Sotto lo stesso tetto

Oleh Carmuz

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Sophia Barks, assurda e agiata ragazza emigrata a Londra, lasciandosi alle spalle una famiglia assente. Vive... Lebih Banyak

Sotto lo stesso tetto
Una serie di sfortunati incontri
Strani equilibri
Forse è corrente elettrica
Nuovo Annuncio.
È online.
Sotto lo stesso tetto
Cosa ne pensate?

Dimitri Stan

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Oleh Carmuz

Annuivo mezza assonnata, mentre inzuppavo un biscotto al cioccolato nel latte caldo.

"Mi stai ascoltando?"chiese Jenny.

"Certo"annuii con vigore, mentendo spudoratamente.

"Non sembra"incrociò le braccia.

Jenny era magnifica, ma anche infantile sotto molti punti di vista e permalosissima, peggio di me.

"Mi hai svegliato alle otto e sottolineo otto di mattina, ora avrò le occhiaie per tutto il giorno e il mio umore sarà tetro"dissi in fretta.

"Okay"sorrise"Ora che ti sei sfogata, possiamo parlare meglio"prese un tazzina e si versò del caffè.

"Comincia da capo"mangiai un altro biscotto, avevo estremo bisogno di zuccheri.

"Allora ho incontrato Bob Hullay, mi si era fermata la macchina e ho chiamato un meccanico"cominciò a blaterare"E' arrivato tutto unto e con le braccia muscolose, è stupendo"sospirò sognante.

"Scommetto che è l'amore della tua vita"l'anticipai, ormai la conoscevo meglio delle mie tasche.

"Come fai a saperlo?"alzò un sopracciglio.

"Perché è sempre la stessa storia, ogni santissima volta"l'ammonii.

"Sei per caso mia madre e non lo sapevo?"disse severa.

"Non lo sono, ma non voglio di nuovo vederti piangere"le presi una mano"Perdi la testa troppo in fretta e fantastichi eccessivamente".

"Hai ragione"tirò su col naso"Ci vado con i piedi di piombo".

"Brava"sorrisi.

"Allora non posso rompere il cambio della macchina e chiamarlo di nuovo?"si morse il labbro.

"Assolutamente no"scossi la testa"Gli uomini devono fare la prima mossa, aspetta".

"Okay, mi fido di te"si alzò dallo sgabello.

"Ti raccomando, non fare le solite pazzie"sgranchii le braccia.

"Devi andare al corso?"chiese.

"No, devo andare a lavoro e poi al bar"cominciai a fissare la poltiglia che affondava.

"Merda, il coinquilino"squittì allegra.

"Si"dissi pensierosa.

"Non sei convinta?"chiese.

"Mi mancherà la mia solitudine"brontolai.

"Forse non cambierà molto"tentò"Colin?".

"Ho avuto un incontro ravvicinato nel suo ufficio"dissi suadente.

"Quanto ravvicinato? Tipo tu inginocchiata sotto la scrivania?".

Mi strozzai con il latte e sputacchiai ovunque.

"Sei una porca"l'accusai.

"Qualcosa di meno erotico, tipo la tua mano su qualcosa al sud?"scoppiò a ridere.

"Fai schifo Jen"presi uno straccio e pulii il tavolo.

"Scusa, racconta su"mi diede una leggera spintarella.

"Niente di eccezionale, abbiamo parlato dell'esame, anche se.."indurii lo sguardo

"Cosa ha fatto?"domandò.

"Stan"digrignai i denti.

"Sarebbe? È sexy? Me lo presenti?"chiese a raffica.

"È un ragazzo che sta preparando la tesi con lui, arrogante e saccente"sbottai.

"Secondo me è un figo pazzesco"si grattò il mento con aria cospiratrice.

"Ehm, no"cominciai a sparecchiare.

"Le cose si fanno interessanti"prese la borsa e il giubbotto fucsia.

"Smettila"le lanciai una pantofola.

"Ciao"mi fece la linguaccia e chiuse il portoncino blindato.




Bisognava lavorare per guadagnare.

Continuavo a ripeterlo come un mantra, prima di mandare a quel paese qualche cliente.

"Mi scusi"mi chiamò una ragazzetta biondo platino e con una manicure uscita male.

"Mi dica"sorrisi.

"Questo non è il mio numero"cominciò a masticare vistosamente una chewing-gum.

"Lei mi ha chiesto il 38"precisai.

"Ma non mi entra"rispose.

"Evidentemente calza un numero più grande"dissi sempre con un sorriso, nonostante fosse finto.

"Impossibile"fece un volgarissimo palloncino color rosa.

"Invece si"dissi sicura.

"Le dico di no"continuò quella.

"Le porto il 39, così può verificare la differenza"girai i tacchi e andai nel retro bottega.

Mi concessi qualche minuto di tranquillità e poi tornai dalla tipa.

"Ecco a lei"le porsi lo scatolo e miracolosamente non disse nulla, anzi pagò tutta soddisfatta lasciandomi in pace.

Lavoravo da quasi un anno e mezzo nella "Boutique delle scarpe".

La proprietaria, con un ambiguo gusto per la moda, mi aveva fatto saltare tutti i convenevoli dandomi immediatamente il lavoro.

Anche perché quel giorno indossavo l'ultimo modello di Jimmy Choo, color smeraldo, che erano più uniche che rare.

Quindi nessuno poteva competere contro di me.

"Tesoro"squittì Trisha.

"Dimmi"stavo finendo di sistemare alcuni nuovi modelli in vetrina.

"Devo farti i complimenti, la Signora Gatern si è mostrata entusiasta della pazienza che hai avuto con sua figlia"sorrise.

"Sarebbe la ragazza bionda?"chiesi.

"Si, sono una delle famiglie più in vista"fece una giravolta presa dall'entusiasmo.

"Buon per noi"sorrisi allegra e guardai l'orologio affisso alla parete"Trisha sono le 16, posso andare?"chiesi.

"Certo e buona fortuna"mi stampò un bacio e mi lasciò libera.

Corsi immediatamente nel bagno, che avevamo negli uffici al piano superiore, mi ravvivai i capelli con le mani e ripassai il rossetto color pesca.

Sospirai pesantemente e mi avviai al luogo stabilito, anche se avevo una strana morsa allo stomaco.

Mi sedetti ad un tavolino all'esterno, visto che era una bellissima giornata, calai gli occhiali da sole sugli occhi ed estrassi Vogue dalla mia Chanel, per ingannare il tempo.

"Sophia".

"Ciao John"salutai il cameriere, che mi faceva la corte da sempre e che a sua volta era corteggiato da Jennifer.

Peggio di beautiful.

"Come va?"chiese cordiale.

"Tutto bene"sorrisi.

"Sei sempre più bella"mi fece il baciamano.

"Grazie e tu fin troppo gentile"ridacchiai.

"Prendi il solito?"sorrise.

"Bravissimo"lo ringraziai e ripresi a leggere cercando di soffocare l'ansia.

"Ciao psicopatica"al suono di quella voce, scattai dalla sedia.

"Oddio, vattene"ripresi a sfogliare la rivista.

"Non posso"spostò la sedia e prese posto di fronte a me.

"Guarda"mi tolsi gli occhiali e li gettai in borsa"Non farmi perdere la pazienza, non ti conviene"lo minacciai velatamente.

Per fortuna John venne con il mio aperitivo, ma subito corse a servire un altro cliente, lasciandomi con il gran cafone.

"Ancora con la minaccia della prigione?"rise.

Era ancora più bello di quanto ricordassi, mi ritrovai a fissarlo più del dovuto.

"Assolutamente si"presi a sorseggiare il liquido rosato.

"Scusa, lo stesso anche per me"chiese velocemente al cameriere, che poco dopo lo servii.

"Hai intenzione di restare a lungo?"chiesi acida.

"La mattina mangi yogurt acidi?"mi guardò di sottecchi.

"La mamma non ti ha insegnato che non si risponde con un'altra domanda?"sorrisi vittoriosa.

"Mia madre è morta dandomi alla luce"bevve un lungo sorso.

"Scusa, mi dispiace"mi torturai le mani, facevo sempre pessime figuracce.

"Non potevi saperlo, infondo nemmeno ci conosciamo"scrollò le spalle"Sono Dimitri Stan"mi porse la mano " E tu Sophia Barks, la ragazza dell'annuncio"riprese a sorridere.

"Non può essere vero"scossi la testa, non appena capii l'orrore della situazione.

Questo è un dramma degno di William Shakespeare.

"Invece si, ieri quando hai firmato il libretto dal professore ho letto il nome per intero e ho capito che eri tu"allungò le gambe sotto il tavolino di vimini, urtando le mie lasciate nude dal vestitino verde menta.

"E non mi hai detto nulla?"esclamai esterrefatta.

"Volevo vedere la tua faccia e infatti è epica"scoppiò a ridere di gusto, una bella risata sincera.

Il problema è che rideva di me, lo stronzo.

Più lui rideva, più cresceva la voglia di trascinarlo per i capelli scuri, un bello giro aggrappata alla sua chioma.

"Comunque"mi alzai con calcolata calma"Non sarai mai il mio coinquilino"presi una banconota e la diedi a John.

"Perché?"chiese mister occhi mare.

"Perché non ti sopporto e sarei costretta a soffocarti nel sonno"dissi sincera.

"Oppure hai paura di vedermi sotto un'altra luce"disse con un sorrisetto strafottente.

"Si, quella della lampada della sala mortuaria"senza nemmeno salutarlo, andai via.




Ritornai a casa nervosa ed eccitata, sensazioni che non andavano di certo in sintonia.

Non ero normale, non poteva essere normale questa cosa.

Ma litigare con quel Dimitri, mi stuzzicava.

Aprii velocemente la porta di casa e trovai una Jenny spaparanzata sul mio divano bianco.

"Che ci fai in casa mia, sul mio divano immacolato e con il mio gelato a pistacchio?"alzai un sopracciglio, mentre posavo il cappotto all'ingresso.

"Ops"sorrise"Mi ero dimenticata che odi chi tocca e sporca le tue cose"prese un'altra cucchiaiata di gelato.

"Vado a prendere una vaschetta anch'io"mi tolsi le scarpe ed aprii il freezer, estraendo quello alla vaniglia.

Mi gettai successivamente al suo fianco ed accesi la televisione.

"Come sei entrata?"chiesi.

"La chiave sotto lo zerbino"sorrise.

"Ah giusto"sospirai pesantemente.

"Ero curiosa di sapere del nuovo coinquilino, ma sembri nervosa, quindi non deve essere andata molto bene".

"Infatti è stata una catastrofe, un vero cataclisma"brontolai, mentre affondava il cucchiaino nel cremoso gelato.

"Addirittura? Era grasso e puzzava? O drogato pieno di piercing?"domandò curiosa, era una pettegola.

"Peggio"cominciai a mangiare quella bontà"Era Dimitri Stan"dissi solenne, guardandola negli occhi.

"Dovrei sapere chi è?"allungò i piedi sul tavolino e la fulminai all'istante.

"Te ne ho parlato stamattina, mi deludi Jen"misi un finto broncio.

"Per caso è il laureando, amico del tuo professore giovane e scopabile?"sorrise.

"Si, ti rendi conto?"posai la vaschetta e mi lasciai sprofondare nel divano di pelle.

"Sarebbe stato peggio uno grasso e puzzolente"annuii convinta di se stessa.

"Non conosci quel ragazzo, sbruffone, saccente, odioso dei miei stivali"brontolai.

"È tanto bello?"arrivò subito al nocciolo, purtroppo sapeva interpretare le mie parole.

"Si, fin troppo"ammisi esasperata.

"Descrivimelo"disse sognante, quando faceva così avevo paura.

"Okay"incrociai le gambe"Alto, muscoloso al punto giusto, spalle larghe, sorriso splendente, capelli neri e mossi, occhi verde mare e mani grandi"sospirai.

"Io me lo sposo, devi presentarmelo"esclamò allegra agguantando le mie mani.

"E Bob?"la stuzzicai.

"Ah giusto"sbuffò"Hai distrutto il mio sogno".

"Comunque ho intenzione di non vederlo mai più, quindi non corro rischi"mi sentii più leggera.

"Quali rischi? Quello di violentarlo?"rise.

"Volgare"dissi"Quello di strangolarlo"strinsi i pugni"Il suo essere bello non sopperisce al suo pessimo carattere"spiegai.

"Okay, intanto siamo punto a capo"si legò i capelli in una crocchia disordinata"Ah, mi stavo dimenticando che ha chiamato un certo Steve Grold, ha detto che domani devi andare nel suo ufficio"corse in cucina a posare le vaschette e i cucchiai nel lavello.

"Sono nella merda"mi presi la testa tra le mani.

"Perché? Spiega veloce che devo andarmene a casa".

"Non dormi qui?"chiesi brontolante.

"No, la mia coinquilina si è lasciata con il ragazzo ed ora piange sempre, mi tocca supportarla e prendere a parole il bastardo"alzò gli occhi al cielo.

"Okay"scrollai le spalle"Comunque Steve è il mio commercialista e quando chiama sono sempre brutte notizie".

"Riuscirai a cavartela"mi abbracciò"Al massimo chiami il sexy laureando"mi mollò uno schiaffo sul sedere e rapida scese le scale.




Mi alzai presto, perché avevo paura ad essere sincera.

Quel santissimo uomo di nome Steve Grold, quando mi chiamava erano guai, ma guai seri.

Mi preparai con tranquillità, facendo un bel bagno rilassante con tanti sali colorati, musica in sottofondo e candele accese, nonostante fosse già mattino.

Però il mio relax mi sorbì parecchio tempo e infatti riuscii a fare comunque un clamoroso ritardo.
Quando Dio distribuiva la puntualità, io ero sicuramente a fare shopping.

Mi ritrovai a vestirmi velocemente e per fermare un taxi mi gettai in mezzo alla strada, rischiando di essere investita.

Nonostante ciò, arrivai al suo ufficio con un ritardo di ben mezz'ora.

Sicuramente mi stava aspettando con un fucile o una pistola a silenziatore.

"Ciao Sophia"mi salutò cordiale la segretaria, cioè sua moglie di dieci anni più giovane.

"Buongiorno Clarisse"sorrisi cordiale"È nervoso?"chiesi.

"Un pochino"ammise, per poi tornare a leggere delle scartoffie.

Feci un lungo respiro ed aprii la grossa porta scorrevole di legno scuro.

"Buongiorno mio caro, oggi sei ancora più magnifico e la cravatta rosa cipria ti sta d'incanto"sorrisi e mi accomodai sulla bella poltrona di pelle.

"Sei in ritardo, come al solito"picchiettò il dito sull'orologio d'oro che aveva al polso.

"Giuro che mi ero svegliata presto"mi portai la mano sul cuore.

"Smettila, sei pessima quando cerchi di arrampicarti sugli specchi"mi rimproverò.

"Scusa, scusa e ancora scusa"congiunsi le mani e lo vidi sorridere, si stava ammorbidendo.

"Comunque chi vive in casa con te?"chiese.

"Era una mia amica, ha la chiave di riserva"spiegai.

"È pazza?"chiese ancora.

"No o meglio ancora non è stato scientificamente provato"mi sistemai la camicetta di raso beige.

"Ha cominciato a chiedermi se fossi il tuo amante segreto ed altre cose assurde"alzò gli occhi al soffitto.

"È un pochino strana"ammisi.

"Strana? Peggio"si appoggiò allo schienale.

"Tralasciando Jenny, perché mi hai chiamato?"mi mordicchiai il labbro inferiore.

"Sei nei guai"disse serio.

Guai significava niente soldi.

"Sto facendo la brava"mi difesi subito.

"Davvero?"aprii un cassetto, estraendo un malloppo di fogli"Casa di 400 e passa mq, macchina di lusso che non usi, lingerie francese, scarpe costose, abiti costosi, caviale, champagne..".

"Mi tieni sotto controllo?"dissi risentita.

"Sono il tuo commercialista e amico di famiglia, ti ho vista crescere ed hai le mani bucate"mi additò.

"Non credo proprio"incrociai le braccia.

"Lingerie francese di migliaia di dollari, hai un fidanzato da sedurre?"chiese.

"No"scrollai le spalle.

"Allora a che ti serve?"inarcò un paio di occhiali dalla montatura sottile.

"Il cotone mi fa uscire le macchie e mi prude"mi giustificai.

"Non è vero, sei solo viziata"mi accusò.

"Steve"esclamai"Mi offendi in questo modo".

"Sophia ti voglio bene come una figlia, sei bellissima e intelligente, lo dimostra il fatto che hai mollato tutto per essere indipendente e ti sostengo nelle tue scelte"prese una pausa"Ma non hai senso della misura, sei ossessionata dal comprare e i tuoi conti piangono miseria".

"Non volevo essere scortese"abbassai il capo.

"Risparmia un pochino, okay?"mi strinse una spalla.

"Chiederò un aumento a Trisha e ho trovato anche una persona con cui condividere la casa"molto probabilmente mi sarebbe cresciuto il naso, peggio di pinocchio.

"Bravissima, mi prometti di comprare meno biancheria intima?"chiese divertito.

"Si, in fondo ho due cassetti pieni"lo abbracciai di slancio.

"Ora vai, ho un altro appuntamento"mi diede un bacio sulla fronte.

"Grazie Steve, sei come un padre"mi vennero gli occhi lucidi.

"Lo so"mi strinse ancora un po'.



Cosa dovevo fare?

Mettere da parte l'orgoglio o rischiare la bancarotta?

Non avevo nemmeno il numero di quel maledetto Dimitri Stan, porca paletta.

Cominciai a sbuffare come una locomotiva a vapore, ero davvero sfortuna.

Iniziai a vagare senza meta e mi ritrovai dinanzi alla facoltà di medicina, decisi di entrare, ma non ero molto convinta dell'idea che mi balenava per la testa.

Andai verso le macchinette e lo vidi, stava parlando con un gruppo di ragazze sognanti con la bava che penzolava ai lati della bocca.

Che patetiche, dove era finita la loro dignità?!

Anni di lotta per i diritti della donna, buttati nel cesso per un paio di occhi magnetici e un corpo sinuoso, mah!

Con nonchalance presi delle monete dal portafogli e presi un caffè macchiato, sperando che si accorgesse di me.

Fortuna voleva che avessi disperato bisogno di lui o almeno di una quota dei suoi soldi.

"Non ci credo, Sophia Barks"il suo tono era di scherno e pensai seriamente di mandarlo a quel paese.

"Ah, ciao"feci spallucce, adottando la mia solita tattica dell'indifferenza.

"Ci vediamo anche oggi"si appoggiò alla macchinetta e mi sorrise.

Era davvero bello, purtroppo.

"Devo essere davvero una ragazza fortunata"lo presi in giro.

"Fidati, lo sei"mi guardò per una manciata di secondi e mi ritrovai ad arrossire.

"Stavi tenendo una conferenza?"indicai con la testa le ragazze civette.

"Anche se fosse, sono comunque venuto da te"prese il bicchiere di plastica che tenevo tra le mani e bevve un sorso.

"È il mio caffè"brontolai.

"Era"buttò il bicchiere vuoto nel cestino.

"Cafone"puntai i piedi per terra e chiusi le mani a pugno.

"Sei buffa"sorrise.

"Quanto ti odio"ringhiai e girai i tacchi, pronta a seppellire l'idea di dargli una possibilità di essere il mio coinquilino.

"Ti offro un caffè con panna, ti va?"urlò.

Sorrisi di nascosto, feci un respiro e mi voltai a guardarlo.

"Voglio un caffè alla nocciola con panna"precisai.

"Va bene, principessa sul pisello"fece una specie di inchino e mi superò"Ho la moto sul retro".



"Chi ti ha dato la patente?"urlai per farmi sentire, visto che guidava come un pazzo scellerato.

"Mi sono scopato l'istruttrice"riuscii a percepire la sua risata, nonostante il vento che mi sferrava le gambe nude e il casco gigante che avevo in testa.

Per tutto il tragitto avevo evitato di "abbracciarlo", dovevo comunque mantenere un certo distacco, anche se all'ennesima curva fatta a 180km/h mi ero ancorata come una cozza.

Ero troppo giovane per morire.

"Siamo arrivati, puoi sciogliere la presa strangolatrice"mi picchiettò sulla gamba sinistra e subito mi allontanai.

"Scusa se guidi come un pazzo e non volevo volare via"mi sistemai il vestito e scesi, barcollai anche.

"Addirittura? Nessuna si è mai lamentata"sghignazzò.

"Immagino che tipo di compagnia femminile frequenti"entrai nel bar, lasciandolo come il broccolo.

"Cosa intendi?"mi raggiunse al tavolino che avevo scelto, quello vicino alla vetrata dove trapelavano dei timidi raggi di sole.

"Niente e tutto, a buon intenditore poche parole"sorrisi nascondendomi dietro al menù rosa confetto.

"Che tipa"borbottò pianissimo, ma riuscii comunque a sentirlo.

"Siete pronti ad ordinare?"arrivò una ragazza davvero carina, con lunghi capelli rossi.

"Si, due caffè alla nocciola con molta panna e due muffin al cioccolato"disse prontamente Dimitri.

"Posso fare altro per te?"chiese maliziosa sempre e solo a lui, escludendomi completamente.

Tutti sapevano che odiavo essere messa all'angolo.

"Per ora no"rispose voluttuoso.

"A disposizione"sorrise la rossa ninfomane, che finalmente ritornò a lavorare.

"Che scena stomachevole"borbottai con lo sguardo proiettato fuori dal vetro.

"Sei sempre così polemica?"chiese.

"Sono anche peggio"ammisi.

"Buono a sapersi"come al solito allungò le gambe sotto al tavolo.

"Occupi troppo spazio"gli schiacciai il piede con il tacco dodici.

"Ahia, che male"ritrasse immediatamente le gambe chilometriche.

"Ben ti sta"sorrisi vittoriosa.

"Avevo ragione a dire che sei psicopatica".

"Sono tante cose"dissi misteriosa e anche maliziosa, mi morsi la lingua per quel tono da gatta morta.

"Se usi quel tono puoi chiedermi anche un rene"sorrise sensuale.

"Quale tono?"feci l'innocente.

"Quello carico di promesse"allungò il viso verso il mio e rimasi a fissare le sue iridi.

Da vicino erano ancora più verdi, come il mare della Costa Smeralda.

"Dimitri"sospirai"Non vedo gli uomini nemmeno se, si gettano ai miei piedi".

"Sei lesbica?"alzò un sopracciglio e scoppiai a ridere di gusto, mentre la rossa caliente ci serviva.

"Assolutamente no, mi piacciono gli uomini"presi a giocare con la panna.

"Ribadisco che non ci sto provando con te"cominciò a mescolare il liquido marrone.

"Ed io ribadisco che non sei il mio tipo"dissi con un pizzico di amarezza.

"Perfetto"sorrise.

"Perfetto"accennai ad un mezzo sorriso anch'io.

"Avevi qualche corso oggi?"chiese per stemperare il silenzio.

"No"dissi sincera.

"Sei venuta per Colin?"chiese.

"Nemmeno"scrollai le spalle"A proposito è fidanzato?"domandai curiosa.

"Ti piace?"finii di bere.

"È un bel ragazzo, affascinate e intelligente"mangiai un pochino di muffin.

"È il tuo professore"disse severo.

"Tranquillo, non ho intenzione di rapirlo e violentarlo"gli feci l'occhiolino.

"Comunque da giorni mi parla spesso di te"disse di colpo.

"Davvero?"domandai eccitata.

"È tutto Sophia di qua e Sophia di la"scimmiottò la voce del sexy prof.

"Mi stai prendendo in giro?"lo minacciai con il cucchiaino sporco.

"Non lo farei mai"sospirò.

"Posso piacergli?"mi mordicchiai il labbro.

"A qualcuno non piaci?"disse retorico, come se fosse normale che piacessi a tutti.

"A te non piaccio"lo guardai di sottecchi.

"Giusto"si passò una mano tra i capelli ribelli.

"Gli piaccio?"chiesi.

"Può darsi, ha detto che sei bella, hai una bella voce e si vede che hai cervello"scrollò le spalle.

"Oggi é un bellissimo giorno"sorrisi contenta.

"Non illuderti, resta il tuo professore di corso"mi rimproverò.

"Visto che sei stato gentile con me"mi pulii la bocca con un fazzolettino"Ti dico che sono venuta all'università per te"lasciai la frase in sospeso, vedendo che pendeva dalle mie labbra.

"Continua"mi diede un calcio scherzoso.

"Scemo"esclamai"Sei ufficialmente il mio nuovo e primo coinquilino, sempre se vuoi"alzai le mani.

"Si, lo voglio"disse solenne.

"Detto così fa paura"ridemmo insieme.

"Quando posso trasferirmi? Ora vivo in una topaia"ammise.

"Anche domani"mi lasciai trasportare dal suo buon umore.

"Okay, ci sto"si alzò e pagò il conto.

"Ora accompagnami a casa mia, anzi nostra"dissi.

"Sissignora si "fece il saluto militare"Oh, guarda qua"mi mostrò lo scontrino, dove c'era scritto Tatiana e un numero di cellulare.

"Hai fatto colpo sulla cameriera con un nome da pornostar"alzai i pollici all'insù come una vera deficiente.

"È scopabile, quindi la chiamo sicuro"mi porse il casco.

"Tutti uguali gli uomini"brontolai, mentre mi arrampicavo sulla moto nera.

Mi alzò la visiera di plastica e mi diede un bacio sul naso, che fece aumentare i miei battiti cardiaci.

"Sarà una bella convivenza Soph, fidati di me"mise in moto e partii.

Solo a me, sembrava la firma per la mia condanna a morte?!

Solo a me, sembrava di conoscerlo da una vita, nonostante fossero due miseri giorni?

Solo a me, mandava in confusione?!

Maledetto.




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