Somewhere in Southern Italy.

By sabloueh

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Harry è un cantautore inglese che decide di passare le sue vacanze in Italia per ritrovare quell'ispirazione... More

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2. The one where Harry gets inspired.
3. The one with the cave.
4. The one with the freckles.
5. The one with the gift.
6. The one with the confessions.
7. The one where Harry feels strong.
8. The one with the prophetical rain.
9. The one with the sun and the moon.
10. The one with the date.
11. The one with the comet.
12. The one with the diary.
13. The one where Louis finds out.
14. The one with the anchor and rope.
15. The one where it's time to say goodbye.
16. The one where they hurt each other.
17. The one where he sings of them.
18. The one where they try to fix themselves.
19. The one and only.
AVVERTENZE.

1. The one with the blue bandana.

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By sabloueh



Il rumore della pioggia che batteva contro le finestre era l'unico suono udibile in quella casa. Nessun movimento. Nessuna parola. Niente. Così come niente era ciò che Harry aveva scritto sul diario che si portava praticamente ovunque. Da un paio di ore ormai, Harry era seduto sul divano col diario aperto e poggiato sulle sue gambe. Di tanto in tanto quella pagina bianca veniva riempita da brevi frasi che poi il minuto successivo Harry cancellava con una linea netta e decisa. Se in un primo momento pensava a parole, frasi che in quell'attimo considerava perfette, il minuto successivo quelle stesse parole gli risultavano invece banali, scontate, stupide. Era da qualche mese che andava avanti in quel modo. Il suo album di debutto di sei anni prima consisteva in canzoni scritte da lui e lo stesso valeva per il secondo album. Per il terzo, invece, Harry non mise mano a nessuna delle canzoni presenti nell'album e si limitò a cantare quelle scritte da altri per lui. Tutto ciò perché aveva perso l'ispirazione da ormai un paio di anni e in quei mesi stava cercando di scrivere di nuovo, senza però avere alcun successo. Perché Harry a quel punto avrebbe già dovuto avere nel suo diario qualche canzone completa ma a distanza di cinque mesi di tentativi, non aveva ancora un bel niente. Era come se non ne avesse più la voglia, anche in giornate come quelle in cui la pioggia avrebbe potuto aiutarlo a formulare i pensieri e trovare le parole giuste come sempre era accaduto con lui, ma quella volta le sue mani non trascrivevano nulla. Ed Harry non aveva il coraggio di accettarlo definitivamente. In sei anni di carriera aveva sicuramente avuto alti e bassi, ma non si era mai sentito così tanto prosciugato, vuoto, apatico. Pensava di non avere più nulla da raccontare attraverso le sue parole, pensava che non ci fosse più nulla di particolare e importante di cui parlare, canzoni che valessero il tempo che le persone avrebbero impiegato per ascoltarle.

«Fanculo» mormorò, chiudendo il diario e lanciandolo sul divano, nello spazio libero al suo fianco. Harry si portò poi entrambe le mani in faccia e sospirò profondamente, scuotendo piano la testa. Si stava arrendendo e non era da lui, non poteva farlo accadere. Non poteva e soprattutto non voleva darla vinta a chi lo aveva portato a quella situazione, a chi aveva la colpa di tutto ciò. Ecco perché si alzò dal divano e andò nella sua camera da letto a recuperare il cellulare, chiamando l'unica persona che in momenti come quelli sapeva come aiutarlo a trovare una soluzione.

«Ehi, amore mio!»

Harry sorrise immediatamente non appena la solita voce allegra della madre gli arrivò all'orecchio, facendolo così sospirare di sollievo. «Ciao mamma, come stai?»

«Bene tesoro, e tu? Cos'era quel sospiro? Qualcosa non va?»

«Non sto proprio bene e si, qualcosa non va» ammise, sedendosi ai piedi del letto e sospirando ancora una volta, chiudendo gli occhi.

«Che succede?» la voce di Anne adesso era preoccupata ma calma, perché la donna sapeva che Harry aveva bisogno dei suoi tempi per spiegargli ogni cosa e sapeva che non amava quando gli si metteva fretta.

«In realtà non è nulla di nuovo e niente che tu non sappia già» rispose, riaprendo gli occhi e abbassando lo sguardo sulle sue gambe coperte da una tuta grigia. «Stavo cercando di scrivere ma non ci riesco più. È assurdo pensare di non saperlo più fare? Di non avere più niente da dire?» chiese quasi sussurrando, come se dirlo a voce bassa avrebbe fatto meno male.

Anne dall'altro capo del telefono respirò profondamente alle parole del figlio. «Non è assurdo e nemmeno strano Harry, perché sei un'artista e capita a tutti gli artisti avere questi periodi, sai? E poi tutto questo ha un motivo ben preciso e lo sai, non dipende soltanto da te.»

«E come faccio a risolvere questo problema?!» chiese tristemente, supplichevole.

Harry sapeva che la madre adesso stava sorridendo tristemente. «Innanzitutto non è un problem-»

«Si che lo è!» la interruppe, d'improvviso.

Anne sospirò, continuando il suo discorso. «E poi dovresti provare a cambiare aria, tesoro. Rimanere chiuso in quella casa non farà altro che peggiorare le cose. Vai in giro con Niall, da solo, con chiunque

Harry mugugnò e si mise una mano tra i capelli, scuotendo la testa. «Tu pensi che io non ci abbia già provato? Proprio ieri sera sono andato con Niall a cena fuori, ma non è servito a nulla. Non capisco come questo possa servire a qualcosa, in realtà.»

«Harry, col cambiare aria non intendevo andare a cenare o a pranzare fuori casa» spiegò Anne, ridacchiando.

«E cosa intendevi, sentiamo.»

«Cambia del tutto aria, cambia città. Da quando non ti fai una vacanza? Da quando non lasci Londra, l'Inghilterra? Sappiamo entrambi che l'ispirazione la trovi viaggiando e non lo fai da molto, o sbaglio?»

Harry si morse il labbro inferiore e annuì piano. Sua madre aveva ragione. Harry non lasciava il suolo inglese da quando aveva terminato il tour, ovvero circa sette mesi prima e per lui erano troppi. Lui, come qualsiasi artista, non poteva rimanersene seduto ad aspettare che l'ispirazione arrivasse da lui, soprattutto non dopo il modo in cui essa era sparita. Doveva essere lui stesso ad andarla a ricercare in qualsiasi parte del mondo. «Mamma?»

«Dimmi, tesoro.»

Harry sorrise, alzandosi dal letto e avvicinandosi al Mac, sedendosi sulla sedia girevole di fronte la scrivania. «Sei sempre la mia salvezza. Ti amo.»

La telefonata si chiuse con in sottofondo la risata divertita di Anne e l'ampio sorriso di Harry che non smetteva di fissare lo schermo del Mac. Solamente qualche minuto dopo riprese il cellulare e scrisse un nuovo messaggio.

Inizia a preparare le valigie. Andiamo a ricercare l'ispirazione.













«Ricordami di nuovo perché ho accettato? Ho dei vuoti di memoria.»

Harry ridacchiò e si tolse gli occhiali da sole, poggiandoli tra i capelli per tenere fermi i corti ricci che gli ricadevano sulla fronte. «Perché sei il mio migliore amico, perché è praticamente una vacanza gratuita per te, perché potrai andare al mare, perc-»

«Si okay, questo è abbastanza. La parola "mare" è abbastanza» lo interruppe Niall superandolo per entrare nel taxi a cui si erano appena avvicinati dopo essere scesi dal traghetto che li aveva portati su quell'isola, in modo tale da raggiungere l'Hotel in cui avrebbero alloggiato per quei due mesi.

«Dove vi porto?» il tassista non parlò nella loro lingua ma in quella locale, ecco perché né Harry né Niall capirono. «Oh, siete stranieri?» chiese a quel punto in inglese.

Harry annuì e rispose, schiarendosi la voce. «Si, siamo inglesi. Può portarci all'Hotel-» aprì il foglio su cui c'era scritto il nome e cercò di pronunciarlo correttamente. «Punta Tragara? L'ho pronunciato correttamente?»

Il tassista rise, annuendo. «Si ma puoi sempre migliorare. Per quanto tempo vi fermerete qui a Capri?» chiese voltandosi per mettere in moto l'auto e partire.

«Due mesi.»

«Oh beh, allora avete tempo per imparare un po' di italiano» rispose l'uomo guardandoli dallo specchietto retrovisore e sorridendogli.

Harry gli sorrise a sua volta, annuendo, prima di spostare lo sguardo su Niall e mordersi le labbra per non scoppiare a ridere. L'amico stava ammirando il mare dal finestrino con gli occhi spalancati e la bocca aperta, Harry era sicuro che a breve avrebbe persino sbavato. «Tutto okay, Nì?» domandò, divertito.

«Quest'isola sembra fottutamente bella già solo da qui, guarda che mare!» indicò il panorama fuori dal finestrino, dopo avergli dato una gomitata per spronarlo a guardare.

«Ehi!» Harry si massaggiò il braccio, imbronciandosi. «Lo vedo anche io Niall, cerca di non avere un orgasmo, grazie» l'ultima frase la sussurrò avvicinando le labbra al suo orecchio per farsi sentire solamente da lui, prima di tornare al suo posto e ridere quando l'amico gli mostrò il dito medio.

«Eccoci qui!» disse Nicola, il tassista con cui Harry aveva conversato per gran per del tragitto raccontandogli il motivo principale di quella vacanza, mentre Niall non aveva detto più alcuna parola, dato che era troppo impegnato ad ammirare il panorama. Nicola prese le loro valigie dal bagagliaio e accettò i soldi che Harry gli stava porgendo con un enorme sorriso in volto. «Godetevi la vacanza, sono sicuro che questa bellissima isola ha in serbo per voi solamente bellissime sorprese e ispirazioni» l'uomo puntò il dito contro Harry, che ridacchiò e annuì.

«Grazie mille, Nicola» Harry si avvicinò all'uomo e lo abbracciò. Non si aspettò che l'uomo ricambiasse stringendolo forte, ma quella era solamente una conferma di ciò che aveva letto, ovvero che gli italiani erano vivaci ed estremamente calorosi.
Harry e Niall si diressero verso l'entrata dell'Hotel trascinandosi le loro valigie e il riccio sulle spalle aveva anche la custodia della chitarra, guardandosi intorno con gli occhi ammaliati. L'albergo era a vista mare, con piscina esterna e vetrate scorrevoli che si aprirono non appena i due si avvicinarono. Niall emise un piccolo gemito quando una fresca ventata d'aria condizionata gli arrivò dritto in faccia. Harry ridacchiò e si avvicinò al bancone della reception dove una ragazza dai capelli castani e gli occhiali da vista subito gli sorrise affabile. Harry ricambiò, lasciando il manico della valigia per poggiarsi al bancone. «Salve» salutò educatamente.

«Buon pomeriggio, benvenuti all'Hotel Punta Tragara» rispose la ragazza in perfetto inglese. «Avete una prenotazione o dovete effettuarne una?»

«Abbiamo già una prenotazione. Due camere matrimoniali, Harry Styles e Niall Horan» spiegò Harry, mostrandole tutti i fogli e i documenti che servivano per verificare che fosse tutto apposto.

«Perfetto. Queste sono le chiavi delle vostre camere. Quarto piano, 428 e 429» la ragazza gli consegnò le due chiavi, sempre col sorriso sulle labbra. «Per il servizio in camera è tutto spiegato sulla guida che troverete accanto al telefono della camera, dove vi è anche trascritto il numero che dovrete chiamare non solo per effettuare il servizio ma anche per qualsiasi altra cosa. La colazione è dalle otto alle dieci, il pranzo delle dodici alle quattordici e la cena dalle sette alle dieci» spiegò. «Per qualsiasi informazione, non esitate a chiamare o venire qui a chiedere. Vi auguro una buona permanenza.»

«Grazie» risposero in coro Harry e Niall recuperando le loro valigie e avvicinandosi all'ascensore.

«Mio Dio, tutto questo lusso mi sta facendo girare la testa. Non ci sono abituato» commentò Niall una volta soli in ascensore, facendo ridere Harry.

«Dovrai trascorrerci due mesi in questo lusso, non abituartici troppo mi raccomando» gli suggerì poco prima che l'ascensore si fermasse e le porte si aprissero.

«Hai ragione, dopo dovrò riabituarmi alla vita normale. Perché ho accettato?!»

Harry roteò gli occhi al cielo e camminò per il corridoio osservando i numeri di ogni porta che attraversavano, fino ad arrivare alla sua.
428. Niall si fermò invece davanti la 429, a qualche metro di distanza dalla sua. Usarono entrambi la chiave magnetica e le due porte si aprirono quasi in contemporanea. Il primo ad entrare fu Niall che per l'euforia e la voglia di scoprire come fosse fatta la sua camera, lasciò persino la valigia fuori la porta. Harry rise quando qualche secondo dopo sentì l'urlo e l'imprecazione da parte dell'amico. Scosse poi la testa con ancora il sorriso divertito sulle labbra, spingendo la porta ed entrando nella sua camera trascinando la valigia sul parquet. Harry era abituato al lusso, certo, ma rimaneva sempre a bocca asciutta quando vedeva di fronte a sé il mare. Perché quella stanza aveva infatti una enorme vetrata posta al lato del grande letto matrimoniale. Una vetrata scorrevole che dava su un terrazzo dove Harry andò non appena lasciò la presa sulla valigia e poggiò la custodia della chitarra in un angolo della stanza. In terrazza c'era un piccolo tavolo con sole due sedie l'una di fronte all'altra e due sdraio posizionate poco lontano da esso. La ringhiera era nera, in ferro, ed Harry ci poggiò i gomiti e socchiuse gli occhi, ispirando il profumo del mare che il vento faceva arrivare sin lassù. Quando poi riaprì gli occhi e li puntò su quell'enorme distesa d'acqua azzurra, pensò che qualsiasi parola sarebbe stata inutile e superflua per descrivere quel panorama mozzafiato.

«Ma hai visto il bagno?! C'è una vasca enorme, Harry! Enorme! E questa è una fottuna camera matrimoniale, non una suite. Porca troia, le cinque stelle valgono davvero tutte, dalla prima all'ultima» Niall si era intrufolato in camera sua e l'aveva raggiunto in terrazza, sospirando profondamente. «Vivrei qui per tutta la vita» ammise.

Harry sorrise a labbra chiuse, annuendo in accordo. «A chi lo dici.»

«Dovresti dire al tuo team di farti fare un concerto qui a Capri ogni tanto, in spiaggia. Tu canti sulla sabbia mentre il pubblico ti guarda dal mare. I biglietti col costo più basso saranno naturalmente quelli più lontano, quindi la gente dovrà stare attenta a non annegare. E sarebbe figo perché tu saresti lì mentre li vedi saltare e penseresti che si stiano divertendo, che stiano saltando e ballando per te, ma in realtà lo stanno facendo per non annegare.»

Harry scoppiò a ridere e si voltò verso l'amico sconvolto dalle sue idee così assurde, domandandosi come poteva una persona avere tutta quella immaginazione. «Sei un vero idiota, Nì» gli disse ancora ridendo, dopo avergli dato uno schiaffo sulla nuca.

Niall si massaggiò la parte appena colpita con una mano e mugugnò di dolore. «Questo non me lo meritavo, Styles. La mia era davvero un'ottima idea» ribatté. Dopo quella battuta tra i due calò un silenzio che trascorsero ad osservare il sole che pian piano calava, lasciando il posto al buio della notte. «Io proporrei di farci una doccia e poi andare a cenare» suggerì Niall, controllando l'orario sul telefono.

«Si, questa è un'ottima idea» sottolineò la parola "questa" facendo ridere l'amico. «Ti va di andare a fare un giro più tardi?» domandò Harry poco prima che Niall lasciasse la sua camera.

«Certo!» l'amico gli mostrò il pollice in su e gli sorrise ampiamente, prima di chiudersi la porta alle spalle e lasciarlo solo.
Harry respirò profondamente e si lasciò andare di schiena sul letto, gemendo quando ne tastò la morbidezza. Prese poi il cellulare dalla tasca dei jeans e chiamò sua madre, per aggiornarla.

«Ehi! Allora? Sei arrivato? Com'è Capri? Il viaggio è stato stancante? Fa tanto caldo? Siamo a Luglio e d'altronde anche qui a Londra fa caldo, quindi immagino di sì. Sei già andato in spiaggia?» Harry rise alla raffica di domande che gli fece sua madre, non dandogli neppure il tempo di rispondere tra una domanda e l'altra. Poteva però avvertire quanto la donna fosse felice mentre cercava di descrivergli il panorama che si era trovato di fronte già dal traghetto. «Sono davvero sicura che tutto andrà per il meglio» gli disse, dopo averlo ascoltato parlare per qualche minuto senza interromperlo.

«Lo spero davvero tanto, mamma» disse Harry sincero, sospirando.













La Piazzetta di Capri si trovava nel cuore esatto dell'isola, in Piazza Umberto I. Era una piazza colma di bar e caffè, sempre pieni a qualsiasi ora della giornata. Harry e Niall scesero le rimanenti scale e si trovarono al centro della piazza, fermandosi per guardarsi intorno e cercare di decifrare i nomi dei bar. «A te la scelta, Styles. Quale nome ti ispira di più?» chiese Niall, spronandolo con una leggera gomitata.

«Uno vale l'altro Nì. Andiamo lì» indicò un bar qualunque. «Il Piccolo» pronunciò in italiano, ridacchiando. «Non so se l'ho pronunciato bene ma mi piace.»

«L'hai scelto solamente perché non ci sono le ragazzine, quindi nessuno ti riconoscerà. Ma è perfetto. Sbrighiamoci che ho voglia di bere» Niall gli diede una spallata per spingerlo a darsi una mossa.

«Non l'ho scelto per quel motivo!» ribatté Harry, incrociando le braccia al petto. I tavoli esterni del bar erano quasi tutti interamente occupati da persone adulte, ma a nessuno dei due importava, anche perché ad Harry non attraeva l'idea di stare seduti al centro della piazza sotto gli occhi di tutti, rischiando di essere riconosciuto. I due infatti andarono direttamente all'interno e si avvicinarono al bancone in legno, sedendosi su due sgabelli vuoti che però non si trovavano l'uno accanto all'altro ma non era un problema.

Un ragazzo si avvicinò a Niall, sorridendogli, mentre un altro si avvicinò ad Harry dopo aver servito un cliente. «Ciao, sai già cosa ordinare o hai bisogno di dare un'occhiata al menù?» il ragazzo parlò in italiano con lo sguardo basso, impegnato a posizionare due bicchieri di vetro puliti tra gli altri. Harry si morse il labbro inferiore e corrugò la fronte, non avendo capito nulla se non il saluto iniziale.

«Ehm, sono inglese e non ho capito una parola di ciò che hai detto» disse, cercando di non ridere.

«Oh» il barman sollevò finalmente lo sguardo e incontrò gli occhi di Harry, mostrandogli un piccolo ma sincero sorriso. «Perdonami» disse allora in inglese. Il barman ripeté ciò che gli aveva chiesto pochi secondi prima in inglese, ma Harry non rispose e non sentì neppure le parole che uscirono dalla bocca del ragazzo. Piuttosto Harry rimase fermo ad osservare i suoi occhi e la bandana blu che portava tra i capelli, probabilmente per tenere ferme le ciocche che gli ricadevano sulla fronte, proprio come spesso faceva anche lui. Ma gli occhi erano quelli che catturarono di più l'attenzione del cantautore. Erano blu, blu come il colore del mare che aveva visto quel pomeriggio non appena sbarcato su quell'isola. Blu come il cielo privo di nuvole che aveva visto quando aveva puntato lo sguardo all'insù sul traghetto. «Ehi, non hai capito neppure adesso?» chiese il ragazzo, con la fronte corrugata e poggiando entrambe le mani sul bancone, esattamente di fronte a dove Harry era seduto. «Non pensavo che il mio inglese fosse peggiorato vivendo qui» osservò divertito.

«No, no!» si affrettò a dire Harry, deglutendo e scuotendo la testa.

«No cosa? No, non hai capito?»

Harry ridacchiò, scuotendo la testa. «No, il tuo inglese è davvero ottimo» disse, sorridendogli.

Il barman gli sorrise a sua volta e lo ringraziò. «Okay quindi, hai bisogno del menù vero?»

«Puoi scegliere tu qualcosa per me?»

Il barman sollevò entrambe le sopracciglia, sorpreso, fermando le mani che stavano avvicinandosi alla mensola su cui erano poggiati i menù. «Okay. Sei sicuro?» domandò, per esserne certo.

«Sicurissimo» Harry annuì e gli mostrò ancora un sorriso. Il barman poté notare le due profonde fossette che si formarono ai lati di quella bocca carnosa e annuì, schiarendosi la voce e costringendosi a distogliere lo sguardo da quel volto.

«Alcolica o analcolica?»

«Alcolica, per favore.»

Harry lo guardò e si leccò il labbro inferiore prima di morderselo senza alcuna malizia o provocazione. Era stato un gesto forse non del tutto innocente, che non aiutò di certo il barman. «Okay d'accordo. Ti preparo un liquore di limone.»

Harry corrucciò le labbra, curioso. «In cosa consiste?»

«Limone, limoncello, agrumi, ghiaccio e menta» il barman spiegò e gli mostrò gli ingredienti mentre preparava il drink, poggiando poi il bicchiere di vetro sul bancone di fronte al riccio con un sorriso sulle labbra. «Se non ti piace te ne farò un altro e questo non dovrai pagarlo» gli disse subito. Harry sorrise e prese il bicchiere di vetro in mano e avvicinando il bordo alle labbra prese il primo sorso senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri. Pochi secondi dopo allontanò il bicchiere dalla bocca e si gustò il sapore, leccandosi le labbra e mugugnando. «Approvato?» chiese il barman, ridacchiando.

«Assolutamente!» rispose Harry, con forse troppa enfasi che fece scoppiare a ridere il ragazzo dall'altra parte del bancone, che si allontanò per raggiungere un nuovo cliente che si era appena seduto a qualche posto di distanza da Harry. Quest'ultimo continuava a fissare il barman, ammaliato da ogni movimento che il suo corpo faceva. Quel corpo magro ma pieno di curve che nonostante la bassa statura dava comunque ad Harry l'idea di virilità e forza grazie ai muscoli delle braccia che flettevano quando apriva una qualunque bottiglia, o quando passava uno straccio lungo il bancone per asciugarlo dai residui di liquidi. «Puoi farmene un altro, per favore?» Harry chiese al barman quando quello si avvicinò nuovamente a lui qualche minuto dopo, finalmente non più occupato da altri clienti.

«Certo» il ragazzo annuì mordendosi il labbro inferiore, dopodiché iniziò a preparargli lo stesso drink.

«Come ti chiami?» gli chiese Harry mentre osservava i suoi movimenti.

Il barman, ovvero Louis, sollevò un sopracciglio e rise, decidendo di non rivelargli ancora il suo nome. «Perché ti interessa?» domandò, divertito dalla sua espressione sorpresa.

«Per fare conversazione» spiegò Harry, scrollando le spalle e accettando il bicchiere che venne poggiato sul bancone.

«Tu come ti chiami?»

Harry bevve un sorso della bibita prima scuotere la testa e ridere. «Non vale. Tu non l'hai detto, perché io dovrei?»

«Giusta osservazione» affermò Louis, annuendo. «Cambio domanda. Sei qui in vacanza da solo?»

Harry poggiò i gomiti sul bancone e si tenne il mento con entrambi i pugni uniti. «Cosa ti fa pensare che io sia in vacanza?»

«Sei qui per lavoro? Non puoi avere più di venti anni, sei sicuramente qui in vacanza. A meno che tu non faccia il bagnino» osservò.

Harry scoppiò a ridere, gettando la testa indietro prima di scuotere piano la testa e tornare a guardarlo. «Non sono un bagnino e non sono qui per lavoro» ammise. «Tu invece parli inglese molto bene e hai un accento nordico. Non sei nato qui, vero?» Louis aprì bocca per rispondere ma un cliente richiamò la sua attenzione e dovette scusarsi col riccio per spostarsi a servire l'uomo. Harry nel mentre finì il suo liquore e spostò lo sguardo verso Niall, che stava allegramente parlando con il barman che l'aveva servito.

«Scusami, dicevamo?» Louis tornò da Harry qualche minuto più tardi, dopo aver controllato che nessun altro nuovo cliente si fosse seduto al bancone.

«Voglio qualcosa di più forte» disse Harry, porgendogli il bicchiere vuoto di vetro e sollevando un lato della bocca in un sorriso malizioso.

«Quanto forte?»

«Tanto» rispose Harry, continuando a lanciargli quello sguardo provocatorio, facendogli anche un piccolo occhiolino. Tutta quella audacia era solamente dovuta ai drink che aveva appena bevuto.

Louis lo guardò a sua volta senza battere ciglio prima di distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi che lo stavano mandando fuori di testa, scuotendo piano la testa e ridacchiando. «D'accordo» prese due bicchierini e una bottiglia di vetro dalla mensola alle sue spalle.

«Cosa mi farai?» chiese Harry, tenendosi il mento con una mano, il gomito poggiato sul bancone.

Louis si morse forte il labbro inferiore, volendogli rispondere in una maniera differente da ciò che invece fece. «Chupito rum e pera» gli disse, versando del succo di frutta nel secondo bicchierino, porgendoglieli entrambi. «Bevi prima questo e subito dop-»

«Lo so» lo interruppe Harry, prendendo tra le mani il primo bicchierino di rum, portandoselo alle labbra e sollevando la testa per berlo tutto d'un fiato, facendo poi la stessa cosa con l'altro. «Cazzo» imprecò ridendo, strizzando gli occhi per il bruciore che avvertì alla gola subito dopo.

«Abbastanza forte? Posso fare di meglio» a quel punto fu Louis a provocarlo, con un sorriso malizioso.

«Fai di meglio, allora» lo sfidò Harry, porgendogli i due bicchierini. Louis quella volta prese tre bicchierini e tre diverse bottiglie di rum ed Harry avrebbe dovuto berli in ordine, dal più pacato al più forte, così da creare un crescendo di sapori che gli avrebbero fatto sentire sempre di più l'effetto dell'alcol ad ogni shottino. «Mmh» mugugnò Harry dopo aver bevuto tutte e tre, portandosi una mano tra i capelli, ravvivandoli. «Sei di parola, questi erano davvero forti» gli disse, ridacchiando.

«Lo so» ribatté l'altro divertito.

«Stavamo dicend-» Harry singhiozzò, ridendo subito dopo. Louis si morse il labbro inferiore nel vedere le guance del ragazzo adesso più rosse e gli occhi più lucidi e anch'essi arrossati, segno che era decisamente brillo. «Mi stavi per dire il tuo nome o sbaglio?» domandò Harry.

«Bel tentativo» rise Louis, annuendo. «Mi avevi chiesto se fossi nato qui e la risposta è no, sono nato a Doncaster» rispose, prima di guardarsi intorno e notando la completa assenza di clienti al bancone. Diede dunque un'occhiata all'orologio fisso sul muro del bar e si stupì di vedere come il tempo quella sera fosse passato in fretta, dato che a breve sarebbe scoccata la mezzanotte e il bar avrebbe chiuso. Quindi fece il giro del bancone e si sedette sullo sgabello accanto al riccio, ridendo quando quello cercò di voltarsi verso di lui e per poco non rischiò di cadere dallo sgabello.

«Non sono ubriaco, giuro» gli disse, ridendo. «Solo un po' brillo. Non riesco a camminare dritto neppure da completamente sobrio, quindi non è colpa dell'alcol se stavo per cadere. Anzi, è colpa di questo sgabello. Cristo, sono troppo piccoli! A stento ci entra il mio sedere, il tuo invece lo copre tutto? O solo in parte? L'ho notato molto prima e sono sicuro che fuoriesce dallo sgabello» Louis si portò una mano davanti alla bocca e tentò di non ridere anche se era davvero troppo difficile, soprattutto quando anche il riccio lo fece per le sue stesse parole, gettando la testa indietro e mostrandogli dunque il collo e quella linea tagliente della mascella che avrebbe voluto toccare, e non con le dita. «Oh mio Dio sto decisamente straparlando, mi dispiace. Di solito non parlo così tanto. No, non è vero. Mi piace parlare» Harry annuì alle sue stesse parole, guardando oltre le spalle del barman e corrugando la fronte. «Dove diavolo è Niall?!»

«Chi è Niall?» chiese Louis, sollevando un sopracciglio.

«Ehi non guardarmi in quel modo, è il mio migliore amico. Non pensare male» gli spiegò, con un ampio sorriso sulle labbra. «Perché da Doncaster sei venuto qui?» gli chiese, guardandolo curioso.

Louis deglutì e il sorriso scemò. Non lo perse del tutto, si schiarì però la voce e si mosse a disagio sullo sgabello. «Perché questa è un'isola bellissima» disse solamente, allungandosi verso l'altra parte del bancone e recuperando la bottiglia di rum e quella di pera, versandoli in due bicchierini e bevendoli lui stesso subito dopo.

«Wow» Harry lo osservò a bocca socchiusa. «Non hai neppure chiuso gli occhi per cinque secondi. Come fa a non farti alcun effetto?!»

Louis ridacchiò e scosse le spalle. «Sono un barman, ho provato così tanti drink in vita mia che forse mi sono abituato. Credo? Non lo so, esattamente.»

Harry rise e si allungò verso di lui, versando di nuovo le due bibite negli stessi bicchierini usati dal ragazzo e subito dopo li bevve lui tutto d'un fiato. «Vaffanculo» si lamentò, strizzando ancora una volta gli occhi. «Io non mi ci abituerò mai, credo» osservò, ridacchiando.

«Scusi? Il bar sta per chiudere» la voce di un altro ragazzo distolse l'attenzione di Harry dagli occhi di Louis e quella di Louis dagli occhi di Harry. Harry però non capì perché il ragazzo parlò in italiano e quindi lo guardò confusamente.

«Il bar sta chiudendo» gli tradusse Louis.

«Oh» il riccio sembrò deluso e triste adesso, dopo aver sentito quella notizia. «Ehm, si. Vado a pagare» disse al barman, scendendo dallo sgabello e avvicinandosi alla cassa. Poco dopo anche Louis si alzò e recuperò i due bicchierini, tornando nella parte opposta del bancone e sciacquandoli. «Hai da fare adesso?» Louis sollevò lo sguardo verso quella voce rauca e sorrise al riccio maliziosamente, sollevando entrambe le sopracciglia. «Nel senso, ti va di-» Harry si grattò la nuca, corrucciando le labbra e non riuscendo a trovare le parole giuste.

«Alloggi in hotel?» Harry annuì in fretta. «Dovrei proprio accompagnarti. Sai, per sorreggerti e impedirti così di inciampare e fare brutte cadute» il sorriso del riccio si ampliò pian piano sempre di più. «D'altronde l'hai detto tu che nemmeno da sobrio riesci a camminare perfettamente, o sbaglio?» Louis sorrise divertito mentre Harry annuiva e si ravvivava i capelli con una mano.

«Si, infatti.»

Louis asciugò i due bicchierini e li mise a posto. «Meglio non rischiare.»

«Già» Harry sussurrò in risposta, mordendosi le labbra.

«Aspettami fuori, okay? Devo recuperare delle cose» Harry annuì e si affrettò ad uscire dal bar, salutando tutti gli altri dipendenti del bar, ringraziandoli. Una volta fuori recuperò il cellulare dalla tasca degli skinny neri e aprì il messaggio che Niall gli aveva inviato qualche minuto prima.

Non andare nel panico, sto tornando in hotel perché sono stanchissimo per il viaggio e ho bisogno di ricaricare le energie per domani. Il mare mi aspetta!! Non ti ho avvertito perché mi sembravi parecchio impegnato col barman. Mi raccomando, DIVERTITI.

Harry rise e scosse la testa, scrivendogli una veloce risposta prima che Louis lo raggiungesse e gli poggiasse una mano sulla schiena, facendogli così voltare il viso verso di lui. «Ehi» sussurrò Harry, squadrandolo dalla testa ai piedi. Louis si era cambiato, non stava più indossando la maglia nera col inciso sopra il nome del bar ma aveva adesso una semplice t-shirt bianca. Quando Harry tornò a puntare lo sguardo al viso del liscio, notò quello sguardo serio puntato sulle sue labbra adesso socchiuse. Harry deglutì e se le leccò istintivamente, facendo finalmente spostare lo sguardo del ragazzo sui suoi occhi. Il riccio non seppe se considerarlo o meno positivo perché quegli occhi blu, intensi, profondi e completamente diversi da come erano nel bar adesso erano incollati ai suoi, di occhi, e ciò lo faceva rabbrividire.

Harry si schiarì la voce e distolse lo sguardo, la pelle che bruciava nel punto in cui la mano di Louis era poggiata sulla sua schiena. «Non credo di ricordare la strada» lo avvertì, guardandosi intorno.

Louis sorrise. «Dimmi il nome dell'hotel, molto sicuramente lo conoscerò.»

Harry si massaggiò la fronte, come se quel gesto potesse fargli tornare in mente il nome completo dell'hotel. «Punta qualcosa? Può essere?» guardò il ragazzo con titubanza.

«Punta Tragara, forse?»

«Si! Si, esatto» Harry annuì, sospirando di sollievo. «Okay, andiamo» il riccio si mosse ma venne fermato dal barman che lo bloccò per un braccio, ridendo.

«L'hotel si trova dalla parte opposta» gli fece notare, indicando la parte giusta senza smettere di ridacchiare.

«Smettila di ridere, te l'avevo detto che non ricordavo la strada» Harry si imbronciò e incrociò le braccia al petto, incamminandosi verso la parte opposta con Louis che subito lo seguì, con ancora la sua risata a risuonare nelle sue orecchie e che lo fece sorridere debolmente.

«Non mi hai detto perché sei qui. Semplice vacanza?» domandò Louis curioso mentre camminavano lentamente.

«Si» rispose solo Harry, senza aggiungere altro. Non conosceva quel ragazzo e non voleva rivelargli il reale motivo per cui era lì perché ciò significava spiegargli che era un cantante e che era famoso. E non sapeva se ciò lo avrebbe potuto spaventare o, peggio, se ciò lo avrebbe spinto ad approfittare di quel particolare non tanto superfluo.

«E il tuo amico Niall che fine ha fatto, l'hai saputo?»

«Si, è già in hotel. Era stanco per il viaggio e ha deciso di tornarsene» spiegò, salendo gli scalini che portavano all'ingresso dell'hotel.

«E ti ha lasciato da solo? Non lo sa che ti ubriachi con meno di cinque shottini?» Louis rise divertito.

«Non sono ubriaco!» Harry ribatté, sbuffando. «Solo leggerm-» Louis riuscì a cingergli i fianchi con entrambe le mani e ad evitare così che cadesse mentre saliva le scale. Harry si sollevò e si tenne al ragazzo con entrambe le mani sulle sue spalle, sospirando.

«Sei solo leggermente ubriaco, vero?» Louis rise, sollevando un braccio per spostargli una ciocca di capelli dal viso e portargliela dietro l'orecchio. Harry deglutì perché quel ragazzo lo stava guardando di nuovo con quello sguardo e lui stava di nuovo avvertendo i brividi lungo la schiena, lungo le braccia, dovunque.

«Entriamo?» chiese a voce bassa, osservando le labbra sottili del ragazzo aprirsi in un piccolo sorriso. Louis annuì e si allontanò continuando però a tenere la mano poggiata su un suo fianco, terminando la rampa di scale. Entrarono e nessuno fece caso al fatto che Harry stesse andando nella sua camera con qualcuno che non aveva effettuato una prenotazione lì, ma molto probabilmente era perché la persona che era alla reception era diversa da chi lo aveva accolto. Dunque Harry e Louis entrarono in ascensore e il riccio premette sul numero quattro, dopodiché le porte si chiusero e i due stettero in silenzio, soltanto i loro respiri erano udibili in quell'abitacolo. Giunti dinanzi alla porta, Harry la aprì con la chiave magnetica e quando la serratura scattò entrò per primo, accompagnato da Louis che lo stava tenendo per i fianchi per evitare che inciampasse di nuovo come poco prima. La mano del liscio era calda contro la pelle di Harry che faceva fatica a pensare lucidamente, consapevole che ciò non fosse solamente a causa dell'alcol. Louis si chiuse la porta alle spalle e trascinò Harry verso il letto al centro della camera, invitandolo a sdraiarsi. Notò poi sul comodino accanto al letto un bicchiere di vetro e lo prese senza pensarci due volte, controllando che bibita ci fosse all'interno del piccolo frigorifero presente in camera.

Harry lo osservò e si sollevò sui gomiti per guardarlo meglio. «Se vuoi posso ordinare qualcosa da bere. Vuoi una birra o non so, dell'altro?» domandò a raffica, allungandosi verso il comodino dove c'era il telefono fisso.

Louis ridacchiò e scosse la testa, tornando da lui con il bicchiere colmo di acqua fresca. «Per stasera basta alcol. Bevi questo invece, ti farà stare un po' meglio» gli porse il bicchiere con un sorriso, mentre si sedeva sul bordo del letto ed Harry lo accettò con un broncio.

«Non ne ho bisogno, io sto benissimo!»

L'altro ragazzo ridacchiò portandosi una mano davanti alle labbra. «Da come hai camminato per tutto il tragitto e da come sei inciampato sulle scale non si direbbe.»

Harry sbuffò roteando gli occhi ma decise di prendere ugualmente il bicchiere dalle mani del liscio, svuotandone il contenuto in un unico sorso. «Grazie» gli disse subito dopo, poggiando il bicchiere ormai vuoto sul comodino e tornando a sdraiarsi supino, la testa rilassata su uno dei cuscini ed entrambe le mani sullo stomaco. Harry con i talloni si tolse gli stivaletti e li calciò a terra, in modo tale da poter poggiare i piedi sul materasso.

Louis in risposta gli fece solamente un piccolo sorriso, dopodiché nella camera piombò un silenzio privo di tensione o imbarazzo in cui i due fissavano gli occhi dell'altro. Harry si perdeva sempre di più in una distesa blu, Louis si perdeva invece sempre di più in una distesa verde. Quando però il silenzio diventò troppo opprimente e gli sguardi troppo intensi, Louis distolse lo sguardo e si schiarì la voce, dandosi con entrambe le mani una pacca sulle gambe prima di alzarsi dal letto. «Penso sia meglio che adesso me ne vada» disse grattandosi la nuca e guardando tutto tranne che gli occhi del riccio.

«No!» Harry si sedette di scattò e lo fermò trattenendolo per un braccio, capendo però troppo tardi che quella non era stata affatto una mossa intelligente, dato che venne investito da un leggero capogiro che lo costrinse a mugugnare, a chiudere gli occhi e a tenersi la fronte con la mano libera. Louis subito gli si avvicinò e lo spinse delicatamente così da farlo sdraiare di nuovo. «Volevo dire-» Harry si schiarì la voce, riaprendo gli occhi e trovandosi di fronte il volto del liscio a pochi centimetro di distanza dal suo. «Puoi restare ancora un po', per favore?» finì di dire, con più calma e a voce più bassa rispetto a poco prima.

Louis lo guardò senza muoversi da quella posizione e sorrise. «Perché vuoi che rimanga?»

«Perché rispondi sempre ad una domanda con un'altra domanda?» si lamentò Harry sospirando, il respiro caldo che finì dritto sul volto di Louis.

«Non lo so, forse perché sto cercando di vedere fino a che punto arriva la tua pazienza da ubriaco» disse ridacchiando.

«Ehi, non è divertente» il riccio si imbronciò ancora una volta e Louis non poté non osservargli quelle labbra carnose. «D'altronde non mi hai ancora detto come ti chiami» ricordò, allungando una mano e toccando con un dito lo zigomo del liscio.

«Chiedimelo quando sarai sobrio e ti interessa davvero, magari» rispose Louis, senza allontanarsi da quel tocco che lo rilassò.

«Io mi chiamo Harry» il riccio pensò che dicendo all'altro il proprio nome potesse spingerlo a rivelare il suo.

Ma ciò non avvenne. Louis sembrava essere piuttosto irremovibile. «Okay, Harry» pronunciò quel nome lentamente, come se volesse sentire anche lui stesso come la sua voce lo pronunciasse. Ad Harry sembrava piacere non soltanto quello ma anche il modo in cui le labbra del barman si mossero nel mentre, dato che rimase totalmente ipnotizzato da esse. Sulla guancia di Louis adesso non c'era più solamente un dito di Harry ma suo intero palmo della mano. Il riccio avvicinò poi il pollice a quella bocca sottile per sfiorarne i contorni, facendo rabbrividire Louis che teneva invece lo sguardo fisso ai suoi occhi e deglutì quando Harry iniziò a spingergli il volto verso il suo, con l'altra mano ferma sulla sua nuca. Adesso erano così vicini che i loro nasi si sfioravano e i respiri caldi di entrambi accarezzavano la pelle dell'altro. «Non farlo» sussurrò Louis quando le sue labbra sfiorarono impercettibilmente quelle di Harry, allontanando il volto per poter guardare quegli occhi verdi adesso confusi e spalancati.

«Oh» esclamò il riccio, allontanando di scatto le mani dal volto dell'altro. «Scusami, pensavo che tu-» scosse la testa, ridendo imbarazzato e senza guardarlo.

Louis capì e sorrise intenerito quando vide le guance di Harry farsi più rosse per l'imbarazzo. «È così, hai capito bene. Ma sei ubriac-»

«Non sono ubriaco.» Harry lo bloccò.

Louis alzò gli occhi al cielo e continuò. «Sei ubriaco e molto probabilmente domani non ti ricorderai nulla di ciò che hai detto e fatto questa notte. O magari, se ricordassi potresti pentirtene» spiegò, scrollando le spalle.

Harry aprì bocca per protestare ma poi si arrese, annuendo semplicemente alle sue parole anche se sapeva che non si sarebbe mai pentito di ciò che avrebbe voluto fare. «D'accordo. Non hai ancora risposto alla mia domanda, però» notò, tenendo le mani occupate a giocherellare col bordo della sua camicia.

«Non ti dirò il mio nome» Louis accompagnò quelle parole con una risata. «Non stasera» aggiunse.

«Non intendevo quella domanda. Non mi hai detto se ti va di rimanere o meno.»

«Beh sono ancora qui, o sbaglio?»

Harry a quel punto gli sorrise ampiamente e si morse poi il labbro inferiore, annuendo. «Allora mettiti comodo» con una mano indicò la parte libera del letto, incitandolo col capo a sdraiarsi. Louis non se lo fece ripetere due volte, sperando di continuare a mantenere l'autocontrollo che fino ad allora non gli aveva fatto fare cazzate. Quindi si tolse le scarpe e si mise semi-sdraiato accanto ad Harry, con la schiena poggiata sul cuscino. «Da quanto tempo sei su quest'isola?» gli domandò il riccio, spostando il capo verso di lui per guardarlo, incuriosito.

«Sei anni.»

Harry spalancò gli occhi. «Così tanti? Quanti anni hai?»

«Ventisei. E tu?» Louis lo guardò a sua volta in attesa di una risposta.

«Ventiquattro» rispose.

«Hai sempre fatto il barman?»

Louis distolse lo sguardo da lui e scosse la testa, guardando il cielo buio oltre la vetrata accanto al letto. «No, ho fatto parecchi lavori su quest'isola in realtà. Avevo vent'anni quando sbarcai qui e per racimolare qualcosa -non ridere ti prego» solamente quell'avvertimento fece ridacchiare Harry «portavo il pesce nelle case delle persone. Lavoravo per un pescivendolo del porto che già conoscevo e che non aveva mai fatto consegne a domicilio. Erano sempre le persone ad andare da lui ma quando gli chiesi dove potessi trovare un lavoro, mi suggerì quella sorta di collaborazione.»

Harry non rise, affatto. Sorrise a labbra chiuse nell'ascoltare il racconto del ragazzo, voltandosi su un fianco e poggiando una mano sul cuscino, sotto la sua guancia. «Perché avrei dovuto ridere?» gli chiese, confuso.

Louis scrollò le spalle, dandogli una veloce occhiata. «Quando lo racconto a qualcuno lo fanno sempre» spiegò brevemente con un tono che ad Harry sembrò sia triste e sia infastidito. «Apprezzo il fatto che a te non abbia fatto ridere» aggiunse poi, spostando il capo verso di lui e sorridendogli debolmente.

«Non ci trovo affatto nulla di divertente, anzi» rispose. «Hai detto che conoscevi già quel pescivendolo. Come mai?»

Louis distolse ancora una volta lo sguardo e deglutì il groppo in gola che inevitabilmente si formò. «Venivo sempre qui in vacanza in estate, con la mia famiglia. E sin da quando ero piccolo siamo diventati amici» disse, schiarendosi poi la voce e scacciando via quei pensieri. «Di te cosa mi dici, invece?»

«No, voglio sapere degli altri tuoi lavori» disse Harry.

Louis rise, scivolando un po' di più con la schiena così da sdraiarsi supino sul materasso e poggiare una mano dietro la testa. «Ho fatto sempre cose di questo tipo. Consegne di giornali, di alimentari, di pizze. Le cose più varie e disparate, prima di finire a fare il barman.»

«Da quando lo fai?»

«Tre anni e mezzo. Mi ha insegnato tutto il mio collega e migliore amico, lui fa quel lavoro da dieci anni, da quando era praticamente un ragazzino» sorrise nel pensare a quella persona. «Ci siamo incontrati per la prima volta in piazza il giorno esatto in cui sbarcai qui. Lui era fuori al bar in cui lavoriamo adesso e mi aveva notato mentre chiedevo a chiunque se esistesse un posto a poco prezzo in cui passare la notte. Eravamo due completi sconosciuti l'uno per l'altro ma lui è una persona talmente altruista che non ha badato a nulla e mi ha ospitato a casa sua. E quella semplice ospitata è diventata poi la mia dimora fissa» gli spiegò, con un sorriso sereno sulle labbra.

«È una bella storia» disse Harry, anche lui con un piccolo sorriso sulle labbra.

«Adesso vorrei sentire qualche tua storia, però» lo invitò Louis, curioso.

«Non ho nulla di così tanto entusiasmante da raccontare. Scrivo canzoni e ho perso l'ispirazione da un bel po', ecco perché sono qui» Harry sospirò e socchiuse gli occhi. «Secondo te posso trovarla in questo posto?»

Louis sorrise guardando quel volto rilassato. Si voltò su un fianco anche lui per guardarlo meglio e annuì. «Io cercavo una nuova vita e l'ho trovata qui. C'è gente che viene qui per cercare la felicità e la trovano nelle piccole cose. Anche un semplice panorama potrebbe far felice una persona. Dubito quindi che non riuscirai a trovarla.»

«Mh» Harry mugugnò, prima di sbadigliare, coprendosi la bocca con una mano e continuando a tenere gli occhi chiusi. «Dovrò esplorare quest'isola da cima a fondo allora, sperando di non perdermi» Louis ridacchiò lievemente e in silenzio per non fare un rumore eccessivo che avrebbe potuto infastidirlo, dato che aveva capito che a breve Harry si sarebbe addormentato. «Bella la bandana comunque» aggiunse il riccio, strofinando la guancia contro il cuscino e sospirando. «Si abbina perfettamente ai tuoi occhi» concluse, prima di addormentarsi nel giro di qualche secondo.

Louis lo guardò dormire col sorriso sulle labbra. Harry aveva la bocca leggermente socchiusa e le braccia incrociate al petto, come se si stesse abbracciando da solo. Era un'immagine che gli faceva tenerezza e le due mani iniziavano a prudere perché era tanta la voglia di allungarle verso quel corpo e stringerlo. Invece Louis si limitò ad allungare il braccio verso il suo volto e a togliergli una ciocca di capelli dalla fronte, spostandogliela lontano. Ricordò poi le ultime parole che il ragazzo aveva pronunciato e si mise a sedere sul letto, togliendosi la bandana dai capelli e rigirandosela tra le mani con un piccolo sorriso sulle labbra. Guardò il collo di Harry per qualche secondo, titubante. Ma si decise quando il riccio si mosse e si sdraiò supino, sollevando il volto come se lo stesse invitando a fare ciò che la sua mente gli suggeriva.

Quindi Louis si alzò e raggirò il letto raggiungendo la parte opposta e piegandosi per infilare la bandana ad Harry dalla testa, lentamente e cercando di non compiere scatti improvvisi che avrebbero potuto svegliare il ragazzo. Ma Harry non lo fece e non mosse un muscolo quando la bandana di Louis andò a posarsi intorno al suo collo. Il liscio sorrise e gli lasciò una breve carezza tra i capelli. «Cercami e cercherò di aiutarti a ritrovare l'ispirazione» sussurrò sulla sua fronte, prima di lasciarvi un piccolo bacio e risollevarsi per recuperare le sue scarpe. Le indossò nuovamente e uscì dalla camera solo dopo aver lanciato un'ultima occhiata al riccio e solo dopo aver spento le luci, chiudendosi così la porta alle spalle.



N.A
Spero che questo primo capitolo vi abbia intrigato almeno un minimo e, se vi va, ditemi cosa ne pensate in un commento o anche in un messaggio privato qui o su twitter (@/sweetenershar)
A presto!

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