Gli acrobati d'inverno [dispo...

By ElaineAnneMarley

257K 7.3K 6.7K

**WATTYS 2018 WINNER** Camelie Venice Lambert ha tutto quello che una diciassettenne dell'era ultramoderna po... More

Prefazione
Prologo
1. L'annuncio di un matrimonio felice (I)
2. L'annuncio di un matrimonio felice (II)
3. L'affascinante uomo dietro la maschera (I)
4. L'affascinante uomo dietro la maschera (II)
5. Il premio più prestigioso (I)
6. Il premio più prestigioso (II)
❄️ Cover Reveal: copertina cartaceo ❄️
❄️ DOVE CONTINUARE A LEGGERE LA STORIA ❄️
❄️ NEWS SPIN-OFF/SEQUEL degli ACROBATI D'INVERNO ❄️
🍬 FanArt #1
7. L'angelo del ghetto (I)
8. L'angelo del ghetto (II)
9. Tarocchi propizi (I)
🍬 FanArt #2
🍬 FanArt #3
EXTRA - GADI vince ai Wattys: cosa ne pensano i protagonisti di LUDD?
🍬 FanArt #4
🍬 FanArt #5
🍬 FanArt #6
🍬 FanArt #7
🍬 FanArt #8
🍬 FanArt #9
🍬 FanArt #10
🌃 Nuova Storia! 🥀

10. Tarocchi propizi (II)

3.7K 371 485
By ElaineAnneMarley

Lo strabismo di Olaria Navarro era visibile solo da una certa angolazione. La ragazza aveva imparato a ruotare il capo con precisione millimetrica ogniqualvolta voleva approfittarne per mascherare i propri pensieri.

Nonostante avessero pressappoco la stessa età, la Pizia aveva i modi di una donna, non di una ragazzina, e Camelie fu contagiata presto dal suo spirito pragmatico.

«Non puoi andare in giro conciata così. Sei come un confetto in una zuppa di fagioli» considerò Olaria infilandosi nella sua tenda.

Camelie pensò che l'altra avrebbe potuto scegliere tra decine di metafore più eleganti: un diamante in una miniera di carbone, un giglio in una palude, un gatto persiano in un canile...

«Niente parrucche, per favore!» esclamò ricordando all'improvviso la proposta di Xavi.

«Pensavo a qualcosa di più drastico, magari una tinta poco appariscente...»

Olaria emerse dalle frange di seta logora, stringendo un tubetto pieno di una sostanza fango.

«Se i miei genitori non avessero manipolato i miei geni, avrei probabilmente i capelli castani» annuì Camelie.

Aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con il suo aspetto fisico. Per quanto fosse fiera della perfezione dei suoi tratti albini, combatteva quotidianamente con quelli che credeva gli effetti collaterali delle manipolazioni genetiche. Di tanto in tanto aveva fantasticato sulla possibilità di essere meno bella, ma più sana. Avrebbe volentieri barattato le sfumature cremisi dei suoi occhi, accontentandosi per esempio del rosso spento di quelli di Mei Chen, per qualche ora in meno di emicrania lancinante.

Non conosceva la storia medica di tutti gli albini della New Hope Academy, ma era certa che nessuno dei suoi amici stretti soffrisse della sua stessa condizione.

«Mascherare il colore dei tuoi occhi non è altrettanto banale. Dobbiamo sperare che la gente pensi che indossi delle lenti colorate; lenti che purtroppo non possiamo permetterci, qualora ci stessi pensando» riprese la Pizia.

L'idea di coprire con uno strato di tinta scadente quello che, per una vita, era stato uno dei simboli del suo status sociale, le faceva uno strano effetto. Da quando si era svegliata nel circo, aveva assecondato le persone in cui si era imbattuta: prima Xavi, poi Ozzie, infine Olaria. Quasi le piaceva la sensazione di mettersi ciecamente nelle mani di quei misteriosi circensi così sicuri, lei che di sicuro non vedeva più nulla.

Essere bombardata da tutte quelle stranezze la faceva sentire viva, in preda a un'effervescenza di possibilità. C'erano voluti sette giorni per rovinare la sua vita, magari ne sarebbero bastati altri sette per rimetterla in piedi. Doveva solo riacquistare la lucidità e tutti i suoi problemi sarebbero stati ridimensionati a quello che erano: sassolini nelle scarpe.

Nonostante l'ottimismo che di tanto in tanto la travolgeva, le bastava ripensare alla conversazione con suo padre o alle prese in giro di Kennedy Holsen per sentirsi di nuovo impotente, schiacciata dall'accordo matrimoniale che aveva cercato lei stessa; e così Camelie decise di concentrarsi sul presente. Su come mascherare la sua origine altolocata, su come accattivarsi le simpatie di Olaria, su come trovare una scusa per rivedere Xavi. Xavi che già le mancava.

Olaria Navarro la condusse fuori dal tendone dove erano accampati i membri del circo, attraverso un secondo tendone più piccolo, che aveva tutta l'aria di essere un luogo dove i circensi provavano i loro numeri. Camelie non riuscì a fare a meno di soffermarsi a osservare incantata i trapezi dorati che scendevano dal soffitto di cerata. Attraverso un lembo socchiuso, la ragazza sentì provenire dei ringhi e capì finalmente dove fossero rinchiuse le belve.

Era sorprendente come quel complesso di tendoni si fosse espanso tra gli scheletri in metallo dei palazzi del ghetto. I fatiscenti edifici abbandonati facevano da supporto ai lembi di cerata, riparando dalle continue nevicate quelli che un tempo erano stati viali e piazze.

«Quante persone vivono nel circo? Non immaginavo fosse una comunità tanto numerosa» commentò Camelie impressionata.

«Credo che solo Ozzie possa rispondere a questa domanda. C'è stato un gran viavai nel corso degli anni».

«E tu vivi qui da tanto? La tua famiglia è del circo?»

Olaria scoppiò a ridere. «Per una che non vuole rivelare niente della propria vita, sei fin troppo impicciona sugli affari degli altri!»

Camelie si rese conto che se le prime domande erano state dettate dal tentativo intenzionale di costruire un apparente rapporto di fiducia con il suo cicerone, le ultime erano scaturite da genuina curiosità. Neanche Olaria dava l'impressione di essere una criminale, e la sua appartenenza alle fila del circo sembrava dunque a Camelie fuori posto.

«Ti rispondo, se poi tu rispondi a me» la sfidò la Pizia.

Camelie annuì, repuntandolo un accordo ridicolo, le sarebbe bastato inventare una balla, qualora non avesse voluto svelarsi.

«Vivo a Nilemouth da sei anni. Sono cresciuta nelle campagne della provincia. Mia madre lavorava in un centro massaggi e io frequentavo saltuariamente la scuola del paese. Non so nulla di mio padre, mia madre non mi ha mai voluto dire nulla di lui. Sospetto che fosse uno dei suoi clienti sposati. Un giorno si è trovata un compagno che alzava le mani su entrambe e così, dopo aver cercato per due anni di convincerla a lasciarlo, visto che non mi dava retta me ne sono andata» raccontò vividamente Olaria.

L'altra si sentì imbarazzata per aver curiosato in una vita tanto lontana dal suo mondo da sembrarle un film. «Come sei finita nel circo?»

«Ah, no. È il mio turno, Venice. Sei scappata di casa perché ti hanno fatto qualcosa di male o perché hai fatto qualcosa di male?»

Camelie non si aspettava quella domanda e così sbatté le palpebre mentre soppesava quanto era accaduto negli ultimi giorni.

«I miei genitori vogliono obbligarmi a sposare un uomo che non mi piace» proferì infine.

«Quindi nessuna delle due. Sono d'accordo che sia un bel problema, ma non è decisamente un male come lo intendo io» considerò Olaria.

«Hai un ragazzo, o magari un marito?» Camelie si morse la lingua. Avrebbe voluto ripetere la domanda di poco prima e invece era stata trascinata dal flusso della conversazione, facendosi prendere da una curiosità spiccia. Lo sguardo le cadde sulle mani di Olaria, le cui dita scheletriche erano ricoperte di anelli colorati, incluso l'anulare sinistro.

«Ho diciannove anni, non mi sposerei tanto giovane neanche se avessi trovato il compagno, o la compagna, perfetta» ridacchiò la Pizia. «Sto esplorando sentimentalmente, diciamo così».

Pentita di aver sprecato una delle sue cartucce, Camelie attese la seconda domanda di Olaria.

«Quanto è ricca la tua famiglia?» la incalzò ancora la ragazza del circo.

«Non è una delle più ricche di Nilemouth, ma ce la passiamo bene» mentì Camelie.

«Credevo di essere stata chiara. Niente bugie, Venice». Gli occhi scuri di Olaria erano in grado di passare ai raggi X i suoi pensieri, apparentemente.

«D'accordo. Ho sempre ottenuto tutto quello che desideravo. Abito in una villa più grande del tendone dove siete accampati in centinaia di persone. Posso scegliere tra tre appartamenti personali, a seconda dell'umore. Ho assaggiato tutti i cibi esistenti al mondo, persino i più rari. Sono cresciuta nell'invidia dei miei amici. Sono cresciuta con tutto» Camelie riversò sulla sua interlocutrice quella descrizione sommaria della sua vita, che riusciva però a dare l'idea di come fosse sempre vissuta nell'agio, vedendo esaudito ogni suo capriccio. Fino a una settimana prima.

«Tranne che con l'amore, sembrerebbe» Olaria inclinò il capo. C'era commiserazione nel suo sguardo adulto e Camelie fu colta da una stizza improvvisa. Come si permetteva quella ragazza cresciuta tra gli stenti e le violenze di essere tanto lapidaria nei confronti della sua vita perfetta?

«Neanche tu, sembrerebbe» sbottò con cattiveria.

«A quanto pare abbiamo qualcosa in comune, milady». Olaria la fissò duramente.

Avevano raggiunto una fontana a parallelepipedo, lunga almeno una ventina di metri e costellata di rubinetti arrugginiti. Gran parte di questi erano occupati da donne e uomini che si lavavano in fretta e furia, probabilmente per il freddo.

Camelie era stata a tal punto colta alla sprovvista dallo spettacolo, che si imbambolò a fissare maleducatamente la coda di persone che si sciacquava nell'acqua - per i suoi standard - torbida. Lo sguardo le cadde su un ragazzo particolarmente alto, dall'aria familiare. Proprio in quel momento il giovane stava agitando la chioma bagnata, passandosi la mano tra i capelli cenere. Era a torso nudo, come gran parte delle persone raccolte attorno alla fontana, ma spiccava per il fisico scultoreo.

«Vediamo di tenere al guinzaglio gli ormoni, milady. Più sono belli, più sono pericolosi, da queste parti» la punzecchiò Olaria. Senza aggiungere altro, le rovescio la tinta sui capelli e prese a massaggiarla energicamente.

«Il vestito!» Camelie vide un rivolo scuro scendere sul tessuto pregiato dell'abito che indossava dal giorno precedente.

«Capirai. Tanto anche questo deve sparire. È evidente che vale da solo più di tutto il mio guardaroba. È inutile tingere i capelli se poi te ne vai in giro sbandierando le tue origini borghesi con questo vestito di alta moda» alzò le spalle Olaria.

Camelie la guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Se si era accorta del valore dell'abito, avrebbe potuto pensarci due volte prima di rovinarlo. Le bastava dare una rapida occhiata agli indumenti che Olaria indossava in quel momento, per sapere che il suo abitino, un originale vintage di Eric Bloom Surperry, valeva ben più di tutti i cenci dell'intera comunità circense messi insieme.

Dopo quindici minuti di sofferenza causata delle vene nere che avevano ricoperto il colletto argento, e di frustrazione per il divieto di Olaria di concentrarsi sull'unica cosa che l'avrebbe distratta da quella tragedia - ovvero il ragazzo prestante che si lavava a qualche rubinetto di distanza da loro - la Pizia la invitò infine a mettere la testa sotto il gettito di acqua tiepida, in modo da sciacquarle la chioma.

Camelie si strizzò alla meglio i capelli, lunghi fino all'ombelico e ancora intrisi di tinta artigianale. Tentò di specchiarsi nel metallo lucido del lavandino, ma era difficile giudicare se la nuova tonalità le stesse bene.

«Mi prenderò una bronchite se non li asciugo subito» disse tra sé e sé. L'area dei bagni era meno riscaldata del tendone dove i circensi dormivano, forse perché più esterna; non che l'ambiente dove si era svegliata fosse adeguatamente climatizzato, però almeno non faceva tanto freddo.

«Sentiti libera di fermarti vicino a una stufa. Non abbiamo abbastanza elettricità per uno di quei caschi di zeolite a cui probabilmente sei abituata».

Potersi asciugare i capelli e dormire al caldo erano necessità che Camelie non aveva mai messo in discussione. Non si era mai chiesta in che condizioni vivessero gli abitanti del ghetto del Nilemouth; dava per scontato che se la passassero meglio degli schiavi, ma in verità non si era mai chiesta fino in fondo neanche come vivessero gli schiavi delle piantagioni Lambert. Tutte quelle privazioni la coglievano dunque alla sprovvista.

Sperimentare i disagi della povertà non era di certo qualcosa che aveva messo in conto. Ripensandoci, sopravvivere sette giorni in quelle condizioni al limite della decenza, si prospettava più sfidante del previsto, soprattutto da quando Xavi l'aveva lasciata.

«Sembri quasi una persona normale» considerò Olaria soddisfatta. «Non appena avrai indossato uno dei miei vestiti, sono sicura che riuscirai a mimetizzarti senza problemi».

Camelie si lasciava sballottare da una parte all'altra dalla Pizia, troppo disorientata dalle assurde scene di quotidianità del circo. C'erano bambini che si occupavano di altri bambini, corpi nudi più tonici di quelli scolpiti artificialmente nelle palestre della New Hope Academy, una commistione di dialetti che faceva fatica a comprendere, gente che piangeva le ultime vittime dell'UDR, il regime unificato di de-popolamento che ogni giorno mieteva migliaia di vite.

La possibilità che finisse vittima anche lei della morte bendata, nascosta dentro alle pillole con cui si sarebbe dovuta nutrire per una settimana intera, le sovvenne solo in quel momento.

«Hai mai conosciuto qualcuno che è stato avvelenato dall'UDR?» domandò all'altra ragazza con apprensione.

«Non personalmente. Ozzie fa del suo meglio per controllare che le pillole che compra sul mercato nero siano pulite, ma quei bastardi del governo innovano la chimica dei nutrimenti sintetici in continuazione, proprio per cogliere alla sprovvista la povera gente che tenta di identificare le sostanze letali» rispose la Pizia stizzita. «Tanto loro non lo vedono neanche da lontano, il cibo in pillola».

Camelie sospirò, preoccupata più per se stessa che per la gente costretta a vivere tutta la propria esistenza con quella spada di Damocle sulla testa. Scavò tra i ricordi alla ricerca di qualche informazione più precisa sull'UDR. Non era un tema di cui la gente amava parlare, però era sicura che la sua precettrice, la donna che l'aveva educata finché i suoi genitori non avevano deciso di iscriverla alla New Hope, le avesse raccontato quante persone morivano ogni anno per via di quel sistema casuale, ideato per evitare che le terre non sommerse si sovrappopolassero di nuovo. Gli unici al sicuro dalla mano della morte bendata - come veniva chiamato l'UDR dai giornalisti - erano coloro che mangiavano solo gli alimenti naturali coltivati nelle piantagioni. Dunque la fascia alta del ceto borghese di Nilemouth, di cui i Lambert e tutti i proprietari terrieri facevano parte.

«A proposito di cibo. Per stasera siamo scoperte. Stamattina ho ritirato solo la mia porzione giornaliera» si ricordò Olaria.

«Non importa, io ho appena mangiato e non credo che mi verrà di nuovo fame, oggi. Ma dopo quanto tempo fa effetto l'UDR

«Giorni, settimane, anni. Dipende. Fanno in modo che una morte non possa essere fatta risalire facilmente all'UDR» spiegò pazientemente Olaria. «Mi sembra assurdo che tu non sappia certe cose. Sei cresciuta proprio in una boccia di vetro, non è così?»

L'altra non rispose, ma pensò che più che una boccia di vetro si trattava di un acquario spazioso e confortevole, un acquario di cui cominciava già ad avere nostalgia.

La Pizia la invitò a entrare nella sua tenda per cambiarsi. «Scegli quello che vuoi, non sono particolarmente affezionata a questi stracci».

Le misure perfette di Camelie erano ben lontane dalle imperfezioni umane del corpo di Olaria. La ragazza albina era più alta, più magra e più formosa nei punti giusti. Sapeva inoltre come far risaltare le curve più sensuali del suo corpo. L'unica differenza era che la gamma di colori che si sposava bene con i suoi capelli era cambiata radicalmente. Ma per un occhio esperto come quello di Camelie, bastava un istante per scegliere il look adatto a valorizzare il castano.

«Questa gonna e questa maglia» disse indicando sicura due capi di abbigliamento.

Olaria sollevò una minigonna di lucida pelle marrone, che non indossava da tempo perché troppo stretta, e una maglia carta da zucchero.

«Ci credi che non ho mai fatto questo abbinamento? Però effettivamente stanno bene insieme. Vuoi provarli per vedere se ti piacciono?»

«No, so già che vanno bene. Ormai sono anni che non ho bisogno di provare i vestiti per capire come mi stanno» sorrise furbescamente Camelie. «E non per via del mio AI personal shopper» precisò leggendo l'espressione scettica di Olaria.

Mentre si cambiava, Camelie fu colta alla sprovvista da un oggetto di metallo che le cadde sul piede nudo. Rimase allibita nel realizzare cosa avesse trafugato nella tenda di Ozzie. Come era riuscita a nascondere un oggetto di quelle dimensioni? Raccolse il massiccio tappo che il capo del circo utilizzava come posacenere.

«Che ci fai con quell'affare?»

«Non-non lo so».

Olaria le rivolse un'occhiata obliqua e arricciò il naso nel riconoscere l'odore pungente di sigaro.

L'altra ragazza indossò velocemente gli abiti presi in prestito e si osservò soddisfatta in uno specchio da tavolino, l'unico che aveva notato nella tenda di Olaria. L'interno dell'abitazione era più ordinato di quanto si aspettasse. Un materassino gonfiabile triangolare occupava un angolo; il cemento della strada era ricoperto di una sabbia soffice, piena di bastoncini d'incenso consumati; i vestiti erano impilati ordinatamente in una struttura di cartone; e, al centro dello spazio, era collocato un tavolino di metallo dipinto di blu notte, su cui erano sparpagliati tarocchi, campanelli e trucchi.

Buttando l'occhio su un orologio dai bordi schiacciati, Camelie si rese conto che erano passate già quattro ore dall'ultima volta che aveva avuto l'occasione di spiare l'ora, nella tenda di Ozzie. Ci voleva un bel po' di tempo per spostarsi da un punto all'altro del circo.

Olaria insistette per recuperare una pillola per cena, ma Camelie riconobbe le prime fitte dell'emicrania e chiese all'altra ragazza se poteva stendersi un attimo. La Pizia non sembrava affatto dispiaciuta di avere un momento per sé, e così le fece cenno di sdraiarsi sul suo materassino, grande abbastanza per ospitare due persone. Raccattò poi le carte per esercitarsi a mescolarle in modo ricercato. «Impressionare i clienti con i dettagli è tutto!»

Attraverso le strisce di tessuto di cui era fatta la tenda, Camelie la sentì ridacchiare con l'aria di chi la sapeva lunga. Mentre si allungava sul materasso sgonfio, la ragazza albina realizzò che non aveva chiesto a Xavi che fine avessero fatto le sue cose. Quando era stata aggredita nel vicolo, aveva con sé una borsa che conteneva il tablet fuori uso, la statuetta del premio scolastico, l'astuccio con i cosmetici, la schedina dove conservava il backup dei suoi allestimenti e la scatolina di metallo con le preziosissime medicine.

Non vedeva come sarebbe sopravvissuta una settimana intera senza antidolorifici. Che avesse finalmente una scusa per cercare Xavi?

Sghignazzando tra sé e sé si rotolò sul materasso. Non era in grado di dire con esattezza cosa l'avesse stregata di Xavi Karev. Essere circondata da persone attraenti e ragazzi gentili, che facevano a gara per conquistarla, non era per Camelie una novità. La brutta esperienza con Kennedy Holsen l'aveva sconvolta forse anche perché non era abituata a non piacere. La sua avvenenza era innegabile, perlomeno per chi era cresciuto con un ideale di bellezza che corrispondeva esattamente al suo aspetto modificato geneticamente. Indubbiamente non era tra gli studenti più brillanti, ma aveva dimostrato in più occasioni di avere un talento innato nel contesto artistico. Non si applicava perché lo studio non le interessava; in fondo eccelleva in tutto ciò che la appassionava: il design, la moda, le competizioni di dressage. Non era mai stata motivata nello studio, ma era sempre stata motivata a scalare la vetta per il successo. In modo da essere invidiata da più persone possibili.

Xavi Karev le aveva salvato la vita e l'aveva aiutata a orientarsi in quella giungla che era il circo del ghetto. Forse tutte le disavventure che le erano capitate negli ultimi giorni erano servite a condurla proprio a quell'incontro. Camelie non era mai stata una fan del destino, eppure la connessione che sentiva di aver stabilito istantaneamente con Xavi, nel momento stesso in cui il suo sguardo magnetico l'aveva condotta fuori da un tunnel da cui temeva che non sarebbe più uscita, era come un filo d'oro in una rete relazionale di materiali scadenti.

Il desiderio di conoscere meglio il suo angelo salvatore era l'unico motivo per cui non era scappata a gambe levate dal quel luogo infernale. I sentimenti che provava per Xavi, nonostante lo conoscesse da appena qualche ora, superavano di gran lunga quelli per Kennedy Holsen, custoditi gelosamente per quattro anni. Com'era possibile? Il fatto che ora detestasse il promesso sposo con tutta se stessa non c'entrava assolutamente nulla. L'eventualità che Xavi si rivelasse il grande amore della sua vita le dava la forza di resistere in quel luogo surreale.

Dopo un tempo indefinito che giaceva sul materassino, incapace di chiudere occhio per via del frastuono, amplificato dalla struttura delle pareti di cerata, Camelie si decise a raggiungere Olaria all'esterno della tenda.

Rimase di sasso nel realizzare che le luci principali del tendone era già state spente. La gente era raccolta in piccoli accampamenti chiassosi, attorno a lanterne elettriche.

«È già notte?»

«Sono le venti e un quarto».

«Perché hanno già spento tutto?»

«Per risparmiare. E perché la sveglia, nel circo, è all'alba».

Camelie storse la bocca poco convinta. «Ma sono tutti svegli, senti che confusione». E per enfatizzare il concetto puntò il dito verso uno dei capannelli più rumorosi.

«Evitiamo di indicare la gente, per favore» la sgridò Olaria, abbassandole di scatto il braccio.

La ragazza albina spiò meglio le persone che aveva incautamente indicato. Si trattava di un gruppo di uomini vestiti di scuro, raccolti attorno a un giovane che difficilmente poteva passare inosservato. Alto e ben piazzato, aveva appena catalizzato l'attenzione degli altri su di sé con una risata contagiosa.

Camelie strizzò gli occhi per mettere a fuoco i dettagli nell'oscurità, convinta di averlo già visto da qualche parte. «Ho indicato la gente sbagliata? Sono pericolosi?»

«È inutile prenderci in giro. Siamo pur sempre nel ghetto di Nilemouth e, da queste parti, quelli che non hanno mai commesso un reato sono mosche bianche. Pochi circensi sono però davvero pericolosi, ma fortunatamente non si azzardano a combinare casini nel tendone. Ozzie non lo accetterebbe. E tutti rispettano Ozzie. L'importante è non rimanere invischiati con determinate persone, Venice»

«Sì, ho già sentito parlare dei clown». Camelie non poté fare a meno di sentirsi leggermente ridicola a ripetere quanto fossero cattivi i pagliacci.

«Oltre che dai clown, è bene stare alla larga anche dagli addetti alla pulizia delle gabbie degli animali. E ovviamente da Karev. Venice, mi raccomando, stai lontano da Karev».

«Xavi è pericoloso?! Non ci credo neanche se...»

«Non da Xavier Karev, da Sivar Karev». E a quelle parole, Olaria puntò con nonchalance un bastocino di incenso in direzione del gruppo che Camelie aveva spiato fino a poco prima. Al centro della banda di circensi chiassosi, la ragazza non fece fatica a individuare Sivar Karev, il giovane con cui si era scontrata fuori dalla tenda di Ozzie, e nei confronti del quale anche Xavi l'aveva messa in guardia.

Dietro le quinte

Non sapete che grasse risate mi faccio quando scrivo dei vaneggiamenti di Camelie.

Il fatto che si sia invaghita di Xavi in un battito di ciglia, che pensi di aver capito tutto di lui e soprattutto che sia convinta di essersi innamorata nonostante non lo conosca minimamente è una prova inconfutabile della sua immaturità. Per lo stesso identico motivo non si è accorta che Kennedy non era affatto il principe azzurro: era troppo incentrata sulle sue fantasie infantili. Vediamo se con Xavi andrà meglio. Se la farà maturare anche solo un pochino, potrò reputarmi soddisfatta.

Ah, e poi c'è Sivar.

Che ne pensate del circo per ora? Vi siete ambientati o siete ancora spaesati come Cam?

Sto scrivendo questa storia più velocemente del previsto, però a un certo punto credo che rallenterò, perché comincio a sentire il bisogno di riprendere seriamente in mano L'ultimo dei Draghi, per dare al mio primo romanzo la forma che si merita.

A presto!

Elaine

Continue Reading

You'll Also Like

3M 25.1K 7
[CARTACEO!] Quando una punizione ingiusta e uno scherzo finito male fanno avvicinare Norah, sorella del ragazzo più popolare della Oakwood High, e Ar...
45K 2.4K 124
PRIMO VOLUME - Una ragazza dal passato difficile, degli incontri che le cambieranno la vita. Sullo sfondo del campionato maschile di pallavolo una s...
Dark By Lisa

Fanfiction

1.6M 20.6K 61
Questa è la fanfiction della scrittrice H28 e tratta dell'amore di Bo per un ragazzo che, alla prima impressione, può sembrare pericoloso.
7.7K 385 31
La cosa più difficile da affrontare, nella vita? Diventare grandi. Tutto quanto cessa di diventare un idillio totale, e la realtà comincia a manifest...