Blame | H.S.

Da harroldz

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Dopo aver assistito a un regolamento di conti fra bande rivali, Blake Morgan viene presa in ostaggio dal capo... Altro

Blame
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Da harroldz

Green Day, Stray Heart

~

Blake's POV

Harry irruppe nella stanza all'improvviso, aprendo la porta con uno scatto secco. Il suo sguardo ispezionò rapidamente il piccolo spazio, sino ad individuare la mia figura, seduta sul pavimento con la schiena adiacente alla parete.

Il giorno precedente, dopo quella pseudo discussione che seguì al mio svenimento, Harry aveva lasciato la stanza. Era rientrato dopo una buona mezz'ora per lasciarmi del cibo, che - notai - era appena più abbondante rispetto al solito. Per il resto della giornata ero rimasta da sola, fino a quel pomeriggio.

"Alzati" ordinò in tono monocorde. Era evidentemente tornato all'atteggiamento apatico dei primi giorni ed, onestamente, la cosa non mi rilassava affatto. Quel suo modo di agire era mille volte peggio della rabbia che ero riuscita a provocare il giorno precedente: mentre quest'ultima era pur sempre un sentimento, l'apatia e l'indifferenza precludevano ogni possibile ripensamento ed esame di coscienza. In poche parole, mi avrebbe piantato una pallottola in testa senza neppure pensarci.

"Perché?" domandai.

Harry sospirò, passandosi una mano fra i capelli, poi si avvicinò di qualche passo e mi tese la mano. "Forza" insistette.

Osservai un po' titubante il suo braccio teso nella mia direzione, poi il palmo della mano aperto. Potei così notare alcuni tatuaggi scuri che gli ricoprivano la pelle tesa, facendosi più radi verso l'avambraccio. A saltarmi all'occhio, fu in particolare una piccola croce latina, situata sulla mano, nell'incavo fra il pollice e l'indice.

Feci forza sulle gambe e mi sollevai da sola, mentre lui lasciava ricadere il braccio lungo il fianco. Prima che potessi anche solo rendermene conto, Harry mi afferrò con uno scatto l'avambraccio, dunque vi agganciò una delle estremità di un paio di manette, chiudendo poi l'altra intorno al suo polso.

Sbarrai gli occhi. "Ma che diavolo-?"

Lui scrollò semplicemente le spalle. "Per assicurarmi che non cerchi di scappare" disse.

Mi limitai a guardarlo per qualche secondo, forse nel vano tentativo di carpire qualche informazione sulle sue intenzioni dal suo volto imperscrutabile.

"Dove mi stai portando?" domandai.

Harry non mi degnò di uno sguardo e tantomeno mi concesse una risposta. Non credevo che l'avrebbe fatto, ma l'ansia e la preoccupazione per il non sapere cosa mi aspettasse mi stavano divorando.

"Cammina e basta" mormorò dopo alcuni istanti, strattonandomi leggermente il polso per incitarmi a farlo. Come fossi un fottuto cavallo.

Mi trascinò dall'altro lato della stanza, poi si bloccò di fronte alla porta di metallo. Recuperò le chiavi appuntate alla cintura e sbloccò la serratura. Notai che le riponeva esattamente nello stesso punto, agganciate a un passante sul suo fianco destro.

Quando spalancò la porta, provai un senso di sollievo. Dopo intere giornate trascorse rinchiusa fra quelle quattro mura, vedere qualcosa di diverso fu liberatorio. Quella sensazione fu però immediatamente sostituita da un'ansia incontenibile. Finché restavo chiusa in quella stanza, potevo crogiolarmi nella stupida illusione che quanto mi stava accadendo non fosse reale; ma, una volta che un cambiamento giungeva a spezzare la routine, coltivare quella fantasia non era più possibile.

Ero prigioniera, mentre il mondo al di là di quelle mura andava avanti, non curandosi della mia situazione. Vivevo per strada, dannazione, nessuno avrebbe mai attribuito alla mia sparizione un rapimento, specialmente non dopo che avevo annunciato il mio proposito di partire. Nessuno sarebbe venuto a cercarmi. Avrei dovuto cavarmela da sola, come avevo sempre fatto.

Se la prima e unica volta che avevo avuto modo di vedere cosa ci fosse all'esterno della mia stanza - il giorno del mio rapimento - ero troppo spaventata per prestare attenzione, quella volta fu diverso. Studiai con attenzione tutto ciò che era visibile, dalle pile di casse accantonate ai lati dell'ampio spazio alle poche altre porte lì collocate. Quando me ne saltò all'occhio una evidentemente rovinata e posta accanto a quella della mia cella, intuii che si trattasse di quella di Zayn. Di colui per la cui vita io avevo lottato e che, in cambio, mi aveva abbandonata. Ed ora lui era libero, mentre io stavo andando chissà dove insieme al mio carceriere. Provai odio in quel momento.

Poi, improvvisamente, un pensiero terribile si fece spazio nella mia mente. E, nonostante in genere cercassi di ostentare coraggio e forza - perché quello era l'unico modo in cui sapevo stare al mondo - in quel momento non riuscii a celare la paura. La pelle mi si ricoprì di brividi, mentre il battito del mio cuore cominciò ad accelerare ed il mio respiro si fece più irregolare.

Deglutii, nel tentativo di inumidirmi la gola quanto bastava per riuscire a pronunciare quella semplice domanda. "È finita?"

La voce mi uscì quasi in un sussurro, tanto che temetti non mi avesse sentita, ma mi ricredetti quando il suo sguardo si posò sulla mia figura. Inarcò appena le sopracciglia, evidentemente in attesa di una spiegazione.

Mi presi un momento per analizzare le mie possibilità di uscire da quella situazione. Osservai le manette lucenti che ci tenevano legati, poi il suo busto e la sua cintura.

Inchiodai senza preavviso, costringendo Harry a fare lo stesso. Lo sentii borbottare qualcosa sotto voce, poi si voltò nella mia direzione.

"Che vuoi fare?" domandò atono, sollevando appena i nostri polsi intrappolati dal paio di manette.

Lo ignorai. "Mi ucciderai?" domandai di getto, senza mezzi termini e in modo diretto.

Lui aggrottò la fronte, evidentemente sorpreso da quella mia domanda. Io mi avvicinai di qualche passo, lentamente.

"No" rispose. "Ora andiamo."

Continuai a guardarlo, così lui fece lo stesso. "Come faccio a fidarmi di te?" mormorai.

Harry scrollò le spalle. "Non lo fai. Non devi."

Ora.

Prima che lui avesse il tempo di rendersene conto, con uno scatto della mano riuscii a sfilargli la pistola sul retro della cintura. La impugnai e la puntai contro il suo petto.

"Lo so" mormorai, in risposta alla sua affermazione.

La mia mano libera era la sinistra, perciò mi tremava un po', ma cercai di non darlo a vedere. Posai l'indice contro il grilletto e lo osservai per qualche istante, per calibrare la sua reazione.

"Bel trucco" disse lui semplicemente. Pareva del tutto rilassato, come se per lui avere una pistola puntata al cuore non significasse nulla.

Mi aspettavo che si sarebbe infuriato, che avrebbe tentato di riappropriarsi dell'arma, che avrebbe cercato di farmi del male. Qualsiasi cosa, ma non quella calma incorruttibile. Quella sua reazione riuscì ad agitarmi quasi più degli altri scenari, e forse era proprio ciò che lui voleva.

"Slegami" gli intimai, indicando le manette con un cenno.

Lui scosse piano la testa. "Puoi scordartelo, dolcezza" replicò.

Sospirai. "Se non lo fai, io ti ucciderò. Poi mi libererò da sola, e la tua morte sarà stata vana, oltre che da idiota."

Harry sfoggiò un mezzo sorriso, come divertito da tutta quella situazione. "Sappiamo entrambi che non lo farai. Sei troppo umana per questo" disse.

"Tu non mi conosci" chiarii. "Non hai idea di ciò che posso fare."

Probabilmente era vero. La paura di morire urlava più forte della mia coscienza. Era disgustoso ed egoista, ma questo era ciò che ero.

"Sul serio?" domandò, con aria di sfida. "Allora fallo."

I miei occhi scattarono verso il suo volto, fino ad incrociare i suoi. "Liberami" ribadii. "Non te lo ripeterò."

"No" replicò lui, secco. "L'unico modo che hai per andartene è con la mia morte. Non sarebbe la prima volta, e sappiamo entrambi qual è stata la tua scelta, quando è capitato."

Aveva ragione. Quando avevo avuto l'occasione di scappare e riottenere la mia libertà, avevo scelto lui. Avevo scelto di strapparlo alla morte, di salvarlo da un proiettile che probabilmente meritava. Ed ora non c'era nessuno che pensasse a salvare me.

Ero schiava dei sentimenti e della compassione, nonostante la vita non mi avesse riservato altro che continue sfide. Dipendevo dalla paura del giudizio della mia coscienza, nonostante non avessi alcun motivo per essere umana. Non era così che sarei sopravvissuta. Né in quella situazione, né tantomeno nel mondo esterno.

Perciò chiusi gli occhi e sparai.

Domanda: secondo voi i capitoli sono troppo corti o vi piacciono così?

Spero che questo vi sia piaciuto, fatemi sapere x
Ci sentiamo presto.

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• Instagram - @harroldz_

M.

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