La più coraggiosa decisione che prendi ogni giorno è di essere di buon umore.
La leggo ogni mattina, aprendo gli occhi. Per non dimenticarla, l'ho dipinta sul soffitto.
Non è mia, purtroppo. E nemmeno l'idea di scrivere una frase sul soffitto della camera da letto.
La genialata era della coppia che viveva in questa casa prima di me, solo che prima era una menata clamorosa. Qualcosa tipo: Io e te siamo un fuoco eterno, che brucia per sempre.
Si sono lasciati quando lui ha scoperto di non essere il solo che aggiungeva legna al loro amore.
Mi piacque subito.
L'idea della scritta, intendo. Ma ci voleva qualcosa che fosse più nelle mie corde, più... illuminante.
Il resto è venuto da sè.
Ogni mattina compio questa scelta coraggiosa, ci provo sempre. A volte ci riesco, il più delle volte no.
Oggi è una di quelle sì.
Riesco persino a disattivare la sveglia prima che suoni. Leggo la frase, sorrido e mi tiro seduto sul bordo del letto.
Stiracchio.
Almeno sessanta secondi, il minimo sindacale. Come i gatti al sole.
Poi giù:
- bagno,
- caffè,
- musica.
In quest'ordine.
Che bello vivere nel XXI secolo!
Lo penso, mentre pigio un tasto sulla mia espresso automatica. Due casse diffondono la mia playlist del buon umore per tutta casa.
La prima della lista. È del Maestro, tratta da uno dei suoi dischi più belli.
Caparezza - Ti fa stare bene
«Sì, Capa, oggi farò solo cose che mi faranno stare bene! Nemmeno il fatto di aver finito lo zucchero mi impedirà di stare bene, oggi!»
Lo dico al video su YouTube, trasmesso in stream-mirroring dal mio cellulare al 50", appeso sul muro in soggiorno.
Mi tocca scendere in taverna e prenderlo dalla dispensa.
E che sarai mai!
Al primo gradino.
Ma sì, la ginnastica fatta al mattino è più efficace.
Al sesto.
E pure fin qui... tutto bene!
Al tredicesimo.
Sarebbe stato meglio amaro 'sto caffè...
Scendendo l'ultimo.
Gli occhi sul muro alla mia destra, non più intatto come lo ricordavo.
La testa che si svuota, i pensieri felici che migrano verso lidi lontani e tutta la storia dello stare bene che se ne va allegramente a farsi benedire.
La frattura è lì.
È sempre stata lì, da ieri sera.
Era lì anche quando sono tornato dal bar di Zahira.
È stata lì tutta la notte.
La stavo solamente ignorando, come si fa con la polvere sopra i mobili alti. Sai che c'è, ma finché non la vedi è come se non esistesse.
Buia.
Esattamente come quando l'ho lasciata ieri notte.
Ma la luce dell'alba, che filtra attraverso i finestrini in alto sul muro sinistro, potrebbe darmi un falso negativo.
Dovrei guardarci ancora attraverso?
«Sì, ma non adesso, prima il caffè! E che diamine...»
* * *
È ancora inesorabilmente buia.
La frattura, intendo.
Lo so perché, dopo il terzo caffè, mi sono deciso a tornare all'assalto.
Ho la sensazione che dall'altro lato ci sia sempre il nastro telato. Non sono sicuro, ma sbirciando meglio mi sembra di riuscire a intravedere qualcosa, attraverso.
Forse.
O forse è solo la mia immaginazione.
Ho bisogno di fare qualcosa.
Di agire.
Mi sento formicolare il cervello.
Sento che se non smuovo la situazione, corro il rischio d'impazzire.
Oltre che nel muro, ho creato una frattura nella mia testa.
Forse dovrei provare a colpire il muro in un altro punto. Ma sì, tanto che ho da perdere?
Impugno la mia fedele Mazza a gemma - 5kg e mi posiziono un paio di metri a destra della frattura.
Prendo le misure, come un golfista. Stimo, calcolo, simulo.
Forse un po' più in alto? O meglio un po' più in basso?
«Oh, al diavolo! Come viene, viene...»
Carico e colpisco con tutta la forza che ho in corpo. La testa della mazza entra nel muro, molto più a fondo della prima volta. Ma non riesco a sfondarlo solo con quel colpo, non basta.
Sembra più duro.
Ricarico e colpisco, ma ancora niente. E allora ricarico e colpisco ancora. E ancora un clamoroso niente. E allora colpisco e colpisco e colpisco, fino a quando finalmente cede.
Cede, sì, ma diversamente.
Questa volta si è formata una crepa gigantesca, una frattura molto più grande. Questa volta il buco passante è enorme nel mezzo della frattura, me ne rendo conto solo ora che la frenesia è calata. Potrei infilarci la testa per intero, se volessi.
Se avesse un senso farlo perché, questa volta, dentro al buco c'è soltanto terra.
Terra e sassi.
Sassi e terra.
E basta.
Niente occhio, nessuna donna.
Solo terra che si mescola ai calcinacci e sporca il pavimento. E sassi che piovono lentamente, disgregando il vespaio attorno al muro esterno.
«Ma come cazzo è possibile?»
No. Non può essere.
Devo fare un altro tentativo.
Impugno Mazza a gemma - 5kg e affronto questo maledetto scherzo della natura.
Non mi arrenderò senza una risposta.
Dovessi buttare giù tutta la fottuta casa!
* * *
«Dio...»
Ho fatto altri due buchi, ora ce ne sono quattro in tutto.
Niente, non ci ho cavato un ragno da essi. Solo terra.
E una vagonata di calcinacci, come misero premio di consolazione.
Nemmeno un maledetto pesce rosso.
Alla giostra avrei vinto di più...
Mi accascio su Mazza a gemma - 5kg, mi sento a pezzi.
Fare il muratore è un lavoro serio!
Quasi rimpiango i miei viaggi interminabili in auto, su e giù da un cliente all'altro.
Ho il fiatone ma cerco di contenerlo, non voglio correre il rischio di farmi venire un capogiro.
E nonostante il rumore forte del mio respiro pesante, riesco a sentirlo.
Un rumore...
Ma non uno qualsiasi, uno di quelli che conosco fin troppo bene. Uno di quelli a cui mi sono quasi abituato.
È un suono ovattato, soffocato. Una voce.
Trattengo il respiro per sentire meglio. Mi costa caro, ma reggo.
Non ci sono dubbi. Corro alla frattura e osservo al suo interno.
Il nastro è scomparso.
«Cazzo!»
Vedo la donna, seduta per terra a un paio di metri dal muro.
Sembra stia gridando qualcosa, mentre ciondola avanti e indietro, come un malato di autismo in preda a una crisi.
Regge un cartello bianco contro il petto. Lo abbraccia con disperazione, come fosse una disperata richiesta.
E lo è per davvero, una disperata richiesta...
Tre parole sopra, tre graffi d'inchiostro.
Smettila, ti prego!