Un'altra ventantata fredda penetrò sotto la mia felpa facendomi rabbrividire nuovamente, la strinsi di più a me per farla aderire meglio.
Fissavo il vuoto mentre l'agitazione era l'unica cosa che sentivo premermi sul petto a causa dello sguardo di Christian Miller che mi penetrava.
-Sophia, non fare la ragazzina. Fa freddo. Sali.- mi ripetè lui con una voce seria, quasi scocciata per il mio atteggiamento.
-Salirò in macchina con lei solo quando farà tanto freddo da farmi congelare i neuroni, Mr Miller.- gli spiegai dando una nota ironica al mio tono.
Senza neanche degnarmi di guardare la sua reazione allacciai le braccia sotto il seno, mentre sentivo sghignazzare il professorino dentro la sua macchinona.
Non era mia intenzione farlo divertire con la mia risposta, mi irritava sentire le sue risate mentre ciò che provavo io era solo un forte senso di vuoto nel saperlo a pochi passi da me.
-Devo trascinartici dentro allora.- affermò lui facendomi strabuzzare gli occhi.
Nel momento in cui non sentii più il motore dell'auto e vidi Christian togliersi la cintura, il mio telefono iniziò a squillare.
Con la mano tremante lo presi e mi sentii sollevata nel vedere il nome di Jack illuminare il piccolo schermo.
-Si, Jack.- mi affrettai a rispondere.
-Sophia, scusa per il ritardo, sono davanti al cancello dell'ospedale. Dove sei?- la sua voce era carica di agitazione e dispiacere, una cosa fuori dal comune nel suo caso.
-Arrivo.- la mia ancora di salvezza era arrivata nel momento giusto e non potei non ringraziare tutti i dei Pagani per questo.
Ci fu un lungo sguardo verso Christian che pietrificato mi guardava in piedi accanto allo sportello aperto; non desideravo dirgli più nulla e neanche sentirlo, mi voltai dandogli le spalle per poi incamminarmi verso la jeep che vidi in lontananza.
I piedi erano due macigni che si trascinavano sul marciapiede e tutto il peso era dovuto al fatto che mi sentivo ancora incatenata con il cuore a Christian.
Salii nella jeep velocemente prima che potessi perdere il controllo sulle mie facoltà mentali e lasciarmi portare via dall'uomo per cui avevo perso la testa ma che mi aveva calpestato il cuore.
-Mi dispiace averti fatto attendere tanto.- si scusò Jack non appena chiusi lo sportello.
-Tranquillo.- mormorai io a mezza bocca.
-Hm..Sei ancora preoccupata?-
-No. Cioè si. Kath sta bene.- non volevo mentire in alcun modo ad una persona che si preoccupava per mer me.
Si disegnò nella mia testa l'idea che scegliere la via della ragione era la via migliore, se biologicamente parlando nell'essere umano il cervello pesava più del cuore allora io avrei preso letteralmente questa cosa facendo prevalere la testa.
-Resterò ancora un po' alla U.M.- mi informò mentre guidava.
-Ne sono felice.- dissi con totale sincerità, mi fece seriamente piacere saperlo per un po' nei paraggi.
-Si?- si voltò verso di me cercando conferma ed io non potei che annuire energicamente.
A quel mio istintivo gesto Jack mi regalò un sorriso che metteva in bella vista la perfetta dentatura.
Mancavano meno di due giorni prima dell'esame orale di filosofia e l'agitazione che sentivo era più dovuta al fatto di dover stare in una stanza a quattrocchi con l'ombroso docente.
Avevo passato gli ultimi giorni tra la biblioteca e l'ospedale dove tenevo compagnia a Katherine, mentre il dottor Richards doveva risolvere problemi di una certa rilevanza impedendogli di dedicarmi un po' di tempo.
Mi stavo da qualche minuto rileggendo l'argomento che avrei voluto portare all'esame quando il mio cellulare mi avvisò dell'arrivo di due sms.
"Questo luogo mi mette troppo depressione. XX -Kath"
"Sono davanti alla tua porta. Mi apri? -J.R"
Mi cadde di mano il cellulare non appena lessi l'ultimo sms. Senza accorgermi che ero ancora in pigiama con le ciabatte a forma di panda ai piedi.
Spalancai la porta e mi vergognai del mio aspetto poco curato rispetto a quello dell'uomo di fronte a me, Jack indossava un completo nero con una camicia grigio perla.
-Buona sera.- cinguettò lui mentre mi osservava nel mio abbigliamento poco presentabile.
-Non sapevo ...cioè mi dispiace..- provai a formulare una scusa decente per quella visione.
-Non ti agitare Sophia.-
-Si, scusa. Prego..- mi accorsi di star intrattenendo l'ospite fuori dalla porta come una maleducata così mi spostai per permettergli di entrare.
Notai che Jack teneva tra le mani un pacchetto dall'inizio della conversazione solo quando lo posò sulla mia scrivania attirando la mia curiosità.
-Cosa c'è lì dentro?- mi affrettai dopo aver chiuso la porta alle mie spalle.
-Un pensierino visto che sono dovuto sparire questi ultimi giorni.- spiegando iniziò a togliere la carta rosata e fece intravedere un piattino su cui erano posati una varietà di pasticcini.
Malgrado ad illuminare la stanza vi era solo l'abat-jour sul mio comodino e la lampada a led sulla scrivania rivolta verso gli appunti, i miei occhi riconobbero perfettamente i dolciumi sul vassoio, cosa molta gradita al mio stomaco.
-Ho dei cupcake al cioccolato, alla vaniglia, due fette di Red Velvet..- mi indicò lui diligentemente in piedi accanto al tavolo.
I miei occhi vispi si spostavano dal vassoio a lui indecisi su quale spettacolo fosse il migliore da ammirare.
Senza parole mi avvicinai al tavolo mentre Jack, illuminato dalla fioca luce, mi porgeva un cupcake che non potei non afferrare lasciandovi un grande morso.
-Come è buono!- spiegai dopo averne assaporato gran parte.
Il mio palato si stava rallegrando di quella prelibatezza ed era tutto merito dell'uomo davanti a me.
-Sono molto poco ospitale..- notai che eravamo ancora in piedi, raccolsi i vestiti appallottolati su una sedia e li gettai sul letto di Kath, così da far spazio a Jack accanto a me vicino alla scrivania.
-Faccio un po' di thè. - iniziai a maneggiare l'apparecchio per scaldare l'acqua mentre gli occhi scuri di lui mi seguivano ad ogni movimento.
Posai le tazze fumanti sul tavolino bianco e mi accomodai sulla sedia che aveva sopportato il mio peso per le ultime ore di studio.
-Cosa stavi facendo?- mi chiese Jack mentre portava alle labbra la sua tazza.
-Mi preparavo per un esame- spiegai cercando di riordinare i fogli per fare spazio.
-Di che si tratta?-
-Filosofia..- sbuffai per poi sorseggiare un po' di tè caldo.
-Ahh..Con Christian Miller?- chiese lui, al sentire quel nome la bevanda calda mi andò di traverso facendomi strozzare.
Iniziai a tossire mentre il naso e gli occhi mi pizzicavano, Jack preoccupato si alzò dalla sua postaIone dandomi poi lievi pacche sulla schiena per farmi riprendere.
-Tutto bene Sophia?- piegato con il viso a pochi centimetri dal mio mi guardava preoccupato.
Annuii imbarazzata non appena si placò il mio attacco di tosse.
-Come conosci Ch...Mr. Miller?- riuscii a chiedere quando finalmente la situazione era tornata alla normalità.
-Conosco molto bene il padre: Greg Miller. Christian l'ho incontrato negli ultimi giorni.- mi fornì le informazioni richieste lasciandomi senza parole.
-Capisco..-
Cercai di immaginare come potesse essere il padre di Christian, sicuramente con lo stesso portamento elegante e raffinato; probabilmente un uomo d'altri tempi o forse solo un vecchio riccone con la puzza sotto il naso.
Scacciai dalla testa quei pensieri, cosa importava a me di come era il padre di Christian Miller?
-Vediamo un po' che argomento stavi studiando..- Jack prese il quadernino su cui era poggiata la mia penna blu, avevo buttato giù uno schema sulle cose più importanti da dire per quanto riguardava l'argomento che mi era interessato particolarmente.
Restammo per un po' a parlare dell'Università e dei piani di studio mentre finivamo i dolciumi che Jack mi aveva portato, verso le dieci e mezza si congedò lasciandomi sola a studiare.
Era strano vederlo uscire verso quell'ora tarda dalla mia stanza lasciandomi un bacio sulla fronte prima di uscire dall'edificio.
Percepivo la sua preoccupazione nei miei confronti, in modo amichevole quasi fraterno ma niente più; provavo piacere nell'avere qualcuno che mi trattasse bene.
Caddi in un profondo sonno dopo esser rimasta da sola nella stanza.
I precipizi erano diventati i protagonisti dei miei ultimi incubi e la cosa non face altro che aumentare i miei attacchi di panico nella notte.
Scattai in piedi quando mi ricordai che era il grande giorno, l'esame di filosofia con Mr. Miller.
Mi trascinai da sotto le lenzuola per andare ad ammirare allo specchio il mio orribile aspetto; occhiaie violacee che risaltavano su un viso cadaverico mentre i capelli sembravano essere stato attaccati da uno stormo di pipistrelli.
"Sembri essere uscita da un film horror." una vocina interiore mi prese in giro come se non lo avesse già fatto abbastanza il destino.
Iniziai a prepararmi mentre l'acqua per la macchinetta del caffè era in funzione, bastava solo legate i capelli in una coda alta ed indossare jeans e felpa.
Non sentivo il bisogno di sforzarmi per farmi bella solo per un incontro con il docente di filosofia, perché lui era solo questo ormai.
Raccolsi i fogli ed i libri di cui avrei avuto bisogno e li gettai in una borsa prima di uscire dalla stanza determinata a fare bene l'esame senza farmi intralciare dal passato poco piacevo che avevo con "l'esaminatore" in questione.
In poco tempo ero già davanti alla porta della stanza dove si sarebbe tenuto il test; altre due studentesse sedevano fuori dall'aula in attesa del loro turno perfettamente eleganti.
-Penso che tu sia White, ti sta aspettando il professore.- una delle ragazze mi bloccò prima che potessi accomodarmi su una delle poltroncine.
Agitata mi portai la borsa sulla spalla e varcai la soglia senza pensare oltre a chi li attendeva.
Era un aula come le altre totalmente vuota e torreggiava davanti alla porta una lunga cattedra con una serie di sedie girevoli dietro ad essa; al centro Christian Miller,nel suo completo blu, stava scrivendo chino su dei fogli.
-Buon giorno Mr. Miller.- con la massima professionalità lo salutai prima di accomodarmi sulla sedia davanti a lui.
Il suo viso rilassato istintivamente si contrasse, i tratti erano diventati rigidi quando mi scrutò mentre la mano che scriveva stringeva con forza la penna.
-Buon giorno Miss White.- controbatté lui poggiandosi allo schienale così da mostrarsi in tutto il suo splendore.
-Inizierei con l'argomento che tu hai deciso di approfondire per questo esame.- iniziò a picchiettare con la penna sul tavolino mentre mi guardava fisso negli occhi con un angolo della bocca alzato che mostrava un mezzo sorriso.
-Certo. Molti conoscono il pessimismo di Schopenhauer, pochi sanno invece del suo grande contributo alla psicologia.. - iniziai spedita a trattare il mio argomento mentre guardavo un punto fisso dietro a Mr. Miller affinché non potessero intimidirmi i suoi occhi profondi e verdi come una foresta.
Quando penetrai nel mio habitat naturale, cioè parlare di ciò che mi piaceva, mi lasciavo portare via dalla corrente; così feci anche in questo caso.
Quando il mio lungo monologo si concluse attesi le sue domande sul programma conseguito durante il semestre.
Sentivo dalle prime domande che lui mi stava rendendo l'esame molto facile, quasi infantile e più passavano i minuti più sentivo che Mr. Miller volesse solo avvantaggiarmi.
-Professor Miller, potrebbe non sottovalutare la mia intelligenza e pormi dei questionari degni di uno studente universitario e non di un bimbo dell'asilo. - affermai posando entrambe le mani sul tavolo sporgendomi verso di lui per fargli recepire meglio il messaggio.
-Miss White, mi sta accusando di favoritismo?- mormorò avvicinandosi a me come io avevo fatto poco prima senza cancellarsi dalla faccia il ghigno.
La mia arma mi si stava rivoltando contro, decisi di ritirarmi ed aumentare le distanze poiché già sentivo il cuore iniziare a palpitare in modo irregolare.
-Stavo esponendo una mia sensazione. - borbottai tenendo le mani conserte.
-Ah Sophia!- esclamò lui scuotendo la testa divertito.
Non capivo cosa lo divertiva tanto ma sentirmi chiamare per nome fece si che un totale black out si manifestasse nella mia testa.
-Mr. Miller, mi chiami per cognome prego.- dissi a denti stretti così da fargli capire che i paletti che stavo mettendo non si sarebbero potuti scalfire mai.
-Come desideri. Vuoi far finta che sia per te solo un professore..- la sua voce roca riempiva le mie orecchie mentre lui si grattava il mento coperto dalla barba.
-Lei è solo un professore!- puntualizzai a voce alta stringendo la mano attorno al bordo della scrivania.
-Non la pensavi così quando..-
-Basta! Ne ho abbastanza.- continuai io impedendogli di poter rivangare il passato come un coltello puntato nella mia direzione.
-Sta urlando contro di me Miss White?- improvvisamente si fece serio.
-No!- mi accorsi tardi del tono tanto alto da poter essere sentito dall'intero campus.
-Anzi si. Ho sentito l'eco...il volume della voce si è modificato da solo.- parlai tra me e me grattandomi la testa imbarazzata per essere stata di nuovo molto poco professionale rispetto a come dovrebbe essere una studentessa.
Le risate di Christian Miller mi ricordarono che ero ancora sotto esame e dovevo concluderlo il più presto possibile.
-Bene. Abbiamo finito?- chiesi alzandomi in piedi dopo aver raccolto i fogli nella mia cartellina.
-Quasi.-
-Cosa manca?-
-Voglio che da parte tua non ci sia tutto questo astio Sophia. Sarò il tuo docente anche per il secondo semestre...- affermò tenendo le mani strette sotto il mento mentre mi dava questa notizia bomba.
-Ce l'ha con me sicuramente ..- mi sfuggì dalla bocca mentre riponevo il tutto nella borsa.
-Come prego?Di chi parli?-
-Del destino, l'universo o Karma. Chiamalo come vuoi.-
-Capisco. Non vuoi più vedermi...-
-Esattamente.- confermai io.
-Ma purtroppo dovremmo vederci ancora per qualche mese. Ti propongo un accordo...- iniziò il docente attirando la mia curiosità nonostante provassi a trattenermi.
-Azzeriamo. Per evitare conflitti torneremo al punto di partenza. Dopo questo esame sarà come se non ci fossimo mai conosciuti. Da domani saremo solo Professor Miller e studentessa White.-
Lo fissavo sbattendo le palpebre incredula per questo tipico cliché da film sdolcinato; fare finta di nulla non avrebbe mai funzionato ma era l'unica scelta che avevo per proseguire la mia carriera scolastica.
-Io ho già azzerato tutto, Mr Miller.- mi alzai allungando la mano in modo professionale, in un istante lui fu in piedi allacciando la sua mano attorno alla mia.
Nonostante il contatto avesse risvegliato i miei sensi rendendomi sensibile da tutti i punti di vista raccolsi le ultime briciole del mio raziocinio e mi staccai allontanandomi da lui.
Tornare indietro nel tempo poteva essere solo una fantasia, un illusione; non avremmo mai potuto cancellare quello che avevamo vissuto e soprattutto le emozioni che mi aveva fatto provare lui da quando aveva varcato la soglia dell'aula di filosofia.
Sarebbe stato come un film, eravamo due attori che dovevano entrare nei loro ruoli tagliando completamente i ponti con il passato che condividevamo.