Storia di un ladro - ZAYN

By needzmhug

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La storia racchiude contenuti e parti non adatti ad un pubblico sensibile o facilmente impressionabile. La s... More

STORIA DI UN LADRO
1- The Symbol of Santa Fe
2- Welcome to My World
4- Promises

3- Look After You

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By needzmhug

Quella sera stessa decisi che non sarei andata a scuola, il giorno dopo.

Pensai a tutto ciò che sarebbe potuto succedere e a quel ragazzo che mi avrebbe seguita, o forse mi avrebbe semplicemente trovata e spaventata, ed io tremavo già alla sola idea di trovarmelo difronte.

La sua pistola mi spaventava, ogni cosa mi spaventava: i suoi occhi marroni e cupi, come freccette diritte al centro del bersaglio, le sue mani tatuate ed incredibilmente meschine che avevano immobilizzato il mio corpo senza neppur dovermi sfiorare con un dito.

Non avevo mai vissuto una situazione del genere addosso, in prima persona.

Avevo sempre lasciato quelle circostanze ai migliori film horror di John Carpenter.

Onestamente penso che nessuno al mondo abbia mai vissuto un'esperienza come quella, a dire il vero, soprattutto se a questo punto decidessi di arrivare all'ultimo capitolo e svelare le strane vicende che la seguirono.

Ma tuttavia è per questo che ho deciso di raccontarvi la mia storia.

La mia e quella di un criminale.

Mi chiedevo spesso perché quella notte aprii involontariamente la porta ad un ladro, lasciando che si introducesse nel mio appartamento e mi rendesse la più comune vittima di un film di Hollywood.

Nessuno l'avrebbe mai fatto e, ripensandoci, probabilmente nemmeno la sottoscritta.

Ma forse era semplicemente quello il mio destino e, se vogliamo metterla così, forse nessuno è in grado di fuggire via da ciò che il futuro gli riserva.

Quella sera presi il telefono e chiamai Faith.
Non mi importava dell'ora, si sarebbe svegliata, dovevo parlare con qualcuno.

Uno squillo, due squilli...e finalmente la sua voce assonnata si fece avanti.

'Che c'è...?' Biascicò, lasciandomi alzare un sopracciglio.

E no, lasciatemi dire che non sembrava affatto assonnata, a dire il vero.
Sembrava più che altro essere seccata.

'Faith!' Gridai facendo un sospiro di sollievo.

'Elizabeth, cosa fiavolo vuoi a quest-quest'ora', si bloccò.

Capii subito di aver interrotto qualcosa.

'Uhm, ho chiamato nel momento sbagliato, giusto?' Osai, stringendo i denti e sentendomi in imbarazzo per lei.

'Diciamo di no...' si lamentò lei.

'Faith, devo assolutamente parlarti', dissi velocemente, ignorando ogni suo probabile spasimante presente ad origliare quella conversazione direttamente dal suo letto.
'Qualunque cosa stai facendo, anche se sopra di te c'è l'uomo della tua vita, devi fermarti ed ascoltarmi, va bene?'

E non appena finii di dire il tutto con così tanta ansia da farmi mancare l'aria, mi azzittii, aspettando una risposta.

'Faith?' La richiamai.

'Josh, aspetta, no, aspetta non ho chiuso...' di risposta udii soltanto la sua voce smorzata, mentre col fiato corto parlava con qualcuno che non ero affatto io.

E dopo un paio di secondi il suono di chiusura.

Nient'altro.
E vi sorprenderete se vi dirò che è anche la mia migliore amica.

Faith era un tipo completamente immerso nel suo mondo.
I maschi non le mancavano, il sesso era al centro dei suoi interessi e dei suoi passatempi serali;  aveva i capelli rossi di natura, perciò tendenti all'arancio.
Le lentiggini, gli occhi verdi e qualunque altra cosa perfettamente sintonia sul suo volto...

Amava mettersi in mostra e farmi sentire a disagio; era il suo più grande talento.

Molto spesso si presentava a persone che non conosceva e semplicemente diceva qualcosa di assurdo per far nascere un rapporto di amicizia.

Non a caso era popolare ed amata da tutti, come nei film adolescenziali firmati Hollywood.

Poi c'ero io: Elizabeth, come già sapete.
Diciannove anni, un fidanzato che probabilmente non dovrebbe neppur essere considerato tale, un fratello con cui condividere un appartamento negli Stati Uniti e una noiosa presentazione che nessuno vorrebbe leggere.

Mi buttai sopra al letto con la testa soffocata dal cuscino.

Non volevo far altro che spaccare la faccia a Faith ed abbracciare Niall, lui che c'era sempre e che consideravo fondamentale già dal primo giorno di scuola materna.

Niall era mio fratello, per l'esattezza.
Era biondo, esageratamente biondo fin quando non aveva smesso di tingere i suoi capelli castani. E anche lui  era esageratamente espansivo e solare.

Dopo aver passato qualche ora a sussultare e a guardarmi attorno ad ogni minimo rumore, si fece mattina e mi ritrovai avvolta nelle coperte con qualcuno che pesantemente mi avvolgeva da dietro e dormiva beatamente sulla mia spalla.

Inutile dire che la mente poco lucida di qualcuno che si era appena alzato dopo una notte come quella, non avrebbe di certo pensato al proprio fratello.

Mi tirai su di scatto e riprendendo man mano il fiato mi guardai attorno, concludendo con la visione sollevante di Niall, improvvisamente sveglio e spaventato.

'Oh cazzo! Che ore sono? Devi andare a scuola?!' Si alzò di corsa dal letto, preso dal panico.

Afferrò il primo paio di jeans che si trovò di fronte e se li infilò al volo, inciampando simultaneamente sul comodino mentre io me la ridevo.

'Eli, alzati!' Sbraitò Niall, bloccandosi e sbattendo con un piede contro il comodino.

'Non ci vado...' sbuffai io, buttandomi nuovamente sul letto ed affondando la testa nel cuscino.

Niall restò fermo al centro della stanza, con le mani ancora ferme sulla zip dei suoi pantaloni. Mi guardò male ma poi non aggiunse altro: silenziosamente finì di allacciare i suoi jeans e prima di continuare a prepararsi se ne tornò a letto, accanto a me, ad abbracciami.

'Beh, io vado però!' Borbottò.

Con un braccio mi circondò le spalle, poi mi diede un ultimo bacio sulla fronte; prima di alzarsi per andare a lavorare.

Prese una T-shirt bianca ed una felpa; saltellò per un po' davanti all'appendi abiti per tirare giù la sua giacca e non appena l'afferrò, se ne uscì.

Chiuse la porta prima di andarsene e come sempre lasciò la colazione pronta sopra al tavolo della cucina, con il solito bigliettino.

'Sei la cosa più bella della mia vita'.

Aspettai le sette, verso quell'ora avrebbe chiamato Michael come sempre per darmi il buongiorno e per organizzarci dopo la scuola.

E infatti, puntuale come al solito, il mio telefono iniziò a vibrare sopra al tavolo alle sette in punto; rischiando quasi di cadere a terra e di spaccarsi in mille pezzettini.

'Ehi!' Risposi entusiasta, tenendo il telefono fra la spalla e l'orecchio.
Leccai il cucchiaio della marmellata che stavo spalmando sulle fette biscottate ed attesi una sua risposta.

'Hei tesoro, cosa si fa oggi?' Domandò, come al solito.

'Oggi non vengo'. Mugolai a bassa voce; cercando di sembrare il più possibile ammalata ed appoggiando, nel frattempo, le fette biscottate sopra al tavolo.

'Perché no?' Domandò subito lui, confuso, 'dovrei parlarti, è un problema se venissi io da te?' Continuò rapidamente, senza nemmeno lasciarmi parlare.

A quelle parole non feci in tempo nemmeno a fermarlo perché lui, ostinato come sempre, chiuse la chiamata e restò irraggiungibile per il resto del tempo.

Fantastico.

Sarebbe ben presto venuto ed avrebbe capito che stavo benissimo; si sarebbe arrabbiato quando avrebbe capito che la mia era una scusa e sicuramente mi avrebbe detto qualcosa di poco carino, sbattendo poi la porta.

Ma da una parte ero comunque contenta di averlo a casa con me: mi sarei sentita di certo più al sicuro con la sua compagnia.

Corsi in camera e presi dei leggins neri con un maglioncino rosso e me li infilai di corsa, prima che potesse arrivare.
Indossai anche dei calzini ed andai in bagno per sistemare i capelli in una coda piuttosto decente.

Dopo nemmeno dieci minuti; giusto il tempo di rendermi presentabile, suonarono alla porta.

Prima di andare ad aprire diedi un ultima occhiata al mio riflesso sullo specchio del bagno, poi scesi lestamente le scale per andare ad aprire.

Tuttavia non potevo di certo fare un miracolo di prima mattina, dopo una notte movimentata e pessima come quella.

Non appena spalancai la porta, sicura che fosse lui; Michael mi si fiondò addosso e mi diede un bacio, uno dei suoi baci a stampo, niente di che.

Afferrai poi la sua mano e lo trascinai all'interno della casa.

Andammo a sederci sul divano del soggiorno dove lui mi circondò le spalle con un braccio e mi accostò a se.

'Non posso restare oggi, sono venuto soltanto per...' Non concluse quella frase, strofinò agitatamente la mano sul mio braccio come per farsi forza e procedere quel discorso.

Era nervosissimo, tanto che mi voltai a guardarlo; giusto per assicurarmi che fosse tutto apposto.

'Cosa c'è?' Chiesi preoccupata, socchiudendo gli occhi per focalizzarlo al meglio.

'Sono passato perché non riuscivo a tenermi questo perso senza dirti niente...' farfugliò, facendomi aggrottare la fronte.

'Vedi, ieri sono stato ad una festa con Vanessa...' Iniziò.
Morse il suo labbro inferiore, poi spostò il suo sguardo altrove nella stanza, alla ricerca delle parole giuste per non farmi innervosire.

Sì, perché già al solo suono di quel nome i miei nervi si irrigidivano e lui lo sapeva.
Sapeva che che la detestavo e sapeva che già mai, quando passava del tempo con lei, le nostre conversazioni finivano in modo positivo.

'Ho bevuto'. Sbottò, lanciandomi una semplice occhiata.

Sentii la sua mano, stringere maggiormente la mia spalla.

E bastarono quelle due parole per giungere alla conclusione alla quale non sarei mai voluta arrivare.

Bastò sapere cosa aveva fatto per capire dove era arrivato; ma infondo, bastava parlare soltanto di lei per capire che aveva combinato qualcosa che non doveva combinare.

Aveva da sempre avuto un debole per quella tipa, per il suo seno prosperoso, per il suo sorriso smagliante e malizioso.

Lo guardai schifata e mi alzai di colpo dal divano, allontanandomi da lui che, agitato, non aveva la minima idea di cosa dire.

'Sei andato a letto con lei, vero?' Portai le braccia conserte al petto e puntai i miei occhi u di lui, ancora seduto davanti a me, pronta a fulminarlo se necessario.

In quel momento lo stavo minacciando con lo sguardo, con freddezza, quasi come se non mi interessasse sapere che aveva preferito un'altra.
Ma in realtà non sapevo nemmeno io come facevo a guardarlo.

Mi guardava mortificato, con le labbra socchiuse ed incapace di aprire bocca.
Dopo qualche minuto di un silenzio snervante e piuttosto negativo, potei vedere mentre abbassava il capo e spostava il suo sguardo al pavimento.

'Non sono qui per dirti che non volevo', mormorò.

E a quelle parole, più di quanto già facesse male affrontare quella situazione come se fossi forte e riuscissi a tenergli testa, mi sentii letteralmente morire dentro.

E nonostante il dolore che mi aveva provocato in quel momento, la rabbia mi invase completamente.

'Oh cazzo Michael, come diavolo fai a presentarti qui e dirmi che sei stato a letto con Vanessa!?'  Sbraitai, sentendo le lacrime pronte, sul contorno dei miei occhi: 'senza pentirtene, inoltre!'

Lui mi osservò sottocchio, forse aspettandosi quella reazione.

'Per mesi ti ho detto di starle lontano, di dirmi perché eri così attratto e confuso ogni volta che lei usciva con noi o semplicemente ti incontrava per strada!'

'Lo so Elizabeth, io...' — 'oh no Michael, tu niente!' Lo interruppi.

'Non voglio sentirti dire una parola di più', dissi fermamente.

Gli indicai la porta con il dito e a quel gesto, quasi come se lo aspettasse disperatamente, lui si alzò silenziosamente dal divano e camminò lesto verso di essa.

Non disse altro, come il codardo quale era. Chiuse la bocca e senza ribattere o scusarsi per i suoi pessimi atteggiamenti, uscì dalla mia casa, probabilmente contento di non dover affrontare ancora a lungo quella discussione.

Prima si uscire si voltò per lanciarmi un'occhiata, un'occhiata rapida.
Poi se ne andò, sbattendo la porta dietro di se.

E quando restai sola, mille pensieri cominciarono ad invadere la mia mente, tutti contemporaneamente, l'uno dopo l'altro, facendomi perdere persino il controllo delle me emozioni.

Ci stavo male e con tutta me stessa desideravo non farlo.

Mi trovavo ufficialmente sola, senza di lui, e con centinaia di domande e cose di cui preoccuparmi, nel mezzo di un'infinità mattinata che sembrò non passare mai.

Una mattinata persa per metà sotto la doccia, per un po' a letto e poi davanti alla televisione a cambiare continuamente canale, nel tentativo di distrarmi.

Quando si fece mezzogiorno, soltanto grazie all'orologio appeso alla parete mi ricordai di Niall che stava per tornare.
Preparai qualcosa da mangiare ed apparecchiai la tavola, buttai delle patate congelate in padella e le lasciai cuocere mentre nell'altra pentola misi del pollo a cuocere, nel tentativo di renderlo presentabile.

Pochi secondi dopo, quando sentii il rumore delle chiavi girare sulla serratura; capii finalmente che qualcuno capace di comprendermi stava arrivando.

Mi diressi entusiasta verso l'ingresso e rimasi immobile davanti alla porta per aspettare che entrasse.

'Sono tornato!' Urlò, non appena chiuse la porta davanti a se.

Quando si voltò, si fermò non appena mi si trovò difronte, con le braccia conserte ad aspettarlo.

'Ehi, cos'è questo buon odore?' Tirò su col naso per odorare e poi mi venne incontro, a braccia aperte.

'Ho preparato il pranzo...' Dissi a bassa voce ricambiando il suo abbraccio e stringendomi forte al suo corpo.

'Cosa succede?' Appoggiò le mani sulle mie spalle e mi tirò indietro per guardarmi in viso.

Contemporaneamente una lacrima percorse la mia guancia, cadendo nel vuoto e lasciando che Niall comprendesse immediatamente che qualcosa non andasse.
Non volevo sentirlo parlare. Tornai subito ad abbracciarlo mi avvinghiai sul suo petto, stringendo fra le mie dit il tessuto della sua maglia.

E intanto piangevo a dirotto, come una bambina, mentre le sue mani mi accarezzavano caoticamente i capelli.

'Cos'è successo tesoro?' Diede amorevolmente un bacio sulla mia nuca e mi allontanò per esortare a farmi parlare.

'Michael...' Abbassai gli occhi e lo strinsi per evitare di piangere ancora.

'Ti ha lasciata?' I suoi occhi azzurri si rattristarono davanti ai miei che per qualche secondo tentarono di guardarlo.

Alla mia reazione scosse la testa con disgusto e mi accarezzò la guancia. 'Mi dispiace un sacco, Eli...' Sospirò, mordendo l'interno della sua guancia e rimanendo zitto non sapendo cosa dire.

'Dai, va di sopra a darti una rinfrescata poi vieni sotto a mangiare!' Scosse la mia spalla e fece un falso sorriso, accompagnato da dei segni di imbarazzo.

'Non ti meritava, aspettati di meglio'. Strizzò l'occhio e mi invitò a fare ciò che aveva appena detto.

Feci quindi qualche passo verso le scale che portava in camera mia ma mi fermai poco prima di salire la prima, puntando gli occhi su di lui.

'Cosa farò adesso?' Chiesi girandomi contemporaneamente verso di lui che era ancora lì a guardarmi.

'Vai avanti a testa alta, come hai sempre fatto'.
Mi rassicurò strizzando l'occhio ed andando verso la cucina.

Feci perciò un sospiro e mi diressi verso la camera dove trovai qualcosa da mettermi dopo essermi fatta un ennesimo bagno caldo e rilassante.

Aprii le ante del l'armadio e rovistai e mi immersi con le mani fra i vari vestiti per trovare dell'intimo da mettere.
'Dove diavolo sono finite le mutande nere, dannazione!' Gridai e sbattei violentemente l'anta dell'armadio.

'Sono queste?'

Non feci minimamente caso a quella voce, inizialmente.

Aprii bruscamente anche l'alto sportello e vi intrufolai il viso all'interno per cercare quelle maledette mutande.

Cominciai a scaraventare in giro per la stanza i primi indumenti inutili che mi capitarono davanti, distrattamente.

'Sono davvero adorabili'.

E quella voce alla mie spalle che per l'ennesima volta udii richiamare la mia attenzione, immobilizzai letteralmente ogni mio osso e spalancai gli occhi, istintivamente.

Resta per qualche secondo pietrificata a fissare il largo spazio di vestiti all'interno dell'armadio, prima di voltarmi lentamente verso dove, con calma e divertimento, quella voce mi aveva interrotta.

E il mio cuore cessò di battere per qualche secondo quando lo trovai lì, sull'arco della porta, ad osservarmi.

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