Cinquanta sfumature di Christ...

By jessy24love

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Facendo acquisti da Clayton

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By jessy24love

Facendo acquisti da Clayton

Sto leggendo il curriculum per la centesima volta da quando l’ho ricevuto due giorni fa, cercando di scoprire qualcosa di più dell’enigmatica Anastasia Rose Steele.

Dannazione, non riesco a togliermela dalla testa, e sto seriamente iniziando a incazzarmi. Durante la settimana appena trascorsa, nel corso di qualche riunione particolarmente noiosa, mi sono sorpreso a rivivere l’intervista nella mente. Le sue dita che armeggiano con il registratore, il modo in cui si sistemava i capelli dietro l’orecchio, l’abitudine di mordersi il labbro.

“Sì.” Quella dannata abitudine mi dà ai nervi ogni volta.

E ora, eccomi qui, in macchina fuori da Clayton, il modesto negozio di ferramenta alla periferia di Portland in cui lei lavora.

“Sei un cretino, Grey. Perché sei venuto qui?”

Sapevo che sarei arrivato a questo. Durante tutta la settimana… sapevo che avrei dovuto rivederla. Lo sapevo da quando ha pronunciato il mio nome sull’ascensore ed è scomparsa nelle profondità dell’edificio in cui ha sede la mia società. Ho provato a resistere. Ho provato ad aspettare cinque giorni, cinque fottuti giorni, per vedere se l’avrei dimenticata. “Non sono abituato ad aspettare. Odio aspettare… in qualunque cosa.”

Non ho mai inseguito una donna prima d’ora. Le donne che ho avuto sapevano perfettamente che cosa volevo da loro. Adesso temo che Miss Steele sia semplicemente troppo giovane e che non sarà interessata a ciò che posso offrirle… no? Diventerà mai una buona Sottomessa? Scuoto la testa. C’è un solo modo per scoprirlo… quindi eccomi qui, come un coglione, in un parcheggio di periferia nella zona più desolata di Portland.

Dalle indagini che ho fatto fare su di lei non è emerso nulla di significativo, tranne l’ultima informazione, che è balzata in cima ai miei pensieri. È per questo che sono qui.

“Perché non sei fidanzata, Miss Steele?” Orientamento sessuale sconosciuto. Forse è lesbica. Sbuffo, pensando che sia improbabile. Mi ricordo la domanda sull’omosessualità che mi ha rivolto durante l’intervista, il suo profondo imbarazzo, e il modo in cui è arrossita, con la pelle che le diventava di un color rosa pallido… Sono ossessionato da questi pensieri ridicoli da quando l’ho incontrata.

“Ecco perché sei qui.”

Non vedo l’ora di rivederla: i suoi occhi azzurri mi perseguitano, persino nei sogni.

Non ho parlato di lei a Flynn e sono contento di non averlo fatto perché ora mi sto comportando come uno stalker. “Forse dovrei parlargliene.” Alzo gli occhi al cielo: non voglio che lui mi perseguiti con l’ennesima cazzata “orientata alla soluzione”. Voglio solo distrarmi… e, ora come ora, l’unica distrazione che vorrei è lavorare come commesso in un negozio di ferramenta.

“Sei arrivato fin qui. Vediamo se Miss Steele è affascinante come te la ricordi. Inizia lo spettacolo, Grey.”

Scendo dalla macchina e attraverso il parcheggio, diretto all’ingresso. Un campanello emette una nota elettronica monocorde quando entro. Il negozio è molto più grande di quanto sembra da fuori e anche se è quasi l’ora di pranzo è tranquillo, per essere sabato. Ci sono corsie su corsie della solita roba che ci si aspetta di trovare in un posto del genere.

Ho dimenticato le possibilità che un negozio di ferramenta può offrire a uno come me. Compro quasi sempre online, ma, già che sono qui, forse posso fare scorta di alcune cose. Velcro, anelli portachiavi… sì! Troverò quella deliziosa Miss Steele e mi divertirò un po’.

Ci vogliono tre secondi per individuarla. È seduta dietro la cassa, osserva lo schermo del computer e sta mangiando qualcosa: un bagel. Soprappensiero, si toglie con le dita una briciola dall’angolo delle labbra, se la mette in bocca e si succhia il dito. Il mio uccello ha un fremito.

“Merda! Non sono mica un ragazzino, no?” È dannatamente irritante.

Forse questa reazione da adolescente smetterà se la lego, la scopo e la frusto… e non necessariamente in quest’ordine. Sì. Devo proprio fare così. È totalmente assorbita nel suo lavoro e così ho l’opportunità di studiarla bene.

Pensieri lascivi a parte, è attraente, molto attraente. Me la ricordavo bene.

Alza lo guardo e si blocca, inchiodandomi con quei suoi occhi intelligenti e acuti, di quel meraviglioso azzurro che sembra scavarmi dentro. È sconcertante come la prima volta che l’ho incontrata. Rimane a fissarmi, piuttosto sbalordita, e non so se la reazione sia buona o cattiva.

«Miss Steele. Che piacevole sorpresa.»

«Mr Grey» mormora, ansimante e confusa. “Ah… la reazione è buona.”

«Passavo di qua. Ho bisogno di fare qualche acquisto. È un piacere rivederla, Miss Steele.» “Un vero piacere.” Indossa una T-shirt attillata e i jeans, non quegli abiti informi che aveva la prima volta. Ha le gambe lunghe, la vita sottile, e due tette perfette.

Continua a fissarmi a bocca aperta e devo combattere contro il pressante desiderio di avvicinarmi e metterle un dito sotto al mento per farle chiudere la bocca. “Sono venuto in elicottero da Seattle solo per vederti e, per il modo in cui mi stai guardando, direi che ne è valsa la pena.”

«Ana. Mi chiamo Ana. Come posso aiutarla, Mr Grey?» Fa un respiro profondo, raddrizza le spalle come ha fatto durante l’intervista e mi rivolge un sorriso di cortesia, di quelli che, ne sono certo, riserva ai clienti.

“Inizia il gioco, Miss Steele.”

«Mi servono un paio di cose. Tanto per cominciare, vorrei delle fascette stringicavo.»

Lei schiude le labbra e inspira bruscamente.

“Ti stupiresti vedendo quello che sono in grado di fare con qualche fascetta, Miss Steele.”

«Ne abbiamo di diverse lunghezze. Vuole che gliele faccia vedere?»

«Grazie, Miss Steele, la seguo.»

Esce da dietro il bancone e indica con la mano una delle corsie. Indossa scarpe da ginnastica Converse. Mi chiedo oziosamente come starebbe con un paio di scarpe con i tacchi vertiginosi. Louboutin, ovviamente.

«Si trovano nel reparto materiale elettrico, scaffale otto» dice, esitante, mentre arrossisce di nuovo.

“Le faccio effetto.” E nel cuore nasce un po’ di speranza. “Non è lesbica, allora” penso con un sorrisetto malizioso.

«Dopo di lei» mormoro, e con la mano le indico di farmi strada. Facendola camminare davanti, ho il tempo e lo spazio per ammirare il suo culo fantastico. Ha davvero tutto: è dolce, educata e attraente, con tutte le caratteristiche fisiche che apprezzo in una Sottomessa. Ma la domanda da un milione di dollari è: può diventare una Sottomessa?

Probabilmente non sa nulla di questo stile di vita, del mio stile di vita, ma non vedo l’ora di farglielo conoscere. “Stai correndo decisamente troppo, Grey.”

«È a Portland per affari?» chiede, interrompendo i miei pensieri. Parla a voce alta e sta cercando di mostrarsi noncurante. Mi fa venir voglia di sorridere, il che è tonificante. Raramente le donne mi fanno sorridere.

«Ero in visita al dipartimento di agraria della Washington State University. Ha sede a Vancouver» mento. “In realtà sono qui per vederti, Miss Steele.”

Arrossisce e mi sento una merda.

«Sto finanziando alcune ricerche sulla rotazione delle colture e sulla micromorfologia del suolo.» Questo, almeno, è vero.

«Fa tutto parte del suo piano per sfamare il mondo?» Le sue labbra si piegano in un mezzo sorriso.

«Qualcosa del genere» mormoro. “Sta ridendo di me?” Se è così, mi piacerebbe tanto farla smettere. Ma come cominciare?

Forse con una cena, invece che con il solito colloquio… Sarebbe davvero una novità portare una candidata Sottomessa fuori a cena.

Arriviamo allo scaffale delle fascette, disposte per lunghezza e per colore. Soprappensiero, faccio scorrere le dita sulle varie confezioni. “Potrei semplicemente chiederle se viene a cena con me.” Come se fosse un appuntamento? Ci verrebbe? La sbircio, e vedo che si sta fissando le dita intrecciate. Non riesce a guardarmi negli occhi… “Promette bene.” Scelgo le fascette più lunghe. Dopotutto sono le più flessibili: possono contenere due caviglie e due polsi in un colpo solo.

«Queste dovrebbero andare» mormoro, e lei arrossisce.

«Le serve altro?» chiede prontamente: o è molto professionale o vuole farmi uscire in fretta dal negozio. Non saprei.

«Vorrei del nastro adesivo di carta.»

«Deve imbiancare?»

Mi viene da sbuffare, ma mi contengo.

«No, niente del genere.» Non prendo in mano un pennello da un sacco di tempo. Al pensiero mi viene da sorridere; ho a chi delegare tutti questi lavoretti.

«Da questa parte» mormora, e pare imbarazzata. «Il nastro adesivo di carta è nel reparto vernici.»

“Dài, Grey. Non hai molto tempo. Falla parlare un po’.”

«È da molto che lavora qui?»

Ovviamente conosco già la risposta. A differenza di altri, faccio tutte le ricerche del caso. Lei arrossisce di nuovo: accidenti, com’è timida! “Non ho la benché minima speranza.” Si gira velocemente e percorre la corsia verso il reparto con il cartello vernici. La seguo con impazienza. “Che cosa sono diventato? Un fottuto cagnolino?”

«Quattro anni» mormora, mentre arriviamo al nastro adesivo. Si china e ne prende due rotoli, di formato diverso.

«Va bene questo» dico. Il nastro più grande è molto più efficace per tappare la bocca. Mentre me lo passa, le punte delle nostre dita si toccano per un attimo. L’eco di quel contatto mi si riverbera nell’inguine.

Impallidisce. «Qualcos’altro?» mi chiede con voce roca e affannosa.

Cazzo, le faccio lo stesso effetto che lei fa a me. “Forse…”

«Un po’ di corda, direi.»

«Di qua.» Percorre la corsia a passo veloce, dandomi un’altra possibilità di apprezzare il suo bel culo.

«Che tipo di corda le serve? Abbiamo quella sintetica e quella in fibre naturali… lo spago… il fil di ferro…»

“Merda…piantala!”

Gemo silenziosamente, cercando di scacciare l’immagine di Ana sospesa al soffitto della mia stanza dei giochi.

«Prendo cinque metri di quella in fibra naturale.» È più ruvida e fa più attrito sulla pelle quando una cerca di liberarsi… è il tipo di corda che preferisco.

Le tremano leggermente le mani, ma riesce a misurarne cinque metri con molta professionalità. Tira fuori un coltellino dalla tasca posteriore dei jeans, taglia la corda con un gesto rapido, la arrotola con precisione e la lega con un nodo scorsoio. “Notevole.”

«Era negli scout?»

«Le attività di gruppo organizzate non sono la mia passione, Mr Grey.»

«Qual è la sua passione, Anastasia?» La guardo negli occhi e, mentre la fisso, le si restringono le pupille. “Sì!”

«I libri» sussurra.

«Che genere di libri?»

«Oh, le solite cose. I classici. Soprattutto letteratura inglese.»

“Classici inglesi? Brontë e Austen, scommetto. Tutte quelle romanticherie sdolcinate.” Cazzo, così non va.

«Le serve altro?»

«Non so. Cosa mi consiglia?» Voglio vedere come reagisce.

«Per il bricolage?» mi chiede sorpresa.

Mi viene da ridere. “Tesoro, il bricolage non è la mia passione.” Annuisco, soffocando l’ilarità. I suoi occhi guizzano sul mio corpo, e mi irrigidisco.

Mi sta osservando attentamente!

«Tute da lavoro» spara.

È la cosa più inattesa che sia sfuggita da quella bocca dolce e intelligente, da quando mi ha chiesto se sono omosessuale.

«Non vorrà rovinarsi i vestiti» e indica i jeans, di nuovo imbarazzata.

Non ce la faccio a trattenermi. «Posso sempre togliermeli.»

«Ah.» Diventa rossa come un peperone e fissa il pavimento.

«Prenderò qualche tuta. Dio non voglia che rovini i miei vestiti» mormoro, per toglierla dall’imbarazzo. Senza dire una parola, si gira e percorre a grandi passi la corsia, e ancora una volta seguo la sua scia eccitante.

«A posto così?» dice, senza fiato, passandomi un paio di tute blu. È mortificata, tiene gli occhi ancora piantati a terra, e le guance sono sempre rosse. Cristo, che effetto mi fa!

«Come sta venendo l’articolo?» le chiedo, sperando che si rilassi un po’.

Alza lo sguardo, e mi fa un breve sorriso sollevato. “Era ora!”

«Non lo sto scrivendo io, ma Katherine. Miss Kavanagh. La mia coinquilina, è lei la giornalista. È soddisfatta di come sta venendo. È il direttore del giornale, ed era molto avvilita di non averla potuta intervistare personalmente.»

È la frase più lunga che ha pronunciato da quando ci conosciamo, e sta parlando di qualcun altro, non di se stessa.

“Interessante.”

Prima che io possa intervenire, aggiunge:

«Le dispiace solo di non avere sue foto».

La tenace Miss Kavanagh vuole le fotografie. Le solite foto posate a scopo pubblicitario, eh? Gliele posso concedere. Mi permetteranno di trascorrere un po’ di tempo in più con la deliziosa Miss Steele.

«Che genere di foto vorrebbe?»

Mi guarda per un attimo, poi scuote la testa.

«Be’, io sono in zona. Domani, magari…»

Posso rimanere a Portland. Lavorare dall’albergo, magari da una camera all’Heathman. Dovrò farmi raggiungere da Taylor, per farmi portare il computer e qualcosa da mettermi. Oppure da Elliot, a meno che non sia in giro a cazzeggiare, che è il suo passatempo abituale nei fine settimana.

«Sarebbe disponibile a posare per un servizio fotografico?» Non riesce a nascondere la sorpresa.

Annuisco brevemente. “Saresti stupita da quello che potrei fare per trascorrere più tempo con te, Miss Steele. In realtà, sono stupito anch’io.”

«Kate ne sarebbe entusiasta… sempre che riusciamo a trovare un fotografo.» Sorride e il suo volto si illumina come un’alba estiva.

Mi lascia senza fiato.

«Mi faccia sapere per domani.» Tiro fuori il portafoglio.

«Ecco il mio biglietto da visita. C’è anche il mio numero di cellulare. Mi chiami prima delle dieci del mattino.»

Se non lo farà, ritornerò a Seattle e mi dimenticherò di questa rischiosa, stupida avventura. Al solo pensiero mi deprimo.

«Okay.» E continua a sorridere.

«Ana!» Ci giriamo entrambi mentre un giovane, vestito con abiti casual ma costosi, si materializza in fondo alla corsia. È tutto un fottuto sorriso per Miss Anastasia Steele.

“Chi cazzo è questo coglione?”

«Ehm, mi scusi un secondo, Mr Grey.»

Lo raggiunge e il coglione la abbraccia con una mossa scimmiesca. Mi si gela il sangue: è una reazione istintiva. “Tira giù quelle zampacce da lei.” Stringo i pugni e mi calmo un po’ quando vedo che lei non fa cenno di restituirgli l’abbraccio.

Iniziano a conversare. “Merda, forse le informazioni di Welch erano sbagliate.” Forse questo tipo è il suo fidanzato. Sembra dell’età giusta, e non riesce a toglierle di dosso i suoi piccoli occhi bramosi. La scosta da sé per un attimo, esaminandola, ma le tiene un braccio sulla spalla. È una mossa apparentemente casuale, ma io so che così sta rivendicando il possesso e mi

sta dicendo di fare marcia indietro. Lei sembra imbarazzata, e sposta il peso da una gamba all’altra.

“Merda. Dovrei andarmene.” Poi gli dice qualcos’altro e si muove con lui verso di me, tenendolo per un braccio, non per mano. È chiaro che non stanno insieme. “Meno male.”

«Ehm, Paul, ti presento Christian Grey. Mr Grey, Paul Clayton. Suo fratello è il proprietario del negozio.» Mi guarda in un modo strano, che non riesco a decifrare, e continua:

«Conosco Paul da quando lavoro qui, anche se non ci vediamo spesso. È appena tornato da Princeton, dove studia gestione aziendale».

È il fratello del capo, non il fidanzato. Il sollievo che provo, molto superiore al previsto, mi fa aggrottare le sopracciglia. “Questa donna ha proprio fatto colpo su di me.”

«Mr Clayton» dico con tono volutamente freddo.

«Mr Grey.» La sua stretta di mano è molle.

“Coglione untuoso.”

«Aspetti un attimo…quel Christian Grey? Della Grey Enterprises Holdings?»

In men che non si dica assisto alla sua trasformazione: da padrone di casa è diventato uno zerbino.

“Sì, sono io, cretino.”

«Wow… Posso fare qualcosa per lei?»

«Ha già provveduto Anastasia, Mr Clayton. È stata molto premurosa.» “E ora togliti dalle palle.”

«Ottimo» mi dice con esagerato entusiasmo, spalancando gli occhi con deferenza.

«Ci vediamo dopo, Ana.»

«Certo, Paul» dice. E lui si allontana con flemma, grazie al cielo. Lo vedo scomparire nel retro.

«Le serve altro, Mr Grey?»

«Solo queste cose» mormoro.

“Merda, ho perso tempo e non so ancora se la rivedrò. Devo sapere se c’è una minima speranza che possa interessarle quello che ho in mente. Come faccio a chiederglielo? Sono pronto ad affrontare una nuova Sottomessa, totalmente inesperta? Dovrò addestrarla per bene.”

Gemo silenziosamente, pensando a tutte le possibilità interessanti che la situazione comporterebbe… “Cazzo, sarebbe metà del divertimento. Le interesserà? Oppure ho frainteso tutto?”

Ritorna alla cassa e batte i miei acquisti, tenendo gli occhi bassi per tutto il tempo.

“Guardami, dannazione!” Voglio rivedere i suoi meravigliosi occhi azzurri e sondare i suoi pensieri.

Finalmente alza lo sguardo. «Sono quarantatré dollari.»

“Tutto qui?”

«Vuole un sacchetto?» mi chiede, ritornando in modalità commessa mentre le passo la carta di credito.

«Sì, grazie, Anastasia.» Accarezzo il suo nome – un nome bellissimo per una fanciulla bellissima – assaporandolo sulla lingua.

Veloce ed efficiente, mette i miei acquisti nel sacchetto. È tutto. Devo andare.

«Mi chiamerà se vorrà fare il servizio fotografico?»

Annuisce e mi restituisce la carta.

«Bene. A domani, forse.» “Non posso andarmene via così. Devo farle capire che mi interessa.”

«Ah… e… Anastasia, sono felice che Miss Kavanagh non abbia potuto fare l’intervista.» Deliziato dalla sua espressione stupita, mi metto il sacchetto in spalla ed esco lentamente dal negozio. Sì, contro ogni buonsenso, la voglio. Ora devo aspettare. Una fottuta attesa. Di nuovo.

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