PARTE MIA
La solita, monotona routine tutte le mattine: mi alzo dal letto, dirigendomi in bagno. Una doccia veloce e mi preparo per andare a scuola, senza fare colazione.
M: Tesoro? – Mi blocco di scatto, prima di uscire di casa, girandomi verso la voce di mia madre. La vedo scendere le scale, indossando una vestaglia di seta color albicocca.
Io: Si? – Si avvicina a me.
M: Mi chiedevo… hai programmi per questa sera?
Io: Ehm… no, credo di no.
M: Perfetto! Che ne dici se andiamo a cena fuori io, te e il mio compagno, Paul? – “Nononono!” È quello che vorrei rispondergli ma so già come la prenderà. Sospiro.
Io: Certo mamma, mi farebbe molto piacere. – Fingo un sorriso.
M: Davvero? – “Col cavolo!”
Io: Si.
M: Grazie tesoro. – Dice abbracciandomi. Sorrido sulla sua spalla.
Io: Devo andare.
M: Oh si. – Dice staccandosi da quell’abbraccio – Buona giornata.
Io: Grazie, anche a te. – Mi sorride dolcemente e non posso fare a meno di ricambiare il sorriso. Esco di casa, incamminandomi verso scuola. Non lo so, forse non è una buona idea quella di mia madre. Non mi sento ancora pronta per conoscere questo “Paul.” Il fatto è che non mi sono ancora abituata alla morte di mio padre e non riesco a capacitarmi di vedere un altro uomo, che non sia mio padre, al fianco di mia madre. Sospiro, infilando le mani all’interno del cappotto.
TRE ORE DOPO
Il suono della campanella pone fine alla lezione di psicologia.
Josh: E così, sta sera, conoscerai questo famoso “Paul.” – Dice sottolineando il nome con un cenno delle dita.
Io: Non ricordarmelo, ti prego.
Taylor: Non credo che sia così tragica la cosa.
Io: Certo, per te è facile parlare. Ma prova a metterti nei miei panni. Non so come devo comportarmi, non so cosa devo dire, non so come trattarlo. – Sospiro appoggiandomi, con la schiena, contro un termosifone.
Josh: Andrà bene, vedrai. – Dice sorridendomi. Ricambio il sorriso, tuffandomi tra le sue braccia. Cosa farei senza di lui? Mi bacia il capo, accarezzandomi la schiena.
Io: Ho sentito dire, da mia madre, che è un ottimo chef, l’unica cosa positiva. – Li sento ridere. Di nuovo il suono della campanella riecheggia nell’aria, ponendo fine alla nostra conversazione. Sospiriamo insieme, dirigendoci verso l’aula di algebra.
LA SERA
ORE 19.00
Finisco di indossare un paio di ballerine bianche, abbinate al vestito che ho indossato. Mi guardo un ultima volta allo specchio, sospirando. Prego, mentalmente, Dio che la serata possa andare bene mentre mi dirigo al piano inferiore. Ad attendermi c’è mia madre, splendida come sempre ed un uomo sulla quarantina di anni, presumo. Paul. Un uomo alto, dalla corporatura robusta e dai capelli brizzolati mi sorrideva accanto alla porta. Ricambiai il sorriso, un po’ incerta. Ok, potevo farcela… no?
M: Tesoro, lui è Paul. Paul, lei è mia…
Paul: Tua figlia Amber, lo so. – Dice interrompendola, sorridendomi – Tua madre non mente mai, e devo dire, che è stata sincera anche quando mi ha parlato di te. Sei, davvero, incantevole. – Sorrido imbarazzata mentre lui mi bacia entrambe le guance.
Io: Grazie. – Fu l’unica cosa che riuscì a pronunciare in quel momento.
M: Vogliamo andare? – Annuisco.
MEZZ’ORA DOPO
Siamo da poco arrivati in questo… ristorante? Non credo si potrebbe chiamare così, data l’eccessiva eleganza. Improvvisamente mi sentì poco adatta a quel posto.
M: Tutto bene, tesoro? – Dice mia madre interrompendo i miei pensieri. Annuisco portando alla bocca una forchettata di spaghetti al sugo. Il viaggio in macchina era stato parecchio silenzioso come, d'altronde, anche questa cena.
Paul: Tua madre mi ha parlato molto di te, sai? – Dice interrompendo il silenzio che si era creato.
Io: Ah si? – Dico guardandola. Sorride.
Paul: Per dir la verità, non smette un attimo di parlare di te. – Sorrido.
Io: è fatta così. – La sento ridere – Posso, farle una domanda? – Dico rivolgendomi a Paul.
Paul: Dammi del tu, ti prego. – Annuisco.
Io: Voglio subito avvertirl… volevo dire, avvertirti. – Mia madre smette di mangiare, guardandomi – Non voglio vedere mai più mia madre soffrire, lo ha già fatto abbastanza in passato. Quindi, sa cosa deve fare, mi sbaglio forse?
M: Amber… - Dice cercando di rimproverarmi.
Paul: Lasciala finire, Libby. – Dice interrompendola.
Io: è, davvero, l’ultima persona in grado di farla soffrire e non voglio mai, mai vedere una cosa simile, chiaro? – Sorride.
Paul: Hai un bel carattere, te l’hanno mai detto?
Io: Un miliardo di volte.
Paul: Bene. – Si schiarisce la voce tornando a guardarmi – Non ho intenzione di far soffrire tua madre, non potrei mai farlo. – La vedo sorridere, abbassando il capo – Sei una ragazza meravigliosa. Ti prometto, ora e per sempre, che non vedrai mai scendere una lacrima dal viso di tua madre, non la vedrai mai triste. Saprò renderla felice, te lo assicuro. – Bene, spiazzata nel bel mezzo di una cena da uno che nemmeno conosco. Che cavolo pensavo di ottenere uscendomene in quel modo? Si vede lontano un miglio che ama mia madre, ma sono troppo orgogliosa da ammetterlo – Amber? – Oh no, ci risiamo. Alzo lo sguardo verso di lui – So che le tue non erano cattive intenzioni ma quando io mantengo una promessa, la porto sempre a termine. – I suoi occhi, verdi come lo smeraldo di scontravano contro i mie, azzurri come il cielo. Abbasso il capo, tornando a mangiare. Non voglio più parlare di questo argomento. Che la faccia felice, io sono apposto così.
ORE 22.30
La cena è proseguita per il meglio, se è questo l’aggettivo che si può adattare. In questo momento mi trovo in camera mia, mentre mia madre è al piano di sotto con Paul, passerà la notte qui. E questa cosa non mi piace affatto. Forse esagero, forse sono troppo dura con lui, forse non dovrei comportarmi così ma non ce la faccio proprio. Una cosa è certa, può amare quanto vuole mia madre ma le cose per me non cambieranno, non riuscirà mai a prendere il posto di mio padre. Vedo il display del mio cellulare lampeggiare. Lo afferro e noto che è un messaggio da Taylor.
“Da: Taylor
Com’è andata la cena?”
Invio un semplice messaggio con scritto “Domani ti racconto” e mi corico sotto le coperte, fissando il cielo stellato fuori dalla finestra.
Io: Quanto mi manchi, papà. – Una lacrima solca il mio viso pallido cadendo, infine, immobile, sul cuscino. Chiudo gli occhi, respirando a fatica a causa delle tantissime lacrime che solcano il mio volto. Un senso di vuoto si impossessa di me, del mio corpo e della mia anima. Mi ritrovo a piangere, forte, con la faccia schiacciata contro il cuscino. Trattengo un urlo di dolore, cercando di calmarmi. Perché? Perché sto pensando a quel bastardo? Perché non riesco a togliermelo dalla testa? Perché voglio averlo qui, accanto a me? Perché? Dannato Bieber, doveva proprio entrare nella mia vita? Questa volta urlo contro la stoffa del mio cuscino, prendendo a pugni il materasso. Sto impazzendo. Sto piangendo, per la prima volta… per lui? Mi volto di scatto, guardando il soffitto bianco sopra di me. Fanculo, fanculo e ancora fanculo! Lo odio, lo odio da morire! Eppure una parte di me… una parte di me, ha bisogno di lui. Scaccio via, dalla testa, quel pensiero assurdo. Mi ricopro con le coperte, prendendo sonno.
LA MATTINA DOPO
Finisco di fare colazione. Mia madre, probabilmente, ancora dorme. Il mio sguardo si posa sul divano, vedo Paul leggere un giornale. Dovrei salutarlo? O non dovrei affatto? Opto per la seconda scelta. Raccolgo la mia borsa da terra e mi avvicino alla porta di casa, pronta per affrontare un altro, pesante, giorno di scuola.
Paul: Non sapevo che stessi già in piedi. – Merda! Mi blocco, voltandomi verso di lui.
Io: Ho scuola oggi. – Dico seria. Annuisce.
Paul: Serve un passaggio?
Io: Oh no, grazie. Non dista molto la scuola.
Paul: Davvero, insisto. – Lo guardo negli occhi. Ma che palle!
Io: D’accordo. – Dico sorridendo appena.
Paul: Bene. – Sorride a suo volta afferrando le chiavi della macchina. Usciamo di casa, salendo sulla sua Audi nera. Inutile dire che il silenzio che ci circondava era imbarazzante. Incrocio le braccia, picchiettando le unghie contro i gomiti – Sei sempre così silenziosa?
Io: Capita, ma non con tutti.
Paul: Solo con me? – Cosa dovrei rispondere? “Si, caro, solo con te. Problemi?”
Io: Nha… Siamo arrivati. – Ferma la macchina.
Paul: Buona giornata, Amber.
Io: Grazie, Paul. – Scendo dall’Audi, incamminandomi verso l’entrata della scuola. Taylor e Josh mi attendono davanti all’entrata guardandomi con un sopracciglio alzato.
Josh: Il nonnetto ci ha già preso la mano, eh?
Io: Vi prego, lasciamo stare. – Dico trascinandoli verso l’aula di informatica.