile che uno sconosciuto era riuscito a leggerle nell'animo quando perfino lei non sapeva capire a fondo sé stessa?

-"Lei come ha fatto a capirlo?"

-"Vedo quell'espressione tutti i giorni a casa mia, nello specchio del mio bagno" rispose l'uomo con un sorriso divertito, indicando con un dito lei. Nathalie si ritrovò a sorridere a sua volta.

-"Pensavo di essere l'unica."

-"A quanto pare non è così."

Nathalie si sentì per la prima volta compresa da qualcuno. Guardò l'uomo che finiva il proprio caffè gettando poco dopo il bicchiere nella pattumiera.

-"Mi scusi, non mi sono presentata. Mi chiamo Nathalie Sancoeur."

-"Piacere di conoscerla, io sono Gabriel Agreste."

Nathalie rimase spiazzata mentre stringeva la mano dell'uomo.

-"Ma lei dovrebbe essere in una conferenza da circa..." Nathalie guardò il proprio orologio. "...quindici minuti."

Gabriel fece spallucce.

-"Possono anche aspettare. Volevo un caffè a tutti i costi."

Nathalie rimase un attimo interdetta, poi iniziò a ridacchiare, portando una mano alla bocca.

-"Ho detto qualcosa di buffo?" chiese Gabriel, sorridendo.

-"In questo momento si staranno scannando in sala conferenze perché lei è in ritardo per un caffè."

-"A dire il vero non ci voglio andare più."

-"Perché?!"

-"Cambio di programma. Voglio mettermi in proprio. Sono stanco di cucire abiti disegnati da altre persone."

-"Forse è una follia, Monsieur Agreste...lei lavora per un brand importante."

Gabriel si alzò dal divanetto, sistemandosi i polsini della giacca.

-"Se desidero qualcosa, me la prendo a tutti i costi. Non mi importa se è una follia oppure no. A te non piacerebbe rischiare?"

Nathalie guardò negli occhi Gabriel. Tutti i piani della giornata andarono in fumo, incendiati dalle parole di quell'uomo, da quella sicurezza di sé. Si perse nella risolutezza di quei occhi azzurri e nel sorriso spavaldo di chi avrebbe potuto dichiarare guerra al mondo intero.

E lei non avrebbe esitato a seguirlo.


***


Sveglia.

Doccia.

Tailleur.

Stilare la lista di impegni di Gabriel Agreste.

Nathalie aprì le tende di broccato bianco della camera del famoso stilista. Ripensò al sogno che aveva fatto quella notte, quel ricordo piacevole che in quel momento pareva così lontano, quasi immaginario. La luce investì il petto nudo di Gabriel, che si alzava e si abbassava ritmicamente. Sancoeur sospirò, avvicinandosi ai piedi del letto e raccogliendo una ad una delle bottiglie di vino rosso pregiato che quella notte era stato bevuto fino allo sfinimento. Guardò il viso addormentato dello stilista, sereno. Una serenità passeggera, offerta dall'alcool e dai sogni. Raccolse un portafoto caduto a terra, svelando il sorriso etereo di Emilie Agreste. Una crepa nel vetro le solcava il viso. Una volta aveva odiato Emilie perché aveva l'amore dell'uomo che desiderava, adesso la odiava perché la sua scomparsa aveva trasformato Gabriel in qualcuno che non era. Mentre lui l'aveva fatta finalmente sentire una persona normale, Gabriel era diventato invece freddo, distaccato, un robot come lo era lei ai tempi in cui non lavorava per lui.

Tutto questo non era stato programmato. Gabriel era piombato nella sua vita e le aveva ricordato che aveva un cuore. Sepolto, nascosto, ma c'era e batteva forte per lui soltanto. Si lasciò cadere sul bordo opposto del letto, ascoltando il respiro lento e calmo di Agreste. Odiare Emilie non sarebbe servito a niente. Voleva solo che l'uomo che amava tornasse quello di un tempo, che si occupasse di suo figlio, che fosse di nuovo felice. Si chiese se ne era valsa la pena, anni prima, ad accettare quel caffè. Ciò aveva comportato la scoperta dell'amore, un amore incondizionato che la spingeva a fare di tutto pur di renderlo felice. Quando si ama una persona così tanto da anteporre il proprio benessere per il suo, a fare della propria gioia la gioia dell'altro. Un sentimento dal retrogusto amaro ma che rendeva Nathalie contenta, contenta di essere in grado di amare qualcuno e di non essere un automa.

Gabriel era ciò che la rendeva umana e viva. Era il suo scopo, il suo programma, la sua follia.

Si alzò e posò il portafoto al suo posto, sul comodino di Gabriel. Sorrise e si chinò in avanti, affondando la mano nei suoi capelli argentati, scompigliati dal sonno. Guardò quel viso che spesso l'aveva fatta sorridere e che ora invece era oscurato dal dolore. Gabriel l'aveva tirata fuori dalla monotonia delle cose e dall'apatia totale, ora toccava a lei salvarlo in quel periodo difficile. Chiuse gli occhi e poggiò delicatamente le labbra sulle sue, aspettandosi il nome di Emilie sussurrato con disperazione. Fece per andarsene quando una mano le strinse il polso.

-"Nathalie."

Nathalie si voltò. Gabriel aveva ancora gli occhi chiusi.

-"Mi dica Monsieur Agreste."

-"Resta qui con me."

-"Avete un incontro per le dieci e devo svegliare Adrien..."

-"Non mi importa niente. Resta qui con me."

Nathalie annuì. Sentì la presa allentare sul proprio polso, il calore della sua mano che scemava. Si tolse la giacca del tailleur e le scarpe, coricandosi al fianco di Gabriel. Lo stilista si accucciò verso di lei, come un bambino a cui si è sbucciato il ginocchio e cerca una parola di conforto. Nathalie sentì il profumo dello shampoo di Gabriel mentre questo affondava il viso nel suo petto.

Solo lei poteva sapere ciò che Gabriel provasse. E solo lei era in grado di attenuare quelle sensazioni da mesi, come un antidolorifico di cui si vuole abusare pur di non sentire il dolore.

Sentiva quel dolore ora che lui la stava baciando sul collo, anche adesso che la sua pelle mista ad alcool e colonia cozzava contro la sua. Un dolore che raggiungeva il culmine insieme ai loro sospiri di piacere mentre Gabriel si univa a lei, comunicandole tutto il dispiacere e la sofferenza, i sensi di colpa e i rimorsi.

Quando Gabriel uscì da lei si stese accanto, nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla.

Nathalie lo strinse a sé, e promise a sé stessa che, qualunque cosa fosse successa, lo avrebbe protetto. Gabriel poteva aver perso il suo nella bara criogenica di Emilie, ma il cuore di Nathalie era abbastanza forte e tenace per entrambi.

Un cuore che, una volta scoperto che poteva battere per qualcuno, non si sarebbe più fermato.








*Ah! Rispondi, rispondi al mio affetto
Ricambia, ricambia la mia estasi

[ I Belong to You / Mon coeur s'ouvre à ta voix - Muse]

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