Che ne sai dell'amore

By Chisciotte

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Prologo
1. Nicola il poliziotto
2. Giorgio il violinista
3. Il tempo allo specchio
SECONDA PARTE
4. Due anni prima
5. Vacanze estive
6. Partenze
7. Parole lontane
11 settembre 2001
9. Ritorni
10. Notte in montagna
11. Lucio, lo studente di architettura
12. Incomprensioni
13. Il vero motivo del suo ritorno
14. Mondo capovolto
TERZA PARTE
19 giugno 2002
16. Immigration
17. La città degli angeli
18. Nani
20. Autonoleggio
21. Beach volley
22. Rosa sente le voci
23. Cinque giorni dopo
24. Giselle
25. Free English School
26. La quiete dopo la tempesta
27. Guerra e pace
28. Dal Canada con amore
29. Brutte sorprese
30. Quartiere russo
31. Un po' di pace
32. Primo giorno di scuola
33. Nikita e Capone
34. The purpose
35. Brother & sister
36. Marius
37. David e i nani
38. Riconciliazione mancata
39. Più nero che grigio
40. Nouvelle Caffè
41. Follia
42. Topanga Canyon
43. Nella tana del nano
44. Rosa nel Paese delle Meraviglie
23 dicembre 2003 (quando tutto ebbe inizio)
Epilogo
Se la storia ti è piaciuta

19. Paul

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By Chisciotte

L'impressione che ebbe fu di aver dormito moltissimo. Rosa aprì gli occhi e non riconobbe la sua camera da letto. Lentamente ricordò di trovarsi dall'altra parte del mondo con David. Anche la loro seconda notte di nozze era andata.

Si stropicciò gli occhi, si guardò intorno e trasalì quando notò il nano che la osservava incuriosito dall'alto del suo metro e venti. Solo allora ricordò lo spavento preso quella stessa notte. A Milano le era capitato diverse volte di svegliarsi di soprassalto e vedere due occhi curiosi puntati su di lei, ma la figura si dissolveva qualche istante dopo l'urlo e il completo risveglio. Quella volta non si trattava del rimasuglio di chissà quale sogno e quel nano se ne stava lì, imbambolato, a guardarla estasiato.

Scese dal lato del letto più distante da quell'incubo di marmo e senza mai perderlo di vista tirò le tende per osservarlo meglio, mantenendosi a una distanza di sicurezza. Con le dovute precauzioni, constatò che si trattava di un buffo oggetto d'arredamento, incredibilmente simile a quelli prodotti per anni dalla sua fantasia. Gli si avvicinò con cautela, carezzò la sua testolina gelida. Si inginocchiò alla sua altezza. Lo baciò sulla guancia, poi andò nel piccolo bagno annesso alla stanza.

«Chissà dov'è David?» bofonchiò, salutando con un cenno del capo il secondo nano che se ne stava a guardia del gabinetto con uno sturalavandini sulla testa e il dito indice a turare le narici, in maniera del tutto pertinente alla stanza destinatagli. «Deve essere un tipo simpatico questo Paul.»

Il nano non rispose. Ma parve allungare un po' il sorriso.

L'arrivo a Los Angeles non era stato come lo immaginava. Si aspettava una città elegante, all'europea, adagiata sul mare...

David aveva letto la delusione nei suoi occhi, che aumentava man mano che dall'aeroporto si dirigevano verso casa di Paul, nonostante i suoi sforzi per schermirla. I suoi occhi non sapevano mentire, e David era permaloso.

«Buongiorno bambolina, hai dormito bene?» s'informò David facendo capolino dalla porta.

«No, perché non hai dormito con me» rispose offesa.

«Non ho percorso dodicimila chilometri per andare a dormire con le galline, sa, Miss Rose?»

Non le piaceva Los Angeles. David lo percepiva, ed era infuriato.

«Cristo Santo, David, era la nostra prima notte insieme. Anzi, la seconda. Mi aspettavo che...»

«Non cominciare, ti prego!» la supplicò. «Dai, vieni di là. C'è Paul che muore dalla voglia di conoscerti.»

La prima notte l'avevano trascorsa a casa del padre di David a Milano, e Rosa aveva diviso la camera da letto con Rocco. Lei sul letto matrimoniale che con leggero disagio le era stato ceduto, lui sul lettino accanto al lettone dove soleva dormire il figlio e David, vista la notte afosa, aveva preferito dormire da solo sul divano in soggiorno. La seconda notte, dove l'aveva trascorsa?

In quel momento, però, aveva delle questioni ben più importanti da affrontare: Paul. In quale lingua si sarebbe rivolta a lui? Di certo non si sarebbe potuta presentare in vestaglia. Così fece una doccia veloce e non avendo il coraggio di disfare l'ingombrante valigia appoggiata ai piedi del letto, indossò i jeans e la camicetta del giorno prima. Si presentò così in salotto.

Paul appena la vide si illuminò di un sorriso sincero. David invece alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Non doveva avere gradito il suo abbigliamento.

«Nice to meet you, Paul» pronunciò con cura. Gli porse la mano che lui afferrò e scosse con vigore, poi l'abbracciò e la baciò in modo affettuoso.

Era davvero come se l'era immaginato, un uomo di mezza età molto buono e generoso. Le parlò in tono vivace, ma Rosa non comprese quasi nulla. I suoi dieci anni di inglese nella scuola pubblica italiana le avevano conferito una padronanza di quella lingua che nella migliore delle ipotesi si poteva definire ridicola.

«I'm sorry Paul. I don't speak english.»

Allora lui si concentrò un attimo e poi disse: «Bienvenita sweet Rose. Qui school of anglese. Tu will impara presto english!»

Rosa lo abbracciò di slancio. Aveva appoggiato i piedi a Los Angeles da meno di ventiquattro ore e aveva già riconosciuto in quell'uomo un amico.

Era il fidanzato a preoccuparla.

Tom: «Dove ha trascorso la notte?»

Tim: «Non lo so, Tom.»

Nel frattempo David non fece che tenerla per mano e guardarla di tanto in tanto con l'espressione di chi suggerisce di provare almeno a fingere di capire qualcosa.

«Of course!» rispose Rosa, quando riconobbe la parola 'breakfast'.

Aveva un'accidenti di fame.

Percorsero il controviale nella direzione del bar del giorno prima, e fu proprio lì che andarono a fare colazione. Rosa ordinò un cappuccio e un cornetto, David le portò dell'acqua nera con una macchiolina color latte e un muffin. Guardò il vassoio incredula, poi gli rivolse uno sguardo più smarrito che mai. A un giorno dalla partenza, iniziò a sentire una feroce malinconia dell'Italia.

«Non metterti a fare la snob del cazzo, ti prego. Mangia e fingi che ti piaccia. Non vorrai mica offendere Paul?» disse con il sorriso più falso, per non lasciare intendere al loro ospite che stavano litigando.

Rosa colse al volo l'antifona e rispose al sorriso.

Buttò giù un altro sorso di quell'acqua sporca.

«Non dirmi che qui non sanno cosa sia un cappuccino» bofonchiò.

David sorrise imbarazzato a Paul e tornò a rivolgersi a Rosa.

«Possiamo evitare di parlare in italiano, per favore? Ti accorgi almeno che stai mettendo a disagio Paul? Non si parla mai nella propria lingua tra stranieri davanti a un nativo del luogo! Ma tu che ne sai di bon ton?»

A quelle parole Rosa si sentì offesa e mortificata, quasi umiliata. Stentava a riconoscere il suo fidanzato, per il quale aveva lasciato tutto. Era passato dal trattarla con dolcezza e rispetto al considerarla una stupida provincialotta ignorante.

Provò a ricordare ciò che aveva imparato in dieci anni di studio della lingua inglese, maledicendo il suo paese che dava poco spazio a una materia tanto importante.

Che sarà mai l'inglese confronto all'italiano? Forza, Rosa...

In effetti l'inglese aveva una grammatica elementare, ma a lei mancavano i vocaboli.

«Presto acquisterò un dizionario, così riuscirò a parlare con voi» disse in un inglese appena comprensibile.

«Good pronunciation girl! Yes, between two weeks - I'm sure! - we'll do great chiacchierate!»

«I hope that» rispose Rosa gettando la spugna.

Osservò David, che si dimostrò compiaciuto per quella sua timida ripresa, e si sforzò di buttar giù la pessima colazione.

Dai discorsi che sentì fare loro, intuì che Paul li avrebbe accompagnati a noleggiare l'auto che li avrebbe resi indipendenti per qualche giorno. Ripeté che era molto lieto di ospitarli, ma che avrebbe potuto farlo al massimo per venti giorni, perché poi sarebbero arrivate altre persone e con suo grande rammarico disponeva di un'unica camera per gli ospiti.

Arrivati davanti al garage di casa, tirò fuori una fiammante Mercedes SLK a due posti. David occupò subito quello accanto al guidatore, temendo che Paul avrebbe preferito la compagnia di Rosa anziché la sua. L'avrebbe lasciata a casa volentieri, ma Paul le fece segno di accomodarsi sulle gambe del fidanzato. Decappottò l'auto e partirono tutti e tre, con David sbigottito e lei mortificata, alla volta del negozio di auto a noleggio su Sunset Boulevard, a tre miglia dalla casa di Paul.

«Come in Calabria» ironizzò Rosa. «Si dorme con le porte aperte e si viaggia sulla Vespa in tre senza casco.»

David non reagì. Era davvero infuriato. Il paragone Calabria/California non sembrò andargli a genio.

Tim: «Forse avrebbe voluto tornare in California da solo. Allora perché le ha chiesto di seguirla?»

Paul li salutò davanti al concessionario, li informò che lo attendeva un pranzo di lavoro e che si sarebbero visti la sera stessa. E Rosa, che non vedeva l'ora di restare sola con David per potergli parlare in italiano e capire cosa c'era che non andava, ringraziò Paul non solo con le parole, ma anche con uno sguardo pieno di riconoscenza.

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