Insicura (COMPLETA)

By WinterSBlack

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(Vincitrice Wattys2018 Categoria I Contemporanei) "Questa è la storia di una ragazza dal passato difficile c... More

1. La mia vita
2. Il nuovo compagno di scuola
3. Uscire con Jason Forster
4. La ragazza di Arn
5. Tempo
6. Hebe Daniels
7. Party
8. Sfuriata
9. Uscita tra amici
10. In casa
11. Casa sua
12. La Band
13. La scuola è un campo di battaglia
14. Amica?
15. Scivoloso
16. Nuove compagnie
17. Stomaco
18. Vacanza
19. Giochi
Angolo Autrice
20. Racconti notturni
21. La Casa Stregata
22. Anno nuovo
23. Recita
24. Sfuggire di mano
25. Hakuna Matata
26. Realizzazione
27. Confessioni
28. Avere un ragazzo
28. Dichiarazione
29. Operazione salvataggio cuori infranti
30. Iris Reagan
31. Alla ricerca di un bel regalo
32. San Valentino
33. Errore
34. Segreti svelati e situazioni risolte
36. Sul palco per gioco
37. Ansia da palcoscenico
38. Concerto di beneficenza
39. Problemi di comunicazione
40. Boccino d'oro
Special p. 1
Special p. 2
41. Troppo passato per vivere il presente
42. È andata peggio
43. La forza di parlare
44. Stop
Sorpresa

35. Lasciare

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By WinterSBlack

Il bagno era più grande del soggiorno e cucina di casa mia messi in insieme. L'enorme vasca semicircolare attirava tutte le attenzioni, ma faceva spazio anche ad una doccia alla sua destra, il lavandino e il bidè sulla parete adiacente. Sul lato sinistro un grosso armadio con saponi, shampoo, bagnoschiuma, sali da bagno e asciugamani degni di una SPA, dominava tutto il muro.
Il pavimento era piastrellato e coperto da teli antiscivolo nelle zone attorno ai lavabi.
Mi misi davanti all'enorme specchio sopra il lungo lavandino.
Ero ricoperta da una sostanza verde. Sembrava gel e aveva un cattivo odore.
Arricciai il naso e iniziai a pulirmi il volto con il sapone a mia disposizione.
Iniziai a spogliarmi e a sciogliere i nodi tra i miei capelli rossi quando la porta del bagno si aprì all'improvviso.
Strillai spaventata, e cercai ci coprirmi con le mie vesti il mio corpo coperto solo dall'intimo.
Xavier inarcò un sopracciglio e rise.
«Non c'è niente da ridere! Non si bussa più?» esclamai sconvolta, cercando di coprirmi meglio.
«Rilassati. Non c'è niente che io non abbia già visto.» affermò allungandomi dei vestiti.
«Questo non ti dà il diritto di entrare in bagno mentre sto facendo la doccia!» strillai afferrando i vestiti.
«Ehi, ma sono da maschio.» commentai.
«È casa mia, non una boutique. Ho pensato che  non ti facesse piacere indossare qualcosa che appartiene a chi ti ha fatto questo.» disse indicando lo slime verde.
«Gli asciugamani sono puliti, puoi usarli. E, come vedi, hai una vasta sventa di shampoo e bagnoschiuma.» disse voltandosi, ma prima di richiudersi la porta alle spalle rientrò.
«E... Se non vuoi che qualcuno entri, chiudi la porta a chiave.»
Dopo un occhiolino se ne andò veramente.
Mi affrettai ad ascoltare il suo consiglio per poi entrare nella doccia. Quello specchio enorme mi metteva a disagio. Vedermi così sporca è vulnerabile mi faceva sentire debole e stupida. E non volevo sentirmi così.
Restai sotto il flusso caldo più del dovuto, lavando via la sporcizia e lasciando scorrere via i pensieri. Il vapore mi dava alla testa e l'acqua mi depurava.
Quando finii di levarmi di dosso tutta quella melma dai capelli e mi sentii finalmente pulita, mi decisi ad uscire da quella cabina di vetro. Avvolsi il mio corpo bagnato con un asciugamano morbido di un bel rosa confetto e stesso feci con i miei capelli.
Cercai tra i cassetti dell'armadio e trovai il phon. Pettinai i miei capelli con cura mentre li asciugavo e intanto pensai a ciò che mi era successa nelle ultime ore. In particolare modo la richiesta di Lance. Al sol pensiero mi venne da ridere tra me e me, ma allo stesso tempo volevo piangere per la situazione imbarazzante da cui Xavier era stato costretto a salvarmi. Già, mi aveva salvata molte volte. Come un principe azzurro.
Mi infilai la maglietta nera che mi aveva dato e i pantaloncini di qualche tuta che mi arrivavano fin sotto le ginocchia.
Guardandomi allo specchio realizzai di essere veramente bassa. Sembravo un nano da giardino vestita in quel modo.
Uscii dal bagno, con i miei vestiti sporchi stretti in una mano e i piedi nudi che toccavano il pavimento del corridoio. Raggiunsi quella che doveva essere la porta della camera di Xavier a passi veloci, come se temessi di essere sorpresa in mezzo al corridoio.
Bussai e in poco tempo il ragazzo mi aprì.
I suoi capelli scuri erano ancora umidi, così come il suo petto nudo.
Rimasi senza fiato per diversi secondi a guardarlo e ringraziai il cielo che almeno non fosse solo in asciugamano ma con i pantaloni di un pigiama.
«Emh, grazie.» esordii.
«Non ringraziarmi. È un danno che ti ha fatto un membro della mia famiglia. È giusto che ripaghi. E poi sei mia amica.» disse lui rientrando.
La camera di Xavier era la tipica camera di un ragazzo. Almeno, come mi sono sempre immaginata la camera di un ragazzo.
Non era estremamente disordinata, ma non c'era nemmeno un particolare ordine.
I muri erano azzurri e su di essi erano appesi vari poster di giocatori e squadre di basket o band a me sconosciute. I mobili erano tutti della stessa tinta, marrone chiaro, compreso l'enorme armadio che si mangiava la parete sinistra. Tutto il resto si estendeva alla destra della porta, il letto, i comodini e la scrivania. Accanto alla sedia era appoggiata una custodia di una chitarra e sul tavolo un pallone da basket sopra riviste aperte. C'erano diverse lampade normalissime sui comodini ai lati del letto matrimoniale a trapunte blu. Infine, una libreria era fissata sopra la testiera di esso.
Nessun vestito lasciato sul tappeto e/o buste di cibo o preservativi.
«Pensavo fosse più grande.» dissi.
Xavier alzò un sopracciglio, guardandomi in modo strano.
«La camera, intendo.» arrossii.
«Lo so che ti riferivi alla camera.» ridacchiò divertito recuperando una maglietta e infilandosela, nascondendo ai miei occhi il suo fisico asciutto ma scolpito.
«Quella di mia sorella è grande. Anche quella dei miei. Ho preferito questa perché aveva un bel bagno e potevo raggiungere facilmente a tutte le cose facendo pochi passi. Non ha senso farsi una maratona solo per arrivare all'armadio, no? Sono piuttosto pigro.» ammise fingendo di pensarci seriamente.
«Io, dovrei andare. Ti restituirò la maglietta e i pantaloncini.» affermai individuando la mia borsa con una strana fretta di uscire.
«Lì laverò a mano, così non rovinerò questi indumenti di marca.» scherzai.
«In realtà quelli che hai addosso li ho presi da una bancarella in Italia. Li avrò pagati cinque euro dopo che mi sono vomitato addosso. Mamma non era felice che avessi rovinato per sempre il completo di Valentino.» commentò accompagnandomi alla porta.
Xavier mi allungò un sacchetto vuoto in modo che potessi infilarci dentro i vestiti sporchi.
Mi rimisi i stivali che avevo cercato di pulire in bagno e seguii Xavier attraversare il corridoio di casa sua.
I nostri passi riecheggiavano nella ormai vuota dimora dei Bellson.
«Davvero, grazie di tutto Xav.» dissi imbarazzata quando ormai fui fuori dalla porta.
«Smettila di ringraziarmi, Azura. Altrimenti sarò costretto a chiederti qualcosa in cambio.» sussurrò suadente.
Notando però la mia espressione sconvolta si mise a ridere.
«Ti prendevo in giro. Non fare quella faccia.» esclamò.
«Beh, allora ciao.» dissi allontanandomi.
Il ragazzo mi salutò con una mano e attese che raggiungessi l'auto di Hebe, poi lo vidi chiudere le porte.

Quando tornai a casa notai che Hebe mi aveva lasciato un breve messaggio:

Mi porti la macchina a scuola domani?

Era tardi per raccontarle degli avvenimenti della giornata così le inviai uno simile sorridente e un pollice alzato.
Poi finalmente mi infilai nel mio caldo letto e mi addormentai quasi all'istante.

La mattina dopo, colpita da un particolare ottimismo, decisi di indossare un outfit completamente nero. Jeans, giacca di pelle, maglioncino e stivali. Tutti in tinta unita. Mi truccai persino più pesante del solito e quando scesi dalle scale ad Ace cadde il muffin di mano.
«Ma che diavolo...» borbottò.
«Uscire con la Daniels ti fa star male.» commentò.
«Sicura di star bene?» intervenne Arn.
«Oh! Santo cielo! Che ti sei messa addosso?» esclamò anche mia madre.
«Io esco.» risposi semplicemente marciando verso l'uscita.
«Senti, ieri è tornata con l'auto della Daniels, non è che quella cosa possieda chiunque la guidi?» fu l'ultima cosa che sentii da parte di Ace.

Quella mattina realizzai che mi piaceva un sacco guidare l'auto di Hebe.
Ero totalmente immersa nei miei pensieri, fantasticando delle mie spettacolari entrate in scena e dei miei discorsi Nobel, quando, passando davanti ai cancelli della scuola, riconobbi una coppia che si stava baciando.
Hebe era inconfondibile e dalla custodia del violino e gli occhiali da imbranato, identificai l'altro come Theo Allwell.
Presa dall'entusiasmo suonai il clacson e fu molto divertente vederli sobbalzare. Ancora più divertente fu lo sguardo minaccioso che mi dedicò la mia amica.
Quando parcheggiai l'auto della ragazza scesi dall'auto, immaginando la scena al rallentatore con tanto di vento che mi scompigliava i capelli. Mi sentivo come una specie di diva di uno spot televisivo.
In quel momento, percepivo gli occhi di tutti addosso, ma ero fiera di quegli sguardi. Ero sicura di me. Audace. Mi sentivo invincibile.
Raggiunsi il gruppo dei giocatori di football a cui mancava ancora all'appello mio fratello, ma Jason era già lì.
Quando fui abbastanza vicina, vidi Jack dare una gomitata al suo amico e fare un cenno nella mia direzione. Jason si voltò e mi guardò stupito.
«Oh, wow, cos'è questo cambio di look?» esclamò sorridendo amabilmente.
«Non penso che oggi sia Halloween.» commentò Jack ridendo. Gli altri ragazzi gli fecero eco, ma non mi tolsero gli occhi di dosso. Ero consapevole di quanto quei jeans mi fasciassero bene le gambe e di quanto fosse meravigliosa la scollatura del maglioncino attillato.
«Sssh piantatela.» ridacchiò anche Jason.
«Devo parlarti.» gli dissi per nulla toccata dai commenti dei presenti.
Io e Jason ci appartammo e prima che potessi solo aprire bocca lui iniziò:«Ci tenevo a dirti che non sapevo di quel che aveva in mente Daia.»
«Mi hai attirato lì perché te l'ha chiesto lei, non è così?» chiesi incrociando le braccia sotto il seno. Notai che per una frazione di secondo lo sguardo di Jason perse l'attenzione sui miei occhi.
«Sì, ma mi ha detto una cosa... So che non ci dovrei credere perché non dovrei fidarmi di ciò che mi dice... Ma avevo bevuto e non ragionavo molto lucidamente.» si scusò.
«Che ti ha detto?» chiesi curiosa.
«Che mi hai tradita con Chanders... Ha detto che una sua amica vi ha visti farlo in una biblioteca e... Scusa, ma la cosa mi tormentava ieri. Per non parlare di quel principino del tuo ex... Mi sono sentito... Ferito.» disse abbassando lo sguardo e passandosi una mano tra i capelli.
Tutta la mia sicurezza scivolò via, lasciando spazio ad un brutto verme chiamato "senso di colpa".
«Ma certo, peccato che il tuo ragazzo abbia saltato la parte in cui mi ha limonata. Dico bene Jason?» intervenne la voce a me meno gradita.
«Non dire idiozie, Diamond.» sibilò Jason. Stringeva le mani a pugno e sembrava fin troppo agitato. I sensi di colpa tornarono a dormire e il fastidio fece capolino nella sala controllo delle emozioni.
«E la parte dove ti ha chiamata "schifosa puttana" o quella in cui ci ha aiutato a preparare la trappola? Come scordarle.» ghignò Daia ponendosi di fronte a lui. Voleva ferire entrambi. Distruggerci. Ma non sapeva che ormai non poteva più farlo.
«E ora fai il bravo cagnolino e torni a scodinzolare da lei?» sibilò la vipera.
«Non ascoltarla, Azura, è solo invidiosa. Vuole solo allontanarci.» affermò Jason mettendomi una mano sulla base della schiena.
Mi allontanai ricevendo uno sguardo stupito da parte sua. Poi mi misi a ridacchiare, finché non si trasformò in una vera e propria risata.
«Allontanarci? Non siamo mai stati veramente vicini. E questo lo sai.» dissi con sicurezza rivolta a Jason.
«Sapete che vi dico? Voi due siete una coppia perfetta. Sul serio, non capisco perché abbia sofferto tanto per colpa vostra.» dichiarai.
Una volta che quelle parole uscirono dalla mia bocca, mi sentii stranamente libera.
«È stato un inutile perdita di tempo venirvi dietro e sperando nella vostra approvazione.» scossi la testa ricordando quanto fossi stata stupida un tempo.
Sospirai esageratamente.
«Ma adesso è finita. Non ci sarà più nulla tra noi.» sorrisi e mi voltai, centrifugando i miei capelli in aria per l'uscita di scena. Adoravo in modo particolare quei fili rossi quella mattina. Sembravano obbedirmi per la prima volta.
Mi diressi verso l'entrata della scuola, alla ricerca della persona a cui avevo pensato per tutta la sera, notte e mattinata. Dovevo dirgli che Jason non era più un problema. Dovevo dirgli che lui mi aveva aiutata a sentirmi così leggera. Dovevo rispondere alla sua domanda.
Dovevo...
«Dove corri?» chiese Hebe bloccandomi la strada.
Anche quel giorno aveva degli abiti stranamente sobri rispetto al suo solito look e persino il trucco sembrava più leggero. In confronto, sembravo io quella dark.
«Non sapevo possedessi dei jeans chiari.» commentai sorridendole.
Hebe alzò gli occhi al cielo e allungò una mano aperta verso di me.
Inarcai un sopracciglio confusa.
«Le chiavi» mi ricordò alzando gli occhi al cielo.
«Ah! Scusa! Vero.» mi affrettai a restituirgliele.
«Il tuo buon umore mi dà sempre il voltastomaco.» commentò la ragazza afferrandole.
«Sii più gentile con la tua potenziale cognata.» le sorrisi a trentadue denti.
«Jude non ha una ragazza.» commentò lei sollevando le sopracciglia.
«Mi riferivo al tuo nuovo fratello.» le dissi facendole sgranare gli occhi.
Il mio ottimismo e la felicità sembravano spruzzare fuori da tutti i pori.
«Credo di non capire. Hanno litigato ma non penso si siano lasciati.» commentò Hebe.
«Ieri Lance mi ha chiesto se avrei lasciato Jason per lui e beh... È quello che ho fatto. Insomma, avrei voluto dirglielo ieri sera, ma con tutta quella storia della melma verde e con Xavier, il bagno e il suo petto nudo...» farneticai.
«Ehi, Stop, frena.» mi bloccò Hebe. «Di che stai parlando? Xavier? Melma verde?» chiese confusa.
Ma ormai non stavo più prestando attenzione a lei. Avevo visto Lance e mi affrettai a chiamarlo. Lui si voltò e ci scorse entrambe. Disse qualcosa al suo amico e ci raggiunse con il suo solito sorriso da bambino.
«Ehi, vi siete scambiate i ruoli?» fu la prima cosa che chiese notando i nostri vestiti.
Hebe alzò gli occhi al cielo.
«Sono stufa della gente che ha sempre da ridire su come mi vesto.» sbuffò la mia amica prima di dileguarsi.
Io e Lance rimanemmo soli al centro del corridoio sempre più affollato.
«Non ho fatto colazione.» commentai per scacciare l'imbarazzo.
«Oh, vuoi che ti offri qualcosa al bar? Facciamo ancora in tempo prima della campanella.» disse il ragazzo cogliendo la proposta.
Aveva capito al volo che volevo parlargli. O forse doveva farlo anche lui. Sta di fatto che ne avevamo entrambi un grande bisogno.
Quando raggiungemmo la destinazione e ordinammo qualcosa da portare via, mi decisi ad aprire bocca.
«Lance, ho pensato a ciò che hai detto ieri.» dissi imbarazzata.
«A proposito di questo, volevo dirti che...»
«No! Fammi finire.» lo interruppi afferrandogli la manica del polso e fermando la nostra camminata verso l'entrata della scuola.
Lo portai verso la panchina accanto al lampione spento, poiché le mie gambe avrebbero potuto cedere dall'emozione.
Non riuscivo seriamente a guardarlo negli occhi. Troppo nervosa.
«Ho lasciato Jason. Lui... Lui non era quello giusto per me. È da un po' che penso che... Cioè, è da un po' che mi piaci, ma veramente tanto. E non piacere normale, ma piacere in quel senso.» balbettai.
«Quindi, se la tua proposta di ieri è ancora valida...» Non sentendo arrivare alcuna risposta da parte sua, alzai lo sguardo per capire come avesse preso la notizia.
Le sopracciglia bionde di Lance erano sollevare e le labbra semi aperte dallo stupore. Ma poi l'espressione si fece grave.
«Io... Io e Iris abbiamo fatto pace.» disse.
La presa sul suo polso perse forza e la mia mano scivolò impotente sulle mie coscia.
«Oh» commentai abbattuta.
Tutta quell'euforia se n'era decisamente andata, sostituita da un'improvvisa depressione.
«Ehi.» Lance mi prese entrambe le mani e mi obbligò a guardarlo. Mi stava sorridendo.
Quel sorriso mi fece tremare il labbro inferiore e appannare la vista.
Stava provando compassione per me?
«Hai frainteso. Abbiamo fatto pace. Ma... Ho voluto rompere con lei. Ne abbiamo parlato e l'ha presa meglio di quanto pensassi. Rimarremo amici.» disse accarezzandosi la nuca.
«Oh.» sussurrai di nuovo senza fiato.
«Quindi?» chiese.
«Quindi cosa?» mormorai.
«Quindi presumo che ora posso baciarti senza sentirmi in colpa.» mi sorrise. Alzò il polso e mi fece notare che non vi era più alcun braccialetto con lettere appartenenti ad altri legami.
«Puoi baciarmi.» affermai.
E così fece. Il ragazzo si avvicinò e, afferrando il mio volto con una mano, iniziò a giocare con le mie labbra. La dolcezza e la lentezza di quel singolo gesto, mi fece palpitare il cuore a mille.
Infilò le mani tra i miei capelli, avvicinandomi poi a lui, con una certa urgenza.
Le mie braccia circondarono il suo collo, sentendo il bisogno di averlo ancora più vicino di così. Il freddo non lo sentivo più, trovando, piuttosto, i vestiti ingombranti.
«Prendetevi una camera!» commentò un ragazzino passando in bici e suonandoci il campanello.
Io e Lance ci staccammo guardandoci per diversi secondi. Poi entrambi scoppiammo a ridere.
«Comunque, oggi sei sexy.» mi sussurrò all'orecchio.
«Perché? Solitamente non lo sono?» replicai.
«No, ma oggi sei una strafiga in nero dal 1234» replicò facendomi assumere un'espressione confusa.
«Sai, Shadowhunters... Mai sentito?» commentò offrendomi una mano per farmi alzare.
Scossi la testa alla sua dichiarazione.
«Non so, parli di quel film con Lily Collins?» chiesi.
«Prima di tutto, è un film che deriva da un libro e io mi riferivo al libro. E tu oggi sei praticamente la cosplayer di Clary Fairchild. Ed è un complimento, perché nella mia testa è molto ma molto sexy.» disse intrecciando le dita alle mie.
«Fammi capire, mi stai dicendo che dovrò essere gelosa di un personaggio immaginario?» chiesi divertita.
Lui fece finta di pensarci.
«Può darsi.» disse prima di darmi un altro bacio.

Angolo Autrice

Capitolo breve? Già. Ma soddisfacente? Spero. Di solito nelle teen fiction o in qualsiasi altra storia d'amore il momento in cui il protagonista e la protagonista si accettano e decidono di mettersi assieme è qualcosa di commovente, strappalacrime, romantico all'ennesima potenza, surreale.
Insomma, qualcosa tipo dichiarazione sotto le stelle dopo essersi accampati nel deserto (riferimenti casuali) o confessione davanti a tutta la scuola o notte d'amore, sparatorie, incidenti, cene romantiche... Insomma, roba organizzata.
Però, questo libro dovrebbe rappresentare una faccia della realtà e credo sia molto vicino alla realtà qualcosa di semplice come questo che ciò che ho citato sopra. Detto ciò, per favore non ne rimaniate particolarmente delusi 😅.
Alla prossima.

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