Gli acrobati d'inverno [dispo...

By ElaineAnneMarley

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**WATTYS 2018 WINNER** Camelie Venice Lambert ha tutto quello che una diciassettenne dell'era ultramoderna po... More

Prefazione
Prologo
1. L'annuncio di un matrimonio felice (I)
3. L'affascinante uomo dietro la maschera (I)
4. L'affascinante uomo dietro la maschera (II)
5. Il premio più prestigioso (I)
6. Il premio più prestigioso (II)
❄️ Cover Reveal: copertina cartaceo ❄️
❄️ DOVE CONTINUARE A LEGGERE LA STORIA ❄️
❄️ NEWS SPIN-OFF/SEQUEL degli ACROBATI D'INVERNO ❄️
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7. L'angelo del ghetto (I)
8. L'angelo del ghetto (II)
9. Tarocchi propizi (I)
10. Tarocchi propizi (II)
🍬 FanArt #2
🍬 FanArt #3
EXTRA - GADI vince ai Wattys: cosa ne pensano i protagonisti di LUDD?
🍬 FanArt #4
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🌃 Nuova Storia! 🥀

2. L'annuncio di un matrimonio felice (II)

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By ElaineAnneMarley

«Se permetti, tra un anno sarò costretto a vedere tutti i santi giorni quella frigida bambolina senza cervello. Non ho intenzione di portare avanti la messinscena un secondo in più del dovuto», rispose Kennedy Holsen con un smorfia di puro disgusto che gli deformava il bel volto.

«Che ne sai che è frigida? Sbaglio o non vi siete neanche mai baciati?» domandò un ragazzo robusto, dalla zazzera bianca, di cui Camelie non ricordava il nome.

«Ho indagato con i suoi ex. Mi sembrava lecito avere qualche anteprima su quello che mi aspetta, no?»

«Che bisogno avevi di indagare? Basta guardare la madre per capire come sarà la figlia in camera da letto. La Lambert cammina come se avesse una scopa...»

«Che ne sai che è senza cervello?» la bionda avvinghiata a quello che da qualche ora era ufficialmente il promesso sposo di Camelie, intervenne con aria seccata, infastidita dal tono volgare che stava assumendo la conversazione.

Kennedy prese a giocherellare con i nastri rosa shocking della sua pettinatura. «Tutte le volte che stasera la discussione si faceva leggermente più impegnativa, si alienava. Partiva il salvaschermo...»

Il gruppetto scoppiò a ridere sguaiatamente. «Che tipo di salvaschermo era? Scommetto una cascata di scarpe», commentò un altro dei ragazzi dai tratti albini, uno spilungone che indossava ancora l'uniforme scolastica nonostante l'orario.

«Probabile», tagliò corto il padrone di casa, «vi prego, cambiamo argomento, che già mi è andata di traverso la cena.»

«Povero, povero, Ken, incastrato in un matrimonio combinato!» lo prese in giro la ragazza, accompagnando le parole con un fugace bacio a stampo.

Kennedy ricambiò con talmente tanta passione che Camelie, ancora pietrificata sull'uscio socchiuso, fu costretta a distogliere lo sguardo. Ora che aveva visto con tanta chiarezza che forma avesse l'attrazione per una donna sul volto di lui, la ragazza si rese conto che i sorrisi languidi che le aveva rivolto tutta la sera altro non erano che una recita. La recita di uno sconosciuto costretto a sposarla nonostante non la stimasse minimamente, anzi: nonostante la disprezzasse a tal punto da non farsi alcuno scrupolo a ridicolizzarla davanti alla sua cerchia di amici.

«Presto scoprirai quanto è frigida Camelie-bambola-imbottita-di-soldi-Lambert. Non puoi rimandare ancora a lungo il vostro primo bacio.»

Camelie provò un odio profondo per il compagno che aveva ravvivato una conversazione che avrebbe dato qualsiasi cosa per non sentire.

«Ho il voltastomaco solo al pensiero. Sapeste come mi guardava oggi... mi ha praticamente mangiato con quegli insulsi occhi rossi tutta la sera. Ero io il suo pasto, non le portate della cena!» Kennedy aveva tappato giocosamente le orecchie alla biondina.

Ancora risate di scherno; ancora commenti volgari.

«Vedrete quando saremo sposati» riprese Kennedy. «Mangerò aglio tutti i giorni pur di farla stare alla larga da questo bendidio...» e, per enfatizzare il concetto, si passò in modo provocante una mano sul torace, giù fino alla cintola.

La bionda incastrò le proprie dita tra quelle di lui e, ignorando il fatto che non erano soli, prese a baciarlo con foga sul collo.

Camelie sentì il suolo mancarle da sotto i piedi; le gambe non l'avrebbero retta ancora a lungo. Se i ragazzi l'avessero scorta, tremante, che origliava nell'ombra come una servetta qualunque, l'imbarazzo di quel momento sarebbe stato, se possibile, persino maggiore; così la ragazza fece qualche passo indietro in punta di piedi e, non appena fu abbastanza lontana, si diresse quasi di corsa verso l'uscita.

Era la prima volta che provava un sentimento di così intensa umiliazione e non riusciva neanche a ragionare perché la nausea le era arrivata in qualche modo fino al cervello. L'espressione disgustata di Kennedy si sovrapponeva alle occhiate falsamente affettuose che le aveva rivolto tutta la sera. Le risate divertite di quella ragazza bionda con cui si frequentava da chissà quanto tempo erano come colpi martellanti nello stomaco. Come le era sfuggito che quei due erano una coppia? Come le era sfuggito che Kennedy non voleva davvero sposarla? Come le era sfuggito che tipo di persona fosse il ragazzo di cui era stata infatuata per oltre quattro anni?

I corridoi che poco prima aveva percorso in un battito di ciglia, inebriata dall'euforia di essere a un passo dalla vita che aveva sempre sognato, erano ora un labirinto soffocante che si accartocciava su se stesso di curva in curva. Gli androni bui, sui cui soffitti erano affrescate ridicole scene bucoliche, le sembravano tutti uguali. Possibile che ci volesse così tanto a uscire da quella maledettissima villa?

Quando finalmente si richiuse alle spalle il portone di alluminio rinforzato, Camelie era ancora sotto choc. Intravedeva il futuro su cui aveva fantasticato per anni come riflesso in uno specchio crepato. Il sogno era ancora lì: visibile, eppure irraggiungibile.

Non poteva sposare Kennedy Holsen. Non poteva sposarlo sapendo cosa pensava di lei. Sapendo che l'avrebbe guardata senza rispetto. Che l'avrebbe toccata senza desiderio. Che l'avrebbe umiliata alle spalle.

I gradini della scalinata non erano stati ripuliti dal ghiaccio con la dovuta cura e la ragazza, dimentica di reggersi al corrimano, scivolò sul penultimo, ritrovandosi con la faccia nella neve.

Il gelo improvviso la risvegliò dal torpore in cui le parole cattive di Kennedy l'avevano gettata e Camelie urlò a pieni polmoni, consapevole che la sua voce sarebbe stata assorbita dalla neve.

Dal momento che i suoi genitori erano già a bordo dell'aeromobile e i servitori degli Holsen erano rientrati subito dopo aver - apparentemente - fatto finta di raschiare via il ghiaccio dalla scalinata, Camelie fu costretta a tirarsi su da sola, scrollando la gonna di raso dal nevischio.

Come un automa in riserva di energia si aggrappò alle maniglie del veicolo, un modello trapezoidale di acciaio specchiato. Tremante si lasciò cadere a peso morto sul sedile e premette il pulsante della cintura di sicurezza. Mentre sentiva la stretta familiare delle fasce avvolgerla, Camelie riconobbe in lontananza la voce rassicurante dell'autopilota.

«Edificio N025», Antoine Lambert diede il comando con stizza, nonostante l'AI del sistema di navigazione non avrebbe di certo colto la sfumatura nella sua voce.

Graziella Lambert si agitò sui sedili riscaldati, cercando insistentemente di attirare l'attenzione del marito, troppo impegnato a prendere appunti vocali su una serie di grafici proiettati al centro dell'abitacolo. «Non possiamo fare prima tappa a casa? Devi per forza andare subito a controllare i magazzini?» si decise infine a lamentarsi la donna, sperando che la figlia le desse manforte.

«Cos'è che devi andare a fare di tanto urgente a casa, eh? Riporre i gioielli che indossi perché pesano troppo? O magari fare un pediluvio perché le scarpe sono troppo scomode?»

L'altra incassò il colpo e gli lanciò uno sguardo carico di rancore, sbuffando attraverso il naso aquilino, «Camelie è caduta nella neve ed è completamente bagnata.»

«Sarà asciutta nel giro di una decina di minuti. Sinceramente non capisco come tu possa paragonare la preziosità del mio tempo a quella del tuo - o men che meno di Camelie!» rincarò la dose l'uomo, mentre ordinava al sistema di navigazione di alzare la temperatura all'interno del velivolo.

Graziella iniziò a borbottare tra sé e sé, in uno dei suoi monologhi tutti uguali in cui malediceva la prima volta che non si era opposta alla tirannia del marito.

Dando le spalle ai genitori, Camelie appoggiò la fronte al finestrino. Il suo volto era una maschera di ghiaccio sporco e confusione, e non aveva la forza di subire uno dei petulanti interrogatori di sua madre.

Nella nebbia fredda che ogni notte calava sulla periferia di Nilemouth, Camelie riusciva a scorgere le luci intermittenti dei droni di sicurezza e i neon delle pubblicità personalizzate, irradiate nel cielo in modo da seguire le navicelle in volo lungo l'autostrada aerea che collegava le piantagioni. Intravide i soliti messaggi promozionali diretti a suo padre: aria compressa concimata, coupon per il mercato degli schiavi, seminari di business management. Fortunatamente sua madre era affacciata dal finestrino opposto; la ragazza fu felice di essersi risparmiata le immagini dei reality show che l'altra amava tanto. Ignorò le pubblicità chiaramente dirette a lei: mostre di design, accessori alla moda, saloni di bellezza; e scelse di puntare lo sguardo nella nebbia, semplicemente nella nebbia.

Il senso di distacco dalla realtà che la avvolse, mentre i suoi occhi porpora vagavano nella condensa, era l'unica emozione della serata su cui riusciva a fare affidamento. Tutto il resto: l'euforia per l'annuncio delle nozze, l'eccitazione per le attenzioni di Kennedy, lo choc dovuto alla scoperta della sua vera indole, la paura di non poter fare marcia indietro sugli accordi tra le due famiglie; tutte quelle sensazioni le sembravano al contrario eteree, inconsistenti come un sogno a occhi aperti.

Un sogno. Quanto avrebbe desiderato che la scoperta dell'opinione che Kennedy aveva di lei fosse stato tutto un sogno.

In quel momento il velivolo oltrepassò la recinzione laser che delimitava i possedimenti Lambert e un bip morse li avvertì che mancava all'incirca mezzora all'arrivo.

«Kennedy Holsen è stato un'ottima scelta», Graziella aveva deciso di mettere a tacere l'orgoglio pungolato dalle parole sprezzanti del marito, pur di riprendere a spettegolare, «sei davvero fortunata che gli Holsen abbiano accettato la nostra proposta, Camelie.»

Fortunata.

La ragazza mantenne ostinatamente lo sguardo fuori dal finestrino, le pupille mosse freneticamente dal tentativo di mettere a fuoco le piante informi che scorrevano sotto di loro.

«Ho concordato con Holsen che il figlio verrà a stare da noi due weekend al mese, per cominciare a prendere familiarità con le piantagioni», riprese Antoine, schiarendosi la gola avvolta in uno scialle verde acido.

Camelie si irrigidì e premette con forza il palmo della mano sul vetro, come se potesse bastare quel gesto a frantumarlo. Sentiva il bisogno impellente di mandare qualcosa in frantumi. L'angoscia che teneva imbottigliata da quando aveva scorto, attraverso un uscio socchiuso, il vero Kennedy Holsen, aveva bisogno di prendere forma ed esprimersi in qualcosa di più liberatorio di un urlo soffocato nella neve.

Se un urlo c'era davvero stato.

«Di già?» esclamò Graziella, sbattendo le ciglia finte. «Non pensavo che volessi passargli il testimone tanto presto...»

«Non dire stupidaggini!» la voce dell'uomo si riempì nuovamente di esasperazione, «pensi che il mio sia un mestiere che si impara in un paio di giorni? Ci vogliono anni per capire di cosa hanno bisogno le nostre colture per prosperare e i nostri schiavi per ubbidire. Il ragazzo mi è sembrato sveglio, ma è ancora troppo influenzato dal padre.»

Kennedy Holsen sarebbe stato ospite nella tenuta Lambert due volte al mese. Camelie non aveva sentito altro. La notizia che fino a qualche ora prima avrebbe alimentato per giorni le sue fantasie, ora le gravava sul cuore come uno di quei momenti di pura umiliazione con cui l'insegnante di storia amava concludere le sue interrogazioni. Fino a quel giorno, l'incubo ricorrente di Camelie era infatti sempre stato lo stesso: rivivere all'infinito il momento agghiacciante in cui la sua mente si svuotava delle poche nozioni che aveva provato a fissare con ore di ripetizione e si riempiva delle parole lapidarie, intrise di cattiveria, con cui la De Graaf la inchiodava ogni volta alla sedia, costringendola ad abbassare lo sguardo per la vergogna. "Ci sono allievi intelligenti e allievi che si impegnano; grazie per avermi dato l'ennesima conferma che tu non appartieni a nessuna delle due categorie, Lambert". Fino a quel giorno non c'era stato niente di peggio, per Camelie, che subire gli abusi verbali della professoressa De Graaf. Fino a quel giorno.

La ragazza si avvolse nella pelliccia di zibellino. Nonostante il tepore dell'abitacolo, era infatti scossa dai brividi. Tornò a concentrarsi sul paesaggio che scorreva ipnotico sotto di loro. Non aveva idea di dove fossero esattamente, nelle terre sconfinate che portavano il suo nome; né riusciva a identificare gli alberi rachitici illuminati tetramente dalle luci della navicella. Suo padre aveva tentato in tutti i modi di farle memorizzare la mappa delle coltivazioni da cui dipendeva la loro ricchezza; per anni l'aveva martellata con domande trabocchetto, finché non si era convinto che Camelie fosse un caso perso. Il severo e impaziente Antoine Lambert aveva deciso che non valesse la pena continuare a investire tempo e speranze nella sua unica figlia.

La ragazza soffocò un singhiozzo e il risultato fu un verso simile a un grugnito, che l'udito fine di sua madre colse immediatamente.

«Ti sei comportata in modo davvero infantile stasera. Non c'era bisogno di rendere palese a tutti che sei infatuata del tuo futuro marito. Sembravi una bambina davanti a una scatola di cioccolatini, non una donna che ha fatto il suo ingresso in società da oltre due anni.»

Il rimbrotto di Graziella costrinse Camelie a ripercorrere quanto era accaduto alla cena. Rivide nitidamente l'immagine di Kennedy, l'uomo che aveva supplicato i suoi genitori di poter sposare, che si passava ammiccante una mano tra le gambe, rivelando agli amici come la fidanzata l'avesse provocato tutta la sera, obbligandolo a ricambiare le sue attenzioni nonostante la considerasse ripugnante.

Camelie si morse a sangue le labbra per non rispondere per le rime alla madre e per non supplicare il padre di annullare seduta stante il fidanzamento. Antoine avrebbe probabilmente minacciato di buttarla giù dal velivolo; non era il momento di tirare fuori un argomento tanto delicato, non quando l'unica preoccupazione di lui era controllare che in sua assenza gli schiavi non avessero creato problemi.

Con un tonfo sordo la navicella si fermò a mezz'aria e scese perpendicolarmente verso il suolo, auto-parcheggiandosi nello spiazzo deserto di fronte al magazzino N025. Senza neanche salutare, il capo famiglia arrotolò in fretta e furia il tablet di ultima generazione e si catapultò all'esterno, sotto la neve sottile che aveva ripreso a scendere.

Graziella Lambert si premette un fazzoletto sul naso, per non respirare l'odore di concime bagnato misto al fetore che proveniva dalle baracche degli schiavi. Camelie, alla ricerca di sensazioni forti che la ancorassero alla realtà, inalò invece, per la prima volta nella sua vita, l'aria pregna di sudore e olezzo delle latrine. Assalita da un conato di vomito, la ragazza si pentì di non aver imitato la madre come ogni altro giorno e quasi ingoiò il fazzoletto inumidito con l'Acqua di Colonia.

Nel tragitto verso casa, Graziella continuò a punzecchiare la figlia, ma Camelie si era chiusa in un silenzio per lei innaturale. Con la fronte appoggiata al finestrino e le unghie fresche di manicure che picchiettavano istericamente sulla maniglia, la ragazza trattenne il respiro per concentrarsi su qualcosa che non fosse la voce lamentosa della madre. Non le importava se la donna si era sentita umiliata dal suo comportamento, sapeva benissimo che la vera umiliazione erano stati i gioielli della signora Holsen. Vedere una donna il cui patrimonio ammontava forse a due terzi del loro, sfoggiare le pietre più costose di Nilemouth, era stato senza alcuna ombra di dubbio il vero affronto della serata.

Non appena l'aeromobile planò sulla loggia della villa, Camelie afferrò i guanti ancora bagnati e si precipitò all'interno. Attraversò le anticamere in apnea, finché non ebbe chiuso a chiave la porta d'ingresso alle sue stanze lavanda, quelle che utilizzava quando non voleva essere raggiunta dall'incessante vocio del viavai casalingo. Il silenzio dell'ala nord della villa era infatti un toccasana per le emicranie croniche che la torturavano da quando era bambina. Sebbene il padre avesse smentito la sua teoria più e più volte, Camelie era convinta che il dolore che la aggrediva frequentemente, costringendola a rimanere a letto talvolta per giornate intere, fosse un effetto collaterale delle manipolazioni genetiche con cui i genitori avevano ritoccato il suo corpo a piacimento.

Finalmente lontana dalle lamentele della madre e dai pettegolezzi della servitù, Camelie cacciò a male parole la sua cameriera personale, che si era semplicemente premurata di controllare se stesse bene, e prese a camminare tra i mobili pastello come un topo in gabbia. Disturbata dal tentativo di una seconda serva di entrare, la giovane Lambert le sbraitò contro attraverso la porta serrata, urlando istericamente che non aveva bisogno di aiuto per cambiarsi, né di una cuffia neurostimolante per il mal di testa.

Lo sguardo le cadde sul vestito che indossava, il più bello del suo guardaroba, rovinato dal nevischio sporco, e la ragazza fu colta dalla frenesia di toglierselo di dosso. Come in preda a un insoffribile prurito, contorse il braccio per cercare la lampo e tirò con tutta la forza che aveva in corpo, sgusciando fuori dalla gonna a balze e dal corpetto di seta e cotone. Rimase in sottoveste, ancora in preda al tremore incontrollabile che l'aveva colta nella tenuta Holsen.

Con un gesto per lei meccanico, raccolse l'abito dal pavimento e prese a scrollarlo con veemenza, certa che qualcosa fosse rimasto tra le pieghe: un souvenir della serata; un cimelio insignificante che per qualche incomprensibile motivo l'aveva attratta; un oggetto qualunque che doveva a tutti i costi essere suo.

Un tintinnio la fece tornare in sé e Camelie vide la posata che era caduta dai suoi indumenti. Un cucchiaino d'argento, dall'estremità decorata finemente con lo stemma degli Holsen, giaceva solitario sul pavimento di marmo artificiale. Un cucchiaino. Si era portata dietro solo un cucchiaino. Si chinò a raccogliere la devastante conferma che la prima parte della serata era andata molto bene, se la sua cleptomania si era limitata a trafugare solo la più piccola tra le posate. Non era andata semplicemente bene: tutto era stato perfetto finché...

Camelie strinse con foga l'oggetto; strinse finché le vene blu del polso non furono in rilievo e il metallo non le segnò la carne; strinse, strinse colta da una rabbia impotente, e finalmente riuscì a liberarsi dell'urlo tappato in gola da quasi due ore. Con violenza scagliò il cucchiaino contro lo specchio a muro, e con soddisfazione lo vide andare in frantumi.

Ebbe il tempo di specchiarsi un'ultima volta tra le crepe, la frazione di un secondo. Quando riaprì gli occhi la sua immagine non c'era più, così come non c'era più il futuro che aveva atteso con trepidazione per anni.

Dietro le quinte

Chiaramente Camelie "non ci sta tutta". Insomma, un conto è essere viziati, un conto è urlare contro la servitù e spaccare gli specchi. Che poi, evidentemente nell'era ultramoderna hanno dimenticato la superstizione dei sette anni di sfiga. Come se Camelie ne avesse bisogno... Le sue disgrazie sono già scritte; così ci ha semplicemente messo la firma.

Se a questo punto vi fa ancora pena, mi tocca proprio svelarvi di che pasta è fatta. 

Ma la vera domanda è: che ci farà mai con il cucchiaino degli Holsen? Lo restituirà? Ci farà colazione tutte le mattine? Lo chiuderà nel suo scrigno segreto degli oggetti rubati? Ci farà qualche rito voodoo? Lo fonderà per farci un proiettile con cui uccidere a sangue freddo il suo fidanzato?

Il prossimo aggiornamento è previsto tra due settimane. Magari l'enigma del cucchiaino rubato verrà svelato!

Elaine 🥄

PS Il capitolo vi è sembrato troppo lungo?

PS2 Non siate lettori silenti! Se il capitolo vi è piaciuto, spero che vi ricordiate di lasciarmi un segno del vostro passaggio... 🐾

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