Ai confini del vuoto 1 - Prog...

De smallcactusstories

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La guerra tra Alleanza di Mu e Federazione di Lemuria si protende ormai da quasi dodici anni, dato che nessun... Mais

Premessa
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16 (Axel)
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30 (Aesta)
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35 (Nayla)
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Note
Extra 2: Personaggi
Extra 3: Playlist
Extra 4: Cose varie ed eventuali
Extra 5: disegno
Ringraziamenti

11

189 26 62
De smallcactusstories

Mordo la parte superiore della penna, non riesco a concentrarmi. Gli altri stanno discutendo, ma io ho perso il filo logico ore fa, forse già dopo le prime parole dei soliti discorsi di rito all'inizio delle riunioni.

Sembrerebbe che niente sia cambiato dall'ultima volta che il Consiglio è stato riunito – prima che l'Alleanza ci attirasse in trappola – eppure so che non è così: il clima è teso, quelle poche parole che riesco a capire sono di frasi taglienti, vomitate da chi vorrebbe usare le maniere forti negli interrogatori.

Lancio un'occhiata di sfuggita ad Aesta, seduta come sempre al mio fianco. Tiene gli occhi fissi sullo schermo, continuando a prendere appunti; serra le labbra di tanto in tanto, come se volesse trattenersi dal dire qualcosa. All'improvviso la appoggia sul tavolo, saltando in piedi.

«Io non ho intenzione di sopportare ancora queste ingiurie, De Algy» sbotta stringendo le mani sul bordo e voltandosi di scatto verso destra, guardando indietro.

«Aesta, siediti, dannazione» le dico a bassa voce afferrandole la manica della giacca. «Uno scandalo è l'ultima cosa che potrebbe capitare in questi ol».

«Paura di perdere il comando, Rayegan?»

Stringo i pugni, voltandomi verso chi ha parlato: De Algy tiene il palmo della mano sinistra rivolto verso l'alto, ghigna, continuando a fissare me e Aesta.

«No». Aesta si risiede, incrocia le braccia. «Spero davvero che il gel che usa per tenere indietro quei suoi dannatissimi capelli biondo platino sia infiammabile» borbotta fra sé.

«Signori, per favore». La voce di uno dei capi politici risuona nella sala, coprendo il mormorio che era nato nelle file tra noi e De Algy. «Abbiamo problemi molto più importanti rispetto a battibecchi interni. Il motivo della nostra discussione odierna riguardava Minerva, non imputazioni processuali del comandante e primo ufficiale della Starfall pertanto vi prego di tornare in silenzio».

Il mormorio si calma pian piano, mentre l'aria si fa sempre più tesa: una soluzione a Minerva esiste, ma ci farebbe perdere la nostra arma principale – cancellare del tutto il codice.

«Comandante Davith, lei che dice? Ha seguito il progetto fin dalle prime fasi, immagino sia quella che lo conosce meglio».

Sospiro, guardando lo scarabocchio che ho fatto sulle note del tablet. «Non abbiamo tempo per fare ciò che pensavo – riscrivere del tutto il codice. Posso recarmi su Minerva, di nuovo, e controllare che l'Alleanza non abbia fatto alcuna modifica. Nei ol scorsi dalla Starfall sembrava tutto operativo».

«Vivi, sei sicura?» chiede Aesta non appena usciamo dalla stanza; continua a parlare, mentre il tablet vibra, annunciando l'approvazione della proposta. «L'Orlan potrebbe aver aperto il portale e lavorato da lì per quel che ne sappiamo. Sembrava, appunto, ma non ne abbiamo la certezza».

«Sì: ha il progetto. Non i codici da inserire per svolgere determinate azioni. E quelli scritti lì... be', li cambio con una frequenza piuttosto elevata e li conservo in un posto molto sicuro».

«Non dirmi che è la scatola in cui conservi quelle tue dannatissime bustine di tè da cui non ti separi mai».

Mi guardo intorno, accertandomi che nessuno sia abbastanza vicino. «In effetti sì. Comunque, dato che non posso rischiare la vita di troppi uomini né ho intenzione di usare la Starfall, dal momento che deve essere riparata per bene al motore, dovresti rimanere a controllare i lavori. Andrò da sola, con Axel».

Lei alza entrambe i sopraccigli. «Voi due, da soli, su Minerva? Sicura di tornare viva?»

«Posso solo sperarlo».

«E così dovremmo tornare su quell'ammasso di sassi? Che cavolo, che vita di merda. Credevo fosse un onore pilotare l'ammiraglia, non un rischiare la vita ogni giorno per colpa di un comandante propenso alle esplosioni» mi dice non appena finisco di spiegargli la situazione. Dopo il Consiglio, sono andata a cercarlo, trovandolo nella sua camera. Come al solito, qui da lui regna il disordine: pur avendo poche cose, è riuscito a disseminarle ovunque, rendendo il camminare nella sua stanza un percorso a ostacoli peggiore di quelli eseguiti negli allenamenti, ma la cosa peggiore sono le ciabatte a forma di papera ai piedi del letto – non ho mai visto niente di più orribile.

«Non sarà niente di pericoloso questa volta».

«L'hai detto anche quando siamo finiti su quel pianeta abitato da lucertole troppo cresciute» mi fa notare appoggiando la testa al muro dopo aver intrecciato le mani dietro la stessa. Sospiro, picchiettando sul tavolo con le dita. «Quelle che Aesta trovava carine e che per poco non ci hanno mangiati vivi?»

«Sì» risponde secco Axel, incrociando le gambe.

«Punto a favore. Okay, probabilmente sarà pericoloso, ma sei l'unico di cui posso fidarmi».

Non è convinto. Alzo gli occhi al cielo, mi tocca ricorrere all'arma segreta. «Appena torniamo avrai un altro aumento, ti va bene?»

«Adesso parliamo la stessa lingua. Quando si parte?»
«Subito» gli rispondo alzandomi. «Prepara la tua roba, ti aspetto fuori».

«E l'equipaggio?» mi chiede mentre attraversiamo la pista di decollo.
«Oh, lo conosci già».

«Aspetta, vuoi dire che siamo solo io e te? Praticamente è un suicidio».
«Sì, avrei voluto portare gli stessi, ma preferisco avere qualcuno di competente a controllare i lavori e i membri dell'Alleanza non possono lasciare la superficie di Lemuria».

«Oh, perfetto... devi farmi da copilota». Mi guarda disperato mentre annuisco piano con la testa. Sappiamo entrambi che potrebbe finire male. «Spero allora di sopravvivere alle tue inesistenti capacità di volo».

Ben presto Minerva è di nuovo sotto i nostri occhi: le nubi sono diradate e la luce della stella si riflette sul vetro e sulla superficie. Ora anche le rocce assumono striature violacee in alcuni punti e brillano in altri.

«Dobbiamo scendere? Siamo a trecentotrentaquattro Befan dal cuore, a questa quota posso avere una velocità più elevata, ci arriveremo in poco tempo... stimato sono venticinque ked».

«D'accordo, come ti torna meglio».

Axel annuisce, poi vira e la nave si inclina, proseguendo verso Griba.

Guado fuori, continuando ad ammirare l'alternanza di nubi e rocce, accompagnata dal ronzio familiare dei motori della LWSS.

***

Continuo a passare le mani sugli occhi: mi bruciano ancora dopo che ho passato buona parte del tempo ad analizzare tutte le righe di codice sullo schermo. Eravamo da soli e la sensazione era strana: il radar segnava solo la presenza della Titania e del suo carico di morte, ma stavolta non ci siamo passati. Eravamo in un punto diverso di Minerva, complici di suoi moti di rotazione e rivoluzione.

«Sono ore che stai scrivendo. Che roba è? Qualche formula strana?» mi chiede Axel all'improvviso.

«Eh? No, no. È il rapporto su Minerva visto che domani devo parlare in Consiglio. Dovrebbe essere una cosa veloce visto che l'Orlan non ha fatto cambiamenti al codice. L'Alleanza non riesce ad accederci, averle dato i progetti è stato inutile per lei».

«Quando sento questi discorsi sono ben felice di fare il semplice pilota».

«Non hai idea di quanta burocrazia tu riesca a risparmiarti. Una volta con Aesta abbiamo passato la nottata a firmare documenti: fu un vero divertimento. Ma ora procedi al salto e guardiamo di tornare per cena. Non ho voglia di mangiare ancora una volta quelle scatolette».

«Certo che fanno proprio schifo, sono addirittura peggio delle solite... ma non avevano altre risorse?»

«Servono a pagarti gli aumenti, sanguisuga».

Axel scoppia a ridere, poi abbassa la leva e in un attimo siamo di nuovo nell'orbita di Lemuria.

«Difesa esterna a nave in arrivo. Identificatevi». Digito le quattro cifre del mio codice, poi rispondo alla radio.

«Codice di riconoscimento inserito».

«Atterraggio permesso» ci comunicano da terra.

«Guarda di atterrare per bene».

«È diventato il tormentone dell'equipaggio o cosa?»

«Probabile. Sono quelle cose che ti rimangono in testa».

«Mai che si accaniscano su qualcun altro però».

Mi passo le mani sul volto non appena mi distendo sul letto: ho bisogno di almeno un'ora di calma prima di riprendere con la solita burocrazia. Devo accertarmi dello stato di avanzamento dei lavori sulla Starfall, inviare il rapporto al Consiglio e domani ripeterlo davanti a tutti; se ogni cosa è regolare, ripartiremo a breve. L'Andromeda ci starà aspettando.

Qualcuno bussa poco dopo che ho inviato il messaggio al Consiglio. Che odio la gente.

«È aperto» sbuffo mettendomi a sedere, appoggiando il tablet sulla coperta nera. Non c'è molto nella stanza, se non alcune scatole impilate in un angolo di cui non ricordo il contenuto.

«Sono io, comandante». Riconosco immediatamente la voce pacata. Zavis, una delle poche persone di cui mi possa fidare cecamente; lo conosco da quando mi unii alla Federazione, fui felice del fatto che scelse di rimanere al mio fianco piuttosto che prendere il comando di un'altra astronave – in fondo vedevo in quel giovane dai capelli marroni sempre curati e gli occhi verdi un punto fermo. Il fatto che fosse anche l'unica persona oltre a me a disprezzare il caffè sulla Starfall giocava una carta a suo favore.

«Ah, ammiraglio. C'è qualche problema?»

«In effetti, sì».

Sospiro, che altro c'è ora? «Di che genere?»

«Ecco...»

«Non ho voglia di giri di parole, vai al punto e basta. Sono appena tornata da Minerva, sono stati ol estenuanti e la guerra non dà tregua».

«Si tratta del primo ufficiale Rayegan e dei prigionieri».

«Che è successo?»

«Due notti fa è sparita insieme due tecnici, ma ce ne siamo accorti solo nel pomeriggio successivo, sono decollati con una nave dell'Alleanza quindi non tracciabile dai nostri sistemi. È la stessa con cui siete tornati da Minerva. I sospetti sono riguardo a un rapimento. Non sospettano un tradimento».

Sono riusciti ad eludere tutti i controlli in quel modo, quella nave non era registrata da nessuna parte. Sospiro, passandomi una mano tra i capelli: la faccenda si è complicata. Spero davvero si tratti di un rapimento... se avesse tradito non potrei evitarle alcuna condanna.

«I prigionieri dell'Alleanza erano tre e se due sono fuggiti, che ne è stato di Brunnos?»

«Da quel che so, l'hanno ritenuto responsabile della fuga e torturato. Se non è passato all'altro mondo, be', è quasi un miracolo».

«Cosa?»

«È stato torturato» ripete impassibile. «Secondo il protocollo».

Zavis fa un cenno con la testa, poi si allontana chiudendo la porta e io rimango a fissare il muro con i pugni stretti sopra le cosce.

Afferro la giacca, correndo fuori. Mi asciugo le lacrime con il dorso della mano, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno. La strada la conosco fin troppo bene, ci sono stata troppe volte a sentire le confessioni strappate con la forza ai prigionieri; nessuno sembra far caso a me mentre corro verso le celle, mi fermo solo quando arrivo in cima alle scale: qui le pareti bianche, immacolate e ritinteggiate da poco contrastano con quel che si nasconde in fondo a questi scalini.

«Erix!»

Lui alza appena lo sguardo, il viso è una maschera di sangue, è quasi irriconoscibile.

«Vivi...»

Inserisco il codice, scivolando all'interno della cella.

«Io... mi dispiace... cosa ti è successo... è stata colpa mia...» sono sul punto di scoppiare a piangere, gli occhi già mi bruciano. Avrei dovuto pensarci, avrei dovuto immaginarlo che qualcuno l'avrebbe accusato in mia assenza.

«Basta. Soltanto, basta» sussurra. Non oso immaginare quanto dolore gli provochi parlare. «Non è colpa tua, nessuno può rimproverarti per quello che mi hanno fatto. Tu non c'entri, è stato un altro, ricordo solo che ha uno sguardo glaciale, non l'ho mai visto. Ma sappiamo entrambi chi biasimare ed è sicuro come la morte che non sei tu».

Gli accarezzo una guancia. «È De Algy, aspettava solo il momento per farti fuori. Non parlare: so cosa viene fatto ai prigionieri, soprattutto quando si vuole ottenere informazioni. Ma hai bisogno di cure, non posso lasciarti morire così».

«Perché?»

«Uno, se proprio qualcuno ti deve uccidere, quel qualcuno sono io. Due, ho capito una cosa. Sono stata una sciocca, un'idiota a non capirlo subito». Mi guarda confuso, probabilmente non si aspettava che mi precipitassi qui in ginocchio davanti a lui. «Tu... tu sei sempre stato l'unica cosa di cui io avessi veramente bisogno, io... mi dispiace non averlo capito prima».

Sorride appena, stringendo a fatica una delle mie mani. «Errore per errore, io ho sbagliato nel pensare che tutto non potesse diventare più grande».

«Sei un cretino».

Appoggia la fronte sulla mia, socchiudendo gli occhi. «Se proprio devo morire, almeno non ho il rimorso di averti solo visto come comandante nemico».

Gli accarezzo i capelli. «Devi rimetterti in forze, ho bisogno del tuo aiuto... un'altra volta».

Mi allontana da sé. «Che ti salta in mente?» Mi guarda come se avessi detto un'eresia.

«Ormai conosci il progetto, spiegare tutti i particolari a qualcun altro sarebbe troppo lungo. Aesta ha fatto i bagagli e se n'è andata, correrle dietro è solo una perdita di tempo. Se arriverà il momento opportuno, la processeremo. Sarà una pazzia inserirti nell'equipaggio della Starfall...»

Sospira. «Non credo sia la scelta migliore, rimango pur sempre un ex comandante dell'Alleanza... e non mi reggo nemmeno in piedi».

«Avrai l'onore di conoscere l'unità sanitaria, allora».


L'angolino buio e misterioso

owe, che carini. 

Non vedo l'ora di gettarvi in faccia l'angst. 



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