Insicura (COMPLETA)

Por WinterSBlack

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(Vincitrice Wattys2018 Categoria I Contemporanei) "Questa è la storia di una ragazza dal passato difficile c... Más

1. La mia vita
2. Il nuovo compagno di scuola
3. Uscire con Jason Forster
4. La ragazza di Arn
5. Tempo
6. Hebe Daniels
7. Party
8. Sfuriata
9. Uscita tra amici
10. In casa
11. Casa sua
12. La Band
13. La scuola è un campo di battaglia
14. Amica?
15. Scivoloso
16. Nuove compagnie
17. Stomaco
18. Vacanza
19. Giochi
Angolo Autrice
20. Racconti notturni
21. La Casa Stregata
22. Anno nuovo
23. Recita
24. Sfuggire di mano
25. Hakuna Matata
26. Realizzazione
27. Confessioni
28. Avere un ragazzo
28. Dichiarazione
29. Operazione salvataggio cuori infranti
30. Iris Reagan
31. Alla ricerca di un bel regalo
32. San Valentino
33. Errore
34. Segreti svelati e situazioni risolte
35. Lasciare
36. Sul palco per gioco
37. Ansia da palcoscenico
38. Concerto di beneficenza
39. Problemi di comunicazione
40. Boccino d'oro
Special p. 1
Special p. 2
42. È andata peggio
43. La forza di parlare
44. Stop
Sorpresa

41. Troppo passato per vivere il presente

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Por WinterSBlack

Negli episodi precedenti

Prima del POV di Hebe eravamo rimasti ad Azura tormentata nel suo dire o meno a Lance che lo ama, dato che la prima volta, anche se gli è sfuggito per sbaglio, è andata male. Nonostante questo problema, la nuova neo-coppia è finita a letto assieme e qui Azura si è dovuta trattenere di nuovo nel confessare i suoi sentimenti.

«Che stai facendo?» mi chiese lui attirandomi verso di lui e affondando il volto nell'incavo del mio collo.
Ridacchiai per il solletico e il telefono che prima tenevo in mano scivolò tra noi, perso tra le coperte.
«Ho accettato una richiesta di amicizia di Facebook.» dissi.
Il musetto delizioso di Lance sbucò dalle coperte e mi guardò. Aveva i ricci arruffati e la gote rossa e un'aria così spaesata che mi fece intenerire.
«Dovrei preoccuparmi? Cioè, non sono quel tipo di fidanzato che monitora le amicizie e i contatti, ma...»
«Era di Iris.» lo interruppi aspettandomi la sua reazione.
Se fu sorpreso, non lo diede a vedere.
«Ah.» commentò mettendosi seduto. Le coperte gli scivolarono sulla vita mentre si allungava verso i suoi pantaloni.
«Non ci vai spesso su Facebook, vero?» chiesi cercando di non farlo insospettire.
«No, tranne per controllare eventi come i Comics o spoilerarmi crudelmente su serie TV e quant'altro.» replicò cacciando un enorme sbadiglio.
Lo osservai rivestirsi. Era interessante.
«Mi passi il reggiseno?» gli chiesi candidamente.
«Guarda che puoi anche non metterlo» sorrise mentre lo raccoglieva.
«Non mi chiedi perché ho accettato la richiesta d'amicizia della tua ex?» gli chiesi mentre mi rivestivo anche io.
«In realtà sono più curioso di sapere perché lei te l'abbia fatta, ma non è essenziale per la mia sopravvivenza saperlo.» replicò andando a togliere il dvd di "Hunger Games" dal lettore.
«Quindi lei sa di me?» chiesi ancora.
«Uh, sì, perché?»
«Penso che dovresti sapere anche tu di lei, allora» rivelai mostrandogli il telefono.
«Pare si sia fidanzata di recente. Più o meno quando ci siamo messi assieme noi. Forse lo frequentava già da prima.» dissi precipitosamente.
Lance diede un'occhiata al mio telefono, scorrendo il profilo della sua ex.
«Non lo conosco.» dichiarò infine. «Ma l'importante è che adesso sia felice.»
Il che implica che è stata parecchio infelice per essersi lasciata con Lance? O era infelice già da prima?
Non sapevo cosa pensare. Ero felice che Iris si fosse fidanzata quasi subito la sua rottura con Lance.
Lance controllò il suo cellulare prima di stamparsi un largo sorriso sulle labbra.
«Il prossimo fine settimana devo andare a trovare i miei nonni a Northampton per il compleanno di nonna. Ci sarà anche mia madre e tanto che ci sono saluterò i miei amici di lì. Ti andrebbe di venire con me?» mi chiese a bruciapelo.
«Come?» chiesi sorpresa se non scioccata.
«Sì, insomma, se non ti va non fa niente.» si ritirò immediatamente, imbarazzato.
«Mi stai chiedendo di conoscere tua madre?» non potei fare a meno di sorridere.
«Tanto conosci già mio padre...»
«E come ci organizziamo?» gli chiesi rimettendomi in piedi per raggiungerlo al centro della stanza.
«Staremo nella mia vecchia casa per due giorni. Tanto è nello stesso quartiere dei nonni. Partiamo venerdì pomeriggio e torniamo domenica sera, per te va bene?»
Alzai i pollici sorridente mentre lui ricambiava, si avvicinava e mi baciava.
Essere presentata a sua madre mi sembrava una cosa veramente ufficiosa. Mi dava sicurezza. Quindi non vedevo l'ora di partire assieme a lui.

Mi sarei dovuta subire un'ora di treno. Avrei potuto impazzire in quell'ora.
Avevo fatto lo zaino in fretta e furia e quasi sicuramente avevo dimenticato qualcosa.
Ace mi aveva presa in giro tutto il tempo, assillandomi per cose inutili e prevedendo figuracce a domino.
E come se non bastasse, probabilmente mi stava per venire nuovamente il ciclo. Forse avrei dovuto iniziare a prendere la pillola...
Timbrai il biglietto sospirando mentre Lance controllava il tabellone dei treni.
Sembrava altrettanto esausto e non potei che biasimarlo dato che anche quel giorno il buon vecchio Sasha Lama Lamus se l'era presa con lui.
C'era da dire, però, che da quando c'era Lance, aveva allentato la presa sugli altri studenti.
«Penso che non ti espellerà veramente. La sua era una minaccia vuota.» gli dissi.
«Come?» chiese lui distratto.
«Per quello che ha detto oggi Lamus.»
«Ah, quello l'ho dimenticato.» ridacchiò nervosamente. «Ecco, è uscito il binario.» aggiunse afferrandomi la mano.
La fiumana di gente che scendeva e saliva dai treni, trasportati dalla corrente del dovere sembrava priva di vita. Tutti avevano fretta di tornare a casa, ma nessuno sembrava felice di andarci. La loro era solo una routine fatta di impegni che lottavano contro il tempo. Ognuno di loro aveva una storia e probabilmente si sentivano gli unici al mondo, incompresi e stanchi. Eppure erano tutti uguali. Forse un giorno avrei fatto anche io parte di questi esseri grigi. Forse quel giorno avrei smesso di pensare che tutti guardassero me e me soltanto.
Forse sarebbe stato il giorno in cui avrei smesso di pensare alla gente che mi giudicava e avrei iniziato a giudicare me stessa. O forse lo facevo già.
La mano di Lance era stretta nella mia mentre sedevamo entrambi sulla panca ad attendere il treno del nostro binario.
Quando arrivò salimmo sul treno e lasciammo che quel mezzo ci trascinasse fuori Londra.
Con lo sguardo rivolto verso l'esterno, vidi piano piano il paesaggio mutare. Dalla pittoresca e inquinata Londra dagli edifici vecchi e pieni, passai a zone di verde pianeggiante. Vidi scorrermi davanti la meravigliosa campagna inglese in tutta la sua pacifica tranquillità.
Lance si addormentò e appoggiò la testa sulla mia spalla. Ronfava leggermente e il suo respiro spostava i miei capelli ramati.
La sua mano strinse di più la mia, le nostre dita intrecciate erano qualcosa di artistico. Mi piaceva come il suo pollice sovrastava il mio. Mi piaceva vedere i nostri polsi incrociati, il suo ormai privo del bracciale con le iniziali sue e della sua ex. Adesso portava un elastico nero. Non sapevo a cosa gli servisse dato che i suoi capelli non erano così lunghi da aver bisogno di esso.
Con l'altro dito tracciai un percorso dalle nostre dita, attraversai le sue vene blu che finivano sotto la manica della felpa arrotolata fino al gomito. Mi piaceva entrare in contatto con lui.
Tornai a guardare verso il finestrino, ma questa volta vidi il nostro riflesso invece del paesaggio esterno.
Sembravamo proprio una bella coppia.

«Casa dolce casa!» esclamò Lance non appena ci trovammo davanti ad una porta nera.
Una cosa c'era da dire di Northampton. Aveva le strade più larghe che a Londra. Ma per il resto aveva tutto il fascino inglese della capitale. Anche se la mia preferenza verso la mia città era assicurata.
Lance scavò nella tasca della sua giacca alla ricerca delle chiavi, ma il portone si aprì prima che lui le trovasse.
«Mamma!» esclamò Lance.
Una donna bassina e minuta ci sorrise dal basso. Portava un paio di occhiali dalla montatura argento sottile e i capelli biondo-castani legati in un disordinato chignon.
Ma non fu sua madre ad abbracciare Lance.
Un animale peloso placcò il mio ragazzo e lo buttò a terra, leccandolo per tutta la faccia.
«Ehi, ehi, buono Darcy, buono bello!» rise lui.
Finalmente si mise in piedi, prendendo per il collare quel Labrador formato large.
«Sei in anticipo, Lance.» sorrise divertita la madre.
«Non sono in anticipo. Piuttosto sono in orario.» replicò il ragazzo entrando, mentre il suo cane gli faceva le feste.
«Appunto. Sei in anticipo rispetto al tuo ritardo.» replicò sua madre aggiustandosi gli occhiali sul naso.
«Vieni, entra cara.» si rivolse poi a me con un sorriso gentile.
«Tu devi essere Azura, mio figlio mi ha parlato di te. Io sono sua madre, ma non sono certa che te ne abbia parlato altrettanto bene.» disse la donna.
«Mamma, non è che vada in giro a parlare di te.» replicò il figlio.
«Oh, cielo! Questo è forse ancora peggio!» decretò.
«Piacere di conoscerla.» affermai sorridendo nemmeno troppo forzatamente.
«Oh! Ti prego, dammi del tu. Ci sono già i ragazzi della scuola a darmi del lei. Sai faccio l'insegnante.» esclamò la donna agitando una mano.
«Potete andare in camera di Lance. L'ho appena rimessa a posto. Insomma, prima di trasferirmi mi sarebbe piaciuto godermi mio figlio.» commentò.
Lance si arrestò sulle scale, costringendo Darcy a superarlo con un balzo di lato.
«Ti trasferisci, mamma?» chiese Lance sconvolto.
La donna fece un debole sorriso.
«Amore, non mi posso permettere di vivere in una casa tanto grande da sola. Ho trovato un'appartamento vicino la scuola e...»
«Ma i nonni vivono qui vicino, se avessero bisogno di te...» a Lance si bloccò la voce.
«Scusa.» mormorò prima di correre su per le scale.
Feci un cenno di scuse a sua madre e gli corsi dietro.
Sulla porta della camera di Lance c'era appeso un foglio con sopra scritto "La camera dei Segreti". Entrai senza bussare, e lo ritrovai accovacciato sul letto con la testa incastrata tra le ginocchia.
«Ho vissuto qui da quando ne ho memoria. Mi mancherà.» disse.
«È normale.» gli dissi.
Lance alzò il capo e mi guardò. Poi allargò le braccia.
«Vieni qui.» sussurrò.
Non aspettai altro e avanzai verso di lui, stringendogli le mie braccia attorno alla vita.
Rimanemmo così, abbracciati, senza dire nulla. Bastava solo quello.
«Stasera vuoi uscire? La notte è giovane. Non sarà Londra, ma anche qui ci sono locali niente male.» mi sussurrò tra i capelli.
«Se sono sale giochi ne faccio a meno.» commentai.
Lance ridacchiò.
«Tranquilla, so cosa ti piace.»
E lo sapeva eccome. Ballare. Poter lasciare andare tutto alla pesante musica delle discoteche.
Lance non mi aveva lasciato nemmeno mettermi qualcosa di carino. Secondo lui andavo bene con quel cardigan bordeaux e i jeans. Poi aveva borbottato qualcosa sugli altri che non avevo capito bene.
La musica faceva tremare persino l'asfalto all'esterno dell'edificio e io ero tutta elettrizzata all'idea di frequentare un luogo che aveva accolto per molto tempo Lance.
Il mio ragazzo sembrava conoscere tutti. Non eravamo nemmeno scesi dall'autobus che alcuni ragazzi si avvicinarono per salutarlo. Poi dopo ancora all'entrata della discoteca. Persino la ragazza che ritirava i soprabiti lo conosceva e lo salutò con troppo calore.
«Lei, Dee, è Azura. La mia ragazza.» mi presentò Lance.
«Piacere.» sorrisi allungando un braccio.
Dee mi sorrise appena e ignorandomi si rivolse di nuovo a Lance.
«È proprio strano vederti con un'altra.» commentò assumendo un'espressione stupita. Probabilmente aveva eliminato la mia esistenza nell'immediato.
«Tu e Iris siete sempre stati assieme. Eravate la coppia fissa del quartiere. Non sai quante persone hanno invidiato la vostra relazione duratura. Davamo tutti per scontato che un giorno vi sareste sposati. Non è così, Hopper?» fece un cenno al suo collega.
«Lance e Iris, eh già... Peccato, un vero peccato.» replicò il ragazzo magro che stava mettendo a posto un cappotto.
Fastidio. Mi davano fastidio. Fino a prova contraria ero ancora lì, davanti a loro, dopo che Lance mi aveva presentata come la sua ragazza. Ero anche delusa dal comportamento dei conoscenti di Lance e tutte quelle pessime sensazioni mi stavano facendo venire nostalgia di casa. Lì ero troppo estranea.
«Per favore ragazzi. Abbiate un po' di contegno. Sto con Azura ora.» commentò Lance.
«E anche Iris  è andata avanti.» aggiunse sospirando.
Il volto di Dee assunse un'espressione strana, come se fosse stupita ed emozionata allo stesso tempo.
«Beh, allora buona nottata a voi due.» ci salutò lasciandoci il numerino per recuperare le giacche.
«Non ci pensare. Non lo fanno apposta, sono solo dei gran pettegoli. Peggio di Petunia Dursley.» mi disse Lance circondandoli le spalle con un braccio.
«Tranquillo, è tutto okay.» mentii. Il fatto che Lance ci credette mi deluse leggermente. Ma la musica mi stava aspettando.
La notte si allungò tra una bevuta e l'altra, tra ancheggiamenti e sì, tanti baci a fior di labbra.
Non seppi nemmeno quando ritornammo a casa. Sapevo solamente che la mattina seguente avevo un'emicrania terribile.
La situazione non poteva essere peggiore, perché eravamo in ritardo per la cena dai nonni di Lance.
La testa mi doleva, la nausea mi lasciava un sapore amaro in bocca, ormai essiccata.
Non riuscivo a pensare abbastanza lucidamente da scegliere cosa mettermi e come mettermeli e Lance che continuava a dirmi di muovermi non aiutava per niente. Ci si mise pure sua madre, che seppur in tono gentile, continuava ad esortarci di fare in fretta.
Alla fine, in un modo o nell'altro, riuscimmo a uscire di casa con tutti i capi vestiari al posto giusto.
Lance non sembrava soffrire di post sbronza. Forse ero l'unica ad essersi bevuta una piscina di alcolici. Forse lui mi aveva trascinata a casa di peso. Non ne avevo idea. Avevo ben pochi ricordi della sera precedente e il mal di testa non mi aiutava a ripensare.
Con la presenza della ex signora Chanders non potevo nemmeno chiederlo al figlio.
La casa dei nonni di Lance era a meno di un isolato da quella vecchia sua. Eppure, il paesaggio differiva completamente.
In quella zona le case erano più rarefatte e c'era molto più spazio.
C'erano molte auto parcheggiate lì attorno e non ero nemmeno sicura che si potesse sostare lì.
Realizzai con orrore che non si trattava semplicemente di una festa con i nonni di Lance. C'era tutta la sua famiglia.

«Io sono il cugino Steave.» affermò un ragazzo corpulento stringendomi la mano con fare educato.
«Mi aspettavo Iris quando hai detto che avresti portato la tua ragazza. Non mi avevi detto che avessi conosciuto una bella pollastrella come lei.» cercò di sussurrare al cugino.
«Guarda che ti sente, Steave. E sai com'è, non parlo della mia vita privata al cugino che mi ha tormentato ogni Natale da quando avevo cinque anni.» replicò Lance incrociando le braccia al petto.
«Oh, ma come la fai tragica.» sorvolò Steave.
«Dimmi, Azura. Sono tutte come te le ragazze di Londra? Perché se è così mi ci trasferisco immediatamente anche io.» esclamò. Ridacchiai divertita.
Fino ad ora, era il personaggio più interessante della famiglia di Lance. Era quello che aveva nominato meno volte Iris.
Dopo due zie assieme ai loro mariti e altri tre cugini e due cugine, finalmente raggiungemmo la festeggiata.
La nonna di Lance stava per giungere alla veneranda età di ottantasei anni. Era una vecchietta piccolina che si muoveva con un deambulatore. I capelli ormai erano tutti candidi e da quel che avevo capito soffriva di demenza senile dandole qualche problema alla memoria. Quindi non aveva idea che si stesse festeggiando il suo compleanno.
Il marito, arzillo nonostante la sua età era accanto a lei.
«Nonna! Auguri!» esclamò Lance.
«Oh! Il mio piccolo Lancelot!» esclamò la vecchietta. «Vieni qui a sederti accanto alla tua nonnina.»
Lance la raggiunse sul divano. Sua nonna gli afferrò le mani e iniziò a dargli delle pacche sul dorso.
«Il mio piccolo Lancelot.» sussurrò di nuovo.
«Tu devi essere la ragazza di Lance.» commentò il vecchietto rivolto a me con un sorriso.
«Piacere di conoscerla, sono Azura Clayton.» offrii la mia mano per l'ennesima volta.
«Io sono il nonno di Lancelot, Arthur Richardson e lei mia moglie Geneva. Il nome di Lance glielo abbiamo dato noi.» mi rivelò ridendo e bevendo dal suo calice il liquido rosso.
«Ragazza? Lancelot hai una ragazza?» chiese confusa la vecchietta.
«Sì, nonna. È...»
«Iris. Oh! Mi ricordo di Iris. Dov'è Iris?»
Lance doveva aver portato parecchie volte Iris dalla sua famiglia se tutti la conoscevano e la consideravano parte di loro.
«Uh, io e Iris ci siamo lasciati, nonna.» cercò di spiegare.
Sua nonna annuì comprensiva. Poi tornò a guardare il nipote.
«E Iris? Non è venuta con te?» chiese.
Lance sembrava a disagio.
«Vieni cara, andiamo a mangiare qualcosa di buono.» intervenne il signor Richardson.
Attesi che i due vecchietti si allontanassero abbastanza prima di attraversare il salotto e dirigermi fuori dalla porta.
«Zhur?» Lance si richiuse la porta alle spalle. Mi aveva seguita. Non so che avrei pensato se non lo avesse fatto.
«Sto bene. Avevo solo bisogno di un po' d'aria.» mentii.
«Mi spiace... È solo che Iris passava quasi tutte le festività con me avendo problemi con la sua famiglia...» mormorò a disagio.
«È brutto sai?» dissi senza guardarlo. Il mio sguardo era posato sul buco della posta della casa oltre la strada.
«Lo so.»
«Non penso. Sai quant'è orribile sentirsi ignorati da una persona che è davanti a te? È come se tutti pensassero che io sia solo un momentaneo ripiego prima che tu torni assieme ad Iris. Una a cui non dare importanza perché non la so rivedrà mai più» dissi.
«Ma non è così.» mi rispose lui avvicinandosi e avvolgendomi in un abbraccio.
«Come puoi esserne certo? Solo ora mi rendo conto di quanto eravate uniti tu e lei.» mi venne da piangere. Non potevo evitarlo. La frustrazione accumulata stava prendendo per uscire. Ormai ero sull'orlo.
«Iris è passato, Zhur.» mormorò tra i miei capelli.
«Allora dimmelo.» dissi senza guardarlo.
«Dirti cosa?» chiese confuso.
«Dimmi che mi...»
Ma la porta alle nostre spalle si aprì alle nostre spalle. La madre di Lance si affacciò e ci guardò stupita.
«Ho interrotto qualcosa?» chiese.
«No, nulla.» replicai prima di rientrare.

Durante il pranzo scoprii che il nonno di Lance era veramente simpatico. Mi raccontò l'assurda storia secondo la quale lui e sua moglie avevano fatto lo stesso sogno, ovvero che Lance sarebbe nato presto e avrebbe portato via l'affetto di Geneva da Arthur. Per questo, quando era nato, gli diedero il nome del cavaliere Lancelot. Proprio come la famosa storia.
Lance mi tenne la mano tutto il tempo sulla coscia, ma non disse mai niente. Continuò semplicemente a mangiare.
Chissà se aveva capito cosa volessi che dicesse.
La festa si prolungò fino al tardo pomeriggio quando finalmente gli invitati iniziarono a tornare a casa.
«Stasera mangiamo pizza con Lex e gli altri. Cercheremo di non tornare tardi come ieri.» annunciò Lance a sua madre.
Sua madre sembrava dispiaciuta. Forse voleva passare del tempo con il figlio.
«Okay. Cerca di non fare danni.»
Lance alzò gli occhi al cielo prima di aprire la porta per lasciarmi uscire per prima.

«Che tipo di persone sono i tuoi amici?» chiesi.
«Vediamo... C'è George che è un bambinetto ingenuo a cui si riescono a leggere le cose in faccia. Trent è un musone al contrario di George. È un genio che non ha alcuna espressione facciale, ma non dirgli che te l'ho detto.» iniziò.
«Quale parte? Che è un genio o che è un musone senza espressione facciale?» chiesi mentre salivamo sull'autobus.
«Tutti e due.» rispose.
Io mi sedetti e lui rimase in piedi davanti a me, in assenza di posti.
«Da questo punto di vista assomiglia molto a Matthew Hellman.» spiegò.
Non volendo tenere sempre il volto rivolto verso l'alto, abbassai gli occhi che finirono sulla patta dei suoi pantaloni.
Ero una pervertita perché non distolsi nemmeno lo sguardo.
«È fidanzato e stasera ci sarà anche la sua ragazza, Colleen.»
«Poi c'è Brad... Lui è... Come definirlo? Un coglione. Però è simpatico.» spiegò. Ridacchiai.
«E lui l'hai già conosciuto.» aggiunse zittendomi.
«Come scusa?»
«Sai, ieri, in discoteca. C'era anche lui. Ci ha pure riaccompagnati a casa.
«Cosa? Ma io non ricordo niente di tutto ciò!» esclamai attirando l'attenzione di diverse persone.
«Tranquilla, non hai fatto niente di imbarazzante... Almeno credo.»
«Non mi consoli» sbuffai allontanandolo con una spinta. Per poco non perse l'equilibrio e finiva addosso alla signora anziana dietro di lui. Quella ci guardò malissimo.
«So che non ti sta piacendo questo viaggio... Ma penso che gli altri siano abbastanza svegli da saper come comportarsi con te.» aggiunse Lance dopo essersi scusato con la signora.
«Ti credo. Tanto non potrebbe andare peggio di così.» scherzai con le ultime parole famose.

Angolo Autrice

Mi scuso immensamente per la lunghissima attesa. Ho avuto i miei motivi. Non so come farmi perdonare. Vi giuro che non è stato volontario. Cercherò di essere più costante d'ora in poi!!!
Giusto per chiarire, non dovrebbero mancare molti capitoli per la fine di questa storia. Nella mia testa ce ne dovrebbero essere meno di dieci capitoli. Sui sei/sette probabilmente. Poi non lo so. Questo capitolo doveva avere un altro pezzo che ho messo nel capitolo successivo... Non posso dirlo con chiarezza, ma in sostanza, la storia di Azura Clayton sta per finire. Probabilmente entro quest'anno se non avrò uno dei miei stupidi blocchi.
È possibile che non vi piaccia come vada a finire, quindi... Emh, beh, niente. Io e i miei finali strani siamo una cosa inseparabile, non potete farmi cambiare idea.
Detto ciò, ci sentiamo al prossimo capitolo!

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