Moments // Michael Jackson

By iamhisdirtydiana

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Just a compilation of one shots about Michael ★ More

You
Drama and Tears
Take Off All Your Clothes

Begin Again

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By iamhisdirtydiana

Los Angeles, 12 giugno 1988

Faccio un respiro profondo e mi guardo allo specchio: finalmente riesco a vedere una ragazza nuova, piena di vita e con la voglia di andare avanti.

Io e John ci siamo lasciati da mesi ormai ma quell'esperienza è stata davvero devastante.
Sembrava tutto così perfetto all'inizio, noi sembravamo perfetti.
Credo che quando finisce ogni cosa torna alla mente come dei flash, avete presente no? È come un caleidoscopio di ricordi: tutto torna indietro, ma non davvero.
La cosa assurda è che non so se mi sentirò mai più così, non so se dovrei.

Quanto può essere diabolico essere attratti da qualcuno che sembra così angelico quando ti sorride?
Probabilmente lui già lo sapeva dalla prima volta che mi ha vista, e io sono stata così ingenua da cascarci in pieno.

Ma la parte peggiore di tutto questo non è stato perdere lui.
È stato perdere me stessa.

Faccio una piccola piroetta continuando a scrutare la mia immagine riflessa: ho addosso il vestitino rosso e bianco che ho comprato da poco con la mia migliore amica durante uno di quegli shopping che mi proponeva per tirarmi su di morale, di questo gliene sono davvero grata.
Lauren mi ha aiutata tanto ed è principalmente grazie a lei che sono riuscita a superare quel brutto periodo.

A John non piaceva quando indossavo le scarpe con il tacco, ma a me sì.
Perciò le recupero dall'armadio e provo a metterle, non le vedevo da tanto tempo e per un attimo ho pensato che non mi stessero più.

Sorrido involontariamente davanti a quell'immagine: tutte aspettano il principe azzurro che infili loro la scarpetta e che resti per sempre, ma a mie spese ho imparato che questa non è una favola: non c'è nessun principe e l'unica persona che ti può salvare sei tu.

È quello che ho deciso di fare anche io, d'ora in poi non ho intenzione di correre dietro a nessuno.

Dò un veloce sguardo all'orologio mentre mi infilo il cardigan nero e afferro la borsa che giaceva inerme sul letto.

È una calda giornata di primavera, di quelle che sembrano appena uscite da un quadro di Monet.
Mi guardo intorno sentendomi davvero in pace con me stessa e non posso fare a meno di sorridere a questo mondo che fino a poco tempo fa mi sembrava così ostile e oscuro.

Cammino in compagnia dei miei pensieri mentre osservo la gente che mi passa intorno: chissà a cosa pensano, dove stanno andando e se hanno qualcuno che li aspetta a casa.
Ho sempre trovato la vita degli altri molto affascinante, in realtà il fatto di fare confronti in continuazione è un vizio che non riesco a togliermi: mi sento sempre così inadatta, come se io fossi solo un sbaglio e gli altri fossero perfetti.
So benissimo che non è così, ma è qualcosa che non riesco a controllare.
Forse un giorno lo capirò, ma nel frattempo cerco di non pensarci troppo.

Sollevo la testa per incontrare il cielo azzurro della California, circondato dalle fronde degli alberi in fiore.
È davvero bellissimo e in quel momento mi pento di non aver portato con me la mia macchina fotografica.

Proprio mentre un bambino mi corre allegramente incontro passo davanti alla mia caffetteria preferita: è qui che ho trascorso i migliori inverni della mia vita ed è una fortuna che non ci sia mai venuta con John, chissà poi che sarebbe stato brutto legare qualche ricordo spiacevole a questo posto.

Decido di entrare per concedermi un piccolo sfizio e non appena apro la porta mi accoglie il suono familiare del campanellino attaccato ad essa.

Vengo immediatamente inebriata dal profumo delle brioche appena sfornate e mi ritornano in mente tutti i pomeriggi passati con Lauren a sfondarci di dolci proprio qui, tra risate e quaderni di matematica.

"Margaret, quanto tempo! Come stai tesoro?"

La donna al bancone, Joanne, mi saluta affettuosamente come al solito e non posso fare a meno di ricambiare con piacere.

"Tutto bene, grazie! E tu? Mi dispiace se non sono passata ultimamente, ma ho avuto un po' da fare..."

Abbasso senza volerlo il tono della voce e spero con tutto il cuore che non se ne accorga, non posso mica spiegarle il motivo per cui sono rimasta chiusa in casa per mesi.

Restiamo a parlare un po' mentre la caffetteria continua stranamente a riempirsi e ne approfitto per prendere un posto prima che sia troppo tardi.

Il mio posto.
Quello in fondo al locale, accanto alla finestra che dà proprio sulla strada.
È sempre stato il mio preferito: è nascosto quanto basta per isolarmi un po' ma allo stesso tempo mi permette di osservare ciò che mi circonda.

Mi accomodo nel divanetto e tiro fuori il blocco degli sketch che mi porto sempre dietro.
Da un po' di tempo mi diverto a disegnare qualunque cosa mi passi per la mente e devo dire che è un ottimo metodo di distrazione.

Nell'attesa che arrivi la mia ordinazione guardo distrattamente fuori dalla grande finestra per poi concentrarmi su un solo particolare: una vecchia bici appoggiata a una panchina tutta consumata.
È come se questi due oggetti siano arrivati dal passato e si ritrovino lì per caso.

Mentre comincio a buttare giù qualche schizzo per il mio disegno noto con la coda dell'occhio un gruppo di ragazzi prendere posto in un tavolo non poco distante dal mio; non che la cosa mi infastidisca, ma avrei preferito stare un altro po' da sola.

Continuo a disegnare completamente assorta nei miei pensieri, ma mi sento stranamente a disagio, come se qualcuno mi stesse osservando.
Alzo di scatto la testa, anche se non avevo intenzione di farlo così bruscamente.
È stato un attimo, ma giuro di aver visto uno dei tre ragazzi fissarmi poco prima che sollevassi lo sguardo.

Probabilmente me lo sono immaginata.

Ritorno a quello che stavo facendo ma dopo ciò non è affatto facile concentrarsi: dovrei smetterla di farmi fantasie così inutili e infantili.
Figuriamoci se qualcuno possa mai notarmi, soprattutto in queste condizioni: il trucco è ancora di stamattina e il rossetto sbiadito sta morendo sulle mie labbra, non avendo avuto il tempo e la voglia di sistemarlo prima di uscire.

Chiudo il blocchetto e lo lascio lì, sul tavolo, accanto alla tazza di caffè e alla pasta alla crema che nel frattempo erano arrivate.

Mi perdo ancora una volta a guardare la città scorrere al di là del vetro mentre sorseggio il mio caffè, come sempre ottimo.
A un tratto sento qualcuno smuovere una sedia e mi volto involontariamente verso il tavolo dei ragazzi.

"Ed, George, un attimo, torno subito"

Uno di loro si alza e congeda gli amici, senza staccarmi gli occhi di dosso.

Ma che sta facendo?
No, oh no, ci mancava solo questa.

Cerco di non guardarlo e mi concentro sulla mia tazza, ma il nervosismo prende il sopravvento e inizio a tremare mentre lui viene proprio verso di me.

"Hey, tranquilla, non ti mangio mica!" dice sedendosi di fronte, lo fa con una voce così dolce che mi vergogno di aver reagito così, insomma, è solo un ragazzo.
Che diavolo mi è preso non lo so nemmeno io.

Lo guardo meglio cercando di non essere invadente: ha dei lineamenti molto eleganti, una cascata di riccioli scuri gli incorniciano il viso e ha due occhi enormi che non riesco a guardare per più di mezzo secondo.

Abbasso lo sguardo aggiustandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, come faccio sempre quando sono nervosa o imbarazzata.
In questo momento lo sono entrambi e non potrebbe andare peggio.

"Oh scusami" rido leggermente cercando di aiutare la situazione ma mi sento solo una stupida.

"È che non me l'aspettavo, tutto qui. Margaret, comunque"

Gli porgo la mano con sorriso che non so da dove mi sia spuntato e finalmente lo guardo negli occhi, rimanendo senza fiato.

No, non sono due occhi azzurri da fare impazzire chiunque, ma due grandi occhi castani.

Mi prende la mano e se la porta alle labbra, come un vero gentiluomo.
Se fosse stato un altro ragazzo avrei pensato che ci stesse spudoratamente provando con me, ma no, c'è qualcosa nel suo sguardo che sinceramente non saprei descrivere.

"Michael"

Schiudo le labbra e lui sorride dolcemente, posando lo sguardo sul mio blocchetto e subito dopo verso la finestra.

In quel momento scorgo il suo profilo in controluce e devo richiamare tutta la mia razionalità per non afferrare la matita e disegnarlo seduta stante.

Il suo naso all'insù accompagnato da un ricciolo ribelle che continua a ricadergli sulla fronte è un'immagine impressa ormai fin troppo bene nella mia testa che sono certa di poterla riprodurla anche senza averla davanti.

"Posso chiederti cosa ti porta a lasciare da soli i tuoi amici e venire a fare compagnia proprio a me?" chiedo alla fine con nonchalance stringendomi nelle spalle e abbozzando un sorriso.

Lui getta la testa leggermente all'indietro ridendo come un bambino.

"Nulla, ti ho vista e ho pensato che sarebbe stato interessante iniziare una conversazione con te"

Socchiudo gli occhi e lo guardo divertita alzando leggermente un sopracciglio, è imbarazzato nel spiegare il motivo della sua "visita" e si copre la bocca con il colletto della camicia rossa.
È molto timido, ma qualcosa mi dice che la sua curiosità ha nettamente preso il sopravvento.

"In realtà mi stavo annoiando a morte con loro, non glielo dire però"

Me lo raccomanda facendo un'espressione strana con le labbra, come una di quelle dei cartoni animati.

"Davvero? E perché mai?"

Rispondo ridendo e girando il cucchiaino nella tazza ormai quasi vuota, per poi prenderne un sorso.

"Stanno insieme e mi fanno sentire sempre il terzo incomodo, non ne posso più"

Sgrano gli occhi e sto per soffocarmi con il caffè, ma lui scoppia a ridere battendosi una mano sulla coscia.

"Sto scherzando!" continua a ridere e contagia anche me.

"No, è che ultimamente non partecipo più alle loro conversazioni e mi sento un po' fuori luogo. Oggi non volevo nemmeno uscire ma mi hanno obbligato" spiega accennando ai compagni che sono sempre seduti al loro tavolo, non facendo minimamente caso a noi.

"Diciamo che quando ti ho notata mi sono rivisto in te, sai no..."

Non posso fare a meno di sorridere, ma dentro sento subito un pizzico di malinconia.

Cominciamo a parlare e in poco tempo è come se ci conoscessimo da sempre. Ha negli occhi una dolcezza infinita e mi sento bene con lui, mi sento me stessa.

"Ho visto che disegnavi, prima" dice dopo un po' alludendo al blocchetto che giace sul tavolo, ormai dimenticato.

Arrossisco senza volerlo, i miei disegni rimangono una delle poche cose che rispecchiano davvero chi sono e ho paura che qualcuno vedendoli possa leggermi dentro.

"Posso?"

"Certo"

Me lo sento uscire dalla bocca senza che me ne potessi rendere conto ed è troppo tardi ormai per pentirmene.

Mi regala un altro meraviglioso sorriso mentre lo prende delicatamente, come se avesse paura di romperlo.
Lo conosco solo da qualche ora, ma i gesti e il modo in cui si pone una persona dicono molto più delle parole.
Sento di potermi fidarmi di lui, almeno io vorrei farlo, ma l'ultima volta sono rimasta più che fregata e ho promesso a me stessa che non sarebbe più successa una cosa del genere.

Mi mordo nervosamente il labbro inferiore e scuoto piano la testa ridendo tra me, cercando di cacciare via qualsiasi rimasuglio legato a John.

Comincia a sfogliarlo e vorrei sprofondare dall'imbarazzo, ma l'espressione sul suo viso mi lascia interdetta.
Mi sporgo leggermente per poter vedere anch'io e solo in quel momento realizzo di aver dimenticato un piccolo particolare.

Ho iniziato a usare quel quaderno subito dopo la mia rottura con John e avevo letto da qualche parte che disegnare esattamente ciò che senti nella tua mente aiuta tantissimo a superarlo.

Così avevo riempito le prime pagine di scarabocchi.

Caos. Rabbia. Tristezza. Delusione.

Questo è tutto ciò che sentivo nella mia testa e che riuscivo a rappresentare su un foglio di carta.

Devo dirgli la verità e rischiare di nuovo, oppure rifilargli una scusa credibile che ho già trovato?
Prendo un po' di tempo prima di spiegargli il motivo di quegli scarabocchi, ma guardandolo mi accorgo che non pretende nessuna spiegazione, anzi continua a sfogliare i disegni come se niente fosse.

Quando finalmente alza lo sguardo e incontra il mio, decido che non merita nessuna bugia e io non ho motivo di mentirgli, dal momento che non ho davvero nulla da perdere.

Appena allungo la mano per tornare alla prima pagina sfioro accidentalmente la sua e mai avrei immaginato di provare una sensazione del genere: sobbalzo lievemente mentre lui si limita a mordersi imbarazzato il labbro inferiore.

Mi faccio coraggio e alla fine gli racconto tutto, di John, dei disegni, di quello che sono stata e di quello che voglio essere.

"Quindi, ora sei una persona diversa?"

Me lo chiede a bruciapelo, e a parte che non so davvero cosa rispondere, non ho il tempo di ribattere che Joanne ci invita nel modo più cortese possibile a lasciare il locale: mi accorgo di come si sia fatto tardi e non realizzo quanto tempo abbiamo effettivamente passato insieme.

Mi avvicino per pagare ma mi sento tirare via per un braccio, mentre il tipo alla cassa mi dice che qualcuno ha già fatto al posto mio.

"Non mi dire che hai pagato tu!" gli dico ridendo e dandogli un colpo di borsa per scherzo, mancando però il bersaglio mentre lo sento ridere come un pazzo.

Mi sento incredibilmente bene, quasi euforica, come se avessi bevuto dodici shot di vodka tutti in una volta.

Questa lunga chiacchierata mi serviva davvero e adesso so di essere capace a lasciarmi definitivamente il passato alle spalle.

Chiudo gli occhi e sorrido, sospirando appena, mentre sento Michael raggiungermi da dietro e afferrarmi delicatamente la mano.
Ha un po' di fiatone dovuto alla piccola corsa che ha improvvisato per sfuggirmi e senza pensarci troppo lo abbraccio, poggiando la testa sul suo petto dato che sono leggermente più bassa di lui.

Adesso ne ho la certezza, non mi sono mai sentita meglio in tutta la mia vita.

Ho passato gli ultimi mesi a pensare, a rimuginare a tutto il casino che combina l'amore: a come brucia, come distrugge, come finisce.
A quanto l'ho odiato, a quanto mi sono odiata io chiedendomi perché ce ne preoccupiamo tanto se poi alla fine non dura mai.

Eppure, per la prima volta, ciò che è passato è passato, e non ho nessuna intenzione di guardare indietro.

Avevo giurato di stare lontana dall'amore almeno per un po', credendo di aver imparato la lezione.

Ma quel mercoledì, in quella caffetteria, l'ho visto ricominciare di nuovo.

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