Gli acrobati d'inverno [dispo...

ElaineAnneMarley által

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**WATTYS 2018 WINNER** Camelie Venice Lambert ha tutto quello che una diciassettenne dell'era ultramoderna po... Több

Prefazione
Prologo
1. L'annuncio di un matrimonio felice (I)
2. L'annuncio di un matrimonio felice (II)
4. L'affascinante uomo dietro la maschera (II)
5. Il premio più prestigioso (I)
6. Il premio più prestigioso (II)
❄️ Cover Reveal: copertina cartaceo ❄️
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❄️ NEWS SPIN-OFF/SEQUEL degli ACROBATI D'INVERNO ❄️
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7. L'angelo del ghetto (I)
8. L'angelo del ghetto (II)
9. Tarocchi propizi (I)
10. Tarocchi propizi (II)
🍬 FanArt #2
🍬 FanArt #3
EXTRA - GADI vince ai Wattys: cosa ne pensano i protagonisti di LUDD?
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🌃 Nuova Storia! 🥀

3. L'affascinante uomo dietro la maschera (I)

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ElaineAnneMarley által

Erano due le feste studentesche della New Hope Academy che Camelie Venice Lambert aveva sempre considerato irrinunciabili. La prima era il party sfrenato dei maturandi, a cui si era invitati solo se si conosceva qualcuno dell'ultimo anno; la seconda era l'evento di Carnevale aperto a tutti gli studenti del terzo e del quarto ciclo: il ballo in maschera che trasformava l'accademia nel più sfavillante dei set cinematografici. E non solo perché veniva ingaggiato un regista professionista per catturare luci e ombre della serata. Né perché il preside consegnava agli studenti più meritevoli una statuina d'oro zecchino che ricordava casualmente l'antico premio Oscar. Ma perché gli studenti della New Hope erano a tutti gli effetti delle vere e proprie celebrità.

L'istituto più elitario di Nilemouth, frequentato unicamente dai figli dei proprietari terrieri della provincia, ogni anno investiva in una notte l'equivalente di un mese di spese di caffetteria.

Eppure quell'anno, per la prima volta da quando frequentava la NHA, Camelie avrebbe dato qualsiasi cosa per non partecipare alla festa. La sua assenza sarebbe però equivalsa ad ammettere che il fidanzamento tra lei e Kennedy Holsen era naufragato, e la ragazza non era pronta ad annunciare al mondo il proprio fallimento.

Arrivò tardi, oltre che vergognosamente brilla. Aveva rimandato il momento in cui avrebbe dovuto fare il suo ingresso da sola, nonostante tutti sapessero che la promessa di matrimonio con Kennedy era stata ufficializzata. Si era data malata per tre giorni perché non aveva racimolato il coraggio necessario ad affrontare il promesso sposo; e perché era certa che le sue amiche avrebbero capito al volo che qualcosa era andato storto. Alla fine si era fatta forza e, con tre ore di ritardo e troppo alcol in circolo, si era presentata alla festa. Avrebbe dovuto raccontare una valanga di bugie e quale migliore occasione di una serata in cui poteva nascondere la verità dietro a una maschera di brillanti?

Magari le menzogne sarebbero state sufficientemente convincenti, magari non sarebbe stato poi tanto terribile parlare a quattrocchi con Kennedy, magari il loro rapporto poteva ancora essere salvato. In fondo Kennedy Holsen non la conosceva neanche; aveva basato la sua opinione su un paio di appuntamenti lampo e sulle voci che circolavano su di lei a scuola. Voci ovviamente fondate sull'invidia.

Dalla sera del fidanzamento il promesso sposo non l'aveva contattata neanche una volta, né per sapere come stesse, né tanto meno per accordarsi sull'etichetta da tenere alla festa. Non erano due studenti qualunque e non avrebbero dovuto improvvisare i primi momenti di coppia in pubblico.

La ragazza consegnò il soprabito all'ingresso e si specchiò di sfuggita in uno degli schermi spenti. Le scarpe nuove, di vera pelle di coccodrillo, le bloccavano la circolazione all'altezza delle caviglie; l'elastico della maschera le stringeva il capo, aggravando l'accenno di emicrania; e un bottone del bustino continuava a graffiarle impietosamente la schiena. La ragazza si arrese infine al mal di piedi. Appoggiandosi a una delle piante ricoperte di rugiada artificiale, fece perno su una gamba e sollevò l'altra per sgranchirsi la caviglia dolorante.

«Cam?»

Esasperata, Camelie si voltò di scatto; non si aspettava di essere riconosciuta tanto presto.

La studentessa che aveva parlato indossava un tubino smeraldo su cui erano cuciti a mano degli opali; il bianco delle gemme era della stessa tonalità del caschetto sbarazzino, tirato indietro da un cerchietto di castagne su cui erano fissate un paio di orecchie di peluche. Camelie corrugò le sopracciglia e, senza esitare, strappò l'accessorio dal capo dell'amica.

«Fallo sparire immediatamente. È pietoso, Sheila. Non c'entra niente con la fascia che mi avevi descritto.»

Nel sentire la propria voce riempirsi di autorevolezza, come ogni volta che giudicava qualcun altro, Camelie sentì il cuore assestarsi finalmente nel petto. Era rimasto in gola da quando la navicella aveva attraversato i cancelli del parco innevato dell'istituto, ma era bastato lo scambio di battute con l'amica per ricordarle chi era: sicura di sé, determinata, invidiata.

Kennedy Holsen non aveva capito niente di lei. Gli avrebbe mostrato di che pasta era fatta e, se si fosse scusato e l'avesse corteggiata opportunamente, magari gli avrebbe dato una seconda possibilità. Si trattava pur sempre del ragazzo che aveva venerato da lontano per quattro anni.

Sheila McGowan si sistemò la maschera e si tastò i capelli, nel tentativo di capire se il gesto irruento di Camelie avesse rovinato la pettinatura. Solo quando ebbe la certezza di essere in ordine, si rivolse nuovamente all'amica.

«Si può sapere che fine hai fatto? Il tuo assistente virtuale continuava a trovare delle scuse pietose per rimbalzare le nostre chiamate e a un certo punto abbiamo pensato che l'accordo di matrimonio con Kennedy fosse saltato e tu ti fossi rinchiusa in un convento di clausura per l'umiliazione.»

Camelie arricciò le labbra, contrariata dall'incapacità del suo AI di gestire un'emergenza. Perché fabbricare bugie poco credibili quando avrebbe potuto usare la motivazione che la costringeva a letto all'incirca una settimana ogni mese? Infilò due dita tra l'elastico e i capelli nivei per attenuare la morsa che aggravava il dolore alla testa.

Sheila era solita parlare al plurale perché non c'era niente della sua vita che non riguardasse almeno qualcun altro; tipicamente Camelie o la terza amica del trio: l'isterica e viziata Mei Chen. Camelie si guardò attorno, sorpresa che Sheila e Mei si fossero separate.

«Dov'è...»

«Kennedy è in terrazza – scusa, volevo dire: nella Selva delle Nebbie Eterne. Ti cerca da quando è arrivato» la interruppe Sheila, dando per scontato che l'altra morisse dalla voglia di salutare il fidanzato. «Come mai non siete venuti insieme?»

Camelie, fingendo di non aver sentito la domanda, prese a frugare nella borsetta alla ricerca di una pasticca per l'emicrania.

«Devi raccontarmi tutto, Cam! Tutto! Avete già fissato la data? Che invidia, saranno le nozze più spettacolari della nostra generazione, già lo so! Che invidia!»

Sheila era un fiume in piena, ma quelle domande non facevano che ricordare a Camelie che, nel giro di una sera, la vita perfetta che tra sé e sé aveva sempre amato paragonare a una di quelle giostre uscite da una cartolina d'altri tempi, si era trasformata in un labirinto degli orrori. Da quel momento in avanti, a ogni passo avrebbe dovuto schivare una domanda scomoda, a ogni angolo si sarebbe scontrata con qualcuno che avrebbe potuto smascherare la messinscena. Messinscena. Non era forse proprio quella la parola che aveva usato Kennedy Holsen per descrivere il loro fidanzamento?

«Stasera è più bello del solito, Cam. Sarete meravigliosi quando ballerete insieme! Che invidia! Lo troverai subito: ha un completo argentato con le rifiniture blu e una maschera nera che lascia scoperta solo la bocca. È un sogno, Cam, il tuo maritino è un sogno!» la voce di Sheila si era fatta talmente acuta che in molti si erano voltati a fissarle.

Camelie si decise finalmente a lasciar andare il ramo a cui era aggrappata. Assecondò con un leggero movimento del collo la vertigine che l'aveva colta e per poco non pestò i piedi dell'amica.

«Quanto hai bevuto?» Sheila si avvicinò per annusare l'odore acre dell'alcol e quando ebbe la conferma che l'altra aveva iniziato a festeggiare ben prima di arrivare, scoppiò a ridere con l'aria di chi la sapeva lunga.

«Sei agitata?» la punzecchiò, «l'amore ti fa perdere il sangue freddo, Cam? Mmm... o forse oggi è una serata speciale per te e Holsen?» mugugnò arricciando esageratamente le labbra.

Camelie ebbe un conato di vomito all'idea di baciare Kennedy Holsen, immaginando che magari fino a poco prima era stato appartato chissà dove, a fare chissà cosa, con la ragazza bionda. Da un lato voleva affrontarlo, chiarirsi con lui o chiudere una volta per tutte una relazione che non aveva futuro; dall'altro, all'idea di trovarselo davanti, ignaro che la sua farsa fosse allo scoperto e infastidito dalla sua sola presenza, Camelie sentiva un brivido di disagio carezzarle la spina dorsale.

Eppure Kennedy la stava cercando. La cercava da quando era arrivato. Magari non tutto era perduto.

Camelie e Sheila si infilarono in uno degli ascensori di vetro opaco insieme ad altri studenti mascherati e attesero in silenzio che il sistema automatizzato le portasse direttamente all'ultimo piano.

La festa era stata allestita infatti nella terrazza coperta, un'area solitamente adibita a ospitare convegni.

La New Hope Academy occupava un grattacielo all'avanguardia di venti piani: il piano della segreteria, quello dei docenti, quello dei campi sportivi, la terrazza dei convegni, e i sedici piani riservati ai sedici anni scolastici che prevedeva il sistema scolastico dei quattro cicli, uniformato in tutte le Terre Non Sommerse. Quattro cicli di quattro anni. Gli studenti entravano alla NHA a due e si diplomavano a diciotto. I cicli quadriennali, dai nomi altisonanti delle fasi agricole: Aratura, Semina, Irrigazione e Mietitura, erano organizzati secondo un schema di materie obbligatorie e facoltative e indirizzavano i giovani al governo delle piantagioni che avrebbero un giorno ereditato. C'era la possibilità di scegliere un percorso alternativo, ma era fortemente disincentivato.

Camelie Venice Lambert frequentava il penultimo anno della Mietitura e il suo anno contava un centinaio di iscritti. Tra alunni, corpo docenti e personale, erano all'incirca duemila le persone che ogni giorno riempivano il grattacielo dalla appariscente forma di spirale di DNA.

La gonna bordeaux di Camelie sfiorava il pavimento, raccogliendo coriandoli e stelle filanti, e la ragazza ringraziò tra sé e sé di potersi sorreggere all'amica; non era sicura che sarebbe altrimenti riuscita ad affrontare dignitosamente la traversata, con i tacchi vertiginosi, l'emicrania martellante e l'alcol che le appannava la vista, oltre che il giudizio.

Posò gli occhi rubino sulle liane penzolanti dalla nebbiolina profumata che celava completamente il soffitto. Attorno a tronchi d'albero illuminati da neon fluorescenti erano disposti eleganti tavoli a ciambella ricoperti di finger food: pietanze cucinate con ingredienti autentici, coltivati nei campi di Nilemouth, non in qualche laboratorio.

La musica di sottofondo era una produzione originale: una composizione esotica di note classiche frammiste a tamburi tribali e cinguettii.

Nonostante il suo stato d'animo, la ragazza non poté fare a meno di apprezzare la cura dell'allestimento; l'ambientazione era estremamente suggestiva e faceva onore al nome della sala: sembrava davvero di essere finiti in un regno incantato.

«Eccoti finalmente, Camelie!»

Sul momento la ragazza non riconobbe la voce, ma d'altra parte come avrebbe potuto? Si conoscevano appena e il ragazzo aveva un modo di parlare completamente diverso a seconda che si rivolgesse ai suoi genitori, ai professori, agli amici, a lei...

Kennedy Holsen aveva indossato un costume che, pur non abbinandosi minimamente all'abito di Camelie, gli rendeva giustizia. Un'uniforme militare, creata per l'occasione, cadeva alla perfezione sulle spalle ampie, e l'alto colletto, abbinato alla maschera, lo faceva assomigliare a un eroe di guerra d'altri tempi.

Camelie fissò titubante le labbra sottili, arricciate in un sorriso furbo e il suo cuore saltò un battito. Kennedy Holsen era pur sempre Kennedy Holsen. Nonostante si fosse preso gioco di lei, nonostante avesse accettato di sposarla solo per l'eredità Lambert, nonostante avesse un'altra, Camelie non riusciva a soffocare il sentimento che aveva nutrito con devozione per anni. Cos'erano tre giorni di dubbi e lacrime in confronto a quattro anni di sospiri e fantasie?

«Perché ci hai messo così tanto ad arrivare?» soffiò il ragazzo, stringendole un polso nel tentativo di non lasciarsela sfuggire.

Eppure Camelie era certa che stesse recitando. Recitava la parte dell'amante premuroso proprio come la sera del fidanzamento.

«Ho capito, birichina. A quanto pare serve ben altro per attirare la tua attenzione!»

Camelie sentì Sheila ridere smodatamente, e nel giro di un attimo si ritrovò trascinata da Kennedy attraverso la sala affollata. Era troppo scombussolata per reagire e tornò in sé solo quando furono in uno dei corridoi laterali.

Al loro passaggio la corsia si era illuminata di una luce fioca. Apparentemente non c'era nessuno in quell'ala della scuola e Kennedy ne approfittò per afferrarla con veemenza per la vita. La ragazza guardò allarmata le dita di lui carezzarle il corpetto di pizzo latte. Mai si sarebbe aspettata un approccio tanto diretto, anche se in fondo Kennedy stava semplicemente riprendendo il flirtare giocoso con cui l'aveva illusa nel corso della cena di tre giorni prima. Solo che, a differenza dell'ultima volta, Camelie era consapevole della falsità di ogni suo gesto; l'immagine di Kennedy sdraiato con la ragazza bionda sulle poltroncine lime della sua stanza la aggredì improvvisamente, e nauseata tentò di divincolarsi.

Più che dall'approccio di lui, era infastidita da se stessa: non riusciva a trovare le parole adatte a protestare e a mettere in chiaro che non si sarebbe accontentata di un matrimonio senza amore. Non riusciva a parlare perché non aveva ancora deciso cosa dire e perché mai si sarebbe aspettata che lui prendesse l'iniziativa tanto presto. Sembrava quasi che Kennedy volesse togliersi il pensiero, volesse bruciare in una serata sola tutte le tappe del loro rapporto, per tenerla buona.

«Stasera sei un bocconcino, Camelie. Davvero! Proprio non capisco come...» inumidendosi le labbra, Kennedy le sollevò la maschera gioiello.

Fu in quel momento che Camelie ebbe la certezza di non volerlo baciare. Non ancora. Non finché non fosse stata completamente sicura che lui la desiderasse davvero.

«Ero convinta di non essere il tuo tipo», sbottò la ragazza puntando i gomiti sul suo torace, «non ti piacevano le bionde?»

Tra tutte le cose che avrebbe potuto rinfacciargli, il ricordo della ragazza che rideva tra le sue braccia prese nuovamente il sopravvento. Lui mugugnò qualcosa e Camelie si sentì alla stregua di una moglie gelosa che aveva avuto la conferma del tradimento del marito. Quante altre volte si sarebbero trovati nella stessa situazione? Valeva davvero la pena provare a salvare l'accordo matrimoniale? Un matrimonio combinato che per di più era stata lei stessa a orchestrare, supplicando suo padre per mesi fino a convincerlo che Kennedy fosse il partito perfetto.

«Mi sono sempre piaciute le belle donne. Di qualsiasi colore» ribatté lui senza esitazione. Poi prese una ciocca dei capelli perlacei di Camelie e se la portò alle labbra. «Ma d'ora in poi mi piacerai solo tu, Camelie. Non dubitarne.»

Camelie riuscì infine a scansarlo. Quelle parole erano troppo sdolcinate persino per lei. La recita di Kennedy cominciava a sgretolarsi e la ragazza fu colta dal bisogno di tornare in mezzo agli altri.

Non aveva fatto in tempo a liberarsi, che l'altro la strinse di nuovo, questa volta schiacciandola contro il muro.

«Cosa c'è? L'altra sera mi hai fatto intendere che non vedevi l'ora che arrivasse questo momento. Cosa c'è che non va, ora?» domandò bloccandole il mento con una mano.

Camelie sentì il cuore balzarle in gola. E non di certo per l'eccitazione. Forse si era comportata in modo equivoco alla cena, trascinata dall'attrazione che provava per lui da anni, ma mai si sarebbe aspettata un comportamento tanto insistente. Soprattutto non dopo averlo sentito affermare di non essere minimamente attratto da lei.

«Lasciami», ringhiò la ragazza.

«Troppo tardi per tornare indietro, bocconcino birichino», ghignò lui.

«Lasciami», lo supplicò ancora Camelie.

In risposta, Kennedy si appoggiò a peso morto su di lei e, mentre con una mano le immobilizzava il volto, con altra le avvolse la nuca in una morsa.

«Sarà una notte indimenticabile per entrambi, Camelie. Una di quelle che racconteremo ai nostri figli.»

Dietro le quinte

Avevo promesso due settimane e ce l'ho fatta! Non ci credo neanche io. È un periodo di fuoco e sto facendo di tutto per non tralasciare la scrittura, ma sono ben lontana dai target che mi ero data.

Che dite? Riuscirà Camelie a sfuggire all'imboscata di Kennedy Holsen?

Spero che i dettagli dell'ambientazione che vi do man mano vi piacciano. Mi sono divertita da morire a inventare l'organizzazione scolastica e troverò il modo di raccontarvi di più nei prossimi capitoli.

By the way, AI sta per Artificial Intelligence, ma non vi dico altro per ora!

Il prossimo capitolo è più o meno pronto, quindi potrei anche sorprendervi domenica prossima. Chissà, chissà.

PS Non siate lettori silenti! Se il capitolo vi è piaciuto, spero che vi ricordiate di lasciarmi un segno del vostro passaggio... 🐾

Olvasás folytatása

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