Ai confini del vuoto 1 - Prog...

By smallcactusstories

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La guerra tra Alleanza di Mu e Federazione di Lemuria si protende ormai da quasi dodici anni, dato che nessun... More

Premessa
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16 (Axel)
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22 (Erix)
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30 (Aesta)
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35 (Nayla)
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Note
Extra 2: Personaggi
Extra 3: Playlist
Extra 4: Cose varie ed eventuali
Extra 5: disegno
Ringraziamenti

27

143 23 30
By smallcactusstories


È arrivato il momento: partiremo domani mattina.

Sappiamo che la flotta dell'Orlan è ferma nelle vicinanze di una fascia di asteroidi in prossimità di Mu e abbiamo concordato che è meglio combattere lì, per quanto pericoloso possa essere per navi più grandi: cercheremo di tirarli fuori dalla loro protezione, costi quel che costi. Non vogliamo mettere in pericolo la vita di civili, tanto meno rischiare di trovarci a dover combattere su due fronti: se l'Orlan dovesse arrivare sull'Atlantis e sollevare la popolazione contro di noi sarebbe la fine.

«È la prima volta che il consiglio approva un mio piano» gongola Axel non appena siamo fuori dalla sala dove ci siamo riuniti. Non ne potevo più dell'aria pesante che c'era lì dentro, quella su Lemuria non aveva tutti quei fronzoli alle pareti che rendono la stanza più cupa e piccola di quel che non sia in realtà. L'unica nota positiva è che gli stemmi e bandiere dell'Alleanza sono stati sostituiti con quelli della Federazione.

Ora che la riunione è finita, solo il peggio ci sta aspettando: speriamo che la trovata di Axel di contare sulla propria abilità si riveli la strategia giusta.

Gli tiro un pugno sul braccio. «Perché stavolta è sensato».

«Voglio sperare».

Gli tiro una spallata. «E dai, sai benissimo di essere uno dei piloti più abili dell'intera flotta. Se ti mostri insicuro te, gli altri equipaggi cosa dovrebbero fare? Scappare?»

«E poi se non ci mettiamo nei guai la cosa non è divertente».

Aggrotto la fronte – mettersi nei guai in quella battaglia non lo spero proprio.

«Va tutto bene?»

Annuisco, ma la realtà è che non avevo mai pensato al fatto che non potrei vedere l'alba di un nuovo giorno, che l'epilogo che sto sperando possa esser scritto in modo diverso da qualcun altro.

«Cena?» chiede lui, interrompendo il silenzio che si era creato fra noi due.

«Approvato».

Chissà se dovrò continuare a mangiare queste sbobbe per sempre è l'unica cosa che mi viene in mente mentre guardo la cena, poco invitante di suo. Il piatto è pieno di ciò che dovrebbe essere una minestra, ma il colore marrone che assume insieme all'odore la fanno sembrare altro.

È tutto smorto nella sala dove mangiamo: le pareti un tempo bianche sono diventate gialle e in alcuni punti l'intonaco sta cadendo a terra sotto forma di polverina – nessuno ha mai pensato a imbiancarle di nuovo?

I tavoli, disposti in tre file da quindici ciascuna, sono rossi e la loro superficie è graffiata in più punti; le stoviglie, poi, sono in condizioni peggiori, tanto molte sono sul punto di spaccarsi: ricordo quando l'altra sera ad Axel si ruppe il piatto che teneva in mano e la cena gli cadde addosso.

Gli ufficiali ridono, scherzano, come i ol passati, come sempre. Nessuno vuole pensare alla battaglia che ci aspetta, nessuno vuole pensare alla morte, eppure dietro tutti quei sorrisi si nascondono i pensieri più tremendi: pensano alle case che hanno lasciato da wakin, alle loro famiglie. In molti avevano lasciato i bambini piccoli, sono wakin che non li vedono, hanno loro notizie solo tramite comunicazioni.

Le reclute se ne stanno in silenzio, guardano i piatti con sguardi vuoti: non sanno cosa aspettarsi, finora hanno sempre combattuto per finta, ma trovarsi di fronte una flotta nemica fa paura a tutti e sanno di avere nelle mani un destino molto più grande di loro.

«E comunque se vinciamo la battaglia, Vivi offrirà da bere a tutti».

Mi volto di scatto verso Axel. «Mai. Non voglio bruciarmi lo stipendio per colpa di un branco di alcolisti quali siete».

«Dimentichi che hai perso la scommessa con Aesta?» chiede sfoderando un gran sorriso, poi mi guarda con quel suo sguardo da cucciolo ferito: devo arrendermi.

«E va bene, e va bene». Alzo le braccia, poi allontano la sedia dal tavolo. Branco di approfittatori del mio portafoglio, le trovate tutte pur di bere a mie spese.

«Non rimani a chiacchierare con noi?» mi chiede Axel mentre mi alzo, mettendomi la giacca.

«Eh? No. Ho da fare».

Sorride. «Immagino in che modo».

«No, una cosa molto più noiosa. Burocrazia».

In effetti è vero, ho ancora dei documenti da firmare e la convocazione del consiglio mi ha portato via tempo prezioso prima di cena. Percorro in silenzio uno stretto corridoio diretta ai sotterranei, ho dovuto accontentarmi di uno sgabuzzino come ufficio. Cammino a passo svelto e in silenzio lungo uno stretto corridoio che porta nei sotterranei, continuo a finché non mi accordo di essere andata troppo oltre – mi sembrano tutti uguali questi posti e se la prima volta non mi sono persa è merito del cretino.

Sbuffo, torno indietro e apro la porta, tasto il muro lì vicino alla ricerca dell'interruttore: non c'è nemmeno una plafoniera, è semplicemente una lampada che pende dal soffitto in maniera precaria la mia unica fonte di illuminazione, visto che le finestre mancano. In compenso, la circolazione dell'aria viene effettuata grazie a un sistema di condizionamento che fa un rumore assurdo. Rimpiango quello su Lemuria, non l'avrei mai detto.

Accendo la luce: lo spazio angusto davanti ai miei occhi è come l'avevo lasciato. Il tavolo è compresso tra la parete a destra e un armadio metallico, le cui ante sono chiuse da un lucchetto arrugginito, a sinistra. Chissà cosa contiene. Quando l'ho visto per la prima volta ho chiesto a Erix se stesse scherzando e lui mi ha risposto alzando le spalle.

Passo a stento nello spazio lasciato vuoto tra l'armadio e il tavolo, dato che l'altro lato è attaccato alla parete, lasciandomi cadere sulla sedia che scricchiola in maniera sinistra. Prima o poi cederà: alla seduta in legno manca una delle quattro viti e le gambe sono arrugginite.

No, ma la tecnologia di cui l'Atlantis si vantava in tutta la galassia dov'è? Su Kalea, il pianeta più remoto che conosca?

La puzza di stantio mi pervade le narici. Meglio sbrigarsi. Ma a lanciare un'occhiata disperata alla cartella abbandonata sul tavolo, mi scappa subito un gemito di disperazione: ne mancano una ventina da visionare e verbalizzare, sono gli elenchi di tutti gli equipaggi. Devo vedere se corrispondono nomi, cognomi e numeri identificativi tra quelli e il computer.

Sbadiglio, sono in fondo al terzo e già mi si incrociano gli occhi. È una BC questa, l'elenco non sembra finire più. Alzo appena gli occhi prendendo il foglio seguente e noto Erix appoggiato al muro. Da quant'è che è qui?

«Che ci fai qua?»

«Lascia che ti aiuti. Si fa prima in due a finire» mi risponde lui alzando le spalle e avvicinandosi al tavolo.

«Grazie. Ho perso l'intera giornata a far queste cose».

«Perché non ti sei fatta aiutare?»

«Axel si distraeva ogni cinque secondi. Abbiamo perso il filo del discorso almeno dieci volte, ho preferito fare da sola dopo averlo cacciato».

Annuisce, sedendosi sul tavolo dall'altra parte, sorride, allunga una mano e mi accarezza una guancia. Socchiudo gli occhi, godendomi il momento: ogni giorno prima o poi me lo ritrovo intorno, pronto a fare qualche piccolezza.

Finiamo dopo un'ora e mezzo, ma almeno è tutto in regola. Scavalco il tavolo ed Erix, che mi sta aspettando sulla porta, ridacchia appena, vedendo le mie acrobazie; mi accompagna fino alla porta della camera, mi da un bacio sui capelli.

«Buonanotte».

Gli afferro una manica prima che se ne vada. Ho bisogno di lui adesso. Ho un dannato bisogno.

«Erix. Domani mattina partiamo». Ho paura, ho paura di dovergli dire addio nella maniera peggiore del mondo.

«Lo so».

«Ho paura di non riuscire a tornare, ho paura che qualcosa vada storto».

Mi mette un dito sulle labbra. «Siamo arrivati fino a qui, non lasceremo che tutto ci crolli addosso».

Stringo le mani sul manico della valigetta. Non condivido la sua visione, so che l'Orlan vuole vincere almeno quanto lo voglia io. Nessuna vuole cedere, non so cosa abbia fatto Aesta, ho solo ipotesi che mi portano verso la pazzia.

«Promettimi una cosa».

«Tutto quello che vuoi».

«Se non dovessi sopravvivere, seppelliscimi accanto a mia madre, fammi stare insieme a lei per un po' di tempo» gli dico tutto d'un fiato, abbassando subito lo sguardo. Erix mi stringe a sé, poi lascio cadere a terra la valigetta e ricambio l'abbraccio nascondendo la faccia sul suo petto.

«Te lo prometto. Ma giuro che non lascerei invendicata la tua morte, non avrò pietà con chi ti avrà ucciso. Ancora la storia non è stata scritta fino alla fine, l'epilogo è solo nelle tue mani. Giurami che non ti arrenderai fino alla fine».

Mi stacco appena, lo guardo con un mezzo sorriso stampato in volto.

«Stai sottovalutando la Starfall? Siamo pronti a tutto, tranne che ad arrenderci».

«Tieni, ti servirà». Raccoglie la valigetta, me la passa sorridendo appena, ma si vede quanto sia preoccupato. Gli accarezzo una guancia, dandogli un bacio sulle labbra.

«Dovresti dormire». Lo so, come se fosse facile addormentarmi adesso.

Indugio con la mano sul pomello. «Se non dovessimo farcela...»

«Ce la faremo. Vinceremo questa guerra una volta per tutte. Toglile la corona, portala qua».

«Così puoi prenderti il trono dopo averci sfruttato? In modo che l'unico vero vincitore rimarresti tu?»

Scuote la testa. «La monarchia ha portato solo guai. L'unica cosa da cui potrei risultare vincitore è un'altra...» fa una pausa, mi guarda sorridendo e due fossette gli si formano ai lati della bocca. «Ma dovrai tornare viva per saperlo» aggiunge strizzandomi l'occhio.

«Sei uno stronzo».

Sorride, mettendo una mano dietro la nuca, mi bacia di nuovo, lentamente.

«Riposati».

Annuisco. «A domani... sperando di non doverci salutare per sempre».

«Non accadrà».

Mi rigiro nel letto, incapace di dormire. Mi passo una mano sulla faccia, gettando poi le coperte sul fondo del letto con un solo gesto. Il ticchettio della sveglia mi da sui nervi, lo odio. Mi alzo, scosto le tende e mi affaccio alla finestra. La notte è limpida, si vedono tutte le stelle. Ho passato notti ad osservare il cielo notturno, a ripetermi che prima o poi sarei andata lassù. Non credevo in questo modo, ma almeno ho portato a termine la mia vecchia promessa.

«Non riesci a dormire nemmeno te?»

Mi volto a guardare Axel, appoggiato al balcone della stanza accanto, abbracciato a una delle reclute. Scuoto la testa.

«Erix ti ha lasciato in bianco? Che bastardo».

Alzo le spalle. «Sa essere cretino. Ma non si può avere tutto dalla vita».

«Cosa credi succederà domani?»

«Non lo so. È per questo che ho paura: non so cosa potrebbe succedere. L'Orlan è sempre stata così brava nel controllare la gente, non mi stupirei se venisse fuori che controlla ancora Erix e io ci faccio la figura della scema».

La ragazza in compagnia di Axel si alza sulle punte, ricerca un bacio, ma lui la allontana. Non capisco cosa stia aspettando: mi pare anche carina con i suoi capelli neri che le arrivano alle spalle e gli occhi verdi. Non so chi sia, non mi sembra di averla mai vista sulla Starfall, ma ultimamente è stato Axel a occuparsi dell'organico dell'equipaggio.

«Non credo proprio. Si vede quanto tu significhi per lui».

«L'avesse detto una volta... ma non capisco perché io stia qui a parlare con te quando tu potresti fare altro».

La ragazza ridacchia, si stringe a lui, Axel le accarezza i capelli. Scuoto la testa: il primo ufficiale è decisamente un idiota.

«Fai il tuo dovere per una volta, Darinell».

Sorride, poi da un bacio sulla fronte alla ragazza.

«Guarda solo di essere puntuale domani mattina» lo ammonisco senza rimprovero nel tono della voce e lui annuisce, scomparendo nella stanza con quella ragazza. Non so chi sia, ma probabilmente basterà aspettare domattina e vedere chi tra le reclute non ha il coraggio di alzare gli occhi. Mi appoggio al davanzale: in lontananza si vedono le luci dell'astroporto, la Starfall spicca sulle altre navi, è un bel motivo d'orgoglio, mentre in sottofondo si sentono i gridolini di quei due – avrò modo di vendicarmi per tutti i suoi commenti su me ed Erix.

Sospiro, tornando a letto. Mi giro su un fianco, da una parte ho paura, dall'altra è l'adrenalina a tenermi sveglia. Mi rigiro subito, aprendo le braccia e guardando il soffitto: l'ultima risorsa sono i sonniferi. So che non è la prima volta in battaglia, ma che potrebbe essere l'ultima – è quel mi sono detta finora, prima di ogni scontro, ma adesso non riesco a non pensare al peggio.

Qualcuno bussa e io salto a terra, aprendo la porta. 

L'angolino buio e misterioso

Le cose si stanno dirigendo verso una direzione (alias la battaglia finale) e niente, otto tazze di tè non prendetele. Davvero.

Io una volta in Inghilterra l'ho fatto (ed è bene tenermi lontano da lì altrimenti campo a tè e brownies e basta) e alle due di notte ho iniziato a guardare masterchef perché non riuscivo a dormire. 

Ho promesso di non fare più una cosa del genere, poi all'università mi sono anche presa tre, quattro caffè che hanno fatto effetto alle 11 di sera. Tipo io distesa sul letto con gli occhi sbarrati e la tacita promessa di non farlo mai più.

Also, l'Iashian è un materiale che in quella galassia è prezioso come l'oro, niente di che comunque, ci tenevo a specificarlo visto che la spiegazione è più in System che in questa c:

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