𝕿𝖗𝖚𝖊 𝕮𝖔𝖑𝖔𝖗𝖘|| P.D

Par thanatosi

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You were red and you liked me because I was blue. But you touched me and suddenly I was lilac sky. Then you d... Plus

Prologo
01| Decisioni stupide
02| Niente cazzate
03| Me la fai la Dybala Mask?
04| Non mi sembra una buona idea
06| Festeggiato
07| Apnea
08| Mierda
09| Tutta colpa della neve
10| I pazzi vanno assecondati
11| Un posto migliore
12| 2-1
13| Per te
14| Ma non potevi innamorarti di una persona normale?
15| Esprimi un desiderio
16| Cose buone
17| Com'era Madrid?
18| Quello di cui hai bisogno
19| Puoi dirmelo?
20| Non è mai una buona idea
21| Voglio solo che tu sia sempre felice
22| Non con lei
23| 10
24| 00:00
25 | Va tutto bene, te lo giuro
26| Lunedì (bianco)nero
27 | Tsunami
28 | Fino alla fine
29 | L'unica cosa che conta
30 | Amorfoda
31| Bianco
32| Nero
Epilogo
𝕽𝖎𝖓𝖌𝖗𝖆𝖟𝖎𝖆𝖒𝖊𝖓𝖙𝖎 𝖊 𝕹𝖔𝖙𝖊

05| Pareggio

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Par thanatosi









«Io vado» strillò suo padre e a Idie sembrò strano che l'avvisasse.

Di solito, usciva e basta.

Andrea Agnelli teneva il cellulare di ultima generazione in mano e la ventiquattr'ore di pelle stretta contro il petto.

Idie capì che suo padre era nervoso dal modo in cui muoveva freneticamente le mani, come se avesse preso la scossa.

Suo padre era sempre nervoso prima di una partita. Se poi, quella partita era contro il Tottenham, agli ottavi di Champions Leage, le cose si complicavano.

L'uomo lasciò un bacio tra i capelli della sua nuova compagna, alle prese con il lavoro al computer.

Poi, lanciò un'occhiata a ciò che lo circondava: la sua casa, i dipinti costosi, le fotografie con personaggi importanti, la statua rinascimentale all'ingresso.
Poi guardò la sua primogenita: i capelli in disordine, la postura scomposta, la felpa larga e gli occhi troppo truccati.

Ma quando Idie ricambiò il suo sguardo, lui lo spostò sull'altra figlia che stava colorando china sul tavolino di legno scuro.

«Buonanotte amore» disse alla bambina, per poi uscire definitivamente da casa.

Idie credeva di odiarli, i suoi familiari.

E questo perché avevano quei modi da famiglia perfetta che l'hanno sempre fatta incazzare e messa in imbarazzo.

Loro non erano una famiglia perfetta.

Suo padre guadagnava abbastanza da potersi permettere di tutto, ma erano più le volte che era all'estero che a casa propria.

Sua madre, ormai a Parigi, si era sempre comportata più da amica, e Idie sapeva che era troppo irresponsabile -ed hippy- per badare ad una figlia.

I suoi non si erano mai davvero amati: una scappatella di una notte ed era nata lei nove mesi dopo.

Suo padre non era nemmeno lì.

Idie invece era diversa.

Lei odiava le bugie e le cose all'apparenza perfette, odiava anche le stronzate hippy.

Proprio come odiava quando suo padre giocava con i suoi fratelli, proprio come odiava quando sua madre si dimenticava di avere una figlia in Italia e non chiamava da settimane.

Quindi succedeva che Idie fumasse più del dovuto, saltasse i pasti e si tingesse i capelli di rosa.

Solo per dire "Sono qua, sono viva".








Paulo aveva voglia di urlare.

Aprire la bocca e rompersi le corde vocali.

Aveva anche voglia di fumare, sputare l'aria fuori dai polmoni, bestemmiare contro il cielo e prendere a calci tutto e tutti.

Non si capacitava di quella situazione, com'era possibile?

Le partite andavano vinte, dal primo al novantesimo minuto.

Aveva incrociato Miralem, ma non aveva avuto la forza di parlargli.

Non voleva parlare con nessuno in realtà.

«Non torni a casa?» gli chiese Beltran, quando capì che Paulo stava prendendo una direzione diversa dalla loro.

«Vado a fare un giro» mormorò.

Non aveva voglia di spiegazioni.

«Torno presto» disse.

Ma non credeva nemmeno alle sue stesse parole.



Gli capitava sempre più spesso di scappare.

Quella volta la meta era un bar normalissimo al centro di Torino, poco frequentato a quell'ora e con una cameriera carina che gli lanciava sorrisi ammiccanti.

Con la felpa calata sul capo però non era riconoscibile da nessuno.

Quella sera, non era Paulo Dybala il numero dieci della Juventus.

Era solo un ragazzo.



«Un pacchetto di Marlboro Gold, grazie»

La guardò e inizialmente non la riconobbe, colpa della felpa larga che la copriva fino a metà coscia, poi, quasi a sporcare quel nero c'era una striscia di pelle bianca e poi ancora il nero degli stivali alti.

Idie invece lo vide subito, e come se fossero amici di vecchia data gli rivolse un sorriso strano.

Camminò verso il suo tavolo e prese posto davanti a lui.

«È questo che fai quando non prendi a calci una palla? Affoghi i tuoi dispiaceri nell'alcool?» chiese, sporgendosi verso di lui, indicando la birra tra le sue mani.

«Che ci fai qui?» le domandò lui.

«Sono scappata di casa» confessò, seria.

Paulo si chiese se avesse dovuto credere alle sue parole o se quella era una bugia.

«Non mi credi? Si vede che non mi conosci» disse, facendo scoccare la lingua al palato.

Idie ondeggiava sulle gambe, non riuscendo a stare ferma più di un secondo.
Le capitava spesso quando era nevosa, ma riusciva comunque a sembrare calma, o almeno, lo sperava.

«No, infetti, non ti conosco»

Idie lo fissava in continuazione, non distoglieva lo sguardo e non sembrava a disagio.

Le davano fastidio gli sguardi della ragazza dietro al bancone, ma non lo diede a vedere.

«È perché non ci siamo nemmeno presentati» ribatté sicura.

La guardò stranito.
Lui non era abituato alle presentazioni, lui era Paulo Dybala, non c'era bisogno di presentarsi.

Eppure lo fece lo stesso, come se fosse un ragazzo qualsiasi, al bar con una bellissima ragazza.

«Piacere- disse, porgendole la mano -Sono Paulo, tu sei?»

«Sono Idie» si presentò, stringendola la mano del ragazzo davanti a lei.

«Hai un nome strano» le fece presente lui, abbozzando un sorriso storto.

«Mia madre fumava un'erba con un nome simile quando era incinta» gli confessò ricambio il sorriso.

Paulo scoppiò a ridere, chiudendo addirittura gli occhi.
La sua risata era un mix di suoni: c'era il sospirò iniziale, poi il riso aperto che poi si spegneva lentamente con gli occhi verdi in quelli orientali di Idie.


Iniziarono a camminare sul marciapiede, vicini, con il cielo poco illuminato, ma con i lampioni accesi.

«Ti ricorderai di me, dopo stasera e dopo il pareggio con il Tottenham?»

Non smisero di camminare, anche se l'andatura di Idie era stranamente più lenta.

«Ero ubriaco-si giustificò alzando le mani-Ho detto cose che non pensavo»

Idie lo guardò stupita «Mi hai dato della puttana» gli ricordò sospirando.

Paulo sbarrò gli occhi «Non volevo, davvero»

«Non me la sono presa» disse e cercò gli occhi dell'argentino, ma non li trovò subito.

«Era il tuo ragazzo, quello nel bagno?» chiese incerto.

«No» rise un po' di lui, che gli chiedeva una cosa così personale e un po' perché quella era una situazione surreale.

«Quello con cui ballavi?» chiese ancora.

«Non ce l'ho il ragazzo» disse, allora «Tu invece ce l'hai la ragazza» gli ricordò con una punta di malizia nella voce e nello sguardo.

Paulo nemmeno la notò quella malizia, ma prese a sospirare pesantemente.

«Non sono quel tipo di ragazzo»

Idie avrebbe voluto credergli.

Credere a quegli occhi, a quelle spalle larghe e alla bocca che pronunciava le parole in un modo diverso da come le pronunciavano tutti gli altri.


Le loro mani si sfiorarono mentre parlavano del più e del meno, Paulo, però, ritraeva le dita ogni volta che sentiva di star andando troppo oltre.

Aveva il suo numero tra i vari contatti inutili della rubrica, ma non aveva provato a chiamarla o mandarle un banale messaggio.

Non aveva avuto il coraggio necessario per farlo. Che cosa si scrive ad una ragazza simile?

Idie non era Antonella, e questo era palese si suoi occhi.

Non sarebbe stato sufficiente un "Ciao, come stai?"

Idie invece, tutte le volte che si ritrovavano troppo vicini, si sentiva strana, perché era una sensazione nuova.

Non aveva mai avuto un vero ragazzo.
Solo sconosciuti che le avevano dato attenzione, che l'avevano accarezzata e fatta sentire desiderata, anche solo per un istante.

Ma le bastò guardarlo, con i occhi verdi e quel vizio di leccarsi sempre le labbra, per capire che sì, stava bene.

«Vuoi un passaggio?» le chiese ed Idie avvertì un tono diverso dal solito.

Ci pensò su, ma poi capì che non era il momento giusto «No, grazie»

La guardò più del dovuto e Idie ringraziò il Signore per aver messo tutti quei strati di fondotinta che andavano a coprire eventuali rossori.

«Davvero, grazie»

Il ragazzo annuì e riprese a leccarsi le labbra e si sentì in difficoltà in quel momento, perché non era bravo con i saluti.

«Okay -sospirò- Fai la brava» disse e ripensandoci non era per nulla un saluto spontaneo, anzi, era quasi imbarazzante.

«Sicuramente» rispose Idie, sorridendogli in un modo che non prometteva nulla di buono.



Quando tornò a casa si chiuse nella sua stanza, fece una doccia e si mise a letto.

Sapeva che non c'era bisogno di dirlo o di far sapere in giro 'che sì, era stato bene e non aveva più bisogno di urlare.

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