Insicura (COMPLETA)

By WinterSBlack

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(Vincitrice Wattys2018 Categoria I Contemporanei) "Questa è la storia di una ragazza dal passato difficile c... More

1. La mia vita
2. Il nuovo compagno di scuola
3. Uscire con Jason Forster
4. La ragazza di Arn
5. Tempo
6. Hebe Daniels
7. Party
8. Sfuriata
9. Uscita tra amici
10. In casa
11. Casa sua
12. La Band
13. La scuola è un campo di battaglia
14. Amica?
15. Scivoloso
16. Nuove compagnie
17. Stomaco
18. Vacanza
19. Giochi
Angolo Autrice
20. Racconti notturni
21. La Casa Stregata
22. Anno nuovo
23. Recita
24. Sfuggire di mano
25. Hakuna Matata
26. Realizzazione
27. Confessioni
28. Avere un ragazzo
28. Dichiarazione
29. Operazione salvataggio cuori infranti
30. Iris Reagan
31. Alla ricerca di un bel regalo
32. San Valentino
34. Segreti svelati e situazioni risolte
35. Lasciare
36. Sul palco per gioco
37. Ansia da palcoscenico
38. Concerto di beneficenza
39. Problemi di comunicazione
40. Boccino d'oro
Special p. 1
Special p. 2
41. Troppo passato per vivere il presente
42. È andata peggio
43. La forza di parlare
44. Stop
Sorpresa

33. Errore

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By WinterSBlack

Giunsi a casa Daniels, ma rimasi in auto.
Avevo promesso a Hebe che sarei venuta, ma all'ultimo secondo avevo una gran voglia di ritirarmi.
Non sapevo nemmeno perché avessi passato due ore davanti all'armadio per capire cosa mettermi. Mi trovavo patetica da sola.
Il telefono continuava a vibrare nuovi messaggi che ignoravo, poche sapevo già a chi appartenessero. Hebe non mi dava tregua.
Prendendo un profondo respiro, scesi dall'auto con estrema lentezza e mi sistemai il vestito rosso che avevo addosso. L'aria fredda di Londra mi fece rabbrividire le parti coperte solo dai collant scuri e il viso arrossato.
Mi sistemai i capelli raccolti in una treccia appoggiata sulla spalla, sistemandomi i ciuffi ribelli dietro le orecchie.
Presi la borsa e chiusi l'auto.
Trascinandomi i piedi avvolti da stivali scuri, giunsi davanti al portone di casa Daniels e suonai.
Ogni secondo d'attesa rischiava di far esplodere il mio povero cuore.
La porta della casa si aprì presentando davanti a me la fotocopia di Lance in versione adulta. Solo che quell'uomo aveva i capelli scuri e non possedeva le orecchie a sventola.
«Salve.» squittii colta alla sprovvista.
L'uomo davanti a me indossava una polo a maniche lunghe, dei pantaloni color cachi e ai piedi si trascinava un paio di ciabatte da operaio blu. Era trasandato e sembrava parecchio stanco.
«Oh, ciao. Tu devi essere l'amica di Hebe. Prego, entra pure.» esclamò l'uomo cordialmente.
«Sono Gareth Chanders, il padre di Lance. Conosci Lancelot, giusto?» mi chiese.
No signore. È solo il ragazzo per la quale ho una cotta spaventosa.
«Sì, frequentiamo molte lezioni assieme.» dissi.
«Mi fa piacere.» commentò allontanandosi verso il soggiorno dove c'era la TV accesa.
Hebe uscì da camera sua e mi guardò male.
«Tutto il tempo al telefono e non mi rispondi ai messaggi. Pensavo mi avessi dato buca.» commentò la ragazza infastidita. Era sempre uno shock vederla senza trucco e in abiti normali.
«Guidavo.» mentii automaticamente.
Hebe alzò gli occhi al cielo e mi condusse in cucina.
La tavola era bandita di leccornie di ogni tipo e solo sentirne il profumo faceva venire l'acquolina in bocca. Sembrava un banchetto del Ringranziamento.
«Mamma! Ma quanto hai cucinato? Non finiremo mai di mangiare tutto!» esclamò Hebe.
«Parla per te, Obscurus. Io mangio per quattro, ma che dico! Per dieci!» esclamò Lance sbucando alle mie spalle. Alla sua vista un sorriso spuntò sulle mie labbra in automatico e il cuore fece una capriola.
«Confermo!» esclamò Iris aggrappandosi al suo braccio.
«Ciao, Zhur» mi sorrise il ragazzo.
«Ciao, Lance!» squittii.
Tossii cercando di riprendermi. C'era la sua ragazza a pochi metri di distanza!
«Smettetela di chiacchierare e venite a tavola.» disse la madre di Hebe sorridendoci amorevolmente.
«Tu devi essere Azura! È un piacere conoscerti! Oh, cielo! Pensavo veramente che Hebe non sarebbe mai riuscita a fare amicizia in quella scuola! Stavo iniziando veramente a preoccuparmi.» disse la donna afferrandomi le spalle come per accertarsi che fossi vera.
«Piacere mio, signora.» replicai imbarazzata.
«Non essere tanto cortese! Ci siamo già viste!» esclamò come se ciò ci rendesse grandi amiche.
Poi mi stampò un bacio sulla guancia.
«Mamma!» esclamò Hebe scandalizzata.
«Che c'è?» replicò la donna sulla difensiva.
Hebe scosse la testa e mi fece sedere prima che subissi un altro attacco da parte della madre, mentre Lance rideva divertito.

«Allora, dimmi Azura, che lavoro fanno i tuoi genitori?» chiese la signora Daniels mentre tagliava la carne.
«Ma saranno cazzi suoi!» esclamò Hebe.
«Hebe, il linguaggio.» commentò passivamente il padre di Lance.
«Grazie per la preoccupazione ma ce l'ho già un padre.» replicò acidamente la ragazza abbassando lo sguardo.
«Che non ti ha insegnato le buone maniere! Scusati immediatamente, signorina!» disse la madre assottigliando lo sguardo sulla figlia.
Guardai Hebe spaventata, pronta a vederla replicare per le rime, quando mi sorprese.
Hebe si morse un labbro e sussurrò:«Mi spiace, Gareth.»
L'uomo annuì, sistemandosi sulla sedia, prima di continuare a mangiare come se nulla fosse successo.
«Uh, comunque mia madre è un'impiegata della Stardust Company» dissi per smorzare il silenzio pesante che si stava formando.
«Oh, è l'azienda rivale della Bellson Enterprise, non è così?» esclamò Livia Daniels. «L'azienda appartenente alla famiglia del tuo amico Xavier, Hebe.» aggiunse.
«E quindi?» borbottò la mia amica.
«Emh, non ne ho idea. Non mi intendo molto di queste cose.» affermai prima che i genitori notassero l'impertinenza di Hebe.
«Mi hanno detto che potrebbe chiudere... Pensi che tua madre sia a rischio lavoro?» chiese il padre di Lance.
«Emh, io... Non saprei.» mormorai.
«Papà, la stai mettendo a disagio. Non potete parlare di qualcosa di più allegro invece che del lavoro? Che so, perché non parlare dei Giganti. Pensate che conquisteranno mai il mondo mangiando tutti gli esseri umani?» intervenne Lance mettendosi in bocca della pasta.
«Ma che farnetichi, Lance!» disse Iris dandogli una gomitata che gli fece andare di traverso il cibo. Mi affrettai a versargli dell'acqua che bevve con avidità.
«Comunque, tua padre che lavoro fa?» chiese Livia cercando di essere ottimista.
«Mio padre è capocuoco al Venus, nei pressi dell'London Eye.» replicai.
«Oh! Ci ho mangiato! Si mangia benissimo, vero caro?» chiese la donna appoggiando una mano sul braccio dell'uomo. «Ci dovremmo andare come ai vecchi tempi.» disse.
«Ci siete andati prima o dopo che papà scoprisse che lo tradivi?» commentò inopportunamente Hebe.
«Non cominciare di nuovo. Ne abbiamo già parlato, Hebe.» disse la donna di nuovo irrigidita.
La ragazza fece spallucce e non alzò mai lo sguardo dal pane che stava spezzettando.
Mi stavo sentendo in imbarazzo in mezzo a quella situazione.
«Anche io ci ho mangiato.» commentò Lance come se niente fosse.
«Ah, sì? Quando?» chiese Iris con un sorriso. Anche lei sembrava a disagio per la piega che stava prendendo quella cena.
«Azura mi ci ha portato.» replicò il ragazzo.
«Oh, già. È vero.» commentai sorridendogli.
«Ed eravate da soli quando ci siete andati?» chiese Iris abbassando lo sguardo sul piatto.
«Sì, e pensa che la cameriera ci ha scambiati per una coppia.» ridacchiò Lance.
In quel momento capii di essermi innamorata di un idiota di proporzioni epiche.
Lance lanciò un grido di dolore e guardò Iris incredulo, mentre lei continuava a masticare tranquillamente.
«Che succede, caro?» chiese Livia.
«Umh, niente.» borbottò il ragazzo.
Avrei scommesso tutti i miei risparmi che Iris gli aveva dato un calcio sotto il tavolo. E se lo meritava. Se al suo posto ci fossi stata io avrei fatto lo stesso. Anche se quell'uscita era stata completamente innocente di per sé.
«Signora Daniels, la cena è stata deliziosa. Le spiace se mi assento per il dolce?» formulò educatamente Iris.
«Certo, cara. Non ti senti bene?» chiese premurosamente la donna.
«No, no, no. Sto benissimo. Ho bisogno... Di un'attimo.» affermò forzando un sorriso.
«Ehi, qual è il problema?» sussurrò Lance fermandola per un polso.
La ragazza si liberò dalla presa con uno strattone e uscì dalla cucina senza voltarsi.
«Mangiate. La cena si raffredda.» affermò Hebe come se niente fosse.
«Scusatemi, io... Le vado dietro.» si alzò anche Lance sotto gli sguardi stupiti dei genitori.
Il resto della cena si concluse in silenzio e Hebe mi scortò in camera sua.
«Scusa. Non ti dovevo far venire.» disse Hebe sedendosi sul bordo del suo letto ben fatto.
«Non ti scusare.» la rassicurai.
«È sempre così... Forse sarebbe stato meglio per me se fosse stato l'avvocato di mio padre a vincere la mia custodia.» borbottò la ragazza.
«Lasciami andare!»
«È dove caspio vuoi andare a quest'ora?!»
«La coppietta felice sta litigando» commentò Hebe raddrizzandosi. Entrambe ci guardammo e ci avvicinammo al muro per origliare.
«Oh! Ma smettila di parlare come un nerd!» sentimmo esclamare la voce di Iris.
«Sai che ti dico? Io sono stufo! Stufo di assecondarti sempre!»
«Tu sei stufo? Io sono stufa!»
«Grandioso! Allora è per questo che ti surriscaldi per nulla!»
«Brutto imbecille! Ti metti pure a fare l'ironia?»
«Senti, io ci provo veramente a renderti felice. Mi puoi spiegare perché diamine sei sempre così scontenta?»
«Perché sono scontenta? Lance, io sono praticamente scappata di casa per te! E cosa scopro quando arrivo? Hai un rapporto più intimo con la tua sorella acquisita che con me! Esci con ragazze che hanno l'aspetto delle fate dei libri fantasy che tanto adori e sei così integrato nella tua nuova vita che mi fai sentire stupida! Sono una stupida a pensare che casa mia non sia più casa senza di te!»
Mi morsi le labbra all'udire quelle parole. Da esse erano trasparita l'immensa frustrazione che aveva provato quella ragazza. Una frustrazione che mi toccò.
A quel discorso era seguito un silenzio che non volevo ascoltare. Volevo che parlassero. Che continuassero a urlarsi contro.
Ad un certo punto sentii una porta sbattere.
Io e Hebe ci guardammo e ci precipitammo fuori in contemporanea giusto per vedere Iris che usciva di casa con dietro la sua valigia.
«Se n'è andata?» sussurrò stupita Hebe.
«Sembra di sì...» mormorai.
La figura di Lance uscì dalla sua stanza con calma, poi voltò lo sguardo verso di noi.
«Mi spiace ragazze, lo spettacolo è finito.» disse facendoci un inchino. Poi si richiuse la porta alle spalle anche lui.

Il lunedì mattina, vidi Lance per i corridoi, meno loquace del solito. Rispondeva a monosillabi ai suoi amici e perdeva spesso lo sguardo nel vuoto.
«Non possiamo far nulla per aiutarlo?» mormorai appoggiando la testa all'armadietto.
«Ad aiutare chi?» mi chiese Beth interrompendo il suo discorso che non stavo ascoltando.
«Lascia stare. Oggi vado in biblioteca per fare una ricerca. Vuoi venire anche tu?» le proposi.
«Che? Scherzi spero!» esclamò lei ridacchiando. Poi il sorriso sul suo volto scomparve immediatamente.
«Cazzo, c'è Daia.» sussurrò voltando il viso contro l'armadietto, come se ciò potesse nasconderla.
Daia mi passò affianco senza dire niente o fare segni di avermi notata e proseguì per la sua strada.
Aveva un'espressione stranamente soddisfatta e orgogliosa.
«Hai ancora paura di lei?» chiesi.
«Paura? Non è paura... Solo che non voglio vederla.» squittì Beth.
«Okay, come vuoi. Io vado in biblioteca. Se Jason mi cerca sai che dire.» affermai salutandola con i nostri antichi bacetti sulle guance.

Immersa nella lettura di vecchi giornali per la ricerca di storia, mi accorsi solo in un secondo momento che in biblioteca c'era anche Lance.
Mi avvicinai a lui con un sorriso e mi sedetti sulla sedia accanto, in attesa che si accorgesse di me.
«Caspita, Lancelot Chanders che studia? È una novità.» commentai.
Il ragazzo alzò lo sguardo su di me.
«Mi annoiavo e volevo provare la sofferenza di voi mortali.» disse.
«Uh, se siamo mortali, tu cosa sei?» chiesi divertita.
«Io? Un semidio.» sussurrò con fare cospiratore.
«Sarebbe divertente vedere cos'ha questo semidio più di una comune mortale come me.» replicai con il suo stesso tono.
Lance mi guardava negli occhi, ammutolito, ma io non distolsi lo sguardo e accettai la sfida.
Mi morsi il labbro inferiore quando il mio sguardo si spostò sulle sue labbra e il mondo spariva oltre loro. Poi tornarono ai suoi occhi che non fissavano più i miei.
Come se ci fossimo accordati, ci ritrovammo con le labbra incollate, i respiri veloci ed affannosi, le mani curiose di entrambi, la passione che ci travolgeva proprio come ho sempre immaginato.
Fu un battito di ciglia e dal nulla scoppiò una bomba.
Un'armonia forte e deliziosa che completava entrambi.
La sensazione delle sue labbra, della sua lingua, del suo sapore, delle sue mani, mi inebriava e mi faceva perdere il filo dei pensieri.
Sentivo solo lui. Tutto di lui.
Lance mi prese in braccio e poi mi ritrovai distesa sui tavoli, le gambe che circondavano la sua vita e le dita affondate nei suoi capelli.
Ero assurdamente felice che quel lunedì la biblioteca non presentasse orecchie indiscrete e che ci fossero due librerie a dividerci da occhi sconosciuti.
Mentre lui mi baciava il collo con voracità, il mio sguardo cadde sulla sua mano che si infilava sotto la gonna, più precisamente sul riflesso che provocò il suo braccialetto. Era una cordicella rossa intrecciata con sopra tre lettere in metallo "L&I". Lance e Iris. La sua ragazza.
Che stai facendo Azura! È fidanzato!
«Lance» mormorai «Lance! Fermo» Lui si bloccò confuso.
«Che c'è?» chiese con gli occhi che scintillavano di eccitazione.
«Lance non possiamo» affermai con il respiro affannoso, mordicchiandomi il labbro inferiore per impedirmi di saltargli nuovamente addosso.
«Io... Ho fatto qualcosa che non va?» chiese con espressione abbattuta. Era così dolce...
«Insomma, a parte assalirti in un luogo pubblico...» commentò facendomi sorridere.
Alcuni ricci gli ricadevano morbidamente sulla fronte e strinsi i denti per non sistemarglieli.
Mi ripresi.
Con le mani ancora sulle sue braccia dissi:«Non... Non c'è nulla di sbagliato in questo. Solo che... È tutto sbagliato, capisci?»
«Okay...» disse inarcando un sopracciglio. Poi mi guardò e sorrise.
«Mentirei se ti dicessi che ho capito.» le sue mani mi accarezzarono i fianchi e lui tornò a starmi troppo vicino.
Notai che il suo astuccio e i suoi libri erano finiti per terra.
«Lance... Tu hai Iris.» Le parole che uscirono dalle mie labbra impiegarono tutta la mia forza di volontà e sortirono l'effetto desiderato. Lance si allontanò da me.
«Senti, lo so che ieri avete avuto questa discussione... Ma io non voglio essere il suo ripiego. So che tieni a lei e non credo tu voglia abbandonare una relazione durata quattro anni della tua vita.» dissi richiudendo le gambe ora che si era allontanato. Mi sistemai la gonna e scesi dal tavolo.
Azzardai uno sguardo verso Lance, confuso.
«Scusa.» sussurrò.
Quell'unica parola mi spezzò il cuore e mi fece venire una gran voglia di piangere.
«Io... Non so che mi sia saltato in mente. Inoltre tu stai con Forster e... Scusami.» balbettò Lance indietreggiando fino ad appoggiare la schiena contro la libreria.
Lance si colpì la guancia con una mano. Poi prese a raccogliere la sua roba e infilarla nello zaino.
«Credo che sia meglio che vada...»
«Aspetta, Lance.» lo fermai.
Il ragazzo si voltò verso di me.
«C'è una cosa che ti volevo dire...» sospirai.
«Tu mi piaci.» gli dissi.
Pochi secondi dopo lui rispose:«Okay.»
Dopo che se ne andò, mi sedetti sulla sedia e scoppiai a piangere.

Rimasi seduta su quella sedia per non so quanto tempo. Le lacrime erano terminate e la bibliotecaria aveva annunciato all'altoparlante la chiusura della biblioteca.
Realizzai di non aver studiato niente. Se non la mia situazione.
Controllai il telefono con l'intenzione di guardare l'ora, ma tra un viaggio su Facebook e uno su Instagram mi scordai dell'obiettivo principale.
Sospirai e misi a posto lo zaino, pronta ad uscire dall'edificio.
«Aaaazuuuuuuuraaaaaaa!» sentii chiamarmi.
Beth sbucò al mio fianco e mi sorrise a trentadue denti.
«Mi hai aspettata per tutto questo tempo?» chiesi portandomi una mano sulla faccia per nascondere i segni del pianto.
«Cosa? No! Ho fatto un giro al centro commerciale. Poi ho pensato che potessi essere ancora qui. Sei proprio una secchiona, sai?» esclamò Beth prendendomi a braccetto.
Poi finalmente sembrò accorgersi che c'era qualcosa che non andava in me.
«Che ti succede, Azura?» chiese piegando leggermente la testa. Non mi ero mai accorta che i suoi occhi fossero così grandi. Sembrava un cucciolo di Labrador.
«Io...»
«Andiamo a bere qualcosa?» chiese regalandomi un grande sorriso che mi stupì. Sembrava veramente sincero.

Davanti ad una tazza di tè le parole mi uscirono come un fiume in piena e confessai tutto a Bethany Vanderbilt che rimase scioccata dalla mia rivelazione.
«Aspetta.» mi disse.
«Mi stai dicendo che sei innamorata di Lance Chanders, ma che stai facendo la cretina con Jason Forster perché la tua prima scelta è fidanzata?» riassunse.
«Io... Non sto facendo la cretina con Jason.» protestai.
«Non puoi negare che stai con lui solo perché sei in attesa che Lance si lasci con la sua tipa.» mi fece notare.
«Io... Forse frequento Jason perché voglio dimenticare Lance!» sbuffai.
«Guarda, non so cosa sia peggio per il povero Forster. Comunque trovo incredibile che ci tenga veramente a te.» disse ridendo.
«Che vorresti dire? Che non sono all'altezza?» esclamai offesa.
«No! Solo che... Non mi sembrava il tipo da mettersi la testa a posto.» commentò la ragazza facendo ruotare il cucchiaino nei residui della bevanda.
Il suo sguardo si perse per qualche attimo, finché non tornò a guardarmi.
«Sicura che vada bene?» mi chiese Beth.
«Che vada bene cosa?» chiesi.
«Cioè, anche se lasciasse la sua ragazza. Tu e lui...»
«Io e lui cosa?» chiesi preoccupata.
«Andiamo Azura... Tu sei... Diciamo che hai una serie di ragazzi che ti conoscono intimamente molto più di lui, come d'altronde anche io. Siamo ragazze con una certa esperienza per via della reputazione che si siamo fatte... Ma lui... Chanders è il bravo ragazzo.» mi fece presente.
«È il simpaticone fedele alla ragazza di un'altra città finché non viene tradito. Lui è bravo, gentile, dolce... E tu...»
«In altre parole... Non lo merito.» realizzai. Beth aveva ragione... Forse io non ero alla sua altezza.
«No, cioè... Solo che non è il tuo genere a mio parere.» continuò alzando le mani.
«Non faresti meglio ad accettare ciò che ti offre Jason? Dopotutto siete... Umh, fatti della stessa pasta.» disse.
Non sapevo se ciò che mi disse mi fece sentire meglio o peggio. Sapevo solo che in quel momento mi sentii una foglia sbattuta nella tempesta. E non era necessariamente negativo.
«In biblioteca abbiamo limonato.» me ne uscii ad un tratto, facendo cadere il cucchiaino dalla mano di Beth.
«Sai, forse hai ragione. Io sono come te, come Jason, come Daia. Non sono una brava ragazza e forse non dovrei comportarmi da tale.» riflettei.
«Cosa? Che stai dicendo?»
«Sto solo dicendo che se voglio Lance, forse, dovrei solo prendermelo. Sono abbastanza certa che sia attratto da me dopo quello che è successo in biblioteca.» spiegai appoggiando il mento sopra il palmo della mano.
«Intendi che te ne fregherai del fatto che abbia una ragazza?» chiese Beth.
«Vedila così. Tra sensi di colpa e cuore spezzato, scelgo i sensi di colpa che fanno meno male.» affermai.
«Però ti distruggono di più, non è così?» sussurrò la ragazza con un sospiro.
«Perché mi dovrebbe interessare?» chiesi sorridendo. Anche se una grande parte di me, dietro quel falso sorrisetto arrogante, non credeva a nulla di quello che uscivano dalle labbra. Dietro quella vecchia veste che vide Beth quel giorno, c'era qualcuno in disaccordo che lei non conosceva affatto. C'ero io.

Angolo Autrice

Sono davvero dispiaciuta per questo ritardo. Però spero che ne sia valsa l'attesa (?)
Mmm un piccolo regalo-schizzo.

Baci (hahaha) 😘

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