Il ragazzo della 113 | Noah C...

By SthefannyStories

1M 38.8K 20.6K

Le regole alla Columbia University sono poche e precise: puntualità alle lezioni, tenere uno studio costante... More

Cast
Prologo
1. Columbia
2. Frutto proibito
3. Guida Turistica
4. Connie
5. "Siamo amici"
6. Football&Cheesburger
7. Fuoco
8. Questione di fiducia
9. MagBlue's
10. Cappuccino
12. Tregua
13. Il tuo tocco
14. Insieme
15. Bacio Rubato
16. Fratelli Protettivi
17. Fratelli giganti e buoni
17. Fratelli giganti e buoni
18. Nostalgia
19. Maglioni imbarazzanti
20. Momenti imbarazzanti
21. Il Ringraziamento
22. Goodbye Brother
23. Auschwitz 1941
24. Giro Turistico In Presidenza
25. Casa Walker
25. Casa Walker
26. Mi affido a te
27. La partita
28. Il ballo
28. Il Ballo
29. Un mare di bugie
30. La verità
Epilogo
SEQUEL
Ringraziamenti
LULLABY

11. Rissa

31.8K 1K 590
By SthefannyStories

"Eppure,
una delle sensazioni piu belle
è guardare qualcuno
ed accorgerti che
il suo sguardo
era già su di te."

▶️Marco Mengoni - Pronto A Correre

"Eisel, non devi guardare il testo sotto l'aspetto grammaticale, ma significativo." Mi provò a spiegare Faith, cercando di farmi capire per la seconda volta un concetto di Letteratura, che il Professor Sullivan quest'oggi aveva spiegato alla lezione. Faith non frequentava quel corso, ma nonostante questo era davvero molto brava e paziente, da potermi spiegare nuovamente ciò che non avevo ancora compreso. "Se rileggi il paragrafo quattro, alla riga ventidue, noterai l'opinione dello scrittore. E solo allora riuscirai a trarne la conclusione dei suoi protagonisti. Mi segui fino a qui?" Mi domandò seduta di fronte a me, nella mensa scolastica, portandosi alle labbra una ciambella ricoperta di glassa e zuccherini.

Faith aveva un'aspetto davvero carino, molto semplice. Portava un paio di occhiali da vista lungo il naso, proprio come me, che le rendeva il viso più magro di quando non fosse già. Le labbra rosee delineate da un glosse brillantinato, scompariva a man mano che si mordeva il labbro inferiore. I lunghi capelli castani coprivano le sue spalle esili, il viso e le guance - accompagnate dalle lentiggini - leggermente rosate a causa dell'aria fredda d'inizio inverno. Grandi occhi verdi mi guardavano divertita, mentre cercavo di arrivare ad una conclusione sulle spiegazioni. Aveva una voce talmente calma, che riusciva a tranquillizzarmi, rassicurarmi. Un po come Cameron, su questo piccolo aspetto erano entrambi molto simili. Pensai chiudendo le pagine del libro di Letteratura, non volendo continuare oltre. "Per oggi non voglio ascoltare altro sui grandi Letterari, ne ho abbastanza." Annunciai mettendo il libro sulla borsa a tracolla, decidendo di appoggiarlo - più tardi - sull'armadietto, in quel momento non avevo alcuna voglia di portarmi del peso dietro.

"Questo pomeriggio andrò al Cinema con Kyle - il suo ragazzo - altrimenti sarei rimasta con te, per spiegarti l'argomento." Si giustificò dispiaciuta, accennandomi per la seconda volta da quando l'avevo conosciuta sul suo attuale ragazzo, di cui ne parlava raramente. Io e Faith stavamo creando un rapporto d'amicizia soltanto da un mese, e quando si trattava di approfondire dei discorsi - come questo ad esempio - mi sentivo a disagio, perché dopotutto non ero nessuno per chiederle sulla sua vita.

"A proposito, con Kyle come vanno le cose?" Fu Eisel fatti gli affari degli altri a chiederlo al posto mio, quanto avrei voluto schiaffeggiarmi da sola. Penserà che la sottoscritta sia una ficcanaso, ma le mie intenzioni erano tutt'altro, volevo semplicemente sapere se stesse bene. Faith, da quel poco che ho potuto vedere, se ne stava sempre sulle sue. Non rivolgeva quasi mai la parola a qualcuno, standosene in disparte dagli altri per restare in un mondo tutto suo, fatto di libri e serie Tv, un po come me. Ed è proprio per questo, che sentivo il dovere di chiederle come stesse. Ero un'amica, poteva fidarsi e confidarsi con me.

Sospirò abbassando le palpebre degli occhi, guardando attentamente la ciambella - mordicchiata - sopra al piatto in ceramica nel tavolo, che separava di mezzo metro entrambe. "Onestamente non ho nemmeno io l'idea, di come stanno andando le cose fra noi due." Annunciò iniziando a giocherellare, con le dita - delle mani - sopra le gambe. "Litighiamo spesso per via della sua eccessiva gelosia nei miei confronti, anche se non gli do alcun motivo per averne. Si infastidisce quando ricevo chiamate sul mio cellulare dal mio ex ragazzo, Cooper, che continua con l'assurda idea del nostro ritorno insieme. Ma credimi Eisel, ho occhi solo per Kyle. Lui è.." Si fermò, mentre sulle sue labbra si formava un sorriso incredibile. "Meraviglioso. Attento, paziente quando ho le mie giornate no, divertente, premuroso. Leggermente possessivo, ma meraviglioso ai miei occhi." Concluse alzando quest'ultimi in direzione dei miei, per vedere la mia reazione alle sue parole.

Quindi era così che si sentiva, quando si era innamorati di qualcuno? "Perché semplicemente non lo chiami e gli dici tutte le parole che hai detto a me? Smetterebbe di preoccuparsi per il tuo ex ragazzo, placcando così ogni sua gelosia nei tuoi confronti. Rassicuralo Faith, eviteresti qualsiasi litigio ed iniziereste a concentrarvi solo su voi due." Mi limitai a dirle, aprendo il sacchetto del sandwich che avevo comprato qualche minuto prima, per placcare la fame che sentivo già da questa mattina. Avevo evitato di fare la colazione, con il timore di arrivare in ritardo al corso di Scienze. Ma con mia grande soddisfazione, ero arrivata con quindici minuti di anticipo, in orario e preparata grazie al pomeriggio passato insieme a Cameron.

Faith annuì più volte, estraendo - più tardi - il cellulare dalla sua borsa. Accese lo schermo pigiando velocemente sui tasti numerici, componendo il numero telefonico del suo ragazzo, portando poi il cellulare sull'orecchio mentre guardava me. "Ho bisogno di vederti, possibilmente prima delle quattro. No, non è successo nulla. Voglio solo vederti. Perfetto, a dopo." Iniziò a mormorare una parola dopo l'altra. "E, Kyle? Ti amo." Fu la prima cosa che le uscì di bocca, non appena sentì rispondere dall'altra linea, facendomi sorridere.

Kara quel pomeriggio era impegnata con il Giornalino Scolastico nel laboratorio, avrei quindi avuto tutta la stanza per me, vista l'assenza di Faith. Mi chiusi la porta della stanza 120 alle spalle, togliendomi velocemente gli stivaletti dai piedi per accomodarmi di peso sul letto. Ultimamente, a causa dello studio, ero sempre più stanca e le ore per potermi riposare diventavano sempre meno. Il caffè era diventato il mio migliore amico e i libri si erano trasformati in compagni d'avventura, questa era la vita da studentessa Universitaria.

Ad interrompere i miei pensieri e il silenzio che regnava nella stanza, fu il suono del mio cellulare. Se fosse stata nuovamente mia cugina Denise, con un'altra delle sue urgenze le avrei tirato addosso un tosta pane. Ma quando guardai lo schermo, notai la decenza di quattro messaggi da tre utenti: <Per sta sera compra le pizze per cena, ricordarti che Faith è allergica ai peperoni.> Diceva il primo mandato - poco fa da - Kara, allegando due smile con la linguaccia, facendomi alzare gli occhi al cielo.

<Scricciolo, porta il posteriore di famiglia al computer e chiama tuo fratello, che indecentemente hai dimenticato.> Fu mio fratello maggiore, Aidan, a scrivermelo facendomi ridere. E mi ricordai soltanto in quel momento, di quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui l'avessi chiamato per avere sue notizie e quelle di papà. Certo che, come sorella e come figlia, facevo davvero schifo.

I due messaggi successivi riguardavano soltanto l'operatore telefonico, che mi ricordavano la data della scadenza della mia promozione per le chiamate, per i messaggi e per la disponibilità di navigare su Internet, tramite i social e le altre varie applicazioni.

Decisi - però - di rimandare la videochiamata via Skype con mio fratello per l'indomani, in quel momento avevo in testa solo l'intenzione di rannicchiarmi - avvolta dalle coperte - per tutta la durata dell'intero pomeriggio, che avevo libero e a disposizione.

Per quello che riuscivo a ricordare - dopo essermi svegliata di soprassalto nel letto - mi era sembrato di aver sognato mia madre. La donna dai delineamenti dolci, aveva le stesse caratteristiche - messe insieme - di mio fratello e me. Sorrideva mentre annaffiava i fiori del giardino di casa Johns appena sbocciati nella stagione primaverile, affiancata da papà - che vestito da giardiniere - fertilizzava il terreno per l'arrivo delle nuove margherite. Aidan correva insieme a me per raggiungere la mamma, mentre la sua immagine sorridente spariva a man mano che tentavamo di raggiungerla. Senza fiato, senza energie, senza nostra madre, che se ne era andata con una malattia troppo egoista portandosela con sè.

Mi ero alzata dal letto con la fronte umida e con la maglietta che s'incollava al petto a causa del sudore. Decisi di incamminarmi in direzione del bagno, con in mano un cambio - da tenuta vecchia in casa - e l'intimo poco attraente e seducente. Non ero mai stata una ragazza amante del pizzo e della seta, non mi importava sembrare attraente agli occhi degli altri - non che qualcuno mi avesse mai vista senza vesti - m'importava stare bene con me stessa. Nonostante il pigiama giallo canarino mi avesse imbarazzata, alla vista scrutatrice di Isaac quel giorno. Sorrisi involontariamente al ricordo.

Entrai all'interno della doccia, decidendo di far scendere l'acqua fredda lungo il corpo. Non mi importava se le temperature fossero basse, non mi importava se una volta fuori avessi preso il raffreddore, volevo solo cacciare via i residui di quei ricordi amari, che mi tormentavano dalla morte di mia madre ad oggi. Lavai i capelli, aggiungendo una grande quantità di Shampoo e Balsamo profumato, massaggiandomi la nuca fredda con tranquillità. Mi risciacquai velocemente, sentendo i brividi lungo la schiena e il tremolio dei denti fra loro. Era arrivata l'ora di uscire e avvolgermi nell'asciugamano, confermai i miei pensieri guardando le dita che sembravano oramai quelle delle anziane.

Dieci minuti più tardi uscii con i capelli asciutti - grazie all'asciuga capelli - e ben pulita, sentivo leggermente freddo, ma stavo decisamente meglio. Era quasi l'ora di cena, così decisi di chiamare la Pizzeria Da George's per ordinare le pizze per me e le ragazze, che dovevano ancor rientrare nella stanza. "La numero quindici, diciassette e trentadue. L'ultima, se possibile, senza peperoni." Ordinai con il cellulare fra l'orecchio ed una spalla, mentre tenevo fra le mani il listino cartaceo della pizzeria. Sentii un: "Mezz'ora e saranno pronte." Come risposta - da una voce maschile - dall'altro capo telefonico, chiedendomi l'indirizzo della Columbia prima di riattaccare la chiamata.

La porta della stanza si aprì nell'esatto istante in cui appoggiai il cellulare sopra la scrivania, facendo entrare all'interno Kara - che brontolava qualcosa di incomprensibile al cellulare - e una Faith felice, lo si poteva capire dal sorriso enorme stampato sulle labbra. A quanto pare con il suo ragazzo, Kyle, si erano risolte le situazioni incomprensibili. "Alla buon ora." Annunciai ad entrambe, sedendomi con le gambe incrociate sopra al mio letto.

Faith si limitò ad alzare le spalle in segno di scuse, con le guance arrossate per il freddo mentre si toglieva il giaccone, facendomi sentire il profumo di pop-corn che si era trascinata con sé dal Cinema. Kara invece, dopo un: "Scrivitelo da solo l'articolo sull'importanza del mangiare le verdure a pranzo, idiota." spense la chiamata, degnandomi - solo dopo - della sua attenzione. "Eisel, quel maglione è orribile." Insultò senza tatto il maglione che portavo, quando solitamente stavo comodamente in casa, dopo avermi guardata attentamente. Andandosi successivamente a sedere sul suo letto.

Assottigliai lo sguardo, guardandola con disapprovazione. Il mio maglione non era affatto orribile, era solo particolare con le sue palline di lana - formatasi nel tempo - rossa con le righe gialle. Aveva addirittura il viso di un pagliaccio sorridente - al centro - come immagine. Certo, aveva anche dei buchi in qualche angolo, ma ripeto, non era orribile. "Farò finta di non averti sentito." Mormorai appoggiando un cuscino sopra alle gambe - avvolte da un pantalone da tuta nero - incrociate, guardandola mentre ridacchiava fra sé e sè. La solita.

Quest'ultima dopo essersi fatta una doccia, navigò su internet nel cellulare, buttata di peso nel suo letto a commentare di tanto in tanto sulle novità degli alunni della Columbia. Era il sito sul Gossip che si creava in ogni Istituto, dal mio canto non mi era mai piaciuto interessarmi sulle questioni private delle vite altrui e - nonostante avessi una vita monotona e poco interessante - non sarebbe piaciuto nemmeno a me, aver qualcuno che si facesse gli affari miei. E appunto per questo non ero mai entrata su quel sito, non volevo avere problemi con nessuno. Avrei solo perso del tempo e del giga dal mio cellulare. "Senti questa." Annunciò Kara mettendosi a sedere, facendomi alzare il viso dal libro da cui stavo leggendo, per mostrarle la mia attenzione. "Pare che un certo Elia Jefferson, proprio oggi, abbia insultato pesantemente - alla mensa scolastica - Isaac Walker riguardo a qualcosa del suo passato, a cui non piace che si venga annunciato in pubblico o messo in luce. A quanto pare domani, nell'atrio della scuola, si darà inizio ad una rissa fra i due. Perché ovviamente Walker non lascia mai in sospeso, quello che gli altri iniziano. Questo sì che sarà un articolo per il giornalino, altro che verdure a pranzo!" Esultò contenta, battendo i palmi delle mani, mentre la sottoscritta sbiancava sentendo le parole che aveva appena pronunciato.

Avevo avuto - personalmente - l'opportunità di vedere di cosa fosse capace di fare Isaac, una volta alzato le mani contro qualcuno, non si fermava alla stanchezza che segnalava il suo corpo, alle nocche sbucciate delle mani, al viso coperto dai lividi e alle ferite insanguinate. Continuava fino a far perdere i sensi all'avversario, proprio come aveva detto la bionda, portava al termine ciò che gli altri iniziavano. Lo avevo visto all'incontro quella sera in cui mi aveva portata al Blue's, il ragazzo della stanza 113 era qualcosa di indomabile.

Oddio, pensai a in che guaio si stesse andando a mettere. Non poteva permettersi di iniziare una rissa, né tanto meno di infliggere violenza contro un altro studente, vista la sua reputazione scolastica poco soddisfacente. Non era in una posizione per poter rischiare tanto, stava per appoggiare sopra ad un filo il suo andamento scolastico e con questo comportamento, avrebbe ricevuto soltanto altri guai ed allontananze dagli altri studenti. Non che gli importasse più di tanto, Isaac - infatti - era un ragazzo solitario. Non aveva amici su cui contare, con cui uscire per divertirsi - come dovrebbero fare i ragazzi della sua età - e nemmeno con cui sfogarsi. Ed ecco uno dei motivi per cui partecipava a quelle lotte clandestine, era il suo unico modo per mandare via tutto ciò che teneva dentro.

Cercai di non pensare a questa situazione dall'apparenza complicata, concentrandomi solamente sull'arrivo delle pizze fumanti all'interno dei cartoni. In ogni muro della stanza si sentiva il profumo del formaggio, dei pomodorini e dell'impasto della pizza dagli angoli bruciati.

Avevo le dita sporche dal sugo e non trovando un tovagliolo a disposizione sopra alla tavola, mi limitai a portare il pollice sulla bocca, ricevendo un segno di disapprovazione da Faith. "Eisel, insomma." Mi incalzò porgendomi un tovagliolino bianco, che si nascondeva sotto al mio cartone della pizza. E quando guardò Kara, la trovò a fare lo stesso e non solo con il pollice, ma anche con i tre quarti delle dita sporche. Faith si limitò ad alzare gli occhi al cielo, rassegnata ai nostri comportamenti - poco signorili - a tavola.

Dopo aver pulito il tavolo, gettato sulla spazzatura l'immondizia e aver pulito i bicchieri, mi gettai di peso sopra alle coperte disordinate nel mio letto. Appoggiando il viso nel cuscino, stringendo quest'ultimo con le braccia. Questo era sempre il momento più bello della giornata, ero comodamente distesa nel materasso con lo stomaco sazio. "Rispondete a questa domanda." Annunciò Kara seduta nella sedia della sua scrivania, con una rivista in mano, pronta ad iniziare uno dei suoi soliti test sull'Amore, sui Sentimenti e sullo Stile di vita, che ogni sera costringeva me e Faith a rispondere. Quest'ultima era seduta nel suo letto, intenta ad intrecciare i lunghi capelli castani in due trecce prima di dormire. Aspettandosi, come me, una delle solite domande dalla bionda. "Un ragazzo, per piacervi, dovrebbe praticare quale sport?" Domandò gesticolando con una matita in una mano. "La risposta A: Basket. La risposta B: Calcio, o la risposta C: Danza." Parlò proponendoci le risposte alternative, che in fine ci avrebbe portato alla conclusione del nostro - secondo le informazioni delle rivista - ragazzo ideale.

Fu Faith la prima a rispondere con un: "Kyle pratica l'Hockey, quindi mi spiace, non voto per nessuno dei tre." Annunciò stringendo la seconda treccia, con un elastico arancione.

"Ero sicura che avresti risposto così." Rispose Kara sicura di sè, puntando la matita in mia direzione. "Tu, Eisel, quale sport dovrebbe praticare il tuo ragazzo ideale?" Mi chiese alzando gli occhioni blu dalla risvista.

Alzai la testa dal cuscino, sbuffando per la poca voglia che avevo nel risponderle. "Kara, vorrei semplicemente che il mio ragazzo ideale, avesse meno muscoli e più cervello. È chiedere troppo?" Le risposi facendola brontolare perché non avevo risposto direttamente alla sua domanda, ricevendo una risatina divertita da Faith.

"Certo che giocare con voi è proprio divertente, ci rinuncio." Annunciò la bionda appoggiando la rivista e la matita sopra la sua scrivania, e dopo aver spento la luce della stanza, ci diede la 'Buonanotte irritata come una piccola bambina.

^~^

La mattina successiva partecipai alla lezione di Matematica Avanzata, di Letteratura - al quale Isaac non si presentò - ed Economia pre-lavorativa Aziendale. Mi sentivo prosciugata dalle energie, anche perché la sera precedente prima di andare a dormire, Faith si era offerta di spiegarmi - nuovamente - l'argomento di cui non avevo ancora compreso. Era stata paziente e gentile, insegnandomi dei metodi riguardo ai testi che mi hanno aiutata molto. Ed è stato solo grazie a lei, se alla lezione di oggi - del Professor Sullivan - ho avuto modo di apprendere senza problemi. Questa sera avrei dovuto ringraziarla infinitamente, davanti ad un bel piatto di Spaghetti al sugo. Non sono mancate però le proteste di Kara, che irritata, voleva spegnere nuovamente le luci che noi avevamo riacceso per studiare.

Appoggiai la borsa a tracolla sulla spalla, leggermente pesante a causa dei libri di testo, uscendo successivamente dalla classe - dopo il termine delle lezioni - a passo lento. Ero ancora in modalità a rallentatore, in quel momento avrei solamente voluto una tazza di caffè fumante, e senza pensarci due volte andai in direzione della mensa scolastica. "Grazie." Dissi ad una delle signore, che mi porgeva gentilmente il bicchiere avvolto dallo stemma della Columbia. Ed una volta sentito il calore del liquido caldo - scendermi in gola - mi sentii decisamente molto meglio, la sensazione di calore che mi dava era sempre piacevole e il profumo che mi invadeva le narici, non aveva paragoni ad altre bevande.

Quando mi voltai verso i tavoli, per trovarne qualcuno libero su cui sedermi, sentii qualcuno spintonarmi una spalla mentre correva in direzione dell'uscita della mensa. Avrei voluto alzare la voce per dirgli di fare più attenzione, ma quando urlò a tutti un: "Ragazzi, la rissa tra Jefferson e Walker è già iniziata." Pensai di essere scaraventata contro un muro da un momento all'altro, vedendo tutti alzarsi immediatamente per dirigersi - insieme al ragazzo - in direzione dell'atrio principale della scuola.

Allora non era stato soltanto un giro di parole di quello, che Kara aveva letto la scorsa sera nel sito dei Gossip. Rabbrividii improvvisamente, immaginandomi lo sguardo di pura rabbia che si presentava negli occhi di Isaac quando alzava le mani contro qualcuno. Dovevo fermarlo fu la prima cosa che mi venne in mente, mentre le gambe si muovevano automaticamente insieme ad altri presenti rimasti ancora all'interno della mensa.

Notai come i corridoi, che portavano all'Atrio, fossero colmi di studenti che correvano - entusiasti - per assistere alla rissa che i due ragazzi stavano per dare inizio. Una volta entrata al centro del cuore - come veniva chiamata da tutti - della Columbia, non potei fare a meno di guardare il cerchio chiassoso di studenti, che si era creato in pochissimo tempo. Cercai di avvicinarmi di pochi passi, non avevo nessuna intenzione di essere schiacciata fra la gente. "Non capisco il motivo per cui abbiate, tutti quanti, il timore del ragazzo della stanza 113!" Fu una voce maschile, leggermente rauca e potente, a sovrastare i vocii delle altre persone. E quando arrivai fra la prima e la terza fila, notai un ragazzo dai capelli tinti di bianco con le braccia muscolose e tatuate in aria, gesticolare mentre parlava ai presenti. "Cos'ha di tanto pauroso? Avanti, spiegatemelo!" Parlò indicando un ragazzo alle sue spalle, Isaac.

Quest'ultimo era tranquillamente appoggiato con le spalle larghe al muro, con le braccia incrociate al petto - ben in risalto nella sua maglietta a maniche tre quarti bianca - e con il capo chino - coperto da un semplice berretto nero - che mi impediva di vedere i delineamenti del suo viso. Non parlava, se ne stava lì, in silenzio.

Sperai con tutto il cuore, che per tutto l'arco di quella messa in scena, rimanesse in quella posizione. Non volevo che si cacciasse nei guai, né tanto meno che si procurasse delle ferite fisiche. "Appunto, non fa nessuna paura! È soltanto un ragazzino orfano! Un delinquente!" Urlò il ragazzo dai capelli bianchi attirando l'attenzione di tutti, mentre la sottoscritta guardava le mani di Isaac che si trasformavano in due pugni, con le dita ben strette fra loro. "Abbandonato dalla madre drogata. Sbattuta in un carcere per essere stata colta nel fragrante con sostanze illegali! E non solo, se la spassava nel letto ogni notte con alcuni mal viventi, mentre il piccolo piangeva mentre veniva picchiato da lei stessa! Poverino." Continuò dando le spalle ad Isaac, che in quel momento raddrizzò le spalle ed abbassò le mani lungo il bacino.

Isaac, iniziai a pregare, non fare niente che possa metterti nei guai. Continuavo a ripetermi, mentre il ragazzo dai capelli bianchi continuava con il suo discorso. Elia Jefferson, mi pare di aver sentito. "Oh, sapevate che ha una sorella?" Annunciò, Oh no, pensai strabuzzando gli occhi. Non doveva affatto nominare la sorella, la quattordicenne Connie era tutto ciò che rimaneva della famiglia di Isaac. "Eh già, Signori e Signore. Connie, la puttanella-..." Iniziò, senza però, terminare. Il destro di Isaac era andato dritto alla mascella cogliendolo di sorpresa, che fino a quel momento gli aveva dato le spalle.

Dalle labbra di Elia uscì uno spruzzo fra saliva e sangue, che mi fece portare le mani alla bocca per l'improvviso conato di vomito, che mi venne al momento. Alcune ragazze sussultarono, alcuni studenti presenti indietreggiarono per il timore, mentre molti esultarono per l'inizio della rissa. "Ma che cazz-..?" Mormorò il ragazzo dai capelli bianchi, pulendosi le labbra con le mani, indietreggiando di alcuni passi. Sputando il residuo, rimasto in bocca, sul pavimento.

"Chiami come meglio credi, offendi con piacere la donna che mi ha messo al mondo. Ma brutto figlio di Puttana, mia sorella non la nomini con la tua fottuta bocca, mi hai capito?" Parlò Isaac con voce alta, avvicinando le mani al colletto del maglione di Elia, stringendo il tessuto con forza. Le vene erano ancor più in risalto lungo le braccia, i capelli neri lungo la fronte e le labbra carnose, tremavano per la rabbia che s'impossessava di lui.

Elia sorrise beffardo, divertito - per niente intimorito - dalla situazione. "Tua sorella, te l'ho detto, è una put-ta-nel-la!" Pronunciò scandendo bene l'ultima parola, desiderai per lui che non lo avesse mai fatto.

E fu allora che Isaac alzò la mano sinistra, stretta perfettamente in un pugno, con l'intento di mirargli il naso. Lo colpì, facendo mugolare Elia dal dolore, mentre gli colava del sangue finendogli in bocca.

Il ragazzo dai capelli bianchi provò ad alzare la mano destra, riuscendo in qualche modo a tirare un pugno in direzione del sopracciglio di Isaac, che continuava a tenerlo stretto per il colletto. Che senza far caso al pugno appena ricevuto, continuò gli stessi movimenti in direzione della mascella, delle labbra e nell'angolo dell'occhio di Elia.

Tutti guardavano, ma nessuno aveva il coraggio di intromettersi per fermarlo. "Quel ragazzo è una macchina distruttrice. Tutto quello che tocca, va in frantumi. Tutto quello che sfiora, poi si spezza. Se qualcuno si avvicina, ne rimarrà soltanto ferito. Il suo scopo nella vita è rimanere da solo. Chi mai vorrebbe avere vicino un mostro così?" Mormorò qualcuno al mio fianco e quando alzai la testa alla mia destra - per vedere chi mai avesse pronunciato parole talmente crudeli - notai fosse Cameron. Aveva i capelli raccolti in una bandana, indossava la divisa da giocatore di Baseball, guardando la scena - impassibile - davanti a sè. Aggrottai la fronte, mentre abbassava il suo sguardo in direzione dei miei occhi.

"Isaac, non è un mostro." Parlai distogliendo lo sguardo, per riportare l'attenzione sul ragazzo della 113 che continuava a riempire di ferite, il volto di Elia.
Cameron scosse la testa, non credendo minimamente alle mie parole. Nessuno mi avrebbe creduta, avendo davanti quello spiacevole spettacolo. Guardai il corpo muscoloso di Isaac, alzando gli occhi verso i suoi verdognoli, che a sua volta guardavano furenti il suo avversario.

Era il suo modo per difendersi, dopo essere stato ingiustamente accusato per un passato che nemmeno lui stesso aveva scelto di vivere. Isaac era il risultato di una adolescenza inesistente, non andava giudicato, ma ascoltato e capito. "È soltanto un ragazzo incompreso." Annunciai le parole, che mi uscivano di bocca quasi in un sussurro.

Avanzai di alcuni passi verso il centro, sentendo qualcuno stringermi con una forte pressione il polso. "Eisel, non fare una pazzia. Non immischiarti in questa rissa, è pericoloso, Walker è pericoloso." Mormorò Cameron alle mie spalle, facendomi scuotere la testa.

Ti fidi di me? Erano state le parole di Isaac, quel giorno al lago. Non era pericoloso, io, mi fidavo di lui. Lui restituiva il trattamento che gli riservavano, trattava gli altri come loro trattavano lui, ricambiava con la stessa moneta. Forse nel modo sbagliato, ma era l'unico modo che conosceva per difendersi. Aveva bisogno che qualcuno gli stesse vicino, che lo capisse, che lo sostenesse in questi momenti d'ira.

Io c'ero, ero sua amica.

Mollai la presa con un gesto della mano, avanzando di grandi passi verso i due ragazzi al centro del cerchio, ricevendo occhiate incredule dai presenti, mentre altri scuotevano la testa dandomi della stupida. Sapevo il quanto fosse rischioso entrare nel cerchio di una rissa in corso, ma ci tenevo a far capire al ragazzo della stanza 113 che avrebbe potuto contare su di me, per pensare alle conseguenze.

Senza pensarci due volte, prima di pentirmene, allacciai - con forza - le braccia attorno al bacino di Isaac. Lo sentii fermarsi dalla sua violenza contro Elia. "Hai fatto abbastanza, non credi?" Gli domandai senza staccarmi dalla sua schiena larga, che a malapena riuscivo a racchiudere con le braccia.

Si raddrizzò improvvisamente con le spalle, mentre si irrigidiva sotto il mio tocco. "Non dovresti essere qui, Eisel." Parlò. Feci finta di non aver ascoltato le sue parole, appoggiando addirittura il viso sulla sua maglietta bianca, calda a causa del contatto con la pelle. Potei sentire i violenti battiti cardiaci che emanava il suo cuore e il respiro irregolare, che faceva alzare e riabbassare il suo petto.

Ti chiedo io di fidarti di me, pensai annusando il profumo maschile che emanava la sua pelle. "Isaac, ti prego, vieni via con me." Gli chiesi, quasi pregandolo, sperando di non ricevere un rifiuto da parte sua. Lo vidi abbassare - alcuni instanti più tardi - il braccio, con cui minuti prima rivolgeva dei colpi al ragazzo. Pensai volesse scansarmi via.
Mi sbagliai.

Prese con l'altro braccio una parte del colletto - strappato - del maglione di Elia, spingendolo verso qualcuno che - come gli altri - non ci toglievano gli occhi di dosso. "Portatelo in infermeria." Ordinò a due ragazzi, che si affrettarono a prendere fra le loro braccia il ragazzo dai capelli bianchi, colmo di ferite in pieno viso. Abbassò successivamente lo sguardo sulle mie di braccia e sulle mie mani, che si intrecciavano nel suo ventre scolpito. "Eisel, se dicevi davvero la verità prima, ti supplico, trascinami via da questa merda." Chiese con voce bassa e rauca, appoggiando la sua mano sopra alla mia.

Si stava fidando di me.

Alla radio trasmettevano canzoni sul genere Jazz, lo stile di cui - mio padre - andava letteralmente euforico, quando andava a ballare - anni prima - insieme alla mamma. Pensai mentre seduta sul sedile del guidatore, tenevo saldamente il volante, rivolgendo di tanto in tanto uno sguardo al mio unico passeggero. Ferito soprattutto.
Nonostante gli avessi dato, gentilmente, un cerottino - con l'adesivo degli orsacchiotti - non lo aveva voluto metterlo al sopracciglio. "Infantile." Lo aveva definito continuando a guardare la decorazione del cerottino, che teneva fra le mani.

A causa dell'orario invernale, le giornate si accorciavano più in fretta del previsto, mentre le nuvole dalle sfumature grigiastre incominciavano a circondare la città di New York. Era passata quasi un'ora da quando, insieme ad Isaac, ce ne eravamo andati via da quella spiacevole situazione, in cui si era cacciato lui stesso. Non avevo nessuna intenzione di aprir bocca per dire qualcosa, nello stato post-rabbia in cui si trovava, non avrei voluto - per nessuna ragione - risvegliare i bollenti spiriti che soccombevano all'interno del suo corpo tonico.

Portai la mente agli avvenimenti precedenti, dandomi della stupida per essermi intromessa - senza pensare alle conseguenze - in quella rissa. E se, per sbaglio, avessi ricevuto uno schiaffo o un destro da parte di qualcuno dei due? Avrei sicuramente fatto un bel giro turistico all'infermeria, cercando successivamente di spiegare l'accaduto al Preside, nonché padre del ragazzo seduto al mio fianco, con l'occhio macchiato di nero. Grazie al cielo stavo bene, Isaac stava bene, ma non potevo dire altrettanto sull'aspetto di Elia. Con tutti i colpi che aveva - senza sosta - ricevuto, ne sarebbe uscito pieno di lividi in volto. Feci, con la bocca, una smorfia solo al pensiero. "A cosa stai pensando?" Mi domandò Isaac, con le palpebre ancora chiuse e con la testa appoggiata comodamente nel sedile.

Scossi la testa mandando via i pensieri, che si aleggiavano nella mia mente. "Per fortuna nessuno ne è uscito ferito, o almeno in parte." Mormorai stringendo forte il volante con le dita, voltando verso destra. Non avevo la minima idea di dove stessi andando, mi bastava tenere lontano Isaac dalla Columbia e dai guai in cui si metteva.

"Non so davvero cosa ti sia passata per la testa di intrometterti in quella situazione, Eisel, te l'ho già detto. Non devi metterti nei guai a causa mia. Quello era qualcosa che non ti riguardava, dovevi starne fuori." Parlò con voce rauca, dopo aver abbassato il volume della canzone alla radio. Sospirai, sapendo che avesse tutte le ragioni per dare inizio alla predica sulle mie azioni, avrei preferito - però - un ringraziamento da parte sua. Dopotutto ero intervenuta soltanto per toglierlo dai guai, volevo che capisse - che per lui - ci sarei sempre stata. Probabilmente non la vedeva al mio stesso modo, ero soltanto qualcuno che si era intromesso nella sua vita. Dannazione a me! Pensai. "Nonostante questo, grazie Eisel." Aggiunse aprendo le palpebre, portando i suoi occhi verdognoli in direzione dei miei. "La sensazione di trovare qualcuno, che mi porti via da tutto questo casino quando ne ho più bisogno, conta - per me - davvero tanto. Grazie per essere mia amica." Annunciò. E quando distolsi lo sguardo dalla strada per guardarlo, tornò a chiudere le palpebre, con le labbra che si trasformavano in un sorriso lieve.

Sentii improvvisamente il cuore pulsarmi violentemente nel petto, come se volesse uscire dalla cassa toracica da un momento all'altro. Era incredibile come il mio corpo reagisce, udendo le sue parole. Isaac, da quando lo avevo conosciuto, aveva iniziato ad avere uno strano effetto su di me. Dovevo - però - iniziare a togliermi dalla testa questi strani pensieri, ricordandomi che eravamo soltanto amici, niente di più. Un ragazzo come 113, non avrebbe mai guardato una ragazza me. Portavo gli occhiali, ero goffa e non avevo nulla di estremamente particolare per definirmi interessante. Lo capivo in pieno, chi mai avrebbe guardato me?

Sospirai ancora una volta, cercando di non cadere nello sconforto dei miei pensieri negativi. Non avevo mai avuto un autostima gratificante, fin da piccola mi era sempre risultato difficile mettermi davanti allo specchio, per auto convincermi sul mio aspetto fisico - ai miei occhi - poco attraente. Nonostante le parole confortevoli di mio fratello Aidan, che cercava di farmi credere il contrario - come un ottimo fratello - non ci ho mai sperato in un cambiamento sul mio aspetto. Ma, in un modo o nell'altro, mi accettavo così.

Fermai la macchina alla vista del rosso del semaforo davanti a noi, notando le presenze di alcune goccioline trasparenti sul vetro della macchina. A quanto pare, la pioggia si sarebbe presentata per degnarci della sua compagnia. Non avevo portato con me né il giaccone e né tanto meno un indumento pesante per ripararmi dall'aria fredda, che circolava fuori dal veicolo. "Possiamo fermarci al Blake? Onestamente sto morendo di fame." Gli domandai senza imbarazzo nel tono di voce. Quell'oggi avevo digerito a malapena il caffè alla mensa, nient'altro.

Non rispose alla mia domanda, così mi limitai ad alzare le spalle e riabbassarle successivamente con non curanza. Parcheggiai - trenta minuti più tardi - la macchina davanti al locale, da cui si vedeva chiaramente l'insegna nera illuminata dalla luce bianca. Mi diedi un'occhiata nello specchietto retrovisore, sistemandomi meglio la montatura degli occhiali sul naso e i capelli corti, dietro all'orecchio. Non che svolgendo quei gesti potessi - in qualche modo - migliorare il mio aspetto, però mi consolavano. Quando appoggiai lo sguardo su Isaac, lo vidi guardarmi attentamente con la fronte aggrottata e il sopracciglio inarcato. "Mh?" Mormorai. E continuando a non pronunciare parola, aprì la portiera alla sua destra e scese dalla mia macchina. Presi dalla mia borsa a tracolla - che si trovava nei sedili posteriori - il portafoglio con dentro i soldi necessari, scendendo successivamente e chiudendo le portiere con un click della chiave automatica.

Mi rilassai, una volta entrata all'interno del locale, sentendo l'aria calda e accogliente. "Vicino alle finestre c'è un tavolo vuoto." Mi fece notare Isaac indicandomi il posto con il pollice, facendomi annuire per più volte, mentre mi incamminavo subito dietro di lui.

Mi accomodai sulla sedia difronte alla sua, appoggiando la borsa al mio fianco e il cellulare sopra al tavolino che ci distanziava di mezzo metro. Presi il menù cartaceo in mano, guardando attentamente ogni prelibatezza che ponevano a mia disposizione, avendo soltanto l'imbarazzo della scelta. Magari un Cheesburger, patatine e una bottiglietta d'acqua andranno più che bene al mio stomaco brontolante, optai alzando gli occhi sul ragazzo davanti a me. "Isaac, non prendi nulla?" Scosse la testa. Davvero di molte parole quest'oggi eh, avrei voluto aggiungere, ma lo tenni per me. Probabilmente doveva ancora raffreddare il nervi.

Al nostro tavolo si aggiunse un cameriere e quando alzai lo sguardo, gli rivolsi un sorriso gentile. "Ciao Scott." Lo salutai appoggiando il Menù cartaceo, intrecciando le dita delle mani fra loro sopra il tavolo.

Il ragazzo con i capelli legati in una codino, mi sorrise non appena si accorse della mia presenza. "Eisel." Ricambiò senza la solita fomalità, sistemandosi la maglia grigia, in contrasto con gli occhi dello stesso colore. "Cosa posso portarti?" Mi chiese con il bloc-notes in mano, pronto a trascrivere il mio ordine. Notai due anelli argentei che portava in entrambi i pollici, circondati da scritte e disegni simbolici come decorazione. Guardai successivamente Isaac, che allo stesso tempo guardava - sotto le lunghe ciglia - Scott, come se volesse studiarlo con i suoi occhi verdognoli ed intensi.

Scossi velocemente la testa, riportando la mia attenzione nuovamente al Menù, per accertarmi che fosse quello che avevo scelto minuti prima. "Vorrei prendere il numero quarantadue, ma non ne sono molto sicura." Mormorai portandomi una ciocca di capelli - caduta improvvisamente sulla fronte - dietro all'orecchio.

Vidi il volto Scott avvicinarsi al mio, mentre guardava - con i suoi occhioni grigi - la lista infinita davanti a me. Potei sentire il profumo maschile sull'agrodolce, che emanavano i suoi vestiti, facendomi leggermente prurito al naso. "Ti consiglierei il numero successivo, la bibita e la salsa per il panino sono in omaggio." Disse indicando con le dita magre, il numero quarantatrè, raddrizzando la schiena e le spalle esili.

Annuii per più volte, confermando la sua proposta. "Aggiungi anche una porzione di patatine allora." Parlai guardando l'immagine allettante, sentendo - ancora una volta - il brontolio del mio stomaco.

"Perfetto, apposto così?" Chiese, riferendosi probabilmente ad Isaac che non aveva ancora ordinato. Mi limitai ad annuire e prima che scomparisse per prendere gli ordini ad altri clienti, gli chiesi di aggiungere un altro piatto, in caso avessi fatto pasticci com'era solita a fare.

Tornai a guardare il ragazzo dai capelli neri e dagli occhi verdi, che continuava a seguire - con lo sguardo - in direzione di Scott. "Quel ragazzo, è un tuo amico?" Mi domandò distogliendo lo sguardo, per riporlo nel mio, cogliendomi di sprovvista.

No, Scott era un mio conoscente e non un mio amico. Ci eravamo scambiati - si e no - quattro parole, da quando avevo messo piedi - per la prima volta - in questo locale. Un semplice rapporto che si creava fra cameriere e cliente, che si vedevano spesso. Più che un'amicizia, era per me, uno scambio di parole fra due persone educate. Tutto qui. "Ritengo mio amico, solo le persone di cui mi fido." Gli risposi mantenendo lo sguardo visivo, facendomi notare un angolo delle sue labbra che si alzavano all'insù. Si Isaac, mi fido anche di te. Avrei voluto aggiungere dopo aver visto la sua espressione facciale, ma rimasi zitta.

Il silenzio si era preso spazio alle nostre parole, mettendomi estremamente a disagio mentre giocherellavo con le dita, prive di smalto o bigiotterie. Mi piaceva tenere le mani libere da qualsiasi cosa, temevo di perderle - a causa della mia scarsa attenzione - dopo essermici affezionata. Decisi di interrompere il ghiaccio con un: "Ultimamente sei scomparso, dalla Columbia e dai corsi scolastici intendo." Parlai alzando nuovamente lo sguardo e quando incrociai con i suoi occhi - pronti a guardarmi - trattenni il fiato, improvvisamente imbarazzata. Ero così sciocca avvolte.

"Sono stato impegnato al Blue's, non potevo presentarmi ai corsi dopo aver affrontato gli incontri." Annunciò, senza troppi giri di parole.

Annuìì. "Quando sarà il prossimo incontro?" Provai a chiedergli, sperando che non mi considerasse una che volesse farsi gli affari suoi. Mi interessava semplicemente sapere qualcosa in più sul suo strano Hobby, o sulla sua vita in generale.

Inarcò un sopracciglio, probabilmente sorpreso sul mio interessamento. "Questo sabato avrò nuovamente uno scontro con Watson, a quanto pare vorrà una rivincita per lo scorso incontro." Mi rispose con un sorriso beffardo sulle labbra, ricordandosi della sua vittoriosa uscita dal ring.

"Una rivincita che non gli sarà facilmente servita, dico bene?" Chiesi, ricevendo subito una conferma - del capo - da parte sua.

Ad interrompere la nostra conversazione, fu l'arrivo delle mie ordinazioni. Il profumo di quelle prelibatezze invase - da subito - le mie narici e il richiamo del mio stomaco, arrivò puntualmente alla richiesta di essere riempito. Presi il coltello alla mia destra ed iniziai a tagliare il panino, che avevo difronte, in due parti. Divisi metà della porzione delle patatine e misi il tutto, nel piatto in più che avevo richiesto. Appoggiai la salsa fra me ed Isaac, che continuava a guardarmi con fronte aggrottata non capendo ancora le mie intenzioni. Tenni il piatto, con la metà dell'ordine, porgendolo in sua direzione. "Non finirò sicuramente tutto questo da sola, ho pensato di dividerlo con te prima di ordinarlo al cameriere, quindi - per piacere - vuoi mangiare con me?" Proposi con un leggero sorriso sulle labbra, tenendo ancora il piatto fra le mani, temendo di ricevere una risposta negativa da parte sua.

Scosse la testa, mandando probabilmente via i pensieri che aveva in mente, sfoderando - improvvisamente - i denti bianchi e perfetti, mettendo in risalto i zigomi e la fossetta sulla guancia sinistra. Dio, pensai tenendo il piatto ancora in aria mentre osservavo il suo sorriso mozzafiato. "Sei imprevedibile, Eisel." Annunciò allungando le mani lungo il piatto, che tenevo fra le mie. "Mangerò con te, ma offro io." Annunciò appoggiando il piatto davanti a sè, senza voler ascoltare proteste - al riguardo - da parte mia. Alzò lo sguardo per vedere una mia reazione, notando semplicemente la mia faccia imbronciata, che lo fece ridere.

Commenti, alquanto inutili, dell'Autrice:
Premetto che il capitolo è arrivato quasi alle settemila parole, un piccolo bonus in segno di scuse per il mio ritardo enorme sull'aggiornamento. Ammetto che il risultato non mi soddisfa affatto e prima di pubblicarlo, avrò cambiato alcune parti almeno quattro volte. Continuo dell'idea di volerlo cancellare, per riscrivere qualcosa con più contenuto e più dialogo, ma ora come ora, non mi uscirà niente più di così. Vogliate scusarmi per gli errori che troverete nel corso del capitolo, ho provato a correggerlo, ma il mio Italiano lascia molto a desiderare. Sto ancora pensando al cast dei personaggi riguardanti la storia e sto avendo grosse difficoltà per la protagonista, non sono in molte ad avere i capelli corti e che indossino gli occhiali. Vedrò cosa potrò fare. Qui ultimamente sta diluviando parecchio, nonostante il caldo soffocante. Dovreste vedere le mie lotte contro le zanzare.
E voi, come passate queste giornate estive?
Lasciatemi un commento per sapere cosa ne pensate, sempre se volete.
E niente,
Fanny.

Continue Reading

You'll Also Like

228K 6.6K 32
Beverly Malfoy, sorella di Draco Malfoy, è la migliore amica di Tom Riddle con cui ha una serie di regole che non si possono infrangere tipo la rego...
1M 44.1K 73
⚠️IN REVISIONE: I capitoli con "•" sono quelli revisionati⚠️ Scarlet , è una ragazza normalissima che vive nella periferia di Denver , non si apetta...
2.8M 98.4K 68
[COMPLETATA] {07/04/2019} «Dillo» «Cosa Mendes?» Si avvicina a me. «Che muori dalla voglia di saltarmi addosso se solo non ci fosse tuo fratello„ «So...