Ai confini del vuoto 1 - Prog...

By smallcactusstories

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La guerra tra Alleanza di Mu e Federazione di Lemuria si protende ormai da quasi dodici anni, dato che nessun... More

Premessa
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22 (Erix)
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30 (Aesta)
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35 (Nayla)
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Note
Extra 2: Personaggi
Extra 3: Playlist
Extra 4: Cose varie ed eventuali
Extra 5: disegno
Ringraziamenti

20

160 23 44
By smallcactusstories

«Sicura di stare bene? Hai continuato ad agitarti».

Mi metto a sedere, scuotendo la testa. Ho dormito poco e male, sento dolore ogni arto del corpo; non riesco a tenere gli occhi aperti.

Axel appoggia una mano sulla mia spalla. «Chi era la persona che è scesa prima di te? Non l'ho mai vista».

«Reesha Orlan, sorella del re e madre di Brunnos».

«Non mi ha detto niente, mi ha solo guardato. Mi ha chiesto aiuto... ha più paura per te che per lui».

«Non ho tempo per questi discorsi» gli dico alzandomi. Non appena faccio tre passi, le gambe non mi reggono. Cado a terra, tirando giù con me un taccuino che avevo appoggiato sulla mensola.

«Tu non stai bene, Vivi» mormora Axel sollevandomi. «È bene che tu non venga al processo, parlerò io al posto tuo».

«Sto bene. Ho solo bisogno di mangiare».

«Ti conosco: tu non rifiuti una tazza di tè a cena se non stai bene. Senza contare che sono ol che mangi il minimo, in silenzio. Fammi un piacere, Vivi: fatti una passeggiata, ma non azzardarti a venire al processo. Me la vedrò io con la faccenda burocratica per una volta, ma davvero. Distraiti».

«Non ho scelta, vero?»

«Esatto».

Abbasso lo sguardo, annuendo piano con la testa. «Guarda solo di non combinare danni».

Rimango sul letto per non so quanto tempo, decidendomi ad alzarmi quando sento lo stomaco gorgogliare.

È strano essere in giro, essere in mezzo alle persone, ma non riesco a fare quello che Axel mi ha chiesto: stare qui, con una busta accartocciata, macchiata di olio e zucchero, tra le mani, non mi aiuta a non pensare. Stare qui, a osservare le piccole onde sulla superficie del lago, non fa altro che farmi stare peggio: continuo a ricordarmi di quando l'Atlantis era davvero casa mia, di quando mi divertivo a inseguire gli animali sulla riva, evitando di bagnarmi le scarpe. Il sapore dolciastro di quel che ho appena mangiato continua a impastarmi la bocca. Sto bene. Dovevo solo mangiare.

Continuo a guardare l'ora, continuo a pensare a quel processo: mentre venivo qui, sembrava che a nessuno importasse davvero. È come se il governo dell'Atlantis fosse staccato dai cittadini: nessuno ne parlava, nessuno rammentava la guerra.

Mi alzo dalla panchina, gettando nel primo cestino che trovo la busta, avvicinandomi il più possibile alla riva: non c'è nessuno adesso, ma essere da sola con i miei pensieri mi spaventa. Vorrei solo poter fare altro, poter lasciare per sempre questo posto. Forse sarebbe stato meglio se fosse successo quel che originariamente era stato detto nel nostro accordo.

Continuo a camminare, con lo sguardo basso e le mani in tasca; la sinistra stringe quelle poche monete di chronocrediti che ho deciso di portare con me. Non ho idea di cosa possa fare – la città è cambiata e io non ero qui, riconosco a malapena alcune zone e se sono arrivata qui al lago senza perdermi è stato un caso. Rigiro quei soldi tra le dita – potrei prendere un altro dolce, potrei prendermi una tazza di tè.

***

La sentenza è stato un nulla di fatto: i due avvocati sono riusciti a convincere anche il consiglio a non condannare nessuno. Rimarranno come prigionieri, ma nessuno verrà messo a morte. Leggere quel messaggio è stato difficile: ci ho sperato, ci credevo in una condanna, ma, a quanto pare, con i loro soldi niente è impossibile. Si sono pagati i migliori avvocati pur di sopravvivere.

Sono già passati cinque ol dal processo e non abbiamo ottenuto nulla se non il tornare in una posizione di stallo e adesso Brunnos potrebbe pure rivoltarci contro l'intero popolo: il re non è qui, quindi lui sarebbe il capo politico adesso e noi non saremmo in grado di contrastarli – a quel punto credo che una fuga precipitosa sarebbe l'ideale.

Anche adesso che sono vicino a una finestra che dà sui giardini, ma più che sugli alberi, il mio sguardo è fisso a terra, sull'ombra che si è avvicinata e fermata a poca distanza da me.

Stringo il bicchiere tra le mani, spero proprio che Axel riesca a strappare un'altra bottiglia dalle grinfie di Balee. Ne ho più bisogno io che lei stavolta.

«Speravi in un epilogo felice? È solo questione di ol prima che vi troviate di nuovo nei guai».

«Stai zitto». Lo guardo male e Brunnos ghigna, rimanendo appoggiato al muro opposto con le braccia incrociate. Chissà che ha in testa: non capisco nemmeno perché sia qui a darmi noia quando io voglio solo un po' di tranquillità. Avevo intenzione di controllare le effettive condizioni della flotta nel pomeriggio, ma da quando l'ho incrociato in un corridoio, non mi ha dato pace, iniziando a seguirmi in silenzio.

Mai un attimo di pace: non sarà l'Alleanza a distruggere la Starfall, saranno loro due visto che qualcuno fuori sta litigando, dalle voci mi sembrano Aesta e Axel; quando sento i toni farsi troppo caldi e mi dirigo all'esterno sento i passi di Brunnos dietro di me mentre scendo le scale – perché mi deve seguire come un'ombra? Io vorrei solo dimenticarlo, ma lui torna sempre a stravolgermi la vita.

Axel, Aesta e l'Orlan sono nel cortile, si stanno puntando le pistole addosso gli uni con gli altri, ricoprendosi di insulti. Ho paura che le cose andranno a finire male.

«Ora basta!» urlo. «Tutti e quattro, vi voglio tra cinque ked a un tavolo. Sistemiamo le cose una volta per tutte».

Abbassano le armi lentamente, ma sono restii ad andare.

«Voi tre restate comunque prigionieri della Federazione e tu sei direttamente ai miei ordini. Quindi muovetevi, non ho intenzione di perdere molto altro tempo dietro a voi».

Hanno i segni delle percosse sul volto: Aesta ha un occhio nero, l'Orlan un taglio sulla guancia e Brunnos uno sulla tempia sinistra; Axel ha la fronte corrucciata, è decisamente incavolato.

«Tu che ci abbandoni per amore, tu non lo so, tu che ti meriteresti solo un proiettile in fronte». Li indico uno per uno con una penna trovata sul tavolo.

«Che ancora non hai avuto il coraggio di sparare».

«Sta' zitto, Brunnos. Non peggiorare ancora di più la nostra condizione. Butta giù il tuo orgoglio per una volta. Hai perso la guerra e forse altro» ringhia l'Orlan nella sua direzione.

«Non dirmi cosa fare».

Alzo gli occhi al cielo, sembrano due adolescenti in piena crisi di crescita, poi sbatto la mano sul tavolo.

«Zitti. Voglio solo risolvere questa cosa, senza mettere nel mezzo avvocati o altro perché mi è bastato il processo per capirlo: se si continua così o le cose vanno per le lunghe o si arriva a un punto morto. Un trattato lo possiamo fare anche noi, io ho il comando della Starfall, lui è il primo ufficiale e voi due comandate l'Andromeda, basta comportarsi civilmente. Mi sembrate solo dei bambini che litigano per l'ultimo biscotto».

«Che intendi dire?» chiede Brunnos.

«Che posso scendere a patti con voi, basta che non tentiate altri sotterfugi».

Brunnos ghigna. «Allora risolviamola tra noi due, è questo quello a cui vuoi arrivare, no?»

«Veramente è quello che volevo evitare».

Axel ed Aesta si scambiano un'occhiata d'intesa. «La scommessa è ancora valida?» chiede lui.

«Assolutamente» risponde lei seria.

Ma non stavano litigando fino a cinque ked fa?

Gli altri due si guardano confusi, io vorrei solo sbattere la testa sul tavolo.

Sospiro. So che me ne pentirò della scelta, so che non dovrei fidarmi di lui, ma non posso imporre nessuna condizione. Sono prigionieri in libertà vigilata, ma lui resta sempre il principe dell'Atlantis.

«E va bene. Aspettateci fuori».

«Fa' attenzione» mi sussurra Axel. L'ultima volta che l'ha detto è finita male per me.

«Non fare lo stupido» borbotta l'Orlan tirando un pugno sulla spalla di Brunnos quando gli passa dietro.

Rimaniamo solo io e lui, seduti al tavolo. Accavallo le gambe, d'istinto allontano appena la sedia.

«Cos'è che vuoi stavolta? Non ho affatto intenzione di perdonarti».

«Che ironia... e io che volevo chiederti scusa».

«Come credi che possa crederti? Scommetto che hai uomini pronti a farci fuori, non hai mai smesso di combattere per il potere».

Si alza, versando due bicchieri di liquore – Axel l'ha trovata davvero la bottiglia. Me ne passa uno, lo prendo riluttante, non voglio cadere di nuovo nelle sue trappole.

«Hai intenzione di farmi ubriacare un'altra volta?»

Scuote la testa. «Vista la sconfitta, il re è fuggito. Conquistare il sistema dell'Atlantis è stato proprio il vostro colpo di grazia. Avete poche navi, noi un intero territorio dove la Federazione non può nemmeno pensare di arrivare e soprattutto, avete appena sconfitto solo una parte della flotta. Credo sia meglio se a firmare la resa sia tu». Finisce il suo bicchiere e io appoggio il mio ancora pieno sul tavolo, senza mai togliergli di dosso lo sguardo: ha le braccia incrociate dietro la schiena, osserva la città fuori dalla finestra.

«Cosa?»

Si volta, lentamente. «La guerra è tutt'altro che finita».

Già lo immaginavo, ma sentirlo dalle sue parole è un duro colpo. Mi sento morire, tiro fuori il foglio con l'elenco delle navi ancora adatte a combattere. Sono poche, troppo poche per continuare la guerra. Anche con la Starfall al comando, anche controllando Minerva non potremmo andare ancora avanti per molto.

«Perché non vuoi scendere a patti? Potremmo finirla qui una volta per tutte».

«Il pareggio non fa per me» mi risponde con voce piatta.

«Perché vuoi vincere a tutti i costi? Cos'è che vuoi?»

Appoggia il bicchiere vuoto sul davanzale.

«Perché hai voluto che rimanessimo solo io e te? C'è qualcosa che vuoi, che stai inseguendo».

Sospira, senza rispondermi e io mi alzo di scatto, la sedia stride, gli afferro la giacca, costringendolo a guardarmi.

«Non continuare a ignorarmi, io voglio risposte».

«Lasciami in pace».

«Allora definiamo il trattato».

«La guerra non è finita».

«Non possiamo trovare un punto di incontro continuando così. Hai ottenuto che rimanessimo da soli, ma non vuoi né parlare né scrivere un trattato. Butti là qualche frase, mi dici che la guerra non è finita. Ma non vuoi fare nulla per evitare questa cosa. Te ne rendi conto di quante cose abbiamo passato per arrivare qui?»

«E tu ti rendi conto di quante volte ci siamo ritrovati faccia a faccia, ma senza aver modo di andare oltre il protocollo? Scenderò a patti. Ma a cena vieni fuori con me, senza divisa, senza nessun protocollo. Non ho intenzione di farti del male, voglio solo evitare di pensare alla guerra per qualche ora. Ci stai?»

Uscire con lui, dopo tutto quello che mi ha fatto passare, sarà un incubo. «Ho alternative?»

«Non credo».

«Perché?»

«Prima di fermare la guerra, credo sia meglio ricucire lo strappo che si è creato fra noi». Abbasso lo sguardo, lasciando che mi accarezzi la guancia. «Ma non possiamo farlo con indosso queste divise, ci impongono troppe differenze. Sei libera di fare la scelta che riterrai più opportuna, non voglio forzarti al mio fianco, voglio solo capire cosa siamo noi due».

Mi mordo un labbro, mi rendo conto di star tremando. «D'accordo». 


L'angolino buio e misterioso

Potete uccidermi Erix, non me la prenderò. Pareri su quel che verrà fuori tra questi due?

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