Ai confini del vuoto 1 - Prog...

By smallcactusstories

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La guerra tra Alleanza di Mu e Federazione di Lemuria si protende ormai da quasi dodici anni, dato che nessun... More

Premessa
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16 (Axel)
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30 (Aesta)
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35 (Nayla)
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Note
Extra 2: Personaggi
Extra 3: Playlist
Extra 4: Cose varie ed eventuali
Extra 5: disegno
Ringraziamenti

1

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By smallcactusstories

«Sistemi pronti al combattimento, caricamento Minerva completato». La voce metallica dell'intelligenza artificiale risuona ovunque, penetra nelle ossa, ma non è quella la cosa che fa rabbrividire, che mette paura a tutti. Conosciamo a memoria quei messaggi. Conosciamo a memoria anche i tempi di caricamento delle varie armi. Conosciamo a memoria la potenza di Minerva.

È vedere tutte quasi tutte le navi dell'Alleanza di Mu schierate intorno a noi che fa rizzare i capelli alla base del collo.

Siamo in trappola, senza via di fuga: loro ci circondano e noi non siamo nient'altro che la preda.

I messaggi radio dalle altre navi si accavallano, non si distingue più chi sia il mittente o cosa vogliano dire – forse la battaglia vera e propria si sta allontanando dalla nostra posizione, ma non possiamo perdere tempo a risistemare le frequenze radio.

«Che facciamo, Vivi?» Anche la voce di Aesta, il primo ufficiale, risuona preoccupata. «Davvero dobbiamo morire così?»

Vorrei davvero avere un piano, ma di cedere all'Alleanza e di consegnare la Starfall e il suo equipaggio non se ne parla. Abbiamo avuto un ultimatum di dieci ked – tempo speso più a caricare le armi che a discutere di quel che fare – e ormai siamo agli sgoccioli: la Federazione non potrà mai arrivare a salvarci in tempo... sempre che della flotta sia rimasto qualcosa.

«La Pegasus ci sta chiamando di nuovo. Dannazione, vorrei solo aver avuto il tempo di un caffè, non riesco a sopportarli» sbotta Axel per poi voltarsi indietro verso di me, ancora in piedi vicino ai sistemi olografici al centro del ponte.

«Punto primo: sei il pilota, non dovresti bere così tanti caffè. Sei già al decimo» ribatte Aesta versando una tazza per sé dal thermos. Mi passo una mano sul volto, stringendo tra pollice e indice della protesi al braccio destro la parte superiore del naso: io dovevo buttarli fuori bordo alla prima occasione qui due.

«Punto secondo: se non rispondete immediatamente alla chiamata, avrò cura personale di decimare gli stipendi di tutti prima di morire, a partire dal tuo, Axel!» urlo loro.

«D'accordo, d'accordo. Ma non toccare il mio stipendio» risponde lui.

«Immagino abbiate preso una decisione». L'immagine comparsa, seppur non alla massima risoluzione, è chiara; non sembra sia cambiato niente da prima: le due persone a capo dell'Alleanza sono rimaste lì. Seduto al posto di comando con le gambe accavallate e le mani intrecciate davanti al mento c'è Erix Brunnos, capo politico dell'Alleanza, e in piedi alla sua sinistra, Nayla Orlan, comandante della Perseus, con il gatto che agita la coda davanti alla sua faccia, restando tranquillamente disteso sulle sue spalle.

«Sì, l'abbiamo presa» rispondo stringendo i pugni.

«Ed è quella che porterà a un accordo per la fine della guerra, vero?» chiede lui.

«Ovvio... che no» gli dico prima di chiudere la chiamata di scatto. «Fate immediatamente fuoco con Minerva».

«Campo elettromagnetico concentrato o...»

«A trecentosessanta gradi! Dannazione, ascoltami quando spiego il piano!» urlo ad Aesta prima di precipitarmi al mio posto – conosco fin troppo bene Axel: sfrutterà l'occasione per qualcuna delle sue mosse avventate che fanno finire sul pavimento.

Eppure, tutta quell'adrenalina di pochi ked fa è sparita in un attimo: alcune navi sono state destabilizzate, ma la potenza di Minerva non era abbastanza per farle andare in mille pezzi ed è bastato poco a mettere fine alla battaglia a cui abbiamo dato inizio e la fuga che progettavamo. Un colpo ben piazzato al motore ha rovinato tutti i nostri piani.

L'atterraggio d'emergenza è riuscito, ma abbiamo un motore in avaria e non riusciamo a stabilire un contatto con il resto della flotta; probabilmente i danni sono maggiori di quel che sembrano.

Sento la testa pulsare: il contraccolpo al sedile non è stato lieve – maledetta forza di inerzia. Sgancio la cintura, cercando di mettermi in piedi: la gravità non è più artificiale, non è più costante e uguale a quella di Lemuria. È quella reale, del pianeta nel centro dei territori dell'Alleanza su cui ci siamo schiantati.

«Comandante, ci sono uomini armati là fuori: hanno circondato la nave e si stanno avvicinando».

«Dove siamo atterrati?» chiedo appoggiandomi alla balaustra. Poco sotto, sul ponte, molte delle postazioni di controllo sono fuori uso: su tutti gli schermi in simultanea lampeggia la scritta "Errore". I sistemi sono fuori uso: impossibile contattare la base, improbabile ripartire.

Fuori, quel che riesco a vedere da uno degli oblò, sono solo rocce rossicce mezze nascoste dal mio riflesso, ma per quanto ci provi a non farlo, seguo i miei movimenti: mi tolgo il cappello, passando una mano tra i capelli castani che mi arrivano poco sotto l'orecchio, ma l'abbasso quasi subito, lasciando cadere a terra quei pochi che si erano impigliati fra le dita.

Osservo per un attimo la piccola stella cadente posizionata nel centro del capello, risistemandolo subito in testa. Sospiro, incrociando le braccia dietro la schiena e tornando a guardare l'equipaggio, aspettando una risposta alla domanda.

«I comandi non funzionano, la posizione è sconosciuta» mi risponde un ufficiale. Scendo le scale che dal ponte di comando portano a quello di controllo quasi a corsa: la situazione non è delle più felici, fuori è una distesa di rocce rosse dalle striature giallastre e la zona mi appare quasi familiari, ma cerco in tutti i modi di scacciare quel presentimento. Se davvero ci avessero attirato vicino all'Atlantis, il nostro rifiuto di collaborazione darebbe loro il pretesto per mandarmi a morte senza nemmeno un processo.

«Complimenti per l'atterraggio» ghigna Aesta, spostando con un gesto fluido la treccia di capelli rossi sulla schiena.

«Sta' zitta. Non potevo portare la nave oltre questo pianeta» sbotta Axel alzandosi dalla sua postazione: superando anche Aesta in altezza è facile notare da lontano lui e la cesta di capelli biondi spettinati che ha in testa.

Mi faccio largo tra l'equipaggio ormai affollato sul ponte, raggiungendo i due. «Sarei più felice se vi prendeste un caffè in silenzio, piuttosto che fare una rissa inutile».

«Ma le risse servono a scaricare la tensione e io ne ho un gran bisogno» sibila Aesta facendo scrocchiare le nocche. L'afferro per un orecchio un attimo prima che molli un pugno ad Axel.

«Litigate ora e vi uso come merce di scambio per ripartire».

«Sissignore» borbottano in coro continuando a guardarsi male. Lascio andare Aesta, sospirando e scuotendo la testa.

«Vivi, camminare avanti e indietro sul ponte non ci darà la soluzione del problema che sta là fuori» sbotta Axel dopo qualche istante di silenzio.

«Oh, a differenza tua il cervello lei lo usa» gli risponde Aesta. Mi fermo nel punto in cui ero arrivata, voltandomi lentamente verso di lui.

«Potrei risolvere il problema facendoti saltare in aria come il motore».

«Porta la tua mania di far esplodere cose là fuori e siamo a posto: un paio di botti e possiamo andarcene» dice Aesta alzando le spalle.

«Con solo un motore funzionante a mala pena, dubito sia una cosa fattibile» le rispondo facendo un sorriso tirato.

«Rubiamo una delle loro navi e problema risolto, no?»

«Io dovrei licenziarti, ma ora basta! Smettete di fare gli immaturi. Non abbiamo armi a sufficienza e credo l'unica possibilità è trattare».

«Trattare con... quegli alieni?»

«Axel, non sono alieni! Quelli là fuori sono parte dell'Alleanza!» gli faccio notare, cercando di nascondere il mio evidente nervosismo.

«Ehi, io so far volare la Starfall, trovare soluzioni non è nel mio genere. Ma se proprio vuoi posso pensarci io al discorso, non me la cavo male».

«Tra tutte le navi della Federazione proprio su questa dovevi venire a fare il pilota?» gli chiede Aesta lanciandogli un'occhiataccia.

«Non sarebbe stato ugualmente divertente. E poi, il caffè rubato a te ha un sapore migliore».

Lei gli punta alla fronte la propria arma, una pistola semiautomatica da cui non si separa mai: l'aveva anche il primo giorno in cui l'ho incontrata e anche adesso la tiene ben custodita nella fondina. «Così eri tu a far sparire il mio caffè. Non quegli insetti fucsia e gialli».

«Calmatevi tutti e due! Se proprio dovete sparare a qualcosa, sparate agli uomini dell'Alleanza!» urlo loro.

«Ma non volevi trattare?» mi chiede Axel inclinando appena la testa.

«Sì. Ma se non la finite vi uso da esca prima di lanciare l'attacco».

«È un suicidio. Ma tanto tutti dobbiamo morire» sospira Aesta. «Ma non credo ci sia tempo per i discorsi filosofici. Trattiamo davvero?»

«Dovresti saperlo che con "trattare" generalmente intendo far saltare in aria qualcosa... ma non questa volta: non abbiamo munizioni sufficienti a coprirci,mentre ripariamo la nave e se ne arrivano altri saremo in inferiorità numerica. Ho il sospetto che dietro quelle formazioni rocciose ci siano altri uomini dell'Alleanza – se non direttamente la Perseus» dico spostando lo sguardo verso i vetri a prua: ora che non c'è il mio riflesso, riesco ad ammirare la colorazione delle rocce in tutta la sua bellezza, tuttavia, l'idea che questo posto possa essere quello non mi lascia andare.

«L'equipaggio è pronto a combattere, comandante».

«Non posso rischiare la vita di così tanti uomini, ammiraglio» rispondo voltandomi verso l'uomo che ha parlato – Zavis seguirebbe ogni ordine letteralmente, ma stavolta non posso farmi carico di tutte le vite.

«Abbiamo giurato di servire la Starfall fino alla morte, credo sia il momento di dimostrare all'Andromeda qual è il valore dell'equipaggio della nave più bella dell'universo» mi risponde. Zavis è uno degli uomini più fedeli su cui possa contare, so bene quale sia il suo valore, ma adesso preferisco la prudenza: se loro hanno giurato fedeltà, io ho giurato di proteggerli – ed è quel che intendo fare, fosse anche l'ultima volta che mi scontro di persona con l'Alleanza.

Faccio un cenno con la testa. «Tenete sempre pronte le vostre armi: vada per la strada diplomatica, ma possono sempre attaccarci».

Sebbene non gli veda, sento gli occhi di tutti puntati sulle nostre spalle. Siamo scesi solo noi tre: Axel è nel mezzo tra me e Aesta, è lui a parlare con i due degli ufficiali dell'Alleanza che hanno accettato di trattare. Vogliono la Starfall: ci hanno promesso la salvezza in cambio dell'astronave, ma so benissimo che non sarà così.

Stringo i pugni quando Axel si zittisce nel momento in cui riceviamo un ultimatum: o la vita o la Starfall. Siamo ormai al dodicesimo anno di guerra tra Federazione e Alleanza e dall'inizio io non ho fatto altro che essere sulla Starfall. È diventata parte di me e non riesco a immaginare di tornare a una vita che non comprenda la mia astronave.

«No». È la mia risposta secca alla loro domanda: accettare le loro condizioni è peggio che finire prigionieri perché io non ho intenzione di cedere così, non adesso, non dopo tutto questo tempo.

La trattativa è fallita, ma non è stata lunga – come immaginavo, visto che le loro intenzioni mi sono state chiare fin da quando ci hanno circondati: ci vogliono come prigionieri e forse l'unico scambio che avverrà sarà noi per un trattato, ingiusto, per mettere fine a questa guerra.

Uno dei due ufficiali fa un cenno ai suoi uomini e subito un drappello di soldati si avvicina. «Arrestateli tutti» è l'ordine secco che dà loro. Non ci ribelliamo quando ci fanno cadere a terra, immobilizzando le mani dietro la testa. Sappiamo di non avere altra scelta, ma Aesta non rinuncia a lanciare un'occhiataccia a quello che l'ha legata.

Mi metto in ginocchio a fatica, tossendo per la polvere che mi era entrata in bocca nella caduta. Quando mi volto indietro e guardo la Starfall colpita, sento gli occhi pizzicarmi al solo pensare che ormai è quasi certamente perduta. Non posso constatare l'entità dei danni subiti dall'abbordaggio da parte dell'Alleanza restando a questa distanza, con le mani legate dietro la schiena e con una pistola puntata alla testa.

Così... è così che finisce...

Non avrei mai voluto una fine così... così bastarda per la mia nave.

C'era un motivo se molti la consideravano la nave più bella della galassia, c'era un motivo se dicevano che la sua bellezza era mortale: l'eleganza dell'interno, con tutte le linee il più morbido possibile, le pareti grigio chiaro e il pavimento sempre tirato a lucido, si sposava perfettamente con Minerva, l'arma più potente al servizio della Federazione.

«Non sei molto abile nella persuasione, in effetti fai schifo» sibila Aesta. Serra le labbra, poi riprende a parlare: «Prima ci fai atterrare in mezzo al nulla, poi li convinci a prenderci prigionieri. E se la scorta di caffè è andata distrutta è tutta colpa tua». 

L'angolino buio e misterioso

*prende fiato* okay, ce l'ho fatta. Ho rimesso mano a questa storia e ho concluso la revisione tre ere geologiche fa, ma... eccoci qui. Stavo aspettando la fine di un concorso per pubblicarla. Spero che con queste modifiche (a volte sostanziali, a volte più lievi) la storia sia migliorata. L'unica cosa è che, se c'è qualcuno che ha deciso di rileggerla, se si possono evitare spoiler grossi in rispetto di chi è nuovo da queste parti^^

In ogni caso, probabilmente le sigle che si troveranno nella storia verranno scordate da qui al prossimo capitolo: BS=Battle Ship, BC=Battle Cruise, LWSS=Light Weight Space Ship.

E niente, spero che questa versione rimaneggiata nella grafica e nel contenuto possa piacere :3

Eventuali critiche e consigli sono sempre ben accetti, mi hanno aiutata molto in passato e continueranno a farlo. 

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