Falling for a Challange

By ravenxblood

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La Temperance High School è conosciuta per le sue famose Challenges e questo Mavis Hopkins lo sa benissimo pe... More

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▷ due
▷ tre
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▷ sei
▷ sette
▷ otto
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▷ quattordici
▷ quindici
▷ sedici
◇ Cassie 👭
▷ diciotto
▷ diciannove
▷ venti
◇ Maryse 💔
▷ ventuno
▷ ventidue
◇ Jeremy 👊
▷ ventitre
◇ Morgan 💣
▷ ventiquattro
▷ venticinque
◇ Maryse 💏
▷ ventisei
▷ ventisette
▷ ventotto
▷ ventinove
◇ Tyler 🌈
▷ trenta
▷ trentuno
▷ trentadue
◇ James 🚬
▷ trentatré
▷ trentaquattro

▷ diciassette

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By ravenxblood

Due minuti. Erano passati due minuti da quando eravamo entrati nel negozio di ferramenta e già avevamo discusso su quale blu scegliere per dipingere il cielo.

«La camera è mia quindi decido io con quale vernice dipingere la parete», borbottai, rimettendo sullo scaffale il blu scuro che aveva scelto Morgan e sentii quest'ultimo sbuffare alle mie spalle.

«Ma quella era bella! Questa che hai scelto tu è troppo chiara», vidi una mano del ragazzo alle mie spalle passarmi vicino al viso, la quale andò poi ad afferrare un barattolo di vernice bianca.

Inarcai un sopracciglio, accigliata e mi voltai verso di lui per una spiegazione.

«Possiamo usare la vernice bianca per schiarire il blu scelto da me, creando così delle sfumature, ma non adopereremo quello che hai in mano tu. È orribile», detto quello mise la pittura bianca nel carrello e pochi secondi dopo, anche quella che io avevo rimesso al suo posto. Sbuffai ancora.

«O le prendiamo tutte e due oppure ti scordi che io ti faccia dipingere con quel colore», gli puntai un dito contro, cercando di guardarlo nel modo più minaccioso possibile, ma al posto di incutergli paura, lo feci sorridere divertito.

Morgan avvicinò pericolosamente una mano alla mia testa poi mi spettinò i capelli, muovendola con velocità e facendomi gridare istericamente, «Sei incorreggibile, piccola Mavs.»

Picchiettai i piedi per terra poi arricciai le labbra, indispettita, «Le prendiamo entrambe e smettila di trattarmi come una bambina», gli sbraitai contro, colpendolo con un pugno sul petto.

Lo vidi ampliare il suo ghigno poi mi diede un buffetto sulla fronte che mi fece emettere un versetto infastidito e nel frattempo cercai pure di allontanarlo da me.

«Sei una bambina capricciosa, ma mi piaci anche così.»

Gli feci il verso poi chinai il capo verso il basso, provando a nascondere le gote arrossate per una strana emozione che avrei preferito non provare e infine gli mostrai il dito medio, «Vai a cagare.»

Sentii sfiorarmi il mento e pochi attimi dopo mi ritrovai con lo sguardo intrecciato con quello di Morgan, il quale mi stava fissando con una tale intensità da farmi capovolgere lo stomaco oppure era ancora il pasticcio di carne?

«Sei arrossita quindi vuol dire che ti piaccio anche io», mi mostrò un sorriso che mi fece venire la pelle d'oca poi lasciò andare la presa e io tornai a respirare normalmente mentre con lo sguardo vagai ovunque tranne che di fronte a me.

Ma come si permetteva di accusarmi di una cosa così innaturale? Io avere una cotta per lui? Ah, ma che mi facesse il piacere!

Non ci eravamo sopportati per un'infinità di tempo e ora se ne usciva con una cavolata del genere? Poi come poteva dirlo se stava con Cassidy? Lei era una così brava persona e lui proprio non se la meritava.

«Piantala di dire stronzate e finiamo di comprare la vernice che poi ci tocca la parte più difficile», borbottai atona, afferrando il carrellino e allontanandomi da lui.

Morgan arrivò al mio fianco con poche falcate poi incominciò a fischiettare, guardandosi in giro alla ricerca di uno stencil adatto.

Era la prima volta dopo quattro anni che ridipingevo la mia camera.

Era successo durante l'estate dei miei dodici anni. Con l'aiuto di mio fratello e nostro padre, avevamo tolto quell'orribile rosa fluo dalle pareti, sostituendolo con un bellissimo azzurro pastello che tuttora illuminava la mia stanza, anche se in certi punti era rovinata o sporca.

Ci eravamo divertiti moltissimo quel giorno quindi perché non provare a farlo anche questa volta?

Sapevo di doverlo fare con Morgan, ma potevo provare a mettere, almeno un po', da parte il mio astio nei suoi confronti per qualche ora e dipingere la mia camera in santa pace.

«E se al posto di un cielo stellato, facessimo una galassia?», proposi, adocchiando degli stencil molto carini che sembravano schizzi di pittura che usati con la vernice fluorescente ― che dovevamo ancora trovare ―, avrebbero creato delle macchie luminose che potevano dar l'impressione di una galassia, o almeno così credevo.

«E i guardiani dove li lasciamo?», Morgan mi prese dalle mani gli stencil e ne diede una fugace occhiata, «Non male come idea, però. Può andare.»

Era la prima volta che io e Morgan facevamo qualcosa insieme, soprattutto perché il nostro rapporto non si era mai evoluto. Eravamo rimasti dei semplici "conoscenti" o meglio, per me lui era l'amico di mio fratello e be', ora anche il fidanzato di Cassie mentre io per lui non sapevo chi fossi.

Forse ero semplicemente la sorella di Jeremy che di tanto in tanto voleva far esasperare.

C'era stato un periodo ― forse durante il primo anno ― in cui avevo provato a riavvicinarmi a Morgan, ma la sua risposta era stata una grandissima negazione e poi una bella risata con i suoi amici, giusto per mettermi ancora più in imbarazzo.

Da quel momento mi ero detta e ripetuta che non avrei mai più cercato di recuperare quel rapporto quasi inesistente che si era creato tra noi e proprio per quello, adesso mi sembrava troppo strana e forzata la nostra vicinanza.

Non riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa. Fino a poco tempo prima non mi avrebbe nemmeno rivolto per sbaglio la parola davanti ai suoi amici mentre ora ci stavo pure in coppia per una challenge e lui non sembrava minimamente preoccupato di passare i pomeriggi con me.

Sì, era vero che anche Cassidy si era avvicinata tutto d'un tratto a me, ma per qualche motivo che ancora dovevo capire, lei mi trasmetteva fiducia.

Non mi sentivo come se da un momento all'altro, potessi venir pugnalata alle spalle da lei mentre con Morgan sì, e forse era semplicemente perché mi ero già scottata in passato con lui quindi faticavo a dargli fiducia. A dargli il beneficio del dubbio.

Poi mi sembrava che io e Morgan fossimo due poli opposti e proprio per quello, ero più che convinta che non saremmo mai riusciti ad andare d'accordo, almeno non del tutto.

Era difficile per noi stare in una stanza o in qualsiasi altro posto, senza litigare almeno un po'.

Io era la fiamma che ardeva di rabbia repressa e lui era l'acqua che provava a soffocarmi e a spegnere lentamente le mie emozioni.

«Mavs, le prendiamo oppure no?», vidi due dita schioccare davanti al mio viso e per quello sobbalzai all'indietro, spaventandomi per nulla dato che era ovvio che fosse Morgan. Che rincoglionita.

«A quanto pare, neanche mi stavi ascoltando. Grazie mille eh», Morgan sbuffò sonoramente poi buttò qualcosa nel carrello che solo dopo avergli lanciato un'occhiata, capii trattarsi degli stencil che sembravano dei schizzi di pittura.

Roteai gli occhi, scocciata poi risposi con un pesante sbuffo, «Prego cento eh.»

Mi fissò di sottecchi coi i suoi occhi scuri e penetranti poi li alzò al cielo, spalmandosi una mano sul viso, «Sei pessima.»

«Oh cielo, che coppia carina che siete! Mi ricordate tanto me e mio marito durante la nostra giovinezza.»

Una donna anziana dai capelli bianchi come il latte, raccolti in uno chignon alto e dalle profonde rughe intorno agli occhi e alla bocca distesa in un sorriso, fissò me e Morgan con felicità.

Arcuai un sopracciglio, confusa e evitai di risponderle mentre, al mio fianco, Morgan ridacchiò sommessamente, ma io lo sentii forte e chiaro.

Da dove l'era uscita questa cosa della coppia? Da quando io e Morgan sembravamo una coppia?

«La ringrazio molto», una mano di Morgan si posò su un mio fianco e col braccio mi strinse a sé, facendomi imbarazzare. Mentalmente lo maledii in tutte le lingue del mondo.

«Mio marito ed io alla vostra età eravamo già sposati e con un pargolo a carico. Santo cielo come passa il tempo!», vidi gli occhietti vispi e grigi della donna allungarsi verso l'interno del nostro carrello poi il suo sorriso si ampliò. Che diavolo stava andando a pensare?

«Siete in procinto di divent―»

«Nonna! Ho trovato il colore per la mia camera», strillò una vocina femminile dietro alle spalle della signora che spalancò gli occhi per lo stupore.

Pochi secondi dopo comparve una bellissima bambina dai capelli neri, legati in due trecce e con indosso una maglietta di Wonder woman e un paio di leggings neri che teneva in mano una bomboletta spray color verde limone.

Gliela mostrò tutta felice mentre io ridacchiai a bassa voce perché di certo non avrebbe potuto pitturare le pareti della sua stanza con quella bomboletta e nel frattempo mi scrollai di dosso la mano di Morgan che borbottò quanto fossi acida con lui.

Gli mostrai il dito medio poi lo colpii su un braccio con la mia spalla, «Con te sempre.»

«Oh, Alice... Questa non va bene, ma se ti piace il colore, lo possiamo cercare nel reparto giusto», la donna provò a scompigliarle i capelli, ma lei si scostò e incrociò le braccia al petto, con la bomboletta intrappolata fra esse e il labbro inferiore sporto in fuori in un'espressione offesa.

Vedendola, mi ritornò in mente me stessa a quell'età. Ogni volta che trovavo qualcosa che potesse piacermi, i miei genitori smontavano le mie idee e poi proprio per quello stavo tutto il giorno col broncio o almeno fin quando non riuscivo ad ottenere quella cosa che tanto avevo desiderato.

«Sì, voglio questo colore. Il rosa non mi piace! Lo detesto. Perché Jack ha la camera azzurra mentre io rosa? Anche io la volevo azzurra», si lamentò la bambina poi voltò lo sguardo verso di me e mi fisso di sottecchi.

«Tu di che colore hai la stanza?», mi chiese, incominciando a dondolarsi su se stessa e arricciando di tanto in tanto il naso.

«Azzurro pastello, ma oggi cambierò il colore ad una parete.»

«Perché?»

«Perché... Perch―»

«Perché abbiamo deciso di creare qualcosa di artistico nella sua camera. Sai, per avere qualcosa che possa sempre farle tornare in mente me e il nostro amore», rispose Morgan al mio posto, sorridendo affettuosamente alla bambina e a quelle parole spalancai gli occhi poi mi voltai verso di lui e gli schiaffeggiai un braccio.

«Non dire sciocchezze, Morgan!», esclamai furiosamente.

«Siete fidanzati?», chiese la bambina poi storse il naso schifata, «I maschi non servono a niente.»

Scoppiai in una fragorosa risata poi annuii verso la bambina mentre l'anziana l'ammonì, pizzicandole una guancia e facendola mugugnare, infastidita.

«Alice, ma cosa dici? Scusatela, è molto ribelle.»

La signora sospirò poi scosse il capo mentre la nipote batté i piedi per terra, emettendo versetti lamentosi.

«Non si preoccupi e buona giornata», sorrisi alla donna poi guardai la bambina, «E tu fai la brava, ma ovviamente continua a pensarla in questo modo», le feci l'occhiolino e lei ridacchiò.

Sentii Morgan mormorare il mio nome quasi in modo esasperato poi afferrandomi per un polso, mi strattonò verso di lui, «Forza, andiamo a finire di comperare l'occorrente per dipingere che poi dobbiamo sbrigarci a finire prima della fine della giornata», mi sussurrò infine all'orecchio.

***

Avevamo appena finito di spostare il letto e i comodini e ricoprire tutte le parti che non dovevamo toccare con la pittura e già ero stanca.

Sbuffai, buttandomi di peso morto sul letto mentre Morgan continuò a trafficare con qualsiasi cosa facesse quel rumore fastidioso.

Mi massaggiai le tempie poi con una mano tastai le coperte alla ricerca del mio cellulare. Avevo bisogno di messaggiare con Maryse; almeno lei mi avrebbe fermata dall'uccidermi con un secchiello di vernice.

«Sfaticata, perché non alzi quel gran culo che hai e inizi a dare la prima passata di blu?»

Percepii le dita lunghe e calde di Morgan stringersi intorno alla mia caviglia e senza darmi il tempo di ribellarmi alla sua presa, mi ritrovai col sedere dolorante e a terra. Morgan di fronte a me che mi fissava con sguardo severo e le labbra tese in una linea retta.

«Vuoi alzarti oppure devo chiamare i soccorsi?»

Dopo essermi rialzata da terra mi massaggiai una natica dolorante, poi senza rispondergli, aprii il secchiello di vernice e sembrerà da folli, ma inspirai a pieni polmoni l'odore della pittura che adoravo tanto quanto quello della benzina o del solvente per unghie. Sì, ero strana.

Alla cieca trovai un rullo che avevamo comprato quel pomeriggio e lo intrisi di pittura poi lo piazzai davanti al muro e incominciai a farlo rotolare su di esso, coprendo il mio adorato azzurro pastello.

Passammo una quindicina di minuti in totale silenzio. Sul serio, Morgan non aveva nemmeno provato a chiedermi aiuto per passargli i secchielli, piuttosto era sceso dalla scala e se li era presi da solo.

Era strano. Molto strano questo suo silenzio. Forse non voleva incominciare discussioni che come una stupida avrei fatto iniziare io e il perché nemmeno lo sapevo con esattezza.

Solo che mi stavo annoiando. Ero proprio stata sciocca a non accendere il mio stereo, almeno avremmo ascoltato buona musica. Ora certamente non potevo toccarla perché avevo i guanti totalmente sporchi di vernice blu.

Sembrava quasi avessi infilato entrambe le braccia dentro al secchiello di vernice perché sennò non mi spiegavo tutto quel colore che avevo impregnato nei guanti.

Emisi un lungo sospiro che poi si trasformò in uno sbuffo, quando vidi che Morgan aveva continuato a pitturare senza degnarmi di uno sguardo. Era arrabbiato con me?

Mi alzai da terra, sì perché ero seduta sul pavimento mentre dipingevo delle macchie di pittura fluorescente su quella parte del muro, e di soppiatto mi avvicinai a lui. Tanto non sembrava non avermi notata; era troppo concentrato a sfumare il blu.

Mi misi in punta di piedi poi gli passai il rullo sporco di pittura sulla schiena. Morgan emise un grido ruggente mentre io scoppiai in una fragorosa risata, appoggiando una mano sullo stomaco poi mi allontanai svelta da lui, dato che stava scendendo dalla scala.

«Oh Mavs, non avresti dovuto farlo», mi minacciò con lo sguardo, ma io continuai a ridere, trovando il tutto troppo esilarante.

«Be', mi stavi ignorando», borbottai, puntandogli contro il rullo.

Esattamente perché il fatto di essere ignorata da lui mi dava così tanto fastidio? Non ero stata io a non volerlo tra le scatole, proprio perché non lo sopportavo?

Sul viso di Morgan nacque all'istante un sorrisetto compiaciuto che mi fece girare le scatole poi arcuò un sopracciglio scuro, «Ora ti da fastidio se ti ignoro? Ma non eri stata tu a dirmi che non sopportavi me e la mia presenza?»

Feci spallucce, inclinando la testa di lato e impensierendomi. Non sapevo cosa rispondergli perché io stessa ero confusa.

«Senti, lascia perdere. Tu continua pure quello che stavi facendo e torna ad ignorarmi.»

Feci per tornare alla mia postazione, ma Morgan mi agguantò da un braccio e mi attirò a sé, facendomi scontrare contro il suo petto e sfiorandomi il collo col suo respiro caldo.

Rabbrividii fra le sue braccia poi provai a divincolarmi, ma lui mi strinse maggiormente a sé, facendomi sentire in imbarazzo. Perché diavolo faceva così?

«Mavis... Mavis, perché fai sempre così? Ammetti che ti da fastidio essere ignorata da me e finiamola qui», la sua voce roca mi accarezzò il timpano dell'orecchio destro a cui aveva avvicinato il viso, facendomi rabbrividire ancora contro di lui.

«In realtà non mi da fastidio essere ignorata da te, ma da qualcuno che è nella mia camera e finge che io non esista. Tutto qui. Anche se fosse stato qualcun'altro, mi avrebbe fatto girare la palle venir ignorata.»

Lui scrollò le spalle con nonchalance e per quello io venni mossa leggermente, prima a destra e poi a sinistra fra le sue braccia robuste.

Pochi secondi dopo si staccò da me poi mi fece voltare verso di lui e prima di poter dar fiato ai miei pensieri, mi spennellò il collo e il solco tra i seni di blu chiaro.

Strillai, strizzando gli occhi e battendo i piedi per terra per il nervoso poi col rullo sporco di vernice, gli imbrattai un braccio.

«Stronzo!»

Morgan ghignò con furbizia poi intrise il pennello nella pittura e successivamente allungò il braccio verso di me quindi balzai all'indietro per evitare di farmi sporcare ancora da lui, ma lo mosse violentemente e la vernice schizzò sul mio viso.

Chiusi con forza gli occhi e dischiusi la bocca, sentendo la vernice colarmi lungo le labbra e dalla punta del naso.

Mi strofinai una manica della felpa sul viso per pulirmi mentre pensai a come vendicarmi di Morgan.

Lo fissai di sottecchi poi fulminea corsi verso il secchiello di vernice blu scuro e intrisi il rullo al suo interno, con già in mente il viso di Morgan imbrattato di quel colore. Ghignai perfidamente.

Mi diressi verso di lui e gli passai il rullo sul viso, sentendolo annaspare in cerca d'aria, «Ora siamo pari, Cooper», sghignazzai.

Nemmeno il tempo di pensare che quella stupida battaglia fosse conclusa, che il signorino iniziò una vera e propria guerra a base di vernice.

Gridammo. Ridemmo. Ci riempimmo di vernice dalla testa ai piedi, ma alla fine riuscimmo a concludere di dipingere la parete, inviando una foto del lavoro finale sul gruppo degli organizzatori della challenge.

Scivolai a terra, stremata e grondante di vernice e sudore, ma almeno ero molto soddisfatta del lavoro che avevamo svolto, sorprendentemente divertendoci pure.

«Sai Mavs, tu sei come un aquilone», biascicò Morgan sdraiandosi al mio fianco in mezzo alla stanza.

Voltai il viso verso di lui e lo fissai confusa, «Cioè? Leggera?»

«No. Se ti lascio andare lontano, rischio di non riuscire più a riavvicinarmi a te mentre se tiro troppo il filo, rischio di spezzarlo e di perderti per sempre. Tu sei l'aquilone che vuole essere libero e io sono l'uomo che cerca disperatamente di non lasciarti andare via, magari per sempre», concluse con un sospiro pesante, che mi fece quasi pensare che fosse davvero pentito di avermi lasciata andare, ma non potevo e non riuscivo ancora a fidarmi di lui.

Sentii la sua mano sfiorare la mia e per quello la ritrassi all'istante in totale imbarazzo poi mi schiarii la voce e reindirizzai il mio sguardo verso il soffitto bianco, ora molto più interessante degli occhi velati di dispiacere di Morgan.

«Niente è per sempre, Morgan. Prima o poi il filo si spezzerà lo stesso, soprattutto se continui a fare andare l'aquilone troppo lontano per poi strattonarlo con forza e avvicinarlo nuovamente a te, senza però volerlo tenere stretto sempre e non solo quando ne hai voglia o ti fa comodo.»

Io non ero un qualcosa da usare e poi gettare via quando non se ne aveva più bisogno e quello, Morgan, doveva capirlo una volta per tutte.

Io non potevo sorridergli e dirgli che lo avrei perdonato subito, solo perché adesso sembrava essersi pentito di quanto fatto in passato. Come potevo fidarmi così su due piedi? Se davvero teneva a me, doveva dimostrarmelo e non solo attraverso quella stupida sfida, dannazione!

Doveva dimostrarmelo attraverso i gesti, ma soprattutto doveva riguadagnarsi la mia fiducia perché, prima di tutto, doveva farsi perdonare per avermi ignorata per tutti quegli anni e per avermi trattata con sufficienza davanti ai suoi amichetti.

«E se non volessi farlo andare troppo lontano, anzi vorrei riavvicinarlo a me, ma è lui stesso che si allontana ad ogni folata di vento?»

«Se fosse davvero così, forse è perché l'aquilone ha paura di quello che tu potresti fargli una volta vicino a te. Forse ha paura di venir distrutto, spezzato da te», socchiusi gli occhi e sospirai pesantemente.

«Il filo si sta consumando lentamente. Se davvero vuoi avvicinare l'aquilone a te, devi sbrigarti perché il filo prima o poi si spezzerà e lo perderai sul serio», continuai, mormorando a bassa voce poi mettendomi seduta, portai il mio sguardo verso Morgan e vidi che anche lui mi stava guardando, cosa che mi provocò dei brividi lungo la schiena.

Gli mostrai un accenno di sorriso e mi alzai in piedi, spolverandomi i jeans sporchi di pittura.

«Ho voglia di gelato. Tu?»

«Mavis...», fece una pausa in cui sospirò poi scuotendo il capo come a voler scacciare via quello a cui stava pensando, annuì una sola volta, «Sì, pure io.»

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